Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5237 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5237 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 10/01/1990
avverso la sentenza del 28/03/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale COGNOME la quale ha chiesto dichiararsi l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza con riferimento alla mancata concessione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., e l’inammissibilità nel resto.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 28 marzo 2024, la Corte d’appello di Bologna, salvo rideterminare la pena in conseguenza della ritenuta prevalenza delle circostanze attenuanti su quelle aggravanti, ha confermato il giudizio di responsabilità pronunciato in primo grado nei confronti di NOME COGNOME per il concorso nel reato di furto, aggravato ai sensi dell’art. 625, primo comma, nn. 2, 5 e 7, cod. pen.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure ai due motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1 Col primo motivo, si lamenta carenza assoluta di motivazione in relazione alla richiesta difensiva relativa all’applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. La carenza è tanto più evidente, in quanto la stessa Corte d’appello ha fatto riferimento, in motivazione, al minimo apporto offerto dall’imputato al furto per cui è processo.
2.2 Con il secondo motivo, si duole di violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 131 bis cod. pen., per avere la Corte territoriale escluso l’applicabilità dell’invocata causa di non punibilità in ragione della capacità a delinquere dell’imputato. Nel valorizzare i precedenti penali di quest’ultimo al fine di denegare l’applicazione della citata causa di non punibilità, i giudici dell’appello hanno omesso d’illustrare la comunanza d’indole tra i pregressi delitti e quello per cui si procede.
Sono state trasmesse le condusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME la quale ha chiesto dichiararsi l’annullamento con rinvio dell’impugnata sentenza con riferimento alla mancata concessione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., e l’inammissibilità nel resto del ricorso.
Considerato in diritto
Il primo motivo è infondato, avendo la Corte d’appello reso adeguate ragioni circa il diniego della applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen., come si procede a illustrare. Sebbene non vi sia stato concorso del ricorrente nella materiale apprensione e sottrazione della res sottratta, egli – ha chiarito la Corte territoriale – ha bensì visto che il monopattino veniva sottratto illecitamente dai tre coimputati. In motivazione, si è poi indicato che il ricorrente,
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dopo aver notato l’azione illecita dei coimputati, accoglieva in auto gli stessi, oltre alla res illecitamente sottratta, e li accompagnava in altro luogo.
Pertanto, dalla ricostruzione del fatto proposta nell’impugnata sentenza non si desume affatto, neppure implicitamente, che il contributo del ricorrente sia stato “minimo”, come preteso invece dalla difesa, che così sintetizza la descrizione della dinamica dell’evento da parte della Corte d’appello. Il concorso dell’imputato nell’ascritto delitto è stato, peraltro, confermato dalle parziali ammissioni dello stesso, come evidenziato dai giudici di merito. Deve allora ritenersi che la Corte distrettuale abbia operato buon governo del condiviso orientamento di questa Corte, secondo cui «in tema di concorso di persone nel reato, la circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. è configurabile a condizione che sia possibile, attraverso l’esame delle modalità di commissione del fatto, stabilire che l’imputato abbia svolto un ruolo assolutamente marginale di efficacia causale così lieve nella determinazione dell’evento criminoso da risultare del tutto trascurabile (Sez. 2, n. 38492 del 23/09/2008, COGNOME, Rv. 241461 – 01)».
Il secondo motivo è fondato. È infatti condivisibile la censura rivolta dal ricorrente all’iter motivazionale dell’impugnata sentenza, in cui il diniego della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen. è stato giustificato sulla mera base di un laconico riferimento ad “alcuni precedenti” dell’imputato, indicativi di una “personalità dedita, nonostante la giovane età, ad azioni illecite”.
Secondo il principio condiviso da questo Collegio, «il riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto non è precluso dall’esistenza di precedenti penali gravanti sull’imputato, pur quando, sulla base di essi, si sia applicata una pena superiore al minimo edittale, atteso che i parametri di valutazione di cui all’art. 131 bis cod. pen. hanno natura e struttura oggettiva, ed operano su un piano diverso da quelli sulla personalità del reo» (Sez. 3, n. 35757 del 23/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270948 – 01). Si osserva, inoltre, che la cogenza di tale principio trova conferma negli orientamenti giurisprudenziali secondo cui «il diniego delle circostanze attenuanti generiche fondato sulla sola presenza di precedenti penali non giustifica ex se la mancata applicazione della causa di esclusione della non punibilità per particolare tenuità del fatto, dovendo la relativa motivazione tener conto dei parametri normativi di cui all’art. 131 bis cod., inerenti alla gravità del fatto ed al grado di colpevolezza, e assumendo i precedenti valenza ostativa solo ove l’imputato risulti essere stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per
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tendenza, oppure abbia commesso più reati della stessa indole» (Sez. 6, n. 605 del 03/12/2019, dep. 2020, NOME COGNOME Rv. 278095 – 01).
Orbene, alla luce dei principi appena enunciati, e considerando anche che, nel caso in esame, sono state concesse le circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza (v. infra), deve rilevarsi che, dalla motivazione dell’impugnato provvedimento, non è dato desumere né l’eventuale specificità dei precedenti penali del ricorrente, né un’abitualità o proclività al reato più precisamente tratteggiate di quanto non traspaia in parte motiva, posto che alcun riferimento è stato fatto al numero e alla natura dei reati precedentemente commessi dal ricorrente.
Neppure può ritenersi che la motivazione sul diniego in parola risulti implicitamente dagli argomenti esposti dai giudici dell’appello (cfr. Sez. 4, n. 27595 del 11/05/2022, Omogiate, Rv. 283420 – 01: «in tema di “particolare tenuità del fatto”, la motivazione può risultare anche implicitamente dall’argomentazione con la quale il giudice d’appello, per valutare la congruità del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice di primo grado, abbia considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell’imputato, alla stregua dell’art. 133 cod. pen.»), dal momento che le notazioni riservate al trattamento sanzionatorio riguardano soprattutto le circostanze attenuanti generiche. Queste ultime sono state concesse, peraltro, in regime di prevalenza, sulla base di un giudizio da cui, per un verso, non traspare alcun accento sulla gravità oggettiva del reato o sul grado di colpevolezza dell’imputato e, per altro verso, emerge invece la positiva condotta del ricorrente successiva al concorso nel reato, ciò che, per inciso, rileva ai sensi dell’art. 131 bis, primo comma, ultima parte, cod. pen.
Pertanto, la sentenza impugnata va annullata per un nuovo giudizio circa l’applicabilità dell’art. 131 bis cod. pen. alla fattispecie in esame.
Per tali ragioni, il Collegio annulla la sentenza impugnata limitatamente alla causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna, e rigetta nel resto il ricorso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis c.p. e rinvia per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, in data 11/11/2024