LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Partecipazione minima importanza: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10649/2024, ha stabilito che nel reato di violenza sessuale di gruppo, la condotta di chi si limita a circondare la vittima insieme agli altri, pur senza contatto fisico, non integra l’attenuante della partecipazione di minima importanza. Tale comportamento, infatti, rafforza l’intimidazione e l’azione criminale del gruppo, costituendo un contributo causale rilevante. La Corte ha quindi rigettato i ricorsi di due imputati che sostenevano di aver avuto un ruolo marginale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violenza di gruppo: anche chi non tocca la vittima è pienamente responsabile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 10649/2024) affronta un tema cruciale nei reati di gruppo: la configurabilità della partecipazione di minima importanza. Il caso analizzato chiarisce che anche una condotta apparentemente passiva, come quella di circondare la vittima insieme agli altri aggressori, costituisce un contributo rilevante al reato, escludendo così la possibilità di ottenere uno sconto di pena.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un grave episodio di violenza sessuale di gruppo. Diversi individui sono stati condannati per aver costretto una persona, tramite violenza e minaccia, a subire atti sessuali. Durante il processo, due degli imputati hanno sostenuto di aver avuto un ruolo marginale. In particolare, hanno affermato di non aver partecipato attivamente ai palpeggiamenti, ma di essersi limitati a rimanere nelle vicinanze, prendendo in giro la vittima e creando un clima di intimidazione. La persona offesa, d’altro canto, ha dichiarato di essere stata accerchiata da tutti i presenti, anche se solo alcuni l’hanno materialmente toccata.

L’Iter Giudiziario e la questione della partecipazione di minima importanza

Il percorso processuale è stato complesso. Dopo una prima condanna, la questione era giunta in Cassazione, la quale aveva annullato la sentenza di appello limitatamente alla valutazione della circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza, prevista dall’art. 609-octies, quarto comma, del codice penale. La Corte aveva rinviato il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione, sottolineando un errore di diritto nella precedente decisione, che aveva impropriamente invertito l’onere della prova a carico degli imputati.

La Corte d’Appello, nel nuovo giudizio, ha nuovamente negato l’attenuante, confermando la condanna. Contro questa decisione, gli imputati hanno proposto un nuovo ricorso in Cassazione, lamentando che i giudici non avessero adeguatamente considerato il loro contributo minimo al reato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato definitivamente i ricorsi. In primo luogo, ha respinto un’eccezione procedurale relativa a un presunto difetto di notifica, chiarendo che tale vizio, di natura non assoluta, avrebbe dovuto essere sollevato durante il giudizio di appello e non per la prima volta in sede di legittimità.

Nel merito, la Corte ha confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno stabilito che la condotta degli imputati, consistente nell’accerchiare la vittima insieme al resto del gruppo, non poteva essere considerata di minima importanza.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha spiegato che, nel reato di violenza sessuale di gruppo, qualsiasi contributo che agevoli la commissione del reato è giuridicamente rilevante. La condotta degli imputati, pur senza un contatto fisico diretto, ha avuto un’efficacia causale determinante. Essi hanno:

1. Manifestato sostegno all’azione illecita: La loro presenza ha rafforzato il gruppo, comunicando un’adesione piena al piano criminale.
2. Aumentato l’effetto intimidatorio: L’accerchiamento ha leso la libertà di autodeterminazione sessuale della vittima, impedendole di trovare una via di fuga e facendola sentire in trappola.
3. Agevolato la commissione del reato: La loro condotta ha permesso agli altri membri del gruppo di agire con la sicurezza di non essere interrotti e con una maggiore capacità di sopraffazione.

La Corte ha ribadito che l’attenuante della partecipazione di minima importanza si applica solo quando l’apporto del concorrente è “lievissimo e marginale”, quasi trascurabile nell’economia generale del reato. In questo caso, la piena adesione al gruppo e la partecipazione attiva all’accerchiamento sono state ritenute condotte tutt’altro che trascurabili.

Le Conclusioni

La sentenza n. 10649/2024 consolida un principio fondamentale: nei reati di gruppo, non esiste una partecipazione “da spettatore”. Chiunque contribuisca, anche solo moralmente o con una presenza intimidatoria, all’azione collettiva, risponde a pieno titolo del reato. Questa decisione sottolinea che la gravità del reato di violenza di gruppo risiede proprio nella forza soverchiante del branco, alla quale ogni singolo membro, con la sua presenza, fornisce un contributo essenziale. Per ottenere l’attenuante, non è sufficiente dimostrare un’efficienza causale minore rispetto agli altri, ma è necessaria la prova di un ruolo talmente marginale da essere quasi irrilevante, condizione che non si verifica quando si partecipa attivamente a intimidire e isolare la vittima.

Essere presenti a una violenza di gruppo senza toccare la vittima può essere considerato partecipazione di minima importanza?
No. Secondo la sentenza, la condotta di chi circonda la vittima insieme agli altri, pur senza contatto fisico, manifesta sostegno all’azione, aumenta l’effetto intimidatorio e agevola il reato. Tale comportamento è un contributo rilevante che esclude l’applicazione dell’attenuante della partecipazione di minima importanza.

A chi spetta l’onere di provare la partecipazione di minima importanza in un reato di gruppo?
La sentenza chiarisce che non vi è una sostanziale inversione dell’onere della prova a carico dell’imputato. Spetta all’accusa provare la partecipazione al reato. Tuttavia, l’imputato che invoca l’attenuante ha un onere di allegazione, ovvero deve fornire al giudice elementi concreti su cui basare la richiesta di un ruolo minimo, che poi il giudice valuterà sulla base delle prove complessive.

Quando una nullità procedurale, come un errore di notifica, deve essere eccepita per essere valida?
La sentenza stabilisce che le nullità a regime intermedio, come quella relativa a un vizio di notifica per il giudizio d’appello, devono essere eccepite tempestivamente nel corso dello stesso grado di giudizio in cui si sono verificate. Se non vengono sollevate in quella sede, non possono essere fatte valere per la prima volta con il ricorso in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati