Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11953 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11953 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a BOLLATE il 22/12/1987 avverso l’ordinanza del 27/03/2024 del TRIBUNALE di Milano udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME udito il Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 23 luglio 2024 il Tribunale del riesame di Milano, decidendo sull’appello del Procuratore della Repubblica di Milano, in riforma dell’ordinanza emessa in data 26 settembre 2023 dal giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Milano che aveva respinto la richiesta per difetto del requisito della gravità indiziaria, ha applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati previsti e puniti dall’art. 416-bis, cod. pen. commesso in Milano, Cinisello Balsamo, Cambiago, Dairago, Inveruno, Busto Garolfo, Busto Arsizio, Varese e altri luoghi, da almeno l’anno 2019 ed ancora permanente (capo 1), e degli artt. 110, 629, in relazione all’art. 628, comma 3, n. 1 e 3, e 416-bis.1, cod. pen., commesso in provincia di Milano tra il dicembre 2020 ed il gennaio 2021 (capo 18).
In particolare, il giudice dell’appello cautelare ha ritenuto, nel limite dei gravi indizi di colpevolezza, essersi radicata in Lombardia un’associazione di tipo mafiosa, i cui componenti erano a loro volta appartenenti alle tradizionali compagini di cosa nostra, ndrangheta e camorra, che, agendo in accordo tra loro, avevano dato vita ad un sistema mafioso lombardo, ovvero ad un vincolo stabile di condivisione di affari illeciti e spartizione dei profitti.
A tale sistema avevano aderito per cosa nostra, esponenti della famiglia COGNOME, esponenti della provincia di Trapani collegati al mandamento di Castelvetrano, esponenti della famiglia COGNOME e del gruppo COGNOME; per la ndrangheta, esponenti della locale di Legnano-Lonate Pozzolo
e della cosca COGNOME e per la camorra esponenti del gruppo RAGIONE_SOCIALE.
Tra gli aderenti alla nuova consorteria mafiosa provenienti dalla provincia di Trapani e collegati al mandamento di Castelvetrano vi erano alcuni componenti della famiglia COGNOME; NOME COGNOME era indicato tra i promotori dell’associazione, il figlio, ed odierno ricorrente, NOME COGNOME indicato tra i partecipi.
A NOME COGNOME era attribuito poi nella ordinanza cautelare anche uno specifico reato-fine, una estorsione consistita in una minaccia ad un imprenditore, NOME COGNOME finalizzata a fargli acquistare crediti di imposta inesistenti per un corrispettivo di 1.600.000 euro.
A NOME COGNOME erano attribuiti nella imputazione provvisoria anche altri reati, che, però, non rientravano nell’ambito della cognizione del giudice dell’appello cautelare, perchØ, con riferimento ad essi, il pubblico ministero non aveva presentato richieste nell’atto di appello cautelare.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l’indagato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi, di seguito esposti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 416-bis cod. pen., in quanto nel sodalizio in questione mancherebbero i caratteri dell’associazione di tipo mafioso per diversi argomenti esposti meglio nel considerato in diritto.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 416 bis cod. pen., in quanto mancherebbe, in ogni caos, l’individuazione di una specifica condotta in cui si concretizzerebbe la partecipazione di Pace all’associazione.
Con il terzo motivo deduce motivazione illogica e contraddittoria sulla ritenuta sussistenza di gravità indiziaria sempre in ordine al reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.
Con il quarto motivo deduce motivazione illogica e contraddittoria sulla ritenuta sussistenza di gravità indiziaria in ordine al reato di estorsione cui al capo 18.
Con il quinto motivo deduce motivazione apparente e illogica in merito alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1, cod. pen. nel reato di estorsione di cui al capo 18.
Con il sesto motivo deduce motivazione illogica sulla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
La difesa dell’indagato ha chiesto la discussione orale.
Con requisitoria orale, anticipata per iscritto, il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato quanto al reato di estorsione, infondato per il resto.
Il primo ed il terzo motivo possono essere affrontati congiuntamente in quanto deducono entrambi, l’uno sotto il profilo della violazione di legge, l’altro sotto quello del vizio di motivazione, che nel sodalizio in questione mancherebbero i caratteri dell’associazione di tipo mafioso.
