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Particolare tenuità del fatto e recidiva: il no

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione si fonda sulla recidiva reiterata dell’imputato e sul danno patrimoniale arrecato allo Stato, elementi che, secondo la Corte, sono incompatibili con il riconoscimento della speciale tenuità del comportamento illecito.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto e recidiva: quando il beneficio non si applica

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10342 del 2024, torna a pronunciarsi sui confini applicativi della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione chiarisce che la presenza di una recidiva reiterata e un danno effettivo alle finanze dello Stato sono elementi sufficienti a escludere il beneficio, anche se il reato in sé potrebbe apparire di modesta entità.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la sua condanna. La difesa del ricorrente lamentava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’articolo 131-bis del codice penale, sostenendo la tenuità del fatto commesso. Nello specifico, la condotta illecita consisteva nell’aver goduto per circa un anno di un beneficio economico non dovuto, causando un danno alle finanze pubbliche.

La Corte d’Appello aveva già respinto tale richiesta, valorizzando la recidiva reiterata ed infraquinquennale dell’imputato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che il motivo di ricorso fosse una mera riproposizione di argomenti già correttamente valutati e disattesi nel giudizio di merito. Secondo la Corte, il ricorrente non si è confrontato in modo critico con la motivazione della sentenza d’appello, che è stata giudicata logica, congrua e corretta in punto di diritto.

Di conseguenza, il ricorso è stato respinto e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la valutazione complessa della particolare tenuità del fatto

Il fulcro della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha confermato l’esclusione del beneficio della particolare tenuità del fatto. La Corte ha ribadito che il giudizio sulla tenuità non può essere superficiale, ma richiede una valutazione complessa e congiunta di tutti gli elementi della fattispecie concreta. Come stabilito dalle Sezioni Unite (sent. Tushaj, n. 13681/2016), tale valutazione deve tenere conto dei parametri indicati dall’art. 133, comma 1, del codice penale, ovvero:

1. Le modalità della condotta: Come è stato commesso il reato.
2. Il grado di colpevolezza: L’intensità dell’intenzione o della negligenza.
3. L’entità del danno o del pericolo: Le conseguenze concrete dell’azione.

Nel caso specifico, due elementi sono stati determinanti per negare il beneficio:

* La recidiva: La condizione di recidivo reiterato, sebbene non sia un ostacolo assoluto all’applicazione dell’art. 131-bis, è stata considerata un “sentore della proclività dell’imputato a commettere delitti”. Questa tendenza a delinquere è incompatibile con un giudizio di particolare tenuità del fatto.
* Il disvalore dell’omissione: L’aver percepito indebitamente un beneficio per circa un anno ha prodotto un danno concreto alle finanze dello Stato. Questo “disvalore” dell’azione è stato ritenuto sufficiente a superare la soglia della tenuità.

Conclusioni: le implicazioni pratiche della sentenza

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un automatismo applicabile a tutti i reati di modesta entità. È una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere ancorata a un’analisi completa della personalità del reo e delle conseguenze della sua condotta. La presenza di precedenti penali significativi, come la recidiva reiterata, e di un danno apprezzabile per la vittima (in questo caso, lo Stato) sono indicatori che depongono contro la concessione del beneficio. La decisione serve quindi da monito, sottolineando che l’abitualità nel commettere reati e la concretezza del pregiudizio causato sono elementi che pesano in modo decisivo nella valutazione complessiva della gravità del fatto.

La recidiva impedisce sempre l’applicazione della particolare tenuità del fatto?
No, la recidiva non è di per sé un ostacolo assoluto, ma costituisce un forte indizio della proclività dell’imputato a commettere delitti e deve essere valutata insieme agli altri elementi del caso concreto per decidere se concedere o negare il beneficio.

Quali elementi considera il giudice per valutare la particolare tenuità del fatto?
Il giudice deve compiere una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie, tenendo conto, ai sensi dell’art. 133, co. 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza e dell’entità del danno o del pericolo che ne è derivato.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché riproduceva profili di censura già adeguatamente esaminati e respinti dalla corte d’appello, senza confrontarsi in modo critico con le argomentazioni logiche e giuridicamente corrette poste a base della decisione impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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