Particolare Tenuità del Fatto: Quando Autodenunciarsi non Basta
Cosa succede se un automobilista, dopo aver causato un incidente con feriti, si allontana per poi presentarsi spontaneamente alle forze dell’ordine? Questo comportamento può essere sufficiente per ottenere il beneficio della particolare tenuità del fatto e, di conseguenza, la non punibilità? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito una risposta chiara, sottolineando che la gravità della condotta iniziale, ossia l’abbandono delle vittime, prevale sulla resipiscenza successiva.
I Fatti del Caso
Un giovane automobilista veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di cui all’art. 189, comma 6, del Codice della Strada, ovvero per non essersi fermato dopo un sinistro stradale con danno alle persone. L’imputato, dopo l’incidente in cui erano rimaste ferite due persone, si era allontanato dal luogo del fatto.
La sua difesa sosteneva che la fuga non fosse stata un atto deliberato di omissione, ma una reazione di paura: l’auto sarebbe stata accerchiata da un gruppo di persone che inveivano contro di lui. Spaventato, si era allontanato per recarsi subito dopo presso la più vicina stazione dei Carabinieri e denunciare l’accaduto.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Di fronte alla Corte di Cassazione, la difesa ha articolato il ricorso su due punti principali:
1.  La sottovalutazione dello stato di necessità: I giudici di merito non avrebbero considerato adeguatamente la tesi difensiva della paura, che avrebbe dovuto giustificare l’allontanamento.
2.  L’errata esclusione della particolare tenuità del fatto: Si contestava la decisione di non applicare l’art. 131-bis c.p., sostenendo che la condotta successiva dell’imputato (l’essersi presentato ai Carabinieri rendendo possibile la sua identificazione) avrebbe dovuto essere valutata positivamente ai fini del riconoscimento della lieve entità del reato.
La Decisione della Corte: la gravità della condotta prevale
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici hanno smontato entrambi i motivi di ricorso con argomentazioni precise.
Sul primo punto, la Corte ha osservato che la valutazione della situazione di pericolo è una questione di fatto, già ampiamente analizzata e motivata dai giudici di merito. Essi avevano concluso che la presunta aggressione non era tale da giustificare una fuga, e che l’imputato si era presentato alle autorità solo quando i rilievi della Polizia Municipale, grazie anche a telecamere di sicurezza, erano già terminati. Tentare di ottenere una nuova valutazione dei fatti in Cassazione è un’operazione non consentita.
Le Motivazioni: La Condotta Successiva al Reato
Il cuore della decisione riguarda il secondo motivo, quello sulla particolare tenuità del fatto. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione sulla tenuità si concentra sulla gravità complessiva della condotta. In questo caso, il fatto di aver abbandonato sulla carreggiata due persone ferite, senza accertarsi delle loro condizioni, costituisce un’offesa di per sé grave.
I giudici hanno precisato che, sebbene le riforme legislative (in particolare il D.Lgs. 150/2022) abbiano dato rilievo anche alla condotta successiva al reato, questa non può operare ‘in automatico’. Citando un proprio precedente (Sez. 3, n. 18029 del 2023), la Cassazione ha spiegato che il comportamento successivo del reo può essere valorizzato solo nell’ambito di un giudizio complessivo sull’entità dell’offesa. Non può, da solo, ‘rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto’.
In altre parole, un atto intrinsecamente grave non diventa lieve solo perché il colpevole, in un secondo momento, si pente o collabora.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale molto chiaro e offre importanti implicazioni pratiche. Per chi è coinvolto in un incidente stradale, il dovere primario e inderogabile è fermarsi e prestare soccorso. La paura o l’ansia del momento non sono, di norma, considerate giustificazioni valide per la fuga, a meno che non si dimostri un pericolo concreto e imminente per la propria incolumità.
Soprattutto, la decisione insegna che la ‘riparazione’ successiva, come l’autodenuncia, pur essendo un comportamento apprezzabile, non ha il potere di cancellare la gravità dell’omissione iniziale. La valutazione del giudice partirà sempre dal momento del fatto: abbandonare una persona ferita sulla strada è e rimane una condotta grave, difficilmente compatibile con il beneficio della non punibilità per particolare tenuità.
 
Scappare dopo un incidente per paura e poi autodenunciarsi può giustificare la fuga?
No. Secondo la Corte, la paura deve derivare da una situazione di pericolo reale e grave. In questo caso, i giudici hanno ritenuto che la situazione descritta dall’imputato (persone che inveivano contro di lui) non fosse sufficiente a giustificare la fuga, anche in considerazione del fatto che l’autodenuncia è avvenuta quando le indagini erano già di fatto concluse.