Si deduce, in particolare, che a NOME COGNOME viene attribuito un ruolo verticistico in un’associazione che pure viene definita orizzontale, il che sarebbe affermazioni in contrasto. L’argomento Ł inammissibile, sia perchØ inconferente con il presente giudizio, che riguarda NOME COGNOME ed a cui non Ł contestato alcun ruolo verticistico, sia perchØ si limita ad aggredire una frase
dell’ordinanza impugnata (quella sulla orizzontalità della compagine) che pure espunta dal percorso logico della stessa non determinerebbe la caduta della decisione.
Si deduce che in modo del tutto illogico l’associazione avrebbe come vertici persone incensurate come NOME COGNOME L’argomento Ł inammissibile perchØ inconferente con il presente giudizio, che riguarda NOME COGNOME e perchØ formula una critica all’ordinanza che non si risolve in una censura di illogicità manifesta, atteso che ‘il vizio di illogicità manifesta della motivazione della sentenza consegue alla violazione di principi della logica formale diversi dalla contraddittorietà o dei canoni normativi di valutazione della prova ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen. ovvero alla invalidità o alla scorrettezza dell’argomentazione per carenza di connessione tra le premesse della abduzione o di ogni plausibile nesso di inferenza tra le stesse e le conclusioni’ (Sez. 1, Sentenza n. 53600 del 24/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 271636).
Si deduce che la violazione di legge si riscontra laddove la ordinanza omette di specifica in quale contesto spazio-temporale i componenti della cosca abbiano conseguito in concreto quella effettiva capacità di intimidazione che deve caratterizzare l’associazione, perchØ se l’associazione Ł priva di un’autonoma forza intimidatrice allora Ł un’associazione che non può essere concretamente identificata. L’argomento Ł inammissibile perchØ proposto in violazione del principio di specificità dei motivi (Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 276916, nonchØ, in motivazione, Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823). L’argomento Ł, infatti, proposto in modo generico ed astratto, mediante citazioni giurisprudenziali, e privo di qualsiasi riferimento al caso concreto, tanto da poter essere riproposto tal quale in altri processi per lo stesso reato, senza prendere posizione sugli elementi di prova da cui l’ordinanza impugnata ha tratto l’esistenza della capacità intimidatrice.
L’ordinanza impugnata, infatti, dedica al requisito della forza intimidatrice del gruppo le pag. 149 e seguenti, in cui evidenzia che NOME, NOME e COGNOME hanno minacciato, picchiato brutalmente e ferito i propri debitori, riporta a pag. 144 la conversazione intercettata in cui un appartenente non identificato, per risolvere una controversia economica, avrebbe usato l’espressione ‘ti taglio la gola’, ed a pag. 148 la conversazione intercettata in cui l’appartenente alla consorteria NOME COGNOME usa espressioni in cui Ł evidente la convinzione di aver creato un sistema di potere in grado di poter intimidire finanche i corpi dello Stato, quali ‘sfasciatelo, ammazzate questo carabiniere, rompetegli quattro cose in testa, di non ti permettere di chiamare a nessuno che ti diamo fuoco’, ‘ti faccio scappare da Busto’, ‘vedi che a Busto adesso comando io’. Sempre nella stessa pagina l’ordinanza indica, a sostegno dell’esistenza di un potere di intimidazione, la conversazione intercettata in cui l’appartenente alla consorteria NOME COGNOME dice ‘se io voglio ti faccio chiudere’, ‘ormai hai preso le mazzate, tienitele’, ed a pag. 149 la conversazione intercettata in cui si evidenzia che un imprenditore di Legnano aveva chiesto protezione, situazione che indica un potere sul territorio riconosciuto ormai da chi vive o opera in esso, nonchØ a pag. 151 la conversazione intercettata in cui l’appartenente alla consorteria NOME COGNOME usa espressioni quali ‘pezzo di merda, porta i soldi, anzi i soldi non li voglio, mi porti qua questo pezzo di merda, se no io ammazzo a te’, tutte circostanze neanche menzionate in ricorso e con cui il ricorso non si confronta.
