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Partecipazione narcotraffico: quando l’acquisto è reato

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato contro l’ordinanza di custodia cautelare per partecipazione a un’associazione per narcotraffico. La Corte ha confermato che l’acquisto stabile di sostanze stupefacenti da un’organizzazione criminale, unitamente ad altri indizi di inserimento organico, è sufficiente a integrare la condotta di partecipazione al sodalizio, respingendo le censure sulla motivazione e sulla sussistenza delle esigenze cautelari.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione narcotraffico: l’acquisto stabile di droga è sufficiente?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 33712 del 2024, offre un’importante chiave di lettura sulla configurabilità del reato di partecipazione narcotraffico. La Suprema Corte ha stabilito che la disponibilità all’acquisto costante di sostanze stupefacenti da un’organizzazione criminale, se inserita in un rapporto stabile, può integrare la condotta di partecipazione al sodalizio stesso. Analizziamo la decisione per comprendere i confini tra essere un semplice acquirente e un partecipe dell’associazione.

I Fatti del Caso: L’Ordinanza di Custodia Cautelare

Il caso trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Catanzaro nei confronti di un soggetto, indagato per partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/1990) e per cessione continuata di cocaina. Secondo l’accusa, basata su intercettazioni, dichiarazioni di collaboratori di giustizia e attività di indagine, l’indagato si riforniva stabilmente di droga dall’associazione per poi spacciarla presso il proprio locale commerciale. Il Tribunale del Riesame aveva confermato la misura, ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza e un concreto pericolo di recidiva.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando due vizi principali:
1. Mancanza di prova e illogicità della motivazione: Si sosteneva che gli elementi raccolti non fossero sufficienti a dimostrare un inserimento organico dell’indagato nell’associazione. La sua relazione con uno dei membri era descritta come un semplice rapporto di amicizia e le somme di denaro in questione erano, a dire della difesa, legate a un rapporto lavorativo e non al narcotraffico.
2. Violazione delle norme sulle esigenze cautelari: La difesa contestava l’applicazione della custodia in carcere, ritenendo che il giudice non avesse adeguatamente valutato gli elementi specifici del caso, limitandosi ad applicare la presunzione di legge prevista per questo tipo di reato.

La Decisione della Cassazione sulla partecipazione narcotraffico

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso. In primo luogo, ha ribadito il proprio ruolo di giudice di legittimità, il cui compito non è rivalutare le prove, ma verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato. Nel caso di specie, la motivazione del Tribunale del Riesame è stata giudicata coerente e priva di vizi logici.

Il punto cruciale della sentenza riguarda la qualificazione della condotta dell’indagato. La Corte ha confermato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la partecipazione narcotraffico non richiede necessariamente un ruolo di vertice o compiti organizzativi complessi. Integra la condotta di partecipazione anche la disponibilità costante all’acquisto della sostanza, quando questa si inserisce in un rapporto stabile e organico con il sodalizio. Nel caso esaminato, l’indagato non era un acquirente occasionale, ma era inserito stabilmente nella rete di distribuzione di un sottogruppo, tanto da essere considerato debitore in solido per le forniture ricevute, al pari degli altri membri.

La Questione delle Esigenze Cautelari

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha ricordato che per i gravi delitti legati al narcotraffico organizzato, l’articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale prevede una presunzione relativa di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere. Tale presunzione può essere superata solo se emergono elementi specifici che dimostrino l’assenza di esigenze cautelari o la possibilità di soddisfarle con misure meno afflittive. La doglianza della difesa è stata giudicata generica e non idonea a scalfire tale presunzione, non avendo fornito elementi concreti per una valutazione diversa.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su due pilastri. Il primo è la distinzione netta tra il giudizio di merito, che accerta i fatti, e quello di legittimità, che ne controlla la corretta interpretazione giuridica e la logicità argomentativa. La ricostruzione operata dal Tribunale del Riesame, che ha individuato un pieno inserimento dell’indagato nella struttura del sodalizio, è stata ritenuta logica e ben argomentata, e come tale non sindacabile in sede di Cassazione. Il secondo pilastro è il consolidato principio di diritto secondo cui l’acquirente stabile, che garantisce un flusso costante di liquidità e uno sbocco di mercato per la droga dell’associazione, fornisce un contributo causale alla vita e al rafforzamento del sodalizio stesso, divenendone a tutti gli effetti un partecipe.

Le Conclusioni

La sentenza n. 33712/2024 ribadisce un principio di notevole importanza pratica: nel contrasto al narcotraffico, la linea di demarcazione tra consumatore/spacciatore autonomo e partecipe di un’associazione è sottile. La stabilità e la continuità del rapporto di fornitura, unitamente ad altri indici (come la gestione dei debiti e l’inserimento nelle dinamiche del gruppo), diventano elementi decisivi per configurare la più grave accusa di partecipazione narcotraffico. La decisione conferma, inoltre, la rigorosità del sistema cautelare per i reati di criminalità organizzata, ponendo a carico della difesa l’onere di fornire prove concrete per superare la presunzione di carcerazione.

Quando l’acquisto di droga integra il reato di partecipazione ad un’associazione per narcotraffico?
Secondo la sentenza, l’acquisto di droga integra la partecipazione quando non è occasionale ma avviene nell’ambito di un rapporto stabile e continuativo, dimostrando un inserimento organico dell’acquirente nella struttura e nelle logiche del sodalizio criminale.

È possibile ottenere una misura cautelare meno grave del carcere per il reato di associazione finalizzata al narcotraffico?
Sì, in teoria è possibile. Tuttavia, la legge prevede una forte presunzione che solo il carcere sia una misura adeguata. Per ottenere una misura meno afflittiva, la difesa deve fornire elementi specifici e concreti che dimostrino l’assenza delle esigenze cautelari o la loro soddisfacibilità con misure più lievi.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove in un ricorso contro una misura cautelare?
No. Il ruolo della Corte di Cassazione è limitato al controllo della violazione di legge e della manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato. Non può procedere a una nuova e diversa valutazione delle prove o alla ricostruzione dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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