Particolare Tenuità del Fatto: Inapplicabile se il Reato è Permanente
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per deflazionare il sistema giudiziario, escludendo la punibilità per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e incontra precisi limiti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto cruciale: la non compatibilità di questo beneficio con i reati la cui condotta illecita perdura nel tempo, i cosiddetti reati permanenti.
I Fatti del Caso e il Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata contro una sentenza della Corte d’Appello di Roma. La difesa contestava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Secondo la ricorrente, la condotta ascrittale rientrava pienamente nei limiti di lieve entità previsti dalla norma, e pertanto avrebbe dovuto beneficiare dell’esclusione della punibilità. La questione è giunta così all’esame della Suprema Corte di Cassazione, chiamata a verificare la correttezza della decisione dei giudici di merito.
La Decisione della Cassazione sulla particolare tenuità del fatto
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno confermato la validità del ragionamento seguito dalla Corte d’Appello, che aveva escluso l’applicazione dell’articolo 131-bis c.p. La decisione si fonda su un principio giuridico consolidato, richiamando un precedente specifico della stessa Corte (sentenza n. 16363/2019).
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della motivazione risiede nella natura del reato contestato. I giudici hanno sottolineato che la particolare tenuità del fatto non può essere riconosciuta quando il reato è ‘permanente’ e la sua consumazione si protrae nel tempo. La ‘perdurante permanenza del reato’ è un elemento che, di per sé, osta all’applicazione del beneficio.
Il ragionamento è logico e rigoroso: un fatto non può essere considerato ‘di particolare tenuità’ se la condotta antigiuridica non si è esaurita in un singolo momento, ma continua a produrre i suoi effetti lesivi per volontà dell’autore. La persistenza nell’illecito è un fattore che aggrava la valutazione complessiva della condotta, rendendola incompatibile con il giudizio di minima offensività che è alla base dell’istituto previsto dall’art. 131-bis c.p. La Corte ha ritenuto che la motivazione dei giudici di merito fosse esente da vizi logici e basata su corretti argomenti giuridici, rendendo il ricorso privo di fondamento.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio di fondamentale importanza pratica: per poter beneficiare della non punibilità per particolare tenuità del fatto, è necessario che la condotta illecita sia cessata. La persistenza nel reato è un fattore ostativo che impedisce al giudice di considerare l’offesa come minima. Questa pronuncia offre un chiaro orientamento interpretativo, stabilendo che la valutazione sulla tenuità deve considerare l’intera durata e le modalità della condotta illecita. Di conseguenza, chi commette un reato permanente non potrà sperare nell’applicazione di tale causa di non punibilità fino a quando non avrà posto fine alla propria condotta antigiuridica. La decisione comporta, inoltre, per la ricorrente, la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Quando non si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo questa ordinanza, non si applica quando il reato ha natura permanente e la condotta illecita dell’agente perdura nel tempo, poiché questa continuità è incompatibile con il requisito della minima offensività.
Perché un reato permanente osta al riconoscimento della particolare tenuità del fatto?
Perché la persistenza della condotta offensiva, voluta dall’autore, è un elemento che aggrava la valutazione complessiva del fatto, impedendo di considerarlo di lieve entità come richiesto dall’art. 131-bis del codice penale.
Qual è stata la conseguenza per la ricorrente della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 152 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 152 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 11/05/1986
avverso la sentenza del 06/03/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui si contesta il mancato riconoscimento del causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., risulta manifestamente infonda quanto con motivazione esente dai descritti vizi logici con cui l’impugnazione non si confro appieno, il giudice di merito ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si veda pagi facendo applicazione di corretti argomenti giuridici per giustificare l’esclusione dell’esiment luce della perdurante permanenza del reato conformemente all’insegnamento di questa Corte (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 16363 del 13/02/2019, COGNOME, Rv. 276096);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dell Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21 novembre 2023
Il Con igfiere estensore
Il Presidente