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Particolare tenuità del fatto e reati stessa indole

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per la violazione di cui all’art. 75 D.Lgs. 159/2011. La Corte ha negato l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), in quanto l’imputato aveva commesso in precedenza altri reati della stessa indole. Secondo la Suprema Corte, la ripetizione di condotte illecite simili, anche se di modesta entità se considerate singolarmente, configura una gravità complessiva che impedisce il riconoscimento del beneficio, a prescindere dal fatto che i reati siano stati giudicati in procedimenti diversi.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: No al beneficio per reati ripetuti

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento di deflazione processuale che consente di non punire condotte che, pur costituendo reato, risultano di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione è soggetta a precisi limiti. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il beneficio non può essere concesso a chi ha commesso più reati della stessa indole, poiché la ripetizione della condotta illecita è di per sé indice di una gravità non trascurabile.

I fatti di causa e il ricorso in Cassazione

Il caso trae origine dalla decisione della Corte di Appello di Bari, che aveva rideterminato la pena per un soggetto imputato del reato previsto dall’art. 75 del D.Lgs. 159/2011. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La difesa sosteneva che la motivazione della Corte d’Appello fosse errata. Sebbene l’imputato avesse riportato due condanne definitive per lo stesso tipo di reato, integrando così il requisito ostativo della commissione di più reati della stessa indole, solo una di queste sentenze era stata oggetto di cognizione da parte del medesimo giudice. Secondo la tesi difensiva, questa circostanza avrebbe dovuto consentire l’applicazione del beneficio.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sulla particolare tenuità del fatto

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendo il motivo di doglianza “generico e confuso” e basato su un’interpretazione della norma non condivisibile. I giudici di legittimità hanno chiarito che la disposizione normativa che esclude l’applicazione dell’art. 131-bis in caso di commissione di più reati della stessa indole ha una portata generale.

La norma, infatti, non intende riferirsi solo ai casi di recidiva specifica o a reati giudicati all’interno dello stesso procedimento. Al contrario, la ratio punendi è quella di escludere dal beneficio chiunque violi ripetutamente la stessa disposizione penale o norme sorrette dalla medesima logica sanzionatoria. In tale evenienza, è la legge stessa a considerare il “fatto” in una prospettiva complessiva e “plurima”.

In questa valutazione, la potenziale tenuità dei singoli episodi perde di rilevanza. La pluralità delle violazioni, infatti, connota la condotta complessiva dell’agente di una gravità tale da non poter essere più considerata “particolare tenuità”. La Corte ha richiamato un suo precedente orientamento (Sez. 5, n. 26813 del 10/02/2016), secondo cui la ripetizione di condotte illecite dimostra una tendenza a delinquere che è incompatibile con la finalità dell’istituto.

Conclusioni

La decisione in commento consolida un principio interpretativo di grande importanza pratica. La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere invocata come un meccanismo per ottenere l’impunità per una serie di piccoli illeciti. La valutazione sulla tenuità non deve essere frammentata, ma deve tenere conto della condotta complessiva dell’autore del reato. La commissione di più reati della stessa indole, anche se giudicati separatamente e di per sé non gravi, costituisce un ostacolo insormontabile all’applicazione del beneficio, poiché manifesta una persistenza nel violare la legge che il legislatore ha inteso non tollerare.

La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto può essere applicata a chi ha commesso in passato reati della stessa indole?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la norma esclude dal beneficio chi abbia commesso più reati della stessa indole, poiché la ripetizione della condotta è considerata di per sé un fatto di una certa gravità.

Per escludere la particolare tenuità del fatto, è necessario che i precedenti reati siano stati giudicati nello stesso processo o dallo stesso giudice?
No, la Corte ha chiarito che l’esclusione del beneficio opera indipendentemente dal fatto che i reati della stessa indole siano stati giudicati in procedimenti separati. Ciò che rileva è la pluralità delle violazioni commesse dal soggetto.

Cosa intende la Corte quando afferma che la pluralità dei reati connota il fatto di una gravità ‘plurima’?
Significa che la valutazione non deve limitarsi al singolo episodio, ma deve considerare l’insieme delle condotte. La ripetizione di più fatti illeciti, anche se singolarmente di lieve entità, conferisce alla condotta complessiva una gravità tale da superare la soglia della particolare tenuità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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