Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25991 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 25991 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a POLISTENA il 29/08/1988
avverso la sentenza del 16/01/2025 della CORTE di APPELLO di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 16 gennaio 2025 la Corte d’Appello di Reggio Calabria confermava la sentenza emessa il 5 marzo 2018 dal Tribunale di Palmi, con la quale NOME era stata dichiarata colpevole del reato di ricettazione, riqualificato ex art. 648, comma 2, cod. pen., ed era stata condannata alle pene di legge.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputata, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando quattro motivi di doglianza.
Con il primo motivo chiedeva che la Corte sollevasse questione di legittimità costituzionale dell’art. 157, comma 2, cod. pen. nella parte in cui non prevedeva che per determinare il termine di prescrizione si tenesse conto delle
circostanze attenuanti a effetto speciale eventualmente sussistenti, per contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost.
Con il secondo motivo deduceva violazione di legge e illogicità della motivazione in relazione alla valutazione dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 648 cod. pen.
Assumeva che il giudice del merito aveva ritenuto provata la consapevolezza della provenienza illecita del bene da parte dell’imputata sulla scorta di elementi indiziari che risultavano privi dei requisiti della gravità, della precisione e del concordanza, in particolare valorizzando in modo illogico la mancata indicazione da parte della COGNOME dei dati identificativi del venditore, senza considerare che nei casi di acquisti on line normalmente tali informazioni non venivano conservate, e ancora erroneamente interpretando la successiva vendita del bene come indice della consapevolezza della provenienza illecita dello stesso, non considerando che l’imputata aveva inserito una propria SIM nel telefono acquistato, comportamento che doveva ritenersi incompatibile con la sicura consapevolezza della provenienza illecita dell’apparecchio, e infine non considerando che il prezzo di acquisto del telefono era adeguato, che nessun collegamento era emerso fra l’imputata e il furto del telefono cellulare, che il bene era stato da quest’ultima rivenduto in maniera trasparente.
Con il terzo motivo deduceva violazione di legge ed omessa motivazione in punto di mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 712 cod. pen.
Assumeva che la Corte territoriale non si era confrontata con il motivo di appello con il quale si era osservato che, al più, si sarebbe potuta addebitare alla ricorrente una leggerezza, e dunque un profilo di colpa, per avere la stessa acquistato il telefono cellulare su una piattaforma online senza adottare particolari cautele.
Con il quarto motivo deduceva violazione di legge nonché illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.
Assumeva che al riguardo la Corte d’Appello aveva reso una motivazione meramente apparente, affermando in maniera apodittica che le modalità della condotta e la spregiudicatezza dell’imputata non consentivano di ritenere il fatto di particolare tenuità, senza considerare che proprio le modalità della condotta, oltre che l’esiguità del danno e l’assenza di abitualità del comportamento, deponevano per un disvalore particolarmente tenue del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è manifestamente infondato e pertanto inammissibile.
Ed invero, la Suprema Corte ha già avuto modo di pronunciarsi in relazione alla prospettata questione di legittimità costituzionale, affermando, in maniera condivisibile, che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 157, comma secondo, cod. pen. in relazione agli artt. 3 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede che per determinare il termine di prescrizione si tenga conto delle circostanze attenuanti eventualmente sussistenti, in quanto tale soluzione è espressione di una valutazione discrezionale del legislatore, insindacabile nel merito poiché non irragionevole nè arbitraria (Sez. 2, Sentenza n. 9539 del 13/02/2008, NOME, Rv. 239550 – 01).
Anche il secondo motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha reso una motivazione che appare immune da vizi in relazione alla ritenuta sussistenza, in capo alla ricorrente, del dolo del delitto ricettazione, avendo richiamato in maniera puntuale le circostanze di fatto in forza delle quali, in maniera del tutto logica, ha ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del reato contestato e in particolare la consapevolezza in capo alla Cucinotta della provenienza illecita del bene.
La Corte ha valorizzato, al riguardo, la inverosimiglianza della versione offerta dall’imputata in ragione “della genericità delle allegazioni, della carenza di riscontri e della contraddittorietà con gli ulteriori elementi di prova acquisiti nonostante il non significativo tempo trascorso da/l’asserito acquisto … l’imputata dichiarò di non essere in grado di fornire alcun elemento utile all’identificazione dell’ipotetico suo dante causa, anche solo un recapito dello stesso” (v. pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata).
Ha anche valorizzato il mendacio della COGNOME che, al fine di giustificare la mancata rilevazione della propria utenza telefonica in abbinamento al codice IMEI dell’apparecchio provento di furto, aveva affermato di avere utilizzato il telefono cellulare acquistato solo con il collegamento alla rete wi-fi di casa, laddove in realtà l’analisi del traffico telefonico aveva evidenziato che, nel periodo di interesse, il telefono aveva agganciato varie celle poste a notevole distanza dall’abitazione dell’imputata (v. pag. 6 della sentenza impugnata).
Da tali elementi la Corte ha tratto conseguenze non manifestamente illogiche quanto alla consapevolezza in capo alla ricorrente della provenienza delittuosa dell’apparecchio cellulare acquistato.
È del pari manifestamente infondato, e pertanto, inammissibile, anche il terzo motivo, dovendosi ritenere che la ritenuta sussistenza del dolo del reato di ricettazione – sostenuta, come osservato, da adeguata motivazione – valga ad escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo della contravvenzione di cui all’art. 712 cod. pen.
4. È, diversamente, fondato il quarto motivo. La Corte di merito, invero, ha reso una motivazione manifestamente illogica in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., avendo fatto riferimento, per ritenere la non particolare tenuità del fatto, all’attività di manomissione dell’apparecchio cellulare nell’indicazione del codice IMEI, ciò che aveva determinato un “maggior aggravio delle attività di rintraccio del bene” (v. pag. 7 della sentenza impugnata), attività (la quale, peraltro, dalla lettura del provvedimento impugnato, non risulta essere stata posta in essere dall’imputata) che tuttavia non costituisce un parametro conferente ai fini della richiesta di applicazione della causa di non punibilità in discorso, ciò alla luce del tenore letterale dell disposizione di cui all’art. 131-bis cod. pen., che ai fini della valutazione del particolare tenuità dell’offesa richiama gli elementi delle modalità della condotta e dell’esiguità del danno o del pericolo, elementi da valutarsi ai sensi dell’ar 133, primo comma, cod. pen., ossia alla luce della natura, della specie, dei mezzi, del tempo, del luogo e di ogni altra modalità dell’azione, della gravità del danno del pericolo cagionato e della intensità del dolo o del grado della colpa. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Orbene, tali essendo i criteri di valutazione previsti dalla legge, osserva il Collegio che il maggior aggravio delle attività di rintraccio del bene costituisce un elemento del tutto estraneo, oltre che, come è evidente, alla connotazione dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 648 cod. pen., anche alle modalità dell’azione, che per il delitto di ricettazione consiste nel ricevere una cosa di provenienza illecita, e alla gravità del danno e del pericolo, che nel reato in argomento assumono una connotazione esclusivamente patrimoniale e pertanto estranea all’elemento valorizzato dalla Corte di merito.
Alla stregua di tali rilievi la sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata limitatamente all’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. con rinvio per
nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Reggio
Calabria; nel resto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di
Appello di Reggio Calabria. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 09/04/2025