Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10649 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10649 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
NOMECOGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi;
lette le conclusioni del difensore della parte civile, AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto dei ftorsi e la conferma della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza di questa Corte Sez. 3 n. 17907 del 25 ottobre 2016 dep. 2017, è stata annullata con rinvio la pronuncia della Corte di appello di Napoli del 5 maggio 2015, che aveva parzialmente confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede del 14 aprile 2009, con la quale NOME.G. e NOME.B.
unitamente ad altri, erano stati condannati, in relazione al reato di cui all’art. 609
octies cod.pen, a loro contestato per avere costretto una persona dedita alla
prostituzione a subire atti sessuali contro la sua volontà (capo A), nonché in relazione ai reati di cui agli artt. 336 e 337 c.p. (capi B e C, commessi in pari data) ed al risarcimento del danno in favore della parte civile, da determinarsi in separato giudizio.
La Corte d’appello aveva dichiarato non doversi procedere in relazione ai reati di cui ai capi B) e C) dell’imputazione, per essere gli stessi estinti pe prescrizione, e ha rideterminato in diminuzione il trattamento sanzionatorio quanto al residuo capo A).
Su impugnazione degli imputati COGNOME FRAGIONE_SOCIALEB.l e N. R
NOMECOGNOME , la Corte di cassazione dichiarò inammissibile il ricorso proposto da tutti i ricorrenti ad esclusione di COGNOMENOME e COGNOME NOMECOGNOME COGNOME accolse il ricorso dei medesimi limitatamente al diniego della circostanza attenuante di cui all’art. 609-octies, quarto comma, cod. pen., con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli, rigettando gli altri motivi da loro proposti.
Con sentenza n. 3342 del 7 giugno 2023, la Corte di appello di Napoli, giudicando su tale rinvio, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Napoli del 14 aprile 2009, nei confronti di NOME e di NOME , come riformata dalla Corte d’appello.
4.1. In particolare, la Corte di appello, dato atto che era ormai definitivo l’accertamento di merito relativo al contributo eziologico apportato dal F.B. e dal G.G. alla commissione del fatto contestato sub A), ha indicato che l’unico oggetto del giudizio di rinvio era quello relativo alla configurabilità dell’ipote descritta dal quarto comma dell’art. 609 octies cod. pen.
4.2. In particolare, secondo la ricostruzione addotta dagli imputati, si sarebbe dovuto accertare che gli odierni ricorrenti in effetti non avevano preso parte ai palpeggiamenti patiti dalla persona offesa e che erano rimasti all’interno delle proprie autovetture. Ad avviso della Corte territoriale, tuttavia, del reale accadimento di tali circostanze, neppure addotte dagli interessati nell’interrogatorio, non vi era prova ed anzi il F.B. aveva negato gli addebiti, riferendo che « alcuni (di noi)» si erano limitati a ballare vicino a questo individuo, ma non avevano toccato alcuno. Allo stesso modo il COGNOME NOMECOGNOME aveva riferito « Ci siamo limitati a prendere in giro questo travestita». Da ciò doveva necessariamente dedursi che la condotta degli imputati dimostrava la piena adesione al gruppo e rivelava come il delitto abbia rappresentato la realizzazione di una decisione congiunta e collettivamente perpetrata. Tale ricostruzione veniva confermata dalle stesse dichiarazioni della persona offesa che, durante l’udienza
dibattimentale del 29 aprile 2008, aveva riferito di essere stata accerchiata da tutti i coimputati che erano scesi dalle proprie autovetture e che, mentre due ragazzi intenzionalmente la toccarono, tutti gli altri stavano intorno.
4.3. L’aver attorniato la parte offesa unitamente agli altri , :oimputati durante la commissione del reato, non poteva considerarsi partecipazione di minima importanza perché, attraverso tale condotta, gli odierni ricorrenti, avevano manifestato inequivocabilmente il loro sostegno all’azione illecita, spiegando efficacia eziologica rispetto alla lesione della libertà di autodeterminazione G.G. sessuale della parte offesa. Sia il F.B. che il realizzavano un comportamento di uguale gravità rispetto a quello degli altri correi. Avevano agevolato la commissione della violenza sessuale di gruppo, non avevano espresso definitivamente il loro dissenso ed anzi si erano compiaciuti dell’effetto intimidatorio prodotto dalla loro condotta. Erano scesi dalle auto proprio per perseguire lo scopo di prendere in giro la persona, ledendone la libertà di autodeterminazione sessuale e compromettendone la dignità e l’orgoglio. Gli stessi militari intervenuti avevano constatato che tutti gli imputati avevano proseguito la propria azione inseguendo la parte offesa e lanciando bottiglie di vetro e la partecipazione congiunta aveva anche impedito alla persona offesa di individuare nell’immediatezza una via di fuga.
