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Particolare tenuità del danno: quando non si applica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto. La Corte ha stabilito che un danno di circa 6.000 euro non può integrare l’attenuante della particolare tenuità del danno, che richiede un pregiudizio di minima rilevanza e non solo lieve.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare tenuità del danno: quando un danno è troppo grande per essere “tenue”?

L’applicazione della circostanza attenuante della particolare tenuità del danno è un tema cruciale nei reati contro il patrimonio, come il furto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante precisazione sui criteri da adottare, stabilendo che un danno di seimila euro non può rientrare in questa categoria. Analizziamo insieme la decisione per capire la linea di confine tracciata dalla giurisprudenza.

I Fatti del Caso: un Furto e il Ricorso in Cassazione

Il caso nasce dal ricorso di un imputato, condannato in primo e secondo grado per il reato di furto. La Corte di Appello, pur rideterminando la pena, non aveva concesso l’attenuante della particolare tenuità del danno patrimoniale. L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando l’illogicità della motivazione su questo specifico punto. A suo avviso, i giudici di merito non avevano adeguatamente valutato gli elementi che avrebbero dovuto portare al riconoscimento di un danno patrimoniale particolarmente esiguo.

L’Attenuante della Particolare Tenuità del Danno nel Diritto Penale

Nei reati contro il patrimonio, la legge prevede una riduzione di pena se il danno causato alla vittima è di speciale tenuità. Tuttavia, la definizione di cosa sia “particolarmente tenue” non è rigida e viene interpretata dalla giurisprudenza. La questione centrale, come evidenziato in questa ordinanza, è se sia sufficiente un danno “lieve” o se la legge richieda qualcosa di più: un danno di “minima rilevanza”. La Corte di Cassazione, richiamando un suo consolidato orientamento, sposa questa seconda interpretazione, più restrittiva.

le motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni principali. In primo luogo, ha giudicato il motivo del ricorso generico e indeterminato, poiché l’imputato non aveva fornito elementi concreti a sostegno della sua tesi sulla tenuità del danno.

In secondo luogo, e questo è il cuore della decisione, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: per la concessione dell’attenuante, non è sufficiente che il danno sia semplicemente “lieve”. È necessario, invece, che il pregiudizio economico arrecato alla parte offesa sia di “minima rilevanza”. Si tratta di un concetto più stringente, che implica un impatto patrimoniale quasi trascurabile.

Nel caso specifico, il valore della refurtiva era stato stimato in circa seimila euro. Secondo i giudici, una cifra di tale entità non può in alcun modo essere considerata di “minima rilevanza”. Di conseguenza, la decisione della Corte di Appello di non concedere l’attenuante è stata ritenuta corretta e immune da censure.

le conclusioni

L’ordinanza conferma un orientamento rigoroso nell’applicazione dell’attenuante della particolare tenuità del danno. La decisione chiarisce che il parametro di valutazione non è la generica “lievità” del danno, ma la sua “minima rilevanza”, un criterio molto più selettivo. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questo significa che solo i danni economici veramente esigui e quasi irrilevanti possono giustificare una riduzione della pena per furto. Un valore di diverse migliaia di euro, come nel caso di specie, esclude a priori tale possibilità, portando alla conferma della condanna e, in caso di ricorso infondato, al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende.

Qual è la ragione principale per cui il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato. La Corte ha stabilito che un danno patrimoniale di circa seimila euro non può essere considerato di “minima rilevanza”, requisito indispensabile per la concessione dell’attenuante della particolare tenuità del danno.

Che differenza c’è tra un danno “lieve” e un danno di “minima rilevanza” secondo la Corte?
Secondo la giurisprudenza consolidata richiamata dalla Corte, per l’applicazione dell’attenuante non è sufficiente che il danno sia solo “lieve”. È necessario che il danno sia di “minima rilevanza”, un concetto più restrittivo che indica un pregiudizio economico quasi trascurabile per la vittima.

Qual è stata la conseguenza per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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