Se mi autodenuncio dopo essere fuggito da un incidente, posso beneficiare della ‘particolare tenuità del fatto’?
Non necessariamente. La Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione si basa innanzitutto sulla gravità della condotta al momento del reato. Abbandonare persone ferite è un fatto di per sé grave. La condotta successiva, come l’autodenuncia, viene considerata nel giudizio complessivo ma non può, da sola, rendere ‘tenue’ un’offesa che non lo era in origine.
Qual è il criterio principale usato dalla Corte per valutare la gravità del reato di fuga dopo un incidente?
Il criterio principale è la gravità complessiva della condotta, con particolare riferimento al momento del fatto. Nell’ordinanza in esame, l’elemento decisivo è stato l’aver abbandonato sulla carreggiata due persone ferite senza accertarsi delle loro condizioni di salute. Questa omissione è stata ritenuta intrinsecamente grave e ostativa al riconoscimento della particolare tenuità del fatto.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34599 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 34599  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli indicata in epigrafe, con la quale è stata confermata la sentenza di condanna, emessa il 18 maggio 2023, dal Tribunale di Napoli, in relazione al reato di cui all’art. 189, comma 6, d.lgs. 30 aprile 1992, n.285 commesso in Napoli il 7 gennaio 2018.
La difesa lamenta, col primo motivo, violazione di legge e vizi di motivazione non essendo stata valutata adeguatamente la tesi difensiva secondo la quale l’imputato si spaventò perché la sua auto fu accerchiata da un gruppo di giovani che inveiva contro di lui, si allontanò, ma si recò nella stazione carabinieri vicina alla propria àbitazione e riferì di essere rimasto convolto nell’incidente. Si duole che la tesi difensiva sia stata disattesa ancorché l’aggressione sia stata confermata da un testimone a discarico. Col secondo motivo, deduce violazione di legge e vizi di motivazione per essere stata esclusa la particolare tenuità del fatto anche se l’imputato, con la condotta successiva al reato, aveva reso possibile la propria identificazione. Si duole che i giudici di merito, nel valutare la gravità dell’offesa, abbiano dato rilievo al fatto ch l’imputato non si accertò delle condizioni di salute delle persone ferite e sottolinea che, nel caso di specie, all’imputato non è stata contestata la violazione dell’art. 189, comma 7, cod. strada.
Rilevato, quanto al primo motivo, che il ricorso non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata che ha escluso la sussistenza di una situazione di pericolo tale da giustificare la fuga sottolineando, tra l’altro, c solo il teste COGNOME ha parlato di colpi sferrati al veicolo condotto da COGNOME e l’imputato si è limitato a dire che un gruppo di persone inveiva contro di lui (pagg. 5 e 6 della motivazione).
Rilevato che, secondo la Corte di appello (pag. 6 della motivazione), COGNOME si presentò ai carabinieri per denunciare l’accaduto quando i rilievi della Polizia municipale erano ormai terminati, in presenza di telecamere di sicurezza che avevano ripreso le varie fasi del sinistro.
Ritenuto, pertanto, che il motivo non superi il vaglio di ammissibilità in quanto teso a una rivalutazione in fatto delle emergenze istruttorie, già analiticamente esaminate e valutate nella sentenza impugnata e dalla conforme sentenza di primo grado.
Rilevato, quanto al secondo motivo, che la particolare tenuità del fatto è stata esclusa sottolineando la gravità della condotta e il fatto che l’imputato abbandonò sulla carreggiata le due persone offese, ferite perché rovinate al suolo dopo l’impatto, senza accertarsi delle loro condizioni. Rilevato che, così argomentando la Corte di appello ha compiuto una valutazione di complessiva gravità della condotta e ha ritenuto che il comportamento consistito nel presentarsi successivamente ai carabinieri, non fosse tale da incidere su tale valutazione. Rilevato che, dopo le modifiche dell’art. 131 bis cod. pen. introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche la condotta successiva alla commissione del reato assume rilievo nella decisione sulla particolare tenuità del fatto e, tuttavia, come questa Corte di legittimità ha avuto modo di sottolineare, tale condotta può «essere valorizzata solo nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata» e non può, da se sola, «rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto» (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Rv. 284497).
Rilevato che, il ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata perché sostiene che la condizione di salute delle due giovani ferite non avrebbe inciso sull’entità dell’offesa recata.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e il ricorrente debba essere condannato al pagamento delle spese processuali. Ritenuto che, in ragione della causa di inammissibilità, il ricorrente debba essere altresì condannato al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de Ammende.
Così deciso il 7 ottobre 2025
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