Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37901 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37901 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/12/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette la memoria inoltrata dal difensore dell’imputato che ha chiesto l’accoglimento del ricors
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna a sette mesi di arresto emessa in primo grado dal Tribunale di Termini Imerese nei confronti di COGNOME NOME in quanto ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 11 pen. e 8 del d.lgs. n. 4/2012 per aver pescato, in concorso con altri, kg. 45 di olot (comunemente note come “cetrioli di mare”).
Avverso la sentenza ha proposto ricorso COGNOME che con un unico, articolato motivo, basato sulla violazione di legge e sul vizio di motivazione, contesta il mancato riconoscimento del causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. Si deduce, quindi, che:
il prodotto ittico pescato, consistente in 45 kg di oloturie, era stato rinvenuto ancora in “prontamente” rigettato in mare. Di conseguenza, secondo la difesa, non si era verificato alcun danno concreto alla fauna marina, bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice per cu l’offesa al bene protetto sarebbe minima o inesistente;
il pescato corrispondeva a un numero esiguo di esemplari, considerato il peso medio di circa 5 kg per ciascuna oloturia, dal valore economico modesto;
i giudici di merito si erano limitati a negare l’applicazione dell’art. 131-bis cod richiamando genericamente una pronuncia della RAGIONE_SOCIALEzione, senza però analizzare in modo specifico e approfondito gli elementi concreti del caso che avrebbero potuto giustificar riconoscimento della particolare tenuità del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le doglianze in esame non possono ritenersi ammissibili a fronte della pertinente e non illogica motivazione resa sul punto dalla sentenza impugnata e come tale non sindacabile, in quanto frutto di una valutazione discrezionale rimessa al giudice di merito, nella presente se di legittimità.
La Corte territoriale ha, infatti, da una parte, valutato gli argomenti fondanti il r afferenti alla vitalità del prodotto rinvenuto, al numero degli esemplari pescati e al v economico sul mercato, ritenendo che si trattava di circostanze “in parte secondarie e non suffragate” e, comunque, rilevando che l’applicazione della causa di non punibilità trovav ostacolo nel carattere professionale della pesca accertata, che consentiva di connotare l condotta non quale un episodio isolato e di minima offensività ma l’espressione di un’attivi organizzata e sistematica, incompatibile con il concetto di particolare tenuità.
Gli argomenti respinti dalla Corte territoriale sono stati sostanzialmente riproposti ricorrente senza indicare elemento alcuno in grado di invalidare l’argomentazione della Corte territoriale.
Questa Corte ha precisato che il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma 1, cod. pen., ma non è necessaria la disamin tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti (Sez. 4, n. 41844 del 8/6/2023, COGNOME; Sez.7, n.10481 del 19/01/2022, COGNOME, Rv.283044; Sez.6, n.55107 del 8/11/2018, COGNOME, Rv.274647), risultando sufficiente evidenziare l’assenza di uno dei presupposti richiesti dall’art.131-bis cod. pen., da ritenersi pertanto decisivo (S n.34151 del 18/06/2018, Foglietta, Rv.2736782).
Orbene, il giudice distrettuale, nel dare rilievo alle modalità della raccolta, ha operato valutazione discrezionale, sorretta da motivazione adeguata e comunque non caratterizzata da profili di evidente illogicità o contraddittorietà, che si sottrae al sindacato di questa Cort
Tenuto conto della sentenza del 13.6.2000 n.186 della Corte (Costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ric senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità” all’esito del rico consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento, nonché quello del versamento di una somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE, equitativamente fissata come in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Così deciso il 19/9/2025