Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14390 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14390 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da NOME nato a Modugno il 27/4/1984 avverso l’ordinanza resa il 11 novembre 2024 dal Tribunale di Bari.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; sentite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME e dell’avv. NOME COGNOME che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Bari sezione per il riesame, decidendo a seguito di rinvio disposto con sentenza del 18 settembre 2024 dalla Sesta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, che aveva annullato la prima ordinanza emessa il 21 Marzo 2024, ha accolto l’istanza di riesame presentata nell’interesse di COGNOME NOME NOME e ha annullato l’ordinanza resa dal GIP del Tribunale di Bari il 7 febbraio 2024 ordinando l’immediata remissione in libertà del COGNOME.
Con il detto provvedimento il Tribunale ha escluso la gravità indiziaria in ordine all’addebito contestato all’indagato, di trasferimento fraudolento di valori aggravato dal fine di agevolare il sodalizio mafioso denominato clan COGNOME di Bari, e ha riconosciuto la gravità indiziaria in ordine alla sua partecipazione al sodalizio mafioso suindicato, ma ha
comunque annullato l’ordinanza, ritenendo che non fossero emersi in epoca successiva al 2018 fatti sintomatici della perdurante pericolosità del ricorrente.
2.Avverso detta ordinanza propone ricorso l’indagato, con atto sottoscritto dal difensore di fiducia, deducendo:
2.1Violazione dell’art. 627 cod.proc.pen. e vizio di motivazione poiché il Tribunale ha replicato e riproposto lo stesso schema argomentativo del provvedimento originario, senza emendare le insanabili criticità rilevate dalla sentenza di annullamento, così concretizzando il vizio di ribellione ai criteri metodologici ed interpretativi dettati in sede di legittimità.
Il ricorrente osserva che l’ipotesi di intestazione fittizia, esclusa dal Tribunale in forza delle indicazioni della sentenza rescindente, costituiva anche l’elemento fondante della asserita intraneità dell’indagato nelle maglie associative, sotto il profilo della stabile messa a disposizione della società al perseguimento degli scopi del sodalizio e della cointeressenza del Petrone nella gestione del commercio del caffè con i membri apicali dell’organizzazione. Una volta dissolta l’ipotesi che la società RAGIONE_SOCIALE fosse servente e funzionale alla realizzazione al potenziamento del programma associativo unitariamente considerato, viene meno anche la prova dell’intraneità del COGNOME all’associazione.
Anche accedendo all’ipotesi che COGNOME NOME fosse socio occulto dell’azienda, si è comunque in presenza di una relazione di tipo bilaterale tra il COGNOME e lo stesso COGNOME, che agiva utí singuli e non per un interesse o progetto di tipo associativo.
Lamenta il ricorrente che non vi è dimostrazione nel provvedimento del giudice di rinvio che l’attività di commercializzazione del caffè realizzata dal COGNOME abbia procurato un vantaggio non per COGNOME o COGNOME, ma per il sodalizio in quanto tale.
Non ricorre pertanto alcun riscontro in ordine al qualificato contributo causale alla vita e alla dinamica associativa procurato dal COGNOME attraverso la gestione del commercio di caffè, unico punto di contatto con gli esponenti del sodalizio.
Rileva altresì, il difensore che nel corpo della motivazione il giudice del rinvio prima richiama la figura del concorrente esterno, ovverosia dell’imprenditore colluso che instauri con il sodalizio un rapporto di reciproci vantaggi, e successivamente, in piena contraddizione, afferma la partecipazione qualificata del ricorrente al sodalizio ex articolo 416 bis cod.pen., trascurando il diverso statuto giuridico del concorrente esterno rispetto al partecipe, che si pone in un rapporto di compenetrazione organica con il tessuto connettivo dell’associazione e che deve essere legittimato e riconosciuto quale membro dell’associazione da parte degli altri sodali.
Infine il Tribunale non poteva, in assenza di novum, rivalutare il tenore delle medesime conversazioni intercettate utilizzate nell’ordinanza cassata e screditate nella loro valenza dalla Suprema Corte.
In conclusione dagli atti emerge l’esistenza di un rapporto solo personale tra il COGNOME e gli esponenti del sodalizio, che non ha mai oltrepassato i confini di una relazione bilaterale per collocarsi in una dimensione associativa.
