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Particolare tenuità del fatto e occupazione abusiva

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per occupazione abusiva di un immobile, rinviando il caso a un nuovo giudizio d’appello. La decisione si fonda sulla carenza di motivazione della sentenza impugnata, che aveva escluso l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto basandosi su una non provata “pervicacia” della condotta. La Corte ha inoltre censurato l’omessa pronuncia sulla richiesta di conversione della pena detentiva in pecuniaria.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: la Cassazione annulla condanna per occupazione abusiva

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8315 del 2024, offre un’importante lezione sull’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), specialmente in contesti di disagio abitativo. La Corte ha annullato una condanna per occupazione abusiva, sottolineando che la valutazione del giudice non può basarsi su formule generiche e non provate, ma deve ancorarsi alle evidenze processuali concrete.

Il Caso: Occupazione Abusiva e Condanna

Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado alla pena di due mesi di reclusione per il reato di invasione di terreni o edifici. L’imputato, spinto da necessità abitative e difficoltà economiche, aveva occupato un immobile insieme alla sua famiglia. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna, escludendo l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. sulla base di una presunta “pervicacia” della condotta, ovvero una particolare ostinazione nel commettere il reato.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Errata esclusione della particolare tenuità del fatto: Si contestava che la Corte d’Appello avesse definito la condotta come “pervicace” e “stabile” senza che vi fossero prove a sostegno. La difesa ha evidenziato che l’ingresso nell’immobile era avvenuto senza violenza, sfruttando la rottura preesistente di un blocco sul balcone, e che la famiglia aveva lasciato l’alloggio dopo pochi giorni, avendo trovato ospitalità presso parenti.
2. Omessa motivazione sulla conversione della pena: La Corte d’Appello non si era pronunciata sulla richiesta, avanzata dalla difesa, di convertire la pena detentiva in una pena pecuniaria, come previsto dalla legge n. 689/1981.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto entrambi i motivi, ritenendo il ricorso pienamente fondato.

Sulla particolare tenuità del fatto

Il cuore della decisione risiede nella critica alla motivazione della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno definito l’affermazione sulla “stabilità dell’occupazione abusiva” e sulla “pervicacia” come una mera “petizione di principio”, una formula apodittica usata per la prima volta in appello e non supportata da alcun riscontro processuale. La sentenza di primo grado, infatti, non descriveva una condotta particolarmente grave o ostinata, ma un’intrusione non violenta.

La Cassazione ha sottolineato che la Corte d’Appello ha anche omesso di considerare un argomento difensivo cruciale: la breve durata dell’occupazione. Per questi motivi, ha imposto una nuova valutazione che tenga conto di tutti gli elementi concreti: l’assenza di danneggiamenti significativi, le difficoltà economiche dell’imputato, la condizione di precariato abitativo e la necessità di tutelare la prole. Solo un’analisi completa di questi fattori può portare a una corretta decisione sull’applicazione della causa di non punibilità.

Sulla conversione della pena

La Corte ha inoltre ritenuto “del tutto ingiustificata” la totale assenza di motivazione riguardo alla richiesta di conversione della pena detentiva in pecuniaria. I giudici hanno ribadito che tale istanza può essere legittimamente proposta per la prima volta in appello e il giudice ha il dovere di pronunciarsi su di essa.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale dello stato di diritto: le decisioni giudiziarie devono essere fondate su prove concrete e non su astratte formule retoriche. L’applicazione della particolare tenuità del fatto non può essere negata sulla base di una presunta “pervicacia” non dimostrata dagli atti. Il giudice ha il dovere di esaminare attentamente tutte le circostanze del caso, incluse le condizioni personali e familiari dell’imputato. La decisione sancisce, inoltre, l’obbligo del giudice d’appello di motivare su tutte le richieste della difesa, pena l’annullamento della sentenza. Di conseguenza, il caso è stato rinviato a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio che dovrà attenersi a questi principi.

Quando può essere applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto in caso di occupazione abusiva?
La sua applicazione è possibile quando l’offesa è minima e deve essere valutata considerando tutte le circostanze concrete del caso. Secondo la sentenza, non si può escludere sulla base di formule generiche come la “pervicacia” se questa non è supportata da prove. Elementi come le modalità non violente dell’azione, la breve durata dell’occupazione, l’assenza di danni e le difficoltà economiche dell’imputato devono essere attentamente considerati.

Un giudice d’appello può ignorare la richiesta di convertire la pena detentiva in una pecuniaria?
No. La sentenza chiarisce che il giudice ha il dovere di pronunciarsi su tale richiesta, anche se presentata per la prima volta in appello. L’omessa motivazione su questo punto costituisce un vizio della sentenza che ne determina l’annullamento.

È possibile contestare un’errata valutazione dei fatti se le sentenze di primo e secondo grado sono identiche (“doppia conforme”)?
Sì, ma solo a condizioni specifiche. La sentenza spiega che il vizio del “travisamento della prova” (cioè l’uso di un’informazione inesistente o l’omissione di una prova decisiva) può essere dedotto anche in caso di “doppia conforme” quando il dato probatorio contestato è stato introdotto e valutato per la prima volta nella motivazione della sentenza di secondo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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