4.4. In definitiva, è stata confermata la condanna degli odierni ricorrenti, quanto al capo A) dell’imputazione alla pena di anni 4 di reclusione.
Avverso tale sentenza, ricorrono con separati ricorsi ed a mezzo dei rispettivi difensori, COGNOME NOMECOGNOME I sulla base di due motivi, e COGNOME COGNOME sulla base di un motivo
COGNOME
I
In particolare, i
NOMECOGNOME
denuncia:
Nullità della sentenza per violazione degli artt. 161, 178, 179, 601 cod.proc.pen, per omesso avviso all’imputato del decreto che dispone il giudizio di appello; si sostiene che all’imputato non era stato notificato il decreto di citazione all’udienza del 13 marzo 2023, in quanto – dalla allegata re’ata di notifica- si evinceva che la notifica era stata tentata con esito negativo , in data 13 febbraio 2023, presso l’indirizzo di residenza dell’imputato ove lo stesso aveva regolarmente eletto domicilio. A fronte di ciò, la Corte territoriale non aveva verificato la corretta costituzione delle parti ed aveva dichiarato l’imputato come libero ed assente, dunque avvisato;
Illogicità della motivazione in ordine alla esclusione dell’attenuante di cui all’art. 609 octies, quarto comma, cod.pen. ad avviso del ricorrente, anche la motivazione della sentenza qui impugnata avrebbe reiterato l’errore di diritto rilevato dalla Corte di cessazione con la sentenza che aveva disposto il rinvio.
4A- COGNOME 3
Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente COGNOME NOME.B. COGNOME deduce la violazione dell’art. 627 cod. proc. pen. per l’affermata inosservanza delle statuizioni della sentenza di annullamento con rinvio.
In particolare, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebbe disatteso i parametri di riferimento imposti dalla sentenza rescindente, limitandosi ad una rielaborazione delle stesse motivazioni, già riconosciute non convincenti dalla sentenza della Corte di cassazione. In sostanza, il punto centrale della mancata dimostrazione della prospettazione del minimo apporto sarebbe stato considerato come oggetto di prova da parte del ricorrente, così disattendendosi il contenuto della sentenza che aveva disposto l’annullamento con rinvio.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto di dichiarare i ricorsi inammissibili.
La parte civile ha depositato memoria con la quale ha chiesto il rigetto dei ricorsi e provvedersi sulla liquidazione delle spese come da nota allegata, essendo la parte ammessa al gratuito patrocinio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In via preliminare, va rigettato il primo motivo del ricorso presentato da NOME.NOME. Nessuna nullità inficia la sentenza impugnata in relazione alla circostanza indicata, relativa alla mancata notifica all’imputato del decreto di citazione per l’udienza del 13 marzo 2023, presso la residenza dello stesso ove era stato eletto domicilio.
Come si evince dalla relata di notifica, datata 13 febbraio 2023, relativa al decreto di citazione per l’udienza del 13 marzo 2023, fu tentata la notifica all’imputato presso il domicilio eletto, ma la stessa non fu eseguita in quanto nella via indicata dall’imputato (INDIRIZZO) non era presente il numero civico indicato dallo stesso imputato (56). Il ricorrente allude ad una irregolarità della procedura di notificazione, per ciò solo, in realtà non desumibile da tali circostanze, posto che, nel caso in cui la notifica presso il domicilio eletto non possa realizzarsi per la non idonea indicazione (come è accaduto nel caso di specie) del domicilio, si provvede ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod.proc.pen, alla notifica mediante consegna al difensore. Ciò è quanto avvenuto in data 16 marzo 2023.
