Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14021 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14021 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 14/12/2022 della Corte di appello di Catania udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14 dicembre 2022 la Corte di appello di Catania ha confermato la condanna a mesi uno di reclusione inflitta dal Tribunale di Catania a NOME COGNOME ex art. 341-bis cod. pen. per avere oltraggiato, davanti al Municipio di Valverde / il Sindaco del Comune (capo A) e, nella stessa occasione, l’AVV_NOTAIO dei Carabinieri NOME COGNOME (capo B) nei modi descritti nelle imputazioni.
Nel ricorso e nella successiva memoria presentati dal difensore di COGNOME si chiede l’annullamento della sentenza.
2.1. GLYPH Con il primo motivo, si deduce vizio della motivazione nel disconoscere la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., valorizzando la reiterazione del comportamento, ma trascurando che questo è stato tenuto nelle medesime circostanze di tempo e di luogo.
Si osserva che l’imputato avrebbe dovuto essere assolto perché non punibile, risultando il fatto di particolare tenuità – per la tenuità del danno arrecato con la sua condotta, sminuito nelle dichiarazioni dello stesso Sindaco persona offesa (per il fatto oggetto del capo A) – e considerando lo scarso grado di consapevolezza del disvalore sociale della condotta, rilevato anche dallo psichiatra perito d’ufficio. Si evidenzia, al riguardo, che COGNOME – soggetto affetto da «disabilità di grado lieve/moderato» e da «disturbo di personalità NAS» – commise i fatti perché percepì la non tempestiva retribuzione dei lavori socialmente utili, da lui svolti per il Comune, come una ingiustizia nei suoi confronti, a causa della sua indigenza economia.
2.2. GLYPH Con il secondo motivo, si deduce violazione di legge, perché i reati avrebbero dovuto essere dichiarati estinti per prescrizione prima del giudizio di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato perché non si confronta con la motivazioni e della sentenza impugnata, che ha escluso la particolare tenuità del fatto «in ragione della reiterazione del comportamento dello COGNOME anche nei confronti dell’appuntato COGNOME, che tentava di calmarlo, e delle minacce profferite nei confronti del Pubblico Ufficiale».
Pertanto, nella fattispecie la particolare tenuità del fatto non è stata esclusa soltanto per la «reiterazione del comportamento», come argomentato nel ricorso, ma anche per una ulteriore considerazione concernente le specifiche modalità della sua condotta.
Va, al riguardo, ribadito che, nel giudizio concernente l’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., devono utilizzarsi i criteri indicati dall’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, bastando l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, Rv. 274647; Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, COGNOME NOME, Rv. 283044).
Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
I fatti sono stati commessi il 18 giugno 2015, sicché, in assenza di sospensioni del decorso della prescrizione, si sarebbero prescritti il 18/12/2022, prima della pronuncia della sentenza impugnata.
Tuttavia, come risulta dai provvedimenti del Tribunale allegati dallo stesso ricorrente, il decorso della prescrizione è stato sospeso tre volte (dal 10/05/2019 al 27/09/2019, dal 13/03/2020 al 29/05/20 e dal 29/05/2020 all’1/07/2020) / sicché la sentenza impugnata risulta emessa prima della prescrizione dei reati (né quella di primo grado fu emessa dopo i 6 anni dai fatti).
Dalla inammissibilità del ricorso deriva ex art. 616 cod. proc pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30/01/2023.