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Particolare tenuità del fatto: appello e conversione

Un imputato, assolto per evasione grazie al principio di particolare tenuità del fatto, si vede impugnare la sentenza dal Pubblico Ministero. Quest’ultimo ricorre direttamente in Cassazione, ma la Suprema Corte converte il ricorso in appello, specificando che le critiche alla motivazione della sentenza, e non alla mera violazione di legge, devono essere esaminate dalla Corte d’Appello.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del fatto: quando l’appello è d’obbligo

Il principio della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione del sistema giudiziario, evitando la punizione per reati considerati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è sempre pacifica e può essere oggetto di impugnazione. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce i corretti canali procedurali per contestare una sentenza di proscioglimento basata su questa causa di non punibilità, specialmente quando l’accusa ritiene che il comportamento dell’imputato sia tutt’altro che occasionale.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di Catania, in sede di giudizio abbreviato, aveva emesso una sentenza di proscioglimento nei confronti di un uomo accusato di evasione dagli arresti domiciliari (art. 385 c.p.). L’episodio contestato consisteva nel passaggio dell’imputato dal balcone della propria abitazione a quello di un vicino, per poi rientrare immediatamente. Il giudice di primo grado aveva ritenuto applicabile la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, considerando l’azione non idonea a generare un particolare allarme sociale e valutandola come un episodio occasionale, nonostante l’imputato avesse precedenti specifici molto risalenti nel tempo.

Contestualmente, l’uomo veniva assolto anche dall’accusa di detenzione di sostanze stupefacenti, poiché gli 8 grammi di cocaina trovati in suo possesso venivano qualificati come detenzione per uso personale.

Il Procuratore generale presso la Corte di appello, non condividendo la decisione sull’evasione, proponeva ricorso per Cassazione. Secondo l’accusa, il Tribunale aveva errato nel valutare la tenuità del fatto, ignorando elementi cruciali come i numerosi precedenti dell’imputato per lo stesso reato (nove episodi tra il 2011 e il 2015), la contestata recidiva e l’installazione di ben sedici telecamere di sorveglianza per monitorare l’arrivo delle forze dell’ordine. Questi elementi, a parere del Procuratore, delineavano un quadro di abitualità del comportamento, incompatibile con il beneficio della non punibilità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, investita del caso, non è entrata nel merito della questione (ovvero se il fatto fosse o meno di particolare tenuità), ma si è concentrata su un aspetto procedurale fondamentale. Il ricorso del Procuratore generale era stato presentato come “ricorso per saltum” ai sensi dell’art. 569 c.p.p., un mezzo che consente di adire direttamente la Cassazione bypassando la Corte d’Appello, ma solo per denunciare una pura “violazione di legge”.

Gli Ermellini hanno osservato che, sebbene formalmente rubricato come violazione di legge, il ricorso del PM lamentava in realtà un vizio di motivazione. L’accusa non contestava un’errata interpretazione della norma, ma il modo in cui il primo giudice aveva ragionato e valutato le prove, ritenendo la sua motivazione illogica e contraddittoria alla luce dei precedenti dell’imputato.

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha dichiarato che il mezzo di impugnazione corretto non era il ricorso per Cassazione, bensì l’appello. Pertanto, ha disposto la conversione del ricorso in appello e la trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Catania, che sarà il giudice competente a riesaminare nel merito la vicenda.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine della procedura penale: il rispetto dei gradi di giurisdizione. Il ricorso diretto in Cassazione è un’eccezione, ammessa solo quando si contesta un errore di diritto puro. Quando, invece, la critica investe la valutazione dei fatti e la coerenza logica della sentenza (il cosiddetto “vizio di motivazione”), la sede naturale per la discussione è la Corte d’Appello, che ha pieni poteri di riesame del merito.

La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza, specificando che una sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, emessa in un giudizio abbreviato, è pienamente appellabile dal Pubblico Ministero. L’errore del Procuratore è stato quello di scegliere la via del ricorso “per saltum” per sollevare questioni che, per loro natura, richiedevano una rivalutazione del fatto e della logica del primo giudice. La conversione del ricorso in appello, dunque, non è un rigetto, ma una correzione del percorso processuale per garantire che la questione venga decisa dal giudice competente secondo le regole stabilite.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti insegnamenti pratici. In primo luogo, ribadisce che una sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto non è inattaccabile e può essere contestata dal Pubblico Ministero. In secondo luogo, chiarisce in modo inequivocabile la strada processuale da seguire: se la contestazione riguarda il modo in cui il giudice ha motivato la sua decisione, valutando ad esempio l’abitualità del comportamento, lo strumento corretto è l’appello, non il ricorso diretto in Cassazione. La decisione della Corte, convertendo il ricorso, ha evitato una declaratoria di inammissibilità e ha permesso al processo di proseguire nel giusto grado di giudizio, dove la Corte d’Appello di Catania dovrà ora stabilire se il comportamento dell’imputato fosse davvero così tenue da non meritare una sanzione.

Quando un’assoluzione per particolare tenuità del fatto può essere appellata dal Pubblico Ministero?
Sì, una sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto emessa in un giudizio abbreviato è appellabile dal Pubblico Ministero. L’appello deve essere proposto davanti alla Corte d’Appello.

Cos’è il ‘ricorso per saltum’ e perché non era applicabile in questo caso?
È un ricorso diretto alla Corte di Cassazione che ‘salta’ la Corte d’Appello, ma è ammesso solo per denunciare errori di diritto. In questo caso non era applicabile perché il Pubblico Ministero non contestava un errore di diritto, ma la logicità e la coerenza della motivazione del giudice di primo grado, una questione che deve essere decisa dalla Corte d’Appello.

Cosa succede quando un ricorso viene ‘convertito’?
Significa che il giudice, rilevando che l’impugnazione è stata presentata in una forma errata (in questo caso, ricorso per Cassazione invece di appello), la trasforma nel mezzo di impugnazione corretto e la trasmette al giudice competente. In questo modo si evita che il ricorso venga dichiarato inammissibile e si garantisce una decisione nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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