Con memoria trasmessa il 7 gennaio 2025 l’avv. NOME COGNOME ha depositato motivi nuovi insistendo nella richiesta di annullamento del provvedimento impugnato e osservando che il Tribunale, in palese violazione della norma di legge richiamata ed attraverso una motivazione illogica ed apparente ( fondata come detto sulle medesime captazioni già esaminate) ha ritenuto comunque il COGNOME partecipe dell’associazione mafiosa contestata, pur escludendo l’unico reato fine contestato a costui ( e su cui si fondava sin dall’inizio l’ipotesi associativa), ossia l’intestazione fittizia della società RAGIONE_SOCIALE, consumatosi in data 103.2020.
Con atto trasmesso il 23 gennaio 2025, l’imputato ha nominato l’avv. COGNOME e nel confermare la nomina dell’avv. COGNOME ha conferito ad entrambi i difensori procura speciale per avanzare richiesta di riparazione per ingiusta detenzione, dichiarando di avere interesse alla trattazione del ricorso in quanto intenzionato a proporre detta richiesta, all’esito del giudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Preliminarmente deve rilevarsi che, nonostante l’ordinanza del Tribunale abbia disposto l’immediata rimessione in libertà del Petrone, può riconoscersi la sussistenza da parte del ricorrente dell’interesse ad impugnare detto provvedimento, in forza della dichiarazione di nomina e del conferimento di procura speciale ai legali di fiducia per avanzare istanza di riparazione per ingiusta detenzione,
E’ stato infatti precisato che il ricorso per cassazione, avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare custodiale nelle more revocata, è ammissibile a condizione che il ricorrente coltivi l’impugnazione ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione e che egli abbia manifestato tale volontà nello stesso ricorso personalmente o a mezzo di difensore munito di procura speciale, in quanto la domanda di riparazione è atto riservato personalmente alla parte, come si evince dal combinato disposto degli artt. 315, comma 3, e 645, comma 1, cod. proc. pen.. (Sez. 6, n. 48583 del 15/10/2019, Capristo, Rv. 277567 – 01; Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010 (dep. 01/03/2011 ) Testini ,Rv. 249002 – 01)
Nel caso in esame l’interesse a coltivare il ricorso in materia de libertate in riferimento alla futura utilizzazione della pronuncia in sede di riparazione per ingiusta detenzione è stata oggetto di specifica deduzione, con certezza riconducibile alla volontà dell’indagato.
2.Tanto premesso, il ricorso è comunque inammissibile perchè manifestamente infondato.
Non è superfluo ricordare che la gravità indiziaria necessaria per l’applicazione di una misura cautelare personale è integrata da un livello di verosimiglianza della responsabilità penale dell’indagato inferiore alla soglia del ragionevole dubbio.
Inoltre, ai fini della configurabilità dei gravi indizi di colpevolezza necessari per l’applicazione di misure cautelari personali, è illegittima una valutazione frazionata ed atomistica dei singoli dati acquisiti, dovendo invece seguire, alla verifica della gravità e precisione dei singoli elementi indiziari, il loro esame globale ed unitario, che ne chiarisca l’effettiva portata dimostrativa del fatto e la congruenza rispetto al tema di indagine (Sez. 1, n. 30415 del 25/09/2020, COGNOME, Rv. 279789 – 01).
In estrema sintesi il ricorrente lamenta che il collegio di rinvio non ha rispettato ex art. 627 cod.proc.pen. le indicazioni della Corte di cassazione, riproponendo le medesime argomentazioni che erano state cassate con la sentenza rescindente.
Giova ricordare che il giudice di rinvio, in caso di annullamento per vizio di motivazione, è investito di pieni poteri di cognizione e, salvi i limiti derivanti da un eventuale giudicato interno, può rivisitare il fatto con pieno apprezzamento e autonomia di giudizio, sicché non è vincolato all’esame dei soli punti indicati nella sentenza di annullamento, ma può accedere alla piena rivalutazione del compendio probatorio, in esito alla quale è legittimato ad addivenire a soluzioni diverse da quelle del precedente giudice di merito. (Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023 Ud. (dep. 08/02/2024 ) Rv. 285801 – 02)
Nel caso in esame, a dispetto di quanto sostenuto dal ricorrente, il Tribunale ha preso atto dei rilevi formulati dalla sentenza rescindente e nell’ambito dei poteri propri del collegio di rinvio ha valorizzato altri elementi indiziari che, unitamente a quelli già considerati dal primo provvedimento cassato, consentono di ritenere sussistente la gravità indiziaria per il delitto di partecipazione del ricorrente al sodalizio mafioso COGNOME di Bari.
