Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 24678 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 24678 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Taranto il 02/04/1960
avverso la ordinanza del 14/11/2024 del Tribunale di Potenza visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; Avv. NOME COGNOME che hanno chiesto
uditi i difensori, Avv. NOME COGNOME e l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Potenza ha confermato l’ordinanza cautelare emessa in data 22 ottobre 2024 dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale nei confronti di NOME COGNOME con la quale al predetto è stata applicata la custodia in carcere in relazione alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria in ordine ai reati di cui ai capi 1(art. 416-bis cod. pen.), 25 (ar 110, 81, 416-bis.1 cod. pen., 2 e 4 I n. 895/67), 27 (artt. 110, 416-bis.1, 629, commi 1 e 2, in relazione all’art. 628, comma 3 nn. 1 e 3, cod. pen.) riqualificato quale tentativo, 32 (artt. 110, 416-bis.1, 629, commi 1 e 2, in relazione all’art. 628, comma 3 nn. 1 e 3, cod. pen.), riqualificato come tentativo, e 61 (artt. 110, 416-bis.1, 513-bis cod. pen.) della provvisoria rubrica.
Avverso la ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di NOME COGNOME deducendo, con unico atto di ricorso, i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo, violazione di legge e mancanza della motivazione in ordine alla dedotta insussistenza della gravità indiziaria in relazione ai capi oggetto della provvisoria contestazione cautelare.
Il Tribunale non ha fornito alcuna risposta ai rilievi difensivi formulati con l’istanza di riesame in relazione al reato di cui al capo 1 e all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., che si riproduce (pg. 7/20 dell’atto di ricorso essendone stato solo dato atto nella ordinanza che si è limitata a ripercorrere pedissequamente l’ordinanza genetica, a sua volta rifattasi alla richiesta cautelare e alle sue integrazioni, non potendosi ritenere sufficiente ad assolvere l’obbligo della motivazione quanto riportato a pg. 234 della ordinanza sulla partecipazione del ricorrente al gruppo mafioso per la sua adesione alla cooperativa e per il suo rivolgersi a NOME COGNOME e non alle autorità preposte, a seguito del danneggiamento delle reti, come pure per la partecipazione alla riunione del 2 settembre 2023.
In particolare, poi, l’apparenza della motivazione si apprezza in relazione al contributo dichiarativo dei collaboratori di giustizia, non oggetto di specifica valutazione (COGNOME COGNOME NOME e COGNOME NOME) e le cui dichiarazioni erano coperte da giudicato assolutorio.
Manca un idoneo apparato argonnentativo volto a chiarire quali siano gli elementi che renderebbero il contestato gruppo un’associazione di tipo mafioso, essendo riproposti dal Tribunale gli stessi elementi oggetto di censura in sede di riesame, mancando una verifica in ordine all’autonomia decisionale e organizzativa della contestata associazione e alla sua capacità di intimidazione.
Manca, inoltre, la individuazione dello specifico e stabile contributo che i COGNOME avrebbero apportato alla ipotizzata associazione, di cui si era eccepita, con i motivi aggiunti, la mancata rilevazione da parte delle captazioni e dei servizi di o.c.p.
Alle deduzioni proposte con l’atto di riesame, riportate dal ricorso (v. pg. 36/41 e 43/45 dell’atto), in ordine ai reati-fine, il Tribunale non ha risposto semplicemente riportandosi alla informativa di reato trascritta nel provvedimento di fermo e nella richiesta cautelare del Pubblico ministero.
Quanto al reato di cui al capo 25, l’ordinanza ha affermato la sua valenza sintomatica della partecipazione consapevole del ricorrente alla associazione senza considerare le censure mosse in sede di riesame, bastando rilevare che coloro che hanno collaborato e materialmente trasportato e sotterrato l’esplosivo non risultano nemmeno indagati; così come l’acritica adesione del Tribunale alla valutazione delle emergenze captative.
Del pari, apparente è la motivazione sulla aggravante del metodo mafioso in quanto poggiata apoditticamente sulla partecipazione associativa; come pure per l’aggravante armata, ritenuta sussistente senza che al ricorrente siano ascritti reati in materia di armi e senza considerare il regime stabilito dall’art. 59, comma 2, cod. pen. in correlazione alla mancanza di contributo continuativo e significativo agli scopi associativi.
2.2. Con il secondo motivo, mancanza assoluta della motivazione in ordine alla attualità e concretezza delle esigenze cautelari.
