Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45922 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45922 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Bari con sentenza in data 20 ottobre 2023 rideterminava la pena inflitta a COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 75 D.Lgs. 159/2011 in mesi sei di reclusione.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso l’imputato tramite il difensore di fiducia, articolando un unico motivo di doglianza.
Nello specifico lamenta la contraddittorietà, omessa motivazione ovvero la violazione di legge con riferimento al mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità ex ad 131 bis cod. pen.
Sarebbe errata la motivazione posta a base del rigetto del riconoscimento in quanto – pur avendo l’imputato riportato due condanne definitive per il medesimo reato – con ciò integrandosi il requisito ostativo della commissione di più reati della stessa indole, tuttavia non erano state oggetto della cognizione del medesimo giudice, condizione soddisfatta da una sola delle sentenze.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il motivo è generico e confuso e si fonda su una lettura della norma che non trova corrispondenza né nella lettera della norma, né nell’interpretazione che della stessa abbia dato questa Corte.
Questa Corte ha infatti statuito che la menzionata disposizione normativa esclude, tra l’altro, di poter riconoscere siffatta causa in favore di chi abbia commesso più reati della stessa indole, anche nell’ipotesi in cui ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità.
Nulla autorizza a ritenere che, con tale previsione, il Legislatore abbia voluto riferirsi solo ai casi in cui l’autore del reato sia gravato da precedenti penali specifici (cd. recidiva specifica), apparendo, invece, logicamente coerente dedurre dalla menzionata disposizione normativa che, quando il soggetto agente abbia violato più volte la stessa o più disposizioni penali sorrette dalla medesima ratio punendi, egli non possa avvantaggiarsi della menzionata causa di non punibilità, in quanto, in tale evenienza, è la stessa norma a considerare il “fatto”, secondo una valutazione complessiva in cui perde rilevanza l’eventuale particolare tenuità dei singoli segmenti in cui esso si articola, connotato, nella sua dimensione “plurima”, da una gravità tale da non potere essere considerato di particolare tenuità. (Sez. 5, n. 26813 del 10/02/2016 Rv. 267262 – 0)
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» – della somma di euro 3000 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto dell’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24/10/2024