Peraltro, nel caso di specie, secondo la giurisprudenza, quella segnalata dal ricorrente costituirebbe una mera nullità c.d. a regime intermedio, deducibile entro i termini indicati dall’art. 180 cod.proc.pen., e quindi tardivamente dedotto per la prima volta nell’odierno ricorso in quanto, essendosi in ipotesi la eccepita nullità
verificatasi nella fase degli atti preliminari del giudizio di appello, la stessa avrebb dovuto essere tempestivamente eccepita nel corso del giudizio di appello.
Al contrario, nel corso del già menzionato giudizio, il difensore di fiducia dell’imputato COGNOME NOMECOGNOME , presente per delega, attraverso gli avvocati COGNOMERAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE , all’udienza 13.3.2023, nulla ha eccepito, pur essendo in condizione di farlo (nel medesimo senso, cfr., in un caso nel quale si discuteva della nullità a regime intermedio della citazione dell’imputato per il giudizio d’appello, Sez. U, n. 19602 del 27/03/2008, in motivazione, che ha ritenuto tardiva la deduzione del vizio per la prima volta nel ricorso per cassazione, in violazione delle regole di deducibilità di cui all’art. 182 c.p.p. e dei termini rilevabilità di cui all’art. 180 c.p.p., non avendo il difensore “eccepito alcunché nel giudizio di appello”; Sez. 2, n. 46638 del 2019, D’Ano, Rv. 278002 – 01).
Il secondo motivo del ricorso di COGNOME NOMECOGNOME e l’unico motivo del ricorso di NOMECOGNOME , sostanzialmente di contenuto analogo e per questo da trattare congiuntamente, sono infondati.
I ricorrenti lamentano l’illogicità della motivazione, o, sotto altro profilo, violazione dell’art. 627 cod. proc. pen., in quanto la Corte di appello avrebbe riproposto le medesime argomentazioni della sentenza annullata, ribadendo l’erroneo presupposto logico che sia onere dell’imputato provare che il proprio contributo sia stato di minima importanza.
Ciò sarebbe dimostrato dalla esplicita affermazione che la prospettazione difensiva, secondo la quale gli imputati NOME e NOME sarebbero rimasti in macchina ed avrebbero assistito alle condotte dei correi dall’interno delle vetture, non era neppure stato prospettato dagli stessi appellanti.
Invece, ad avviso dei ricorrenti, la Corte dì cassazione avrebbe fissato con certezza il dato che non tutti gli imputati avevano avuto il medesimo comportamento, come riconosciuto dalla stessa parte offesa che aveva riferito solo a due degli imputati su otto gli atti di palpazione. La sentenza di annullamento con rinvio, dunque, aveva attribuito al giudice del rinvio il compito di indagare se ed in che misura, il diverso comportamento tenuto dai diversi imputati avrebbe potuto assumere rilevanza ai fini della configurabilità della circostanza attenuante in oggetto.
3. È opportuno precisare che la sentenza della Sez. 3, n. 17907 del 25 ottobre 2016, dep. 2017, nell’accogliere parzialmente i ricorsi degli odierni ricorrenti, ha rilevato che, quanto al mancato riconoscimento dell’attenuante del concorso di minima rilevanza di cui all’art. 609 octies, quarto comma, cod.pen., la sentenza impugnata recava una manifestazione illogica. Prendendo le mosse da una erronea affermazione in diritto, secondo cui gli imputati che affermano che il loro contributo
è stato di minima importanza hanno l’onere di provarlo, aveva realizzato una sostanziale inversione dell’onere della prova, che non era dettata da alcuna disposizione ed anzi non predicabile nel sistema penale, che richiede al più un onere di allegazione da parte dì chi invoca l’attenuante. Inoltre, la stessa Corte di appello aveva dato atto che la parte offesa non aveva indicato, individualmente, quali degli imputati avevano concretamente operato i toccamenti e quali fossero rimasti in auto, non considerando che il diverso comportamento tenuto dai diversi imputati potrebbe assumere rilevanza ai fini della configurabilità della circostanza attenuante in oggetto. La Sez.3 cit. ha pure ricordato la propria giurisprudenza, secondo la quale, la circostanza in oggetto può essere riconosciuta solo quando l’apporto del concorrente, tanto nella fase preparatoria quanto anche in quella esecutiva, sia stato di minima, lievissima e marginale efficacia eziologica, e, quindi, del tutto trascurabile nell’economia generale della condotta criminosa (Sez. 3, n. 31842 del 2/04/2014, Rv. 259939) e che la partecipazione al reato di violenza sessuale di gruppo non è limitata al compimento, da parte del singolo, di un’attività tipica di violenza sessuale, ma ricomprende qualsiasi condotta partecipativa, tenuta in una situazione di effettiva presenza non da mero “spettatore”, sia pure compiacente, sul luogo ed al momento del reato, che apporti un reale contributo materiale o morale all’azione collettiva (Sez.3, n.44408 del 10/10/2011, Rv. 251610).