Il ricorso deduce che a mancare nel provvedimento Ł l’individuazione di alcun elemento da cui desumere il necessario collegamento organico e funzionale della neoformazione con i sodalizi fonte di cui si dà per scontata l’esistenza. L’argomento Ł manifestamente infondato, perchØ inconferente con il percorso logico dell’ordinanza impugnata in cui l’esistenza dei sodalizi criminosi a monte nelle regioni di provenienza non Ł necessario per affermare l’esistenza dell’associazione criminosa operante nel territorio della Lombardia, essendo soltanto un antecedente di fatto della contestazione, ma non facendo parte degli elementi costitutivi del reato associativo.
Il ricorso deduce che nel trarre le conclusioni dalla valutazione delle risultanze processuali in ordine alla sussistenza della fattispecie il provvedimento finisce per far riferimento ad elementi riconducibili eventualmente solo ad atti meramente preparatori in violazione di legge perchØ la tipologia di reato non consente l’ipotizzabilità del tentativo. L’argomento Ł inammissibile perchØ formulato in modo del tutto astratto, senza alcun riferimento al percorso logico del provvedimento impugnato o ad una specifica pagina dell’ordinanza impugnata in cui la stessa avrebbe sostenuto che possa esistere una associazione di tipo mafioso semplicemente sulla base di atti preparatori finalizzati a creare una situazione di potere sul territorio.
Il ricorso deduce, ancora, motivazione illogica e contraddittoria, perchŁ l’ordinanza impugnata avrebbe tratto la convinzione della diffusività e pervasività della forza di intimidazione richiesta dalla norma penale dalla connessione dei partecipi con le autorevoli case madri di provenienza senza considerare che, però, ciò non Ł dimostrativo di una carica intimidatoria autonoma, infatti non si riscontrano in atti esternazioni di un potere mafioso ultroneo ed autonomo, e non si rinvengono azioni intimidatorie finalizzate ad uno scopo generale comune. L’argomento Ł inammissibile per mancanza di specificità dei motivi, perchØ formulato in modo generico, privo di qualsiasi riferimento al caso in esame, ed astrattamente riproponibile tal quale in altri ricorso dello stesso tipo, senza prendere prende posizione sugli elementi probatori, che sono stato riportati sopra, da cui l’ordinanza impugnata ha tratto la prova, nei limiti del giudizio cautelare, dell’esistenza di atti di intimidazione mafiosa posti in essere dalla consorteria.
Il ricorso deduce anche che l’ordinanza impugnata confonde e sovrappone la condotta associativa con le attività dei soggetti che sarebbero componenti delle singole cosche mafiose tradizionali. L’argomento Ł inammissibile perchØ meramente enunciato e privo di una articolazione logica che consenta di comprendere a cosa si riferisce e quale parte del percorso logico dell’ordinanza impugnata esso censuri.
Il ricorso deduce che nella posizione di COGNOME mancherebbe la prova della messa a disposizione per il perseguimento dei fini dell’associazione e che mancherebbe l’accertamento dell’inserimento formale dei singoli partecipi nella cosca, in cui NOME COGNOME sarebbe addirittura un capo promotore, e che la prova all’inserimento non può desumersi dall’eventuale partecipazione ai reati fine. L’argomento Ł inammissibile, perchØ – premesso che nell’ordinanza NOME COGNOME non Ł indicato essere uno dei promotori dell’associazione criminosa – lo stabile inserimento nella consorteria può ‘realizzarsi o in modo formale, attraverso i classici rituali di adesione e con la comprovata messa a disposizione ovvero, in concreto, con il compimento di azioni, preventivamente assegnate, teleologicamente orientate alla realizzazione degli scopi associativi’ (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281889 – 0, in motivazione), talchŁ la mancanza di una affiliazione rituale non Ł decisiva, mentre lo Ł la messa a disposizione che nell’ordinanza impugnata Ł dimostrata dall’aiuto dato da COGNOME agli esponenti della consorteria nelle specifiche vicende in cui egli Ł stato coinvolto.