La detta partecipazione si fonda sulla constatazione che il ricorrente ha intrattenuto significativi e costanti rapporti economici con NOME COGNOME, esponente apicale del sodalizio, e con altri partecipi, tra cui NOME COGNOME, che non si esauriscono nella vicenda relativa alla società RAGIONE_SOCIALE, che questa Corte non ha ritenuto da sola idonea a fondare il giudizio di gravità indiziaria in ordine alla contestata intestazione fittizia e, conseguenza, alla partecipazione al sodalizio.
Il collegio di rinvio ha, infatti, valorizzato anche altre conversazioni intercettate, da cui emergono elementi sintomatici della piena consapevolezza da parte del Petrone delle dinamiche e degli equilibri interni all’associazione e della volontà di avvalersi della forza del sodalizio per espandere le mire commerciali e perseguire interessi comuni agli esponenti apicali suindicati, nonché della affectio socíetatis intesa come senso di appartenenza e di comunanza, che si palesa anche nell’utilizzo di espressione verbali che richiamano il gruppo.
Ed invero COGNOME e i suoi interlocutori non hanno remore a parlare di vicende interne al sodalizio e di progetti da intraprendere sul territorio nel settore della commercializzazione di altri prodotti oltre al caffè, con la chiara volontà di avvalersi delle
condizioni di monopolio che il sodalizio garantisce e della conseguente alterazione del mercato cagionata da modalità e dinamiche illecite pienamente condivise.
Il Tribunale ha rilevato che dal tenore delle conversazioni emerge che COGNOME era socio occulto del COGNOME e quest’ultimo era ben consapevole di operare nel settore commerciale fruendo dell’egida del sodalizio, tanto da dire in una conversazione “io sono blindato” ; inoltre mostrava l’intenzione di individuare nuovi settori di espansione e di investimento imprenditoriale, e proponeva al COGNOME, cugino del COGNOME, “di agganciare” un soggetto utile per intraprendere una collaborazione nel settore della commercializzazione del prosecco, sempre manifestando adesione e senso di appartenenza rispetto ai suoi interlocutori, con i quali si intratteneva anche a parlare di riunioni e momenti conviviali in cui venivano assunte decisioni e risolte questioni interne del gruppo ( v. conv. de124/10/2018 a pag. 25 dell’ordinanza).
Neppure è vero che il Tribunale cada in contraddizione formulando un’ipotesi di concorso esterno per poi attribuire al COGNOME il ruolo di partecipe , in quanto dalla lettura del provvedimento emerge che dopo avere richiamato la giurisprudenza in tema (v.pag. 15) il Tribunale ha ritenuto che dal materiale probatorio esaminato emergano gravi indizi in ordine alla messa a disposizione da parte del COGNOME del suo ruolo professionale, non soltanto nel settore della commercializzazione del caffè, ma anche in altri reparti economici, allo scopo di perseguire interessi propri e dei suoi “soci” e di coltivare mire espansionistiche comuni agli esponenti apicali dell’associazione, che contribuiscono a rafforzare il potere economico sul territorio del sodalizio.
Né è plausibile che gli interessi imprenditoriali di esponenti apicali del sodalizio, perseguiti avvalendosi della forza intimidatoria del gruppo sul territorio in modo da alterare le condizioni del mercato, si mantengano distinti ed estranei agli obiettivi dell’organizzazione criminale stessa, essendovi nella sostanza piena coincidenza in quanto si risolvono in un ampliamento e rafforzamento del potere di controllo del sodalizio e di inserimento nel mercato.
No va dimenticato che l’associazione di stampo mafioso ha come precipuo obiettivo quello di esercitare il controllo sul territorio e di condizionare le dinamiche commerciali e imprenditoriali, avvalendosi della forza intimidatrice del vincolo, al fine di consentire l’arricchimento indebito dei suoi membri e/o di riciclare i proventi di attività criminose nell’ambito del mercato legale, inquinandolo.
In questo contesto assume una pregnanza significativa la conversazione del 20 novembre 2018 nel corso della quale COGNOME COGNOME parlando a NOME COGNOME del COGNOME afferma che questi “é compagno a noi”, espressione che, alla stregua di tutti gli elementi valorizzati, è sintomatica del riconoscimento da parte di un esponente apicale dell’adesione del COGNOME all’associazione.
3. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente alle conseguenti statuizioni.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende
Così deciso, il 5 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
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La Presidente