Alla specifica deduzione a riguardo mossa nell’istanza di riesame, riportata in ricorso (v. pg. 51/60 dell’atto), ha fatto seguito l’omessa motivazione in ordine alla attualità delle esigenze cautelari, con travisamento degli atti processuali (nello specifico il certificato dei carichi pendenti) con specifico riferimento al pericolo d reiterazione dei reati e all’inconfutabile elemento costituito dalla richiesta de Pubblico Ministero / nei confronti di altri partecipi con ruoli più gravi e maggior numero di reati-fine i degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, oltre che al ruolo meramente partecipativo riconosciuto al ricorrente, gravato da risalenti precedenti penali e non gravato da carichi pendenti.
Il P.G. ha depositato memoria a sostegno del rigetto del ricorso.
La difesa ha depositato memoria a sostegno dell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è genericamente proposto, anche per inammissibili questioni in fatto, mediante una tecnica di redazione che fa leva sulla autoevidenza del vizio dedotto basata sulla testuale riproduzione dei motivi dedotti dinanzi al Tribunale. Invero, non basta a soddisfare il requisito della specificità del motivo di ricorso la mera riproduzione dell’atto al quale si rinvia, senza la esplicitazione della specifica incidenza delle ragioni dedotte sul pertinente contenuto del provvedimento impugnato giustificando la decisività della stessa deduzione.
2.1. Deve essere, inoltre, ribadito l’autorevole consolidato orientamento secondo il quale, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbi dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Auddino, Rv. 215828); nel medesimo alveo di legittimità si pone il principio secondo il quale il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Ritiene questo Collegio, in applicazione dei criteri di valutazione richiamati, che la ordinanza impugnata si sottrae ai vizi di motivazione o alle violazioni di legge dedotti dal ricorrente, palesandosi l’adeguatezza logica e giuridica delle ragioni poste a suo fondamento, in alcun modo attaccate dal ricorso che non solo esprime il già censurato generico approccio in chiave di autoevidenza, ma si limita a parcellizzate considerazioni, soprattutto dinanzi alla complessità
degli accertamenti e delle-valutazioni di cui la ponderosa ordinanza dà analitico conto nei sintetici termini che, a questo punto, devono essere richiamati.
2.3 Quanto alla sussistenza della compagine mafiosa, la ordinanza individua la compagine criminale confederata facente capo – da un lato – agli COGNOME, operante nella zona di Policoro, capeggiata da NOME COGNOME e NOME COGNOME – già condannati per analogo reato associativo – e dall’altro alla famiglia mafiosa di NOME COGNOME – anch’egli condannato per associazione mafiosa -, già operante nel tarantino e alla quale partecipa l’attuale ricorrente, dando ampia contezza della esistenza e operatività del gruppo mafioso.
Del clan COGNOME (v. pg. 37 e ss. della ordinanza) si considerano i settori di intervento riguardanti il controllo nel settore della sicurezza nei locali notturni ( pg. 38, ibidem), l’esercizio di una “azione para-statale” facente direttamente capo a NOME COGNOME espressione del controllo territoriale facente capo al suo gruppo, sia in relazione alla vicenda dei tombini che all’intervento in una gara pubblica indetta dal Tribunale di Matera (v. pg. 39, ibidem), l’infiltrazione nel tessuto economico e imprenditoriale esercitando pretese economiche o di assunzioni nei confronti delle nuove realtà commerciali (v. pg. 39, ibidem), la gestione impositiva dell’attività di pesca nella zona d’interesse, che rendeva necessario il placet del gruppo e il rilascio una sorta di obolo (v. pg. 40, ibidem) -in cui si innestano gli accordi con la famiglia mafiosa degli COGNOME le estorsioni ai danni degli imprenditori locali richiamando i colloqui in carcere di NOME COGNOME con i figli NOME e NOME (v. pg. 41, ibidem); infine, si considerano le eclatanti manifestazioni di violenza pubblica, specie dopo la presa di comando da parte di NOME COGNOME e l’attività elusiva delle indagini a riguardo (v. pg. 41 e ss., ibidem).