Il secondo motivo Ł dedicato sempre ai gravi indizi di colpevolezza per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., con riferimento particolare alla individuazione a carico di Pace di una specifica condotta in cui si concretizzerebbe la partecipazione.
Il motivo Ł infondato.
In esso si deduce anzitutto che l’ordinanza impugnata non ha considerato quanto aveva evidenziato il g.i.p. nell’ordinanza di rigetto della richiesta cautelare, ovvero che i Pace sono sostanzialmente incensurati e che pertanto era onere dell’accusa evidenziare in cosa consisterebbe la loro affiliazione al clan originario trapanese. Questo argomento Ł inammissibile per mancanza di specificità dei motivi.
Il ricorso, infatti, riprende un argomento che era stato usato dal g.i.p. per respingere la richiesta di misura senza confrontarsi con la motivazione con cui il giudice dell’appello cautelare aveva deciso di superare tali considerazioni, che si rinvengono a pag. 174 dell’ordinanza impugnata, in cui la stessa evidenzia gli elementi da cui ha ritenuto di trarre gli elementi di collegamento tra i Pace e con la casa madre siciliana, ed in particolare con NOME COGNOME e con l’allora latitante NOME COGNOME, ed a pag. 176 dell’ordinanza impugnata nella parte in cui essa ricorda che NOME COGNOME rivendica, attribuendolo alla propria famiglia, il potere criminale ottenuto nel contesto di origine (‘i padroni siamo noialtri’, ‘mio zio tutta la Sicilia comanda’), percorso logico con cui il ricorso, limitandosi a riproporre gli argomenti usati dal g.i.p., non si confronta in alcun modo.
Il ricorso deduce che ai COGNOME non risulta contestato alcun reato in materia di narcotraffico. L’argomento Ł inammissibile, perchŁ l’associazione criminosa non operava soltanto nel narcotraffico ma anche in altri settori, compresa la criminalità economica, che era quella che l’ordinanza impugnata ritiene essere il settore di operatività dei COGNOME, evidenziando che la fitta rete di società riconducibili a NOME COGNOME ed ai figli NOME e NOME, risulta chiaramente inserita in attività economiche condotte di concerto con NOME COGNOME e NOME COGNOME della cosca COGNOME ed in collaborazione con i fratelli COGNOME tutti elementi con cui il ricorso non si confronta.
Il ricorso deduce che anche la prova dell’esternazione del metodo mafioso con riferimento ai Pace Ł molto limitata, perchØ consiste esclusivamente in un reato di estorsione, mentre i reati finanziari e fiscali non sono dimostrativi dell’esternazione del metodo mafioso, per cui l’unico elemento indiziario effettivamente sussistente al loro carico Ł costituito dal fatto che essi sostengano le spese dei detenuti della famiglia COGNOME.
L’argomento Ł infondato, perchØ in una logica di reato concorsuale il concorrente risponde anche dei fatti illeciti commessi dai sodali, purchŁ abbia dato ad essi un contributo causale e purchŁ di essi sia consapevole, talchŁ in modo non illogico l’ordinanza impugnata ha ritenuto che l’esistenza di fatti di intimidazione ascrivibili a componenti della consorteria, pur se personalmente non riconducibili a Pace, ma da questi pacificamente conosciuti, permettano di ricostruire anche nei suoi confronti gli elementi costitutivi della partecipazione consapevole ad una organizzazione criminale di tipo mafioso.
Il ricorso deduce che NOME COGNOME non ha precedenti specifici, non vi sono pronunce che lo individuino tra i soggetti appartenenti a una qualche cosca territoriale e, ciò nonostante, l’ordinanza attribuisce a COGNOME un ruolo verticistico nella consorteria nonostante sia privo di un curriculum mafioso. L’argomento Ł inammissibile perchØ inconferente con la posizione di NOME COGNOME, che non Ł indicato tra i promotori, ma solo al n. 23 del capo 1 come un partecipe all’associazione criminale.
Il quarto motivo deduce motivazione illogica e contraddittoria in ordine alla ritenuta sussistenza di gravità indiziaria per il reato di cui al capo 18.
