Particolare tenuità del danno: quando un danno è troppo grande per essere “tenue”?
L’applicazione della circostanza attenuante della particolare tenuità del danno è un tema cruciale nei reati contro il patrimonio, come il furto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante precisazione sui criteri da adottare, stabilendo che un danno di seimila euro non può rientrare in questa categoria. Analizziamo insieme la decisione per capire la linea di confine tracciata dalla giurisprudenza.
I Fatti del Caso: un Furto e il Ricorso in Cassazione
Il caso nasce dal ricorso di un imputato, condannato in primo e secondo grado per il reato di furto. La Corte di Appello, pur rideterminando la pena, non aveva concesso l’attenuante della particolare tenuità del danno patrimoniale. L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando l’illogicità della motivazione su questo specifico punto. A suo avviso, i giudici di merito non avevano adeguatamente valutato gli elementi che avrebbero dovuto portare al riconoscimento di un danno patrimoniale particolarmente esiguo.
L’Attenuante della Particolare Tenuità del Danno nel Diritto Penale
Nei reati contro il patrimonio, la legge prevede una riduzione di pena se il danno causato alla vittima è di speciale tenuità. Tuttavia, la definizione di cosa sia “particolarmente tenue” non è rigida e viene interpretata dalla giurisprudenza. La questione centrale, come evidenziato in questa ordinanza, è se sia sufficiente un danno “lieve” o se la legge richieda qualcosa di più: un danno di “minima rilevanza”. La Corte di Cassazione, richiamando un suo consolidato orientamento, sposa questa seconda interpretazione, più restrittiva.
le motivazioni
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni principali. In primo luogo, ha giudicato il motivo del ricorso generico e indeterminato, poiché l’imputato non aveva fornito elementi concreti a sostegno della sua tesi sulla tenuità del danno.
In secondo luogo, e questo è il cuore della decisione, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: per la concessione dell’attenuante, non è sufficiente che il danno sia semplicemente “lieve”. È necessario, invece, che il pregiudizio economico arrecato alla parte offesa sia di “minima rilevanza”. Si tratta di un concetto più stringente, che implica un impatto patrimoniale quasi trascurabile.
Nel caso specifico, il valore della refurtiva era stato stimato in circa seimila euro. Secondo i giudici, una cifra di tale entità non può in alcun modo essere considerata di “minima rilevanza”. Di conseguenza, la decisione della Corte di Appello di non concedere l’attenuante è stata ritenuta corretta e immune da censure.
le conclusioni
L’ordinanza conferma un orientamento rigoroso nell’applicazione dell’attenuante della particolare tenuità del danno. La decisione chiarisce che il parametro di valutazione non è la generica “lievità” del danno, ma la sua “minima rilevanza”, un criterio molto più selettivo. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questo significa che solo i danni economici veramente esigui e quasi irrilevanti possono giustificare una riduzione della pena per furto. Un valore di diverse migliaia di euro, come nel caso di specie, esclude a priori tale possibilità, portando alla conferma della condanna e, in caso di ricorso infondato, al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende.
Qual è la ragione principale per cui il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato. La Corte ha stabilito che un danno patrimoniale di circa seimila euro non può essere considerato di “minima rilevanza”, requisito indispensabile per la concessione dell’attenuante della particolare tenuità del danno.
Che differenza c’è tra un danno “lieve” e un danno di “minima rilevanza” secondo la Corte?
Secondo la giurisprudenza consolidata richiamata dalla Corte, per l’applicazione dell’attenuante non è sufficiente che il danno sia solo “lieve”. È necessario che il danno sia di “minima rilevanza”, un concetto più restrittivo che indica un pregiudizio economico quasi trascurabile per la vittima.
Qual è stata la conseguenza per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30875 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30875 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CECINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/03/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appell di Firenze che, rideterminando il trattamento sanzioNOMErio, ha parzialmen riformato la sentenza di primo grado con la quale l’imputato è stato riten responsabile del delitto di furto;
considerato che il primo ed unico motivo di ricorso, con il quale il ricor denunzia l’illogicità della motivazione in ordine alla mancata concessione de circostanza attenuante della particolare tenuità del danno patrimoniale, oltr essere generico per indeterminatezza, non indicando elementi a sostegno dell particolare tenuità del danno, è manifestamente infondato in quanto, second consolidata giurisprudenza di legittimità, per la concessione dell’attenuan necessario che il danno cagioNOME alla parte offesa sia di rilevanza minima, essendo sufficiente che esso sia solo lieve (Sez. 6, n. 1857 del 12/10/19 Cancellieri, Rv. 183285-01), e nel caso di specie il valore della refurtiva, s in seimila euro circa, non può considerarsi tale;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore dell cassa delle ammende.
Così deciso il 13 giugno 2024
Il Con liere estensore
Il Presidente