Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23493 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23493 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 16/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Bronte il 10/6/2002
avverso l’ordinanza del 18/1/2025 del Tribunale di Catania
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso; udito l’Avv. NOME COGNOME difensore del ricorrente, che ha chiesto di accogliere il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18 gennaio 2025 il Tribunale di Catania ha confermato il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, che aveva disposto l’applicazione della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME per i reati di cui agli artt. 416-bis cod. pen.
(commesso ad Adrano e comuni limitrofi dal settembre 2021 in permanenza) e 73 d.P.R. n. 309/90, aggravato dall’art. 416-bis.1 cod. pen.
Avverso l’ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso l’indagato, che ha dedotto i motivi di seguito indicati.
2.1. Omessa ovvero manifesta contraddittorietà e illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta partecipazione del ricorrente all’associazione mafiosa. Premesso che il Giudice per le indagini preliminari aveva affermato che era ravvisabile l’esistenza di un unico sodalizio, ove i consociati si occupavano indifferentemente dell’organizzazione e pianificazione di tutti i delitti scopo in materia di estorsioni, armi e spaccio di sostanze stupefacenti, il ricorrente ha affermato che egli non sarebbe stato un sodale nei termini così descritti, non essendo stato coinvolto, anzi essendo stato specificamente escluso, dalle dinamiche associative del gruppo riguardanti le estorsioni e le armi, occupandosi esclusivamente dell’attività di spaccio, da cui traeva un proprio guadagno a seguito della suddivisione dei proventi. Del resto, nessuna contestazione relativa ad episodi estorsivi era stata elevata nei suoi confronti e i collaboratori di giustizia non lo avrebbero mai individuato quale associato al clan COGNOME né mai egli avrebbe avuto un contatto con NOME COGNOME; il denaro, racimolato per gli amici detenuti, sarebbe derivato esclusivamente dai ricavi dello spaccio e, nel corso di una conversazione tra COGNOME, COGNOME e COGNOME, era sopraggiunto NOME COGNOME che si era rivolto ed appartato esclusivamente con COGNOME per parlare della gestione delle estorsioni. Per giustificare il dialogo riservato tr COGNOME e COGNOME, il Tribunale ha affermato che il ricorrente aveva solo un ruolo esecutivo, così da non essere coinvolto in questioni riservate ai vertici, ma ciò sarebbe illogico, perché non si comprenderebbe come possa essere ridotto a mero esecutore, che non può conoscere di questioni organizzative legate alle estorsioni, un partecipe di un clan definito unitario e senza distinzione di ruoli tra i vari consociati. La partecipazione del ricorrente esclusivamente ad attività di spaccio avrebbe accomunato la sua posizione a quella di NOME COGNOME la cui responsabilità era stata limitata a quella descritta nel capo 17) dell’imputazione e, quindi, circoscritta all’attività di spaccio, con la sostituzio della misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Vizi della motivazione, per avere il Tribunale ritenuto sussistente il pericolo di reiterazione dei reati, pur avendo il ricorrente interrottto l’attivit spaccio nel luglio 2023, avendo lavorato presso la sua azienda agricola.
Il 10 aprile 2025 sono pervenuti motivi nuovi, con cui si è reiterata la censura sulla disparità di trattamento tra il ricorrente e il coindagato NOME COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va rigettato.
Premesso che la sussistenza e l’operatività del clan COGNOME di Adrano, descritta al capo 1) dell’imputazione provvisoria, non erano state contestate dalla difesa e, comunque, erano state ricostruite dal Giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza genetica, il Tribunale ha passato in rassegna le intercettazioni e le riprese video acquisite comprovanti che l’indagato, a dispetto della giovanissima età, aveva partecipato al programma criminoso del sodalizio.
In particolare, era emerso che l’indagato aveva concorso nelle estorsioni ai danni dei commercianti e partecipato costantemente allo spaccio organizzato del gruppo; aveva manifestato il suo animus associandi discutendo con i sodali del mantenimento dei detenuti e della nuova guida del clan; aveva la disponibilità delle armi insieme con i sodali; aveva condiviso la chat di gruppo “Lo zio NOME ex galeotto”, creata subito dopo la scarcerazione di NOME COGNOME.