Va, in primo luogo, escluso il presupposto da cui muovono i ricorrenti secondo cui sarebbe stato definitivamente convalidato dalla pronuncia rescindente il presupposto di fatto che l’apporto dei medesimi sia stato caratterizzato da una partecipazione tale da dover essere necessariamente ricondotta all’interno dell’attenuante di cui si chiede l’applicazione.
La sentenza di annullamento ha corretto l’errore di diritto, relativo alla imposizione di un onere probatorio a carico dell’imputato, ed ha poi indirizzato il giudice del rinvio nella formulazione di un nuovo giudizio in fatto, ricordando i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in ordine al riconoscimento della circostanza attenuante di cui si discute.
Deve infatti ricordarsi (vd. Sez. 2, n. 33560 del 09/06/2023, Rv. 285142 01) che a seguito di annullamento da parte della Corte di cassazione per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, il giudice del rinvio deve ritenersi vincolato unicamente ai principi e alle questioni di diritto decise con la sentenza di annullamento, con esclusione di ogni altra restrizione derivabile da eventuali passaggi di natura argomentativa contenuti nella motivazione della sentenza di legittimità, in special modo se riferibile a questioni di mero fatto attinenti al giudizio di merito.
6.Peraltro, essendo anche stato riscontrato il vizio di illogicità della motivazione derivato dall’errore di diritto, per consolidato orientamento di questa S.C. (Sez. 5 sentenza n. 36080 del 27/03/201.5 Rv. 264861 – 01 imputati COGNOME e altri), “nei giudizio di rinvio a seguito di annullamento per vizio di motivazione, i giudice di merito non è vincolato né condizionato da eventuali valutazioni in fatto formulate dalla Corte di cassazione con la sentenza rescindente, spettando al solo giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenz processuali (…)”. Certamente (cf. Sez. 6 n. 19206 del 10/01/2013, Rv. 25512201, COGNOME) “nel caso di annullamento con rinvio della sentenza per vizio di motivazione, il giudice di rinvio – pur restando libero di determinare il proprio apprezzamento di merito mediante un’autonoma valutazione della situazione di fatto concernente il punto annullato – è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, restando vincolato ad una determinata valutazione delle risultanze processuali o al compimento di una determinata indagine, in precedenza omessa, di determinante rilevanza ai fini della decisione, con il limite di non ripetere i vizi di motivazione rilevati nel provvedimento annullato”.
7. La nuova valutazione della Corte di appello non è certamente mancata e la stessa appare immune dai vizi di motivazione contenuti nella prima pronuncia.
La motivazione della sentenza ora impugnata ha dato atto in modo analitico delle concrete circostanze in cui si svolse lo stupro evidenziando, oltre alla insussistenza di una condotta dei prevenuti caratterizzata dall’essere rimasti all’interno delle autovetture, l’assenza di elementi fattuali idonei ad evidenziare una partecipazione dei ricorrenti suscettibile di integrare la circostanza di cui al quarto comma dell’art. 609 octies cod. pen, che, per la giurisprudenza di questa Corte di legittimità (Sez. 3, n. 38616 del 10/04/2017, Rv. 270993 – 01), come pure ribadito dalla sentenza rescindente, può essere riconosciuta solo quando l’apporto del concorrente, tanto nella fase preparatoria quanto in quella esecutiva, sia stato di minima, lievissima e marginale efficacia eziologica, e, quindi, del tutto trascurabile nell’economia generale della condotta criminosa, sicché non è sufficiente, per la sua configurabilità, la minore efficienza causale del correo rispetto a quella degli altri, ma è necessaria la “minima” efficienza causale dell’attività compiuta.