Quanto alla esistenza e operatività del clan COGNOME (v. pg. 43 e ss. della ordinanza), si individua il programma criminale incentrato sul controllo del settore della pesca sul litorale ionico-materano, da Scanzano Jonico a Marconia di Pisticci mediante, quantomeno, un pesante condizionamento di tale settore Ezil= l’utilizzo della notoria capacità intimidatoria – espressa mediante condotte implicite ed esplicite – ottenendo l’obolo (c.d. parte) da pagare e condizionando concorrenza tra coloro che professionalmente svolgevano l’attività di pesca. A tal riguardo, sono passate in rassegna le principali emergenze investigative: quelle relative alla tentata estorsione in danno di NOME COGNOME, pescatore di Taranto, espressiva della consuetudine della “signoria” imposta alle paranze (capo 30- v. pg. 46 e ss., ibidem); la vicenda della rottura delle reti alla famiglia COGNOME, espressiva della esistenza e operatività della consorteria, della sua estensione territoriale e del coinvolgimento attivo dei dirigenti della cooperativa RAGIONE_SOCIALE, dandosi luogo all’incontro del 2 settembre 2024 sul molo di Taranto, volto a definire
le regole di accesso allo specchio di mare ionico (capo 27) (v. pg. 49 e ss., ibidem); la tentata estorsione ai danni di pescatori calabresi per l’accesso al tratto di mare controllato di cui al capo 32 (v. pg. 61 e ss., ibidem); l’analoga vicenda di cui al capo 36 di cui era protagonista NOME COGNOME ai danni di pescatori di Castellaneta (TA)(v. pg. 64 e ss., ibidem); quella analoga di cui al capo 37 (v. pg. 65 e ss., ibidem) e, ancora, il tentativo estorsivo ai danni di NOME COGNOME, anche questo espressivo della consuetudine illecita del permesso rilasciato da NOME COGNOME per operare la pesca nella zona controllata (capo 46), come pure quella di cui al capo 45 ai danni dei NOME COGNOME (v. pg.70 e ss., ibidem), espressivi della sorveglianza operata sul tratto di mare d’interesse. A questi convergenti indici della mafiosità del gruppo, si aggiungono quelli provenienti dalla vicenda di cui al capo 25 relativo al rinvenimento di materiale esplosivo (13 kg tra ANFO e Tritolo) presso lo stabilimento “Il pescatore” riconducibile alla famiglia COGNOME (v. pg.76 e ss., ibidem).
La ordinanza, poi, affronta il tema della forza di intimidazione degli COGNOME e le condizioni di assoggettamento e omertà (v. pg. 121 e ss, ibidem), valorizzando – quale episodio indicativo – la vicenda dell’inaugurazione della pizzeria Rodè, per l’apertura della quale il titolare dell’attività chiede l’autorizzazione e la protezi degli COGNOME, rilevante al di là della integrazione dell’ipotizzato reato estorsivo negata dal giudice della cautela e – più specificamente – le sintomatiche condotte omertose tenute dalle parti offese COGNOME, COGNOME, COGNOME e i fratelli COGNOME ( pg. 134 e ss.), per concludere con l’espressivo “inchino” del 15 agosto 2024, durante la processione della “Madonna del mare con le barche” dinanzi alla spiaggia dove sorgeva il INDIRIZZO (v. pg. 185 e ss., ibidem).
Particolare rilievo viene, quindi, dato alla cooperativa RAGIONE_SOCIALE che, raccogliendo persone delle due famiglie mafiose, viene indicata come punto di confluenza aggregante degli Scarcia di Policoro e degli Scarci di Scanzano Ionico (v. pg. 198 e ss., ibidem) che, attraverso la veste formale e la spendita “pubblicitaria”, in realtà esprime il livello “legale” delle pratiche di taglieggiamen prima evidenziate, non avendo mai raggiunto un apprezzabile obiettivo economico ed essendo oggetto di direttive di NOME COGNOME dal carcere in ordine alla sua gestione e alla preventiva ideazione di una linea difensiva da seguire in caso di avvio di procedimento penali (v. pg. 216 e ss., ibidem).
Infine, soccorrono le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, valutate i chiave corroborativa delle già considerate emergenze investigative (v. pg. 224 e ss. , ibidem): si tratta delle propalazioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME sui rapporti tra gli COGNOME e gli COGNOME, sulla gestione della filiera ittica possesso di esplosivo e sulle estorsioni.
2.1h,Per quanto riguarda la partecipazione del ricorrente al gruppo (v. pg. 234 e sgg. della ordinanza impugnata), viene considerata la sua sintomatica partecipazione alla cooperativa RAGIONE_SOCIALE, di cui è richiamata la illecita funzione strumentale; la parimenti sintomatica condotta tenuta dal ricorrente in occasione del danneggiamento delle reti, essendosi egli rivolto a NOME COGNOME e NOME COGNOME per risolvere il problema, nella logica propria del mantenimento del controllo mafioso delle aree di pesca le la partecipazione del ricorrente alla riunione del 2 settembre 2023, da egli stesso promossa a seguito del patito danneggiamento, riunione che ha esternato alla platea dei pescatori l’esistenza della consorteria proprio per aver ribadito le regole – imposte dalla confederazione – per l’accesso allo specchio di mare jonico (autorizzazione e prescrizioni e conferimento della “parte”).