Il Collegio del riesame ha anche adeguatamente risposto alle obiezioni difensive (v. f. 9 del provvediemnto impugnato), riproposte dal ricorrente in questa sede, e ha dato, tra l’altro, una logica giustificazione al fatto che ricorrente era stato escluso dal dialogo tra NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali avevano parlato di ritorsioni e/o punizioni da adottare e, dunque, di questioni riservate ai vertici del sodalizio, mentre il ricorrente era un mero esecutore delle estorsioni.
Alla luce di quanto precede è evidente che la deduzione difensiva, secondo cui il ricorrente si sarebbe occupato solo dello spaccio, così da non potere rivestire la qualifica di partecipe del clan COGNOME, in quanto i sodali di t associazione, secondo il Giudice delle indagini preliminari, erano dediti anche alle estorsioni, oltre che al traffico di stupefacenti, ha trovato smentita sulla base degli esiti degli accertamenti compiuti, segnatamente le intercettazioni telefoniche, da cui era emerso che il ricorrente era coinvolto anche nell’attività estorsiva perpetrata dal sodalizio.
2.1. Né ha pregio la censura sulla disparità di trattamento riservata al ricorrente rispetto al coindagato NOME COGNOME.
Secondo la difesa, il ricorrente aveva avuto un ruolo attivo unicamente nell’ambito dell’attività di spaccio, al pari di NOME COGNOME che
correttamente era stato ritenuto dal Tribunale del riesame gravemente indiziato solo del reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90, con esclusione anche dell’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen.
E’ dirimente osservare che l’assunto, su cui si fonda la prospettazione difensiva sulla disparità di trattamento, ossia la commissione da parte del ricorrente soltanto di attività di spaccio, come già detto, ha trovato smentita all’esito degli accertamenti compiuti, deponenti per la non estraneità del ricorrente alle attività estorsive del clan.
Può aggiungersi che dalla lettura dell’ordinanza emessa nei confronti del coindagato, prodotta dal ricorrente, emerge che effettivamente a NOME COGNOME è stata applicata la misura degli arresti domiciliari perché ritenuto gravemente indiziato del reato di cui all’art. 73 d.P.R. cit., con esclusione dell’anzidetta aggravante speciale. Non risulta dagli atti che a NOME COGNOME sia stata contestata la partecipazione al clan COGNOME.
Vi è, dunque, una diversità di posizioni e ruoli tra NOME COGNOME e il ricorrente, nei cui confronti la contestazione provvisoria, avente ad oggetto non solo un reato fine ma anche la partecipazione al clan COGNOME, è stata ritenuta assistita da gravi indizi di colpevolezza sulla base di criteri di valutazione debitamente esplicitati e non affetti da vizi di motivazione.
2.2. Le censure del ricorrente si appalesano, quindi, infondate a fronte di un provvedimento nel quale non sono riconoscibili errori di diritto e vizi di contraddittorietà o di manifesta illogicità della motivazione.
3. Anche il secondo motivo non coglie nel segno.
Con riferimento alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari specialpreventive e al rispetto del principio di proporzionalità e adeguatezza la motivazione dell’ordinanza impugnata risulta congrua e rispettosa delle prescrizioni di cui agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen.
Il Tribunale ha posto in luce la gravità dei fatti contestati nell’ambito d un’organizzazione criminale fortemente radicata nel territorio, armata, che perseverava nel programmare gravi reati anche durante la detenzione dei loro responsabili e nonostante l’arresto dei sodali. Ha poi considerato la spregiudicatezza del ricorrente, il quale, a dispetto della giovanissima età, aveva dimostrato di essere pienamente inserito nel tessuto criminale locale, avendo condiviso con i sodali la disponibilità di armi e il mantenimento dei detenuti con cui comunicava grazie a cellulari abusivamente tenuti in carcere.
Il Collegio della cautela ha anche aggiunto che l’attività agricola, a cui si sarebbe successivamente dedicato il ricorrente, non risultava significativa della sua volontà di recupero e di allontanamento dal tessuto criminoso mafioso,
attesa la prosecuzione dei contatti con personaggi di primo piano del clan e l’assenza di qualsivoglia condotta oggettivamente incompatibile con la volontà di
mantenere il legame con tale associazione.
Trattasi di argomentazioni che, in quanto esenti da vizi sindacabili in questa sede, sfuggono a ogni rilievo censorio.
4. Il rigetto del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
5. La Cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q. M .
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 16 aprile 2025
Il Consigliere estensore
Prksidente