Il motivo Ł fondato.
E’ fondata, in particolare, la deduzione del ricorso che evidenzia che, con specifico riguardo alla posizione di NOME COGNOME, l’ordinanza non fornisce logica motivazione in merito alla prova della condotta estorsiva, in quanto non vi sono prove della manifestazione di una condotta violenta da parte di COGNOME, o cui questo concorra, e che i commenti di Pace adesivi ad affermazioni di altri non possono essere ritenuti sufficienti a provare un comportamento dai connotati estorsivi.
L’argomento Ł fondato, perchØ dal contenuto delle pagine dell’ordinanza cautelare dedicate alla vicenda in esame emerge con evidenza la disponibilità di COGNOME ad assistere COGNOME nel fare pressione su NOME, ma l’utilizzo di mezzi di pressione illecita, ed in particolare di comportamenti violenti o minacciosi da parte di COGNOME si risolve, in definitiva, soltanto in una espressione che NOME
pronuncia durante una conversazione con NOME riportata a pag. 201 dell’ordinanza, in cui egli usa l’espressione ‘se no, me lo brucio’ e NOME l’espressione ‘lo appiccico al muro’.
Come nota il ricorso, si tratta di un commento che NOME effettua durante la telefonata con NOME, ma non vi Ł evidenza nelle pagine dell’ordinanza cautelare di comportamenti successivi di NOME in cui lo stesso abbia tenuto comportamenti violenti o minacciosi nei confronti di NOME. Il concorso di NOME nel reato potrebbe essere sostenuto anche quale concorso morale, in quanto la disponibilità che egli dimostra ad assistere NOME nell’aiutarlo a costringere NOME ad accettare le pretese del gruppo criminale, si presta ad essere sussunto nei termini del concorso morale, ma nell’ordinanza manca una chiara valutazione di questo aspetto.
Ne consegue che sul punto l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio in cui la stessa dovrà evidenziare i comportamenti specifici posti in essere da Pace nella vicenda dell’estorsione in danno di Marin, valutare se essi si siano arrestati alle intenzioni o se, nei limiti della valutazione cautelare, si siano anche concretizzati in comportamenti concreti, valutare se gli stessi sono sufficienti per configurare un concorso materiale nell’estorsione, ed, in caso negativo, porsi il problema di sussumerli quantomeno nel concorso di tipo morale per il ruolo di rafforzamento dell’altrui proposito criminoso tenuto da COGNOME nella vicenda in esame.
Il quinto motivo, dedicato alla aggravante di cui all’art. 416-bis.1, cod. pen. contestata con riferimento a reato di cui al capo 18, Ł assorbito dall’accoglimento del quarto motivo.
Il sesto motivo censura la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
In particolare, si deduce che l’ordinanza ha rilevato che i reati sono soggetti alla doppia presunzione di adeguatezza, ma il Tribunale avrebbbe omesso di valutare gli elementi indiziari favorevoli all’indagato.
Il motivo Ł inammissibile, perchØ meramente assertivo e privo di articolazione logica di critica all’ordinanza impugnata. Depurato, infatti, dalle citazioni di massime della giurisprudenza della Suprema Corte, il motivo si risolve soltanto nell’affermare che vi sarebbero nella posizione dell’indagato elementi idonei a superare la presunzione di adeguatezza di cui all’art. 275 cod. proc. pen., elementi che, però, il ricorso non si preoccupa di esporre e di specificare, nŁ di inserire in una critica ragionata al percorso logico dell’ordinanza impugnata.
Nel modo in cui Ł stato redatto, pertanto, il motivo Ł inammissibile per difetto di specificità.
In definitiva, l’ordinanza deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio soltanto con riferimento al capo n. 18. Su tutto il resto l’ordinanza impugnata resiste alle censure che le sono state rivolte, ed il ricorso deve essere respinto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al delitto di cui al capo 18 con rinvio per nuovo giudizio su detto capo al Tribunale di Milano Sezione per il riesame. Rigetta nel resto il ricorso. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 29/01/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME