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Particolare tenuità del fatto e recidiva specifica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per un reato stradale, che chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione si basa sulla presenza di due precedenti condanne per lo stesso reato, elemento che configura una ‘abitualità della condotta’ ostativa al riconoscimento del beneficio.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando i Precedenti Contano

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di escludere la punibilità per reati considerati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e incontra limiti precisi, come evidenziato da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso in esame riguarda un ricorso contro una condanna per un reato stradale, in cui la Suprema Corte ha ribadito come la presenza di precedenti specifici possa precludere l’accesso a questo beneficio.

Il Contesto del Ricorso in Cassazione

Un automobilista, condannato in primo e secondo grado per un reato previsto dal Codice della Strada, ha presentato ricorso in Cassazione. La sua difesa lamentava la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo che i giudici di merito avessero respinto la richiesta con una motivazione insufficiente riguardo ai precedenti penali, considerati ostativi al riconoscimento della particolare tenuità del fatto.

L’obiettivo del ricorrente era ottenere una sentenza di non luogo a procedersi, valorizzando la presunta scarsa gravità della condotta tenuta.

La Particolare Tenuità del Fatto e il Limite dell’Abitualità

L’articolo 131-bis del codice penale stabilisce che la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, l’offesa è di particolare tenuità. Tuttavia, la stessa norma prevede delle cause ostative, tra cui l’aver commesso reati della stessa indole. Questo limite si fonda sul concetto di ‘abitualità della condotta’.

La legge intende così evitare che soggetti che delinquono ripetutamente, anche per fatti di modesta entità, possano sistematicamente sottrarsi alla sanzione penale. La valutazione sull’abitualità non è meccanica, ma spetta al giudice, che deve verificare se i reati commessi in precedenza presentino ‘caratteri fondamentali comuni’ con quello per cui si procede.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno ritenuto la motivazione della Corte d’Appello pienamente corretta e priva di vizi logici. La decisione di negare la particolare tenuità del fatto era solidamente ancorata a un dato oggettivo: l’imputato aveva a suo carico ben due condanne definitive per lo stesso reato, ovvero guida in stato di ebbrezza.

Secondo la Corte, questa circostanza faceva emergere in modo palese un ‘principio di abitualità della condotta’. L’imputato, essendo già stato condannato due volte per lo stesso illecito, doveva essere perfettamente consapevole della rilevanza penale del suo comportamento. La sussistenza di precedenti così specifici è stata considerata un ostacolo insuperabile all’applicazione del beneficio, in quanto dimostra una tendenza a ripetere la medesima violazione di legge. La Corte ha richiamato un proprio precedente (Sent. n. 27323/2017) per sottolineare come l’identità dell’indole dei reati debba essere valutata in concreto, e nel caso di specie, trattandosi dello stesso identico reato, ogni dubbio era fugato.

Le conclusioni

L’ordinanza conferma un principio fondamentale: la particolare tenuità del fatto non è un salvacondotto per i recidivi. La presenza di precedenti penali, specialmente se specifici e recenti, assume un peso decisivo nella valutazione del giudice. La decisione di inammissibilità ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende. Questa pronuncia serve da monito: la clemenza prevista dall’art. 131-bis è riservata a episodi isolati e genuinamente lievi, non a comportamenti che, pur singolarmente modesti, rivelano un’inclinazione a violare la legge.

È possibile ottenere la non punibilità per particolare tenuità del fatto se si hanno precedenti penali?
No, se i precedenti penali sono per lo stesso reato. Come chiarito dalla Corte, la presenza di precedenti specifici integra l’ ‘abitualità della condotta’, un elemento che osta all’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

Cosa si intende per ‘abitualità della condotta’ ai fini dell’art. 131-bis cod. pen.?
Si intende la ripetizione di reati che presentano caratteri fondamentali comuni. Nel caso specifico, avere già due condanne definitive per guida in stato di ebbrezza è stato considerato sufficiente a dimostrare un comportamento abituale, impedendo l’applicazione del beneficio.

Qual è stata la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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