Vengono, poi, considerati quali indici sintomatici della partecipazione il coinvolgimento del ricorrente nei reati- fine di cui ai capi 25, 27, 32 e 61, richiamando – sempre a riprova della sua consapevolezza del controllo del mare da parte della consorteria – anche una conversazione captata con NOME COGNOME dopo aver visto alcune imbarcazioni calabresi non autorizzate al largo di San Basilio, in cui il COGNOME ottiene l’approvazione del suo interlocutore al suo prospettato intervento violento nei confronti dei “trasgressori” (v. pg. 236 dell’ordinanza impugnata).
2.5 Ritiene questo Collegio che, quanto alla partecipazione associativa mafiosa, generica è la censura della mancanza di stabile contributo del,GagliatI alla compagine associativa così individuata, come pure la mancanza di riti di iniziazione e/o affiliazione tipici di organismi mafiosi.
Invero, gli elementi considerati hanno del tutto correttamente radicato la qualità indiziaria della partecipazione mafiosa del ricorrente secondo il canone di legittimità per il quale, ai fini dell’integrazione della condotta di partecipazione a un’associazione di tipo mafioso, l’investitura formale o la commissione di reati-fine funzionali agli interessi dalla stessa perseguiti non sono essenziali, in quanto rileva la stabile ed organica compenetrazione del soggetto rispetto al tessuto organizzativo del sodalizio, da valutarsi alla stregua di una lettura non atomistica ma unitaria degli elementi rivelatori di un suo ruolo dinamico all’interno dello stesso che emergono emergere anche da significativi facta concludentia(Sez. 5, n. 32020 del 16/03/2018, COGNOME, Rv. 273571)
2.’, Quanto, in particolare, ai reati-fine, non illogicamente considerati sintomatici della partecipazione mafiosa, del pari, il ricorso – riproducendo la generica tecnica espositiva che rinvia ai motivi di riesame e a correlati motivi aggiunti in chiave di autoevidenza – non si confronta con quanto specificamente esposto dalla ordinanza impugnata sulla ricostruzione indiziaria dei fatti e la
partecipazione ad essi del ricorrente, attraverso l’esame dell’amplissimo mater investigativo – segnatamente captativo – senza individuarne vizi logici e giuri piuttosto prospettando una parcellizzata valutazione alternativa che non p essere apprezzata in sede di legittimità in relazione al capo 25 (vicenda espl – v. pg. 237 e sgg.), *tcapo 27 (vicenda della convocazione dei pescatori molo di Taranto – pg. 238 e sgg.), ecapo 32 (imposizione ai pescatori calabr – pg. 239 e ss.), wicapo 61 (imposizione monopolistica nel settore della pesc della rivendita del pescato – art. 513-bis c.p. – pg. 241 e sgg.).
Segnatamente, quanto al reato di cui al capo 25, del tutto generico – risp all’ampia documentazione captativa e persino fotografica riversata nella ordinan (v. pg. 76/121) – l’appunto difensivo del mancato coinvolgimento di ter collaboratori nella vicenda e inammissibile la generica censura in fatto d valutazione del dato captativo.
24% Anche le censure sulla ritenuta aggravante mafiosa e sulla aggravante armata – al di là del profilo di carenza di interesse nella parte in cui non i sull’an o sul quomodo della misura adottata (Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, dep.2019, Fucito, Rv. 275028) – fanno comunque capo alla generica deduzione secondo la quale esse sono ritenute sulla base della apodittica partecipazione ricorrente al gruppo mafioso in mancanza di contributo ad esso.
Il secondo motivo è manifestamente infondato e, comunque, genericamente proposto – anche per questa parte attraverso la trascrizione de deduzioni difensive al Tribunale – rispetto al corretto rilievo della d presunzione cautelare vigente in materia, e alla valutazione del suo manca superamento in relazione agli elementi considerati, segnatamente riferiti alla lieve misura applicata ad alcuni coindagati, tenuto conto che la presunzione sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelar carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., è prevalente, in q speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen., se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. pr detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, i carat attualità e concretezza del pericolo (Sez. 5, n. 4321 del 18/12/2020, dep. 20 COGNOME, Rv. 280452), prova contraria neanche prospettata dalla difesa costanza di fatti assolutamente recenti.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equ determinare in euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Devono essere disposti gli adempimenti di Cancelleria di cui all’art. 9 comma 1-ter, disti att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
I- ter,
disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 07/05/2025.