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Particolare tenuità del fatto: abitualità e limiti

La Cassazione ha respinto il ricorso di un’imputata, confermando che la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. non è applicabile in presenza di una condotta abituale, desumibile da numerosi precedenti penali specifici. La gravità intrinseca del reato, incluse minacce, ha ulteriormente escluso la minima offensività.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando i Precedenti Penali Escludono il Beneficio

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, volto a escludere la punibilità per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica ed è soggetta a precisi limiti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 25552/2025) chiarisce in modo esemplare come la presenza di una condotta abituale, desumibile dai precedenti penali, possa precludere l’accesso a tale beneficio, anche a fronte di un reato astrattamente non grave.

Il Caso in Esame: Furto, Minacce e il Ricorso in Cassazione

Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte riguardava una donna condannata in primo e secondo grado per i reati di furto e minaccia in concorso, con l’aggravante della recidiva. La difesa dell’imputata aveva proposto ricorso in Cassazione lamentando unicamente la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Secondo la ricorrente, la sua condotta non poteva definirsi ‘abituale’ nel senso inteso dalla legge, richiamando a supporto le pronunce delle Sezioni Unite.

Particolare Tenuità del Fatto: i limiti all’applicazione

Per comprendere la decisione della Corte, è fondamentale ricordare i presupposti dell’art. 131-bis c.p. Questo istituto permette al giudice di non punire l’autore di un reato quando ricorrono congiuntamente due condizioni:

1. Modalità della condotta e esiguità del danno o del pericolo: l’offesa al bene giuridico protetto deve essere minima, quasi insignificante.
2. Non abitualità del comportamento: l’autore del reato non deve essere un delinquente abituale, professionale o per tendenza, né aver commesso reati della stessa indole.

È proprio su questo secondo punto che si è concentrata l’analisi della Cassazione.

Il Nodo della Questione: la Condotta Abituale

La legge considera ‘abituale’ il comportamento di chi abbia commesso più reati della stessa indole. Le Sezioni Unite (sent. Tushaj, n. 13681/2016) hanno chiarito che la condotta abituale sussiste quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno altri due reati della stessa indole. Questa valutazione può essere compiuta dal giudice sulla base degli atti a sua disposizione, come il certificato penale.

La Decisione della Cassazione: perché la particolare tenuità del fatto è stata negata?

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato, confermando la decisione della Corte d’Appello di Brescia. La negazione del beneficio si è basata su due pilastri argomentativi solidi e interconnessi.

I Numerosi Precedenti Penali dell’Imputata

Il primo motivo di rigetto risiede nella storia criminale dell’imputata. I giudici hanno evidenziato la presenza di numerosi e specifici precedenti penali, tra cui sei condanne per furto, due per ricettazione e due per invasione di terreni ed edifici. Questo ‘curriculum’ criminale, secondo la Corte, non lasciava dubbi sulla sussistenza di una vera e propria ‘abitualità delle condotte predatorie’, che va oltre la semplice occasionalità e manifesta un’inclinazione costante a commettere reati contro il patrimonio. Tale quadro era così chiaro da giustificare il riconoscimento della recidiva qualificata e, di conseguenza, da escludere la non abitualità richiesta dall’art. 131-bis c.p.

La Gravità Intrinseca della Condotta

Il secondo motivo, altrettanto cruciale, riguarda la gravità intrinseca dei fatti contestati. La condotta non si era limitata al furto, ma era sfociata in minacce serie. Una volta scoperta, l’imputata aveva proferito ‘gravi frasi intimidatorie’ ai danni della persona offesa. Questo elemento, secondo la Corte, impedisce di qualificare il fatto come di ‘minima offensività’. La minaccia a una vittima, infatti, denota una pericolosità e un grado di colpevolezza che sono incompatibili con la ratio dell’istituto della particolare tenuità.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sottolineando che l’apprezzamento della Corte d’Appello era immune da vizi logici e giuridici. I giudici di merito avevano correttamente valutato sia l’indice-requisito della modalità della condotta (escludendo la tenuità a causa della gravità delle minacce) sia l’indice-ostacolo del comportamento abituale (accertato tramite i numerosi precedenti penali). La Cassazione ha ribadito che, di fronte a un quadro fattuale così delineato, spetta all’imputato allegare elementi specifici e concreti in senso contrario, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. La difesa si è limitata a un generico richiamo giurisprudenziale senza riuscire a ‘disarticolare’ il solido ragionamento della sentenza impugnata. La valutazione del giudice di merito si è mantenuta nell’ambito di un apprezzamento di fatto, discrezionale ma non arbitrario, fondato su elementi concreti e in linea con l’interpretazione consolidata della norma.

Le Conclusioni

La sentenza in commento offre un’importante lezione pratica sull’applicazione dell’art. 131-bis c.p. Essa conferma che la valutazione sulla particolare tenuità del fatto non può limitarsi al singolo episodio, ma deve essere complessiva, tenendo conto sia della gravità concreta della condotta sia della personalità dell’autore, come emerge dalla sua storia giudiziaria. La presenza di numerosi precedenti specifici non è un mero dato statistico, ma un indicatore fondamentale di una ‘inclinazione a delinquere’ che il legislatore ha voluto escludere dal perimetro del beneficio. Allo stesso modo, la gravità delle modalità esecutive del reato, come l’uso di minacce, è un elemento decisivo che può, da solo, precludere un giudizio di minima offensività. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia ribadisce la necessità di un’analisi attenta e completa di tutti gli indici previsti dalla norma, evitando richieste generiche e non supportate da elementi fattuali specifici.

La commissione di più reati in continuazione impedisce automaticamente l’applicazione della particolare tenuità del fatto?
No, secondo la giurisprudenza citata, la pluralità di reati unificati dal vincolo della continuazione non è di per sé ostativa alla configurabilità della causa di esclusione della punibilità. Il giudice deve comunque procedere a una valutazione complessiva della fattispecie concreta.

Come si definisce la “condotta abituale” che esclude l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.?
La condotta è considerata abituale quando l’autore del reato ha commesso in precedenza almeno altri due reati della stessa indole, anche se accertati solo incidentalmente dal giudice, oppure quando dagli atti emergono condotte pregresse analoghe che dimostrano una costante inclinazione a delinquere.

Perché in questo caso specifico non è stata riconosciuta la particolare tenuità del fatto?
Non è stata riconosciuta per due motivi principali: in primo luogo, i numerosi precedenti penali dell’imputata (tra cui sei condanne per furto e due per ricettazione) attestavano l’abitualità della sua condotta predatoria. In secondo luogo, la gravità intrinseca del fatto, in particolare le gravi frasi intimidatorie rivolte alla persona offesa, escludeva la possibilità di considerare l’offesa di minima entità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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