Particolare Tenuità del Fatto e Droga: Quando la Gravità della Condotta Esclude il Beneficio
Introduzione: Il Principio di Particolare Tenuità del Fatto
L’istituto della particolare tenuità del fatto, disciplinato dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale e di proporzionalità della sanzione. Esso consente di non punire l’autore di un reato quando l’offesa, nel suo complesso, risulti minima. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio dei limiti di questo istituto, in particolare nel contesto dei reati legati agli stupefacenti.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una condanna per coltivazione di sostanze stupefacenti emessa dal Tribunale. La sentenza veniva parzialmente riformata in appello, con una riduzione della pena a dieci mesi e venti giorni di reclusione e 3.000 euro di multa. Nonostante la riduzione, l’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, ritenendo ingiusta la sua condanna sotto un profilo specifico: la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.
Il Ricorso in Cassazione e la Questione della Particolare Tenuità del Fatto
L’imputato, attraverso il suo ricorso, sollevava due motivi principali: il vizio di motivazione e la violazione di legge. Al centro della sua doglianza vi era la convinzione che i giudici di merito avessero errato nel negargli il beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Secondo la difesa, il reato commesso avrebbe dovuto essere inquadrato in questa fattispecie, data la sua presunta scarsa offensività.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi manifestamente infondati. I giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva correttamente escluso l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. sulla base di una valutazione priva di vizi logici o giuridici.
Il punto cruciale della decisione risiede nei criteri utilizzati per valutare la gravità della condotta. La Cassazione ha evidenziato due elementi determinanti:
1. Le modalità della condotta: il modo in cui la coltivazione era stata posta in essere.
2. L’ampiezza della coltivazione: la quantità di stupefacente coltivato.
Secondo la Corte, questi due fattori, nel caso specifico, erano tali da delineare un’offesa di una certa gravità, incompatibile con la ‘lieve entità’ richiesta dalla norma. In sostanza, non ogni coltivazione di stupefacenti può essere considerata ‘tenue’; la valutazione deve essere fatta caso per caso, analizzando concretamente come e quanto l’attività illecita sia stata portata avanti.
Di conseguenza, dichiarando inammissibile il ricorso, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale quando il ricorso è proposto senza che vi siano elementi per ritenere che l’impugnazione sia avvenuta senza colpa.
Le Conclusioni: Criteri per l’Esclusione della Tenuità del Fatto
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’applicazione della particolare tenuità del fatto non è un diritto, ma l’esito di un giudizio concreto sulla specifica condotta dell’imputato. Nel contesto dei reati di droga, la decisione insegna che la valutazione del giudice deve andare oltre la mera tipologia di reato, concentrandosi sulle specifiche circostanze fattuali. L’ampiezza della coltivazione e le sue modalità organizzative diventano indicatori chiave della gravità del fatto e possono legittimamente portare all’esclusione del beneficio, anche quando la pena inflitta non è elevata. La sentenza serve quindi come monito: la gravità di un reato si misura non solo in astratto, ma soprattutto nella sua concreta manifestazione.
Quando può essere esclusa l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto in caso di coltivazione di stupefacenti?
Può essere esclusa quando la gravità della condotta, valutata sulla base delle modalità con cui è stata posta in essere e dell’ampiezza della coltivazione, risulta tale da impedire di qualificare l’offesa nell’ambito della necessaria ‘lieve entità’.
Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base alla decisione e all’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende.
La Corte di Cassazione ha riesaminato i fatti del processo?
No, la Corte ha valutato la correttezza logica e giuridica della decisione della Corte d’Appello. Ha ritenuto che la valutazione del giudice di merito, che ha escluso la lieve entità del fatto, fosse esente da vizi e quindi corretta, dichiarando il ricorso inammissibile senza entrare nuovamente nel merito dei fatti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38519 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38519 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a LECCO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che con sentenza depositata il 14 fuglio 2023 la Corte di appello di Milano riformava parzialmente la decisione del 2 luglio 2021 con cui il Tribunale di Lecco aveva condannato COGNOME NOME alla pena di anni 1 di reclusione ed € 3.000 di multa, rideterminando la pena inflitta in complessivi mesi 10 e giorni 20 di reclusione ed € 3.000 di multa, avendolo ritenuto colpevole del reato ascritto;
che per l’annullamento di predetta sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di impUgnazione con cui deduceva in primo luogo li vizio di motivazione ed in secondo la violazione di legge, censurando il provvedimento de quo nela parte in cui i Giudici del merito avevano escluso l’applicabilità dell’art. 131 bis cod. pen.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che I motivi in esso contenuti, I quali possono essere esaminati congiuntamente stante la loro omogeneità, risultano mainfestamente infondati atteso il fatto che la Corte territoriale, con valutazione esente da vizi logic giiuridici, ha correttamente escluso l’applicabiilità dell’invocato art. 131 bis cod. pen. dando rilievo alla gravità della condotta contestata evidenziata dalle modalità con cui è stata posta in essere ed alla ampiezza della coltivazione dello stupefacente tali da impedire di qualificare l’offesa nell’ambito della necessaria “lieve entità”;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del rìcorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in € 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Co ì deciso in Roma, ìl 1 marzo 2024
il Presi ente