Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37462 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37462 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: TRIPICCIONE DEBORA
Data Udienza: 10/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nato a COGNOME DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 22 marzo 2024 dal Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Palermo che ha confermato l’ordinanza con la quale è stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di cui agli artt. 416-bis, commi primo, secondo, terzo, quarto e quinto, cod. pen.
1.1 Con un unico motivo di ricorso deduce vizi della motivazione in relazione al giudizio di gravità indiziaria, avuto riguardo sia alla sua partecipazione che alla sussistenza stessa del sodalizio mafioso.
Con riferimento al primo profilo, deduce l’illogicità e la carenza della motivazione in quanto fondata su una erronea valutazione degli elementi investigativi dai quali emergono solo frequentazioni determinate dal rapporto di parentela con NOME. In particolare, rileva il ricorrente che il collaboratore di giustizia COGNOME ha chiarito lo stesso non era ritualmente affiliato, che l’incontro con NOME e NOME era stato casuale e che, in ogni caso, NOME si era tenuto in disparte mentre i due dialogavano. Quanto all’ulteriore elemento indiziario valorizzato dal Tribunale, ovvero la conversazione del 28/7/2016 tra NOME e la compagna, rileva il ricorrente che dalla stessa non può desumersi una partecipazione operativa al sodalizio, ma solo la presenza del NOME, in virtù del suo rapporto di parentela, in pochissime circostanze.
Sotto altro profilo, si censura la carenza e l’illogicità della motivazione relati alla sussistenza del sodalizio mafioso, ravvisata dal Tribunale solo in considerazione dell’attività investigativa svolta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché fondato su un motivo, in parte, generico e di contenuto meramente confutativo, quanto alle doglianze sulla partecipazione del ricorrente, e, in altra parte, manifestamente infondato ed aspecifico, con riferimento alle censure relative alla sussistenza del sodalizio.
Ragioni di ordine logico impongono di muovere da tale ultimo profilo di censura.
Va, innanzitutto, premesso che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’intensità dell’obbligo di motivazione che incombe sul giudice dell’impugnazione è strettamente correlato al grado di specificità delle censure sottoposte al suo vaglio, conformando il primo in modo tanto più stringente quanto più diffuse ed analitiche risultino le censure anzidette. In quest’ottica, si è, pertant ravvisato il difetto di motivazione nel caso in cui, a fronte di specifiche doglianze s uno o più punti del provvedimento impugnato, il giudice dell’impugnazione motivi per relationem, limitandosi a richiamare quest’ultimo (Sez. 2, n. 56395 del 23/11/2017, Floresta, Rv. 271700; Sez. 3, n. 27416 del 01/04/2014, Rv. 259666; Sez. 4, n. 6779 del 18/12/2013, dep. 2014, Balzamo, Rv. 259316; Sez. 6, n. 17912 del
07/03/2013, Adduci, Rv. 255392), senza così confrontarsi con le questioni poste nell’atto di gravame ed eludendole. Il principio è stato più volte riaffermato anche nella materia cautelare, nella quale l’obbligo di motivazione non può ritenersi adempiuto qualora l’ordinanza del tribunale del riesame contenga una motivazione che si risolva nel mero richiamo delle argomentazioni svolte nel provvedimento impugnato (Sez. 1, n. 8676 del 15/01/2018, COGNOME, Rv. 272628; Sez. 6, n. 9752 del 29/01/2014, COGNOME, Rv. 259111), omettendo la valutazione delle doglianze formulate dall’impugnante.
Si è, invece, affermato che l’obbligo di motivazione può ritenersi adempiuto qualora l’ordinanza del tribunale della libertà richiami “per relationem”, nell’ambito di una valutazione complessiva destinata a superare implicitamente i motivi dedotti, le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato, a condizione, tuttavia, che le deduzioni difensive non siano idonee a disarticolare il ragionamento probatorio proposto nell’ordinanza genetica, non potendo in tal caso la motivazione “per relationem” fornire una risposta implicita alle censure formulate (Sez. 6, n. 566 del 29/10/2015, dep. 2016, Nappi, Rv. 265765). Pertanto, nel caso in cui la richiesta di riesame sia priva di doglianze specificamente articolate, l’ordinanza del tribunale può legittimamente limitarsi a richiamare l’ordinanza genetica, senza che possa essere ad essa addebitato di non aver risposto a temi e questioni che non erano stati specificamente dedotti.
2.1 Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso in esame, ritiene il Collegio che a fronte della carenza di censure sulla sussistenza del sodalizio mafioso (dalla ricostruzione dei motivi di riesame contenuti nel par. III dell’ordinanza, non censurata dal ricorrente, risulta, infatti, che il NOME si è limitato a contestare il giudi gravità indiziaria relativo alla sua partecipazione al sodalizio, la sussistenza dell esigenze cautelari e l’adeguatezza della misura applicata), non può ravvisarsi alcun vizio della motivazione dell’ordinanza impugnata là dove, con riferimento alla sussistenza del sodalizio, rinvia all’ordinanza genetica e alle risultanze della complessa attività investigativa svolta in merito alla famiglia mafiosa di COGNOME.
Come anticipato, anche le censure relative alla gravità degli indizi sulla partecipazione del ricorrente non superano il vaglio di ammissibilità in quanto si risolvono in una non consentita sollecitazione a rileggere il compendio indiziario alla luce del rapporto di parentela con NOME e in chiave di una mera ed occasionale frequentazione con quest’ultimo.
L’ordinanza impugnata, con motivazione non manifestamente illogica e coerente con la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modafferi, Rv. 281889-01-02), ha adeguatamente evidenziato gli elementi fattuali sintomatici della intraneità del ricorrente al sodalizio (conoscenza delle dinamiche associative, partecipazione ad incontri con soggetti apicali, diretta investitura del ruolo di “affiancamento” del capo) desumendoli dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME (sulla “vicinanza” del ricorrente alla famigl mafiosa di COGNOME e sulle sue conoscenze dirette delle dinamiche associative) e dalle conversazioni intercettate nel corso delle indagini, in particolare quella tra NOME NOME la compagna. Il contenuto di tale conversazione (di cui il ricorrente richiama qualche frammento pretendendone una non consentita diversa interpretazione), oltre a riscontrare quanto riferito da COGNOME, rivela plasticamente il ruolo “dinamico” svolto da COGNOME all’interno del sodalizio, desumibile dalla sua partecipazione alla riunione con il rappresentante del capo mandamento, riunione avente ad oggetto la composizione del contrasto tra COGNOME e l’altro co-reggente della famiglia mafiosa, NOME COGNOME, nel corso della quale, secondo quanto riferito dallo stesso COGNOME alla compagna, fu affidato a COGNOME il compito di affiancare l’esponente di vertice della famiglia mafiosa.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 10 settembre 2024
Il AVV_NOTAIO est COGNOME ore
Il jrefidnte