In particolare, la Corte di appello ha evidenziato che il NOME.COGNOME. pur negando gli addebiti, aveva riferito che alcuni si erano limitati a ballare vicino a questo individuo, senza toccarlo ed allo stesso modo il I G.G. [aveva riferito che si erano limitati a prendere in giro la persona offesa.
Da ciò la Corte territoriale ha dedotto, in via di conseguenza logica, che la condotta degli imputati dimostrava la piena adesione al gruppo e rivelava come il
delitto avesse realizzato una decisione congiunta e collettiva. Tale ricostruzione veniva confermata dalle stesse dichiarazioni della persona offesa che aveva riferito di essere stata accerchiata da tutti i coimputatì che erano scesi dalle proprie autovetture e che, mentre due ragazzi intenzionalmente la toccarono, tutti gli altri stavano intorno.
Risponde, dunque, ai principi giurisprudenziali sopra ricordati quanto affermato dalla sentenza impugnata, in ordine al disvalore conseguente alla condotta di accerchiamento della parte offesa unitamente agli altri coimputati durante la commissione del reato. Tale condotta, ad avviso della sentenza impugnata, non può considerarsi partecipazione di minima importanza perché, attraverso tale condotta, gli odierni ricorrenti, avevano manifestato inequivocabilmente il loro sostegno all’azione illecita, spiegando efficacia eziologica rispetto alla lesione della libertà di autodeterminazione sessuale della parte offesa, realizzando un comportamento di uguale gravità rispetto a quello degli altri correi.
Infatti, avevano agevolato la commissione della violenza sessuale di gruppo, senza dissociarsi ed anzi compiacendosi dell’effetto intimidatorio prodotto dalla loro condotta. Gli stessi militari intervenuti avevano constatato che tutti gli imputati avevano proseguito la propria azione inseguendo la parte offesa e lanciando bottiglie di vetro e la partecipazione congiunta aveva anche impedito alla persona offesa di individuare nell’immediatezza una via di fuga.
9.In definitiva, i ricorsi vanno rigettati ed i ricorrenti vanno condannati a pagamento delle spese processuali.
Ritiene infine il Collegio che non vadano liquidate le spese a favore della costituita parte civile, di cui alla nota inviata via pec, in uno con le conclusion scritte, il 16/1/2024.
Ciò pur intendendosi consolidare l’orientamento di questa Corte di legittimità, che ormai appare prevalente, secondo cui nel giudizio di legittimità, quando il ricorso dell’imputato viene rigettato o dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali senza che sia necessaria la sua partecipazione all’udienza, purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione, atteso che la sua mancata partecipazione non può essere qualificata come revoca tacita e che la previsione di cui all’art. 541 cod. proc. pen. è svincolata da qualsiasi riferimento alla discussione in pubblica udienza (così Sez. 2, n. 12784 del 23/1/2020, Tamborrino, Rv. 278834).
Occorre, in altri termini, che si sia effettivamente esplicata, nei modi e nei limiti consentiti, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela de propri interessi di natura civile risarcitoria, non essendo a tal fine necessario che il difensore della parte civile abbia presenziato all’udienza se, attraverso la presentazione di memorie, questi abbia fornito un utile contrib alla decisione. (così Sez. 5, ord. n. 30743 del 26/3/2019 in relazione ad fattispecie in cui la parte civile aveva depositato una memoria, rappresenta elementi di dibattito centrati sulle questioni oggetto del ricorso ed offrendo piattaforma argomentativa di contrasto alle ragioni avverse; conf. Sez. 5, 31983 del14/3/2019, COGNOME, Rv. 277155; Sez. 7, ord. n. 44280 del 13/9/2016, C., Rv. 268139; Sez. 7, ord. n. 7425 del 28/1/2016, COGNOME, Rv.265974).
11.Nel caso in esame, la parte civile si è limitata a rendere le pro conclusioni sul rilievo testuale che la sentenza pronunciata si mostra pienamen condivisibile e nessun’altra attività appare avere svolto in questo giudiz legittimità diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri in di natura civile risarcitoria non fornendo, pertanto, un utile contribut decisione.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gl altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lg:s. 196/03 in quanto impost legge.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processua Oscuramento dati.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2024.