LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Partecipazione mafiosa: prova e ‘messa a disposizione’

La Corte di Cassazione annulla un’ordinanza di custodia cautelare per un architetto accusato di partecipazione mafiosa. La Corte ha ritenuto insufficientemente provata la sua stabile e continuativa ‘messa a disposizione’ a favore del sodalizio criminale, distinguendo il ruolo di professionista, seppur strumentale, dalla piena e organica appartenenza all’associazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione Mafiosa: la Cassazione traccia il confine tra contributo professionale e appartenenza al sodalizio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato i rigorosi criteri necessari per provare la partecipazione mafiosa di un individuo, annullando un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il caso, che coinvolge un professionista inserito in un complesso schema societario legato a bonus edilizi, offre spunti fondamentali per distinguere un contributo esterno, seppur illecito, dalla piena adesione organica a un’associazione criminale. Al centro della decisione vi è il concetto di “messa a disposizione” dell’associato, che deve essere stabile, continuativo e inequivocabile.

Il Contesto: un’Associazione Mafiosa Orizzontale

Il Tribunale del riesame aveva disposto la custodia in carcere per un architetto, riformando la precedente decisione del GIP. L’accusa era di far parte di una nuova forma di associazione mafiosa, definita “sistema mafioso lombardo”, caratterizzata da una struttura orizzontale e composta da esponenti di diverse organizzazioni tradizionali (cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra). Questa entità, secondo l’accusa, operava nel tessuto economico-imprenditoriale, infiltrandosi in particolare nel settore edilizio attraverso la creazione di società ad hoc per sfruttare le agevolazioni fiscali del cosiddetto “Superbonus 110%”.

L’architetto era stato coinvolto come socio e amministratore formale di una delle società chiave, con il presunto compito di estendere le attività imprenditoriali del gruppo in altre regioni, facendo leva sulla notorietà criminale della sua famiglia di origine.

I Motivi del Ricorso e la Prova della Partecipazione Mafiosa

La difesa ha impugnato l’ordinanza del riesame sollevando diverse questioni, sia procedurali che di merito. Il fulcro del ricorso, tuttavia, verteva sull’erronea valutazione degli elementi di prova riguardo la sussistenza della partecipazione mafiosa.

Secondo i difensori, mancava la prova di un vero e proprio pactum sceleris e, soprattutto, di un inserimento stabile e consapevole dell’architetto nella struttura associativa. La sua attività, sebbene funzionale agli interessi economici del gruppo, era stata limitata nel tempo (pochi mesi) e giustificata da un ruolo prettamente professionale. Inoltre, il suo allontanamento dalla società, deciso proprio per evitare l’attenzione degli inquirenti a causa dei suoi precedenti familiari, dimostrerebbe la natura strumentale e non organica del suo coinvolgimento.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. Pur riconoscendo la solidità dell’impianto accusatorio riguardo all’esistenza dell’associazione mafiosa de qua, i giudici di legittimità hanno ritenuto insufficiente e contraddittoria la motivazione del Tribunale del riesame sulla specifica posizione dell’indagato.

La Corte ha sottolineato che, per configurare il reato di partecipazione mafiosa, non basta dimostrare che un soggetto abbia agito nell’interesse dell’associazione o abbia fornito un contributo. È necessario provare la sua “messa a disposizione” in favore del sodalizio: una condotta che deve assumere i caratteri della serietà e della continuità, rivelando una scelta di adesione libera, volontaria e potenzialmente permanente al gruppo criminale.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, la Cassazione ha evidenziato come il Tribunale del riesame non avesse spiegato adeguatamente come la condotta dell’architetto trascendesse un mero rapporto professionale per diventare una vera e propria affectio societatis criminale. Se da un lato è indiscutibile che il suo nome e le sue competenze siano stati scelti per ragioni strategiche legate al suo background familiare, dall’altro lato non sono emersi elementi sufficienti a dimostrare un’adesione stabile e irrevocabile al sodalizio.

Il suo coinvolgimento sembrava limitato a uno specifico progetto imprenditoriale e la sua conoscenza degli altri sodali appariva circoscritta. La Corte ha ritenuto che questi elementi, uniti alla breve durata del suo ruolo e al successivo allontanamento, rendessero la motivazione dell’ordinanza carente sul punto decisivo della prova della sua effettiva appartenenza organica. La progettualità imprenditoriale, seppur condivisa con esponenti criminali, non è di per sé sufficiente a dimostrare la volontà di far parte stabilmente dell’associazione.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la prova della partecipazione mafiosa richiede un quid pluris rispetto alla semplice contiguità o al concorso esterno. È necessaria la dimostrazione di un inserimento organico e stabile nella struttura, una “messa a disposizione” che testimoni la volontà del singolo di diventare parte integrante del sodalizio. Un coinvolgimento professionale, per quanto rilevante per gli scopi del gruppo, non basta a integrare la fattispecie di cui all’art. 416-bis c.p. se non è sorretto da elementi che ne dimostrino la natura permanente e la piena adesione al patto criminale.

Cosa è necessario dimostrare per configurare il reato di partecipazione mafiosa?
Per provare la partecipazione mafiosa non è sufficiente un singolo contributo, ma è richiesta la dimostrazione di uno stabile inserimento dell’individuo nella struttura organizzativa dell’associazione. L’agente deve aver manifestato una ‘messa a disposizione’ seria, continua e potenzialmente permanente in favore del sodalizio, rivelando un’adesione libera e volontaria al patto criminale.

Un professionista che presta la sua opera per un’associazione criminale è automaticamente considerato un partecipe?
No. La sentenza chiarisce che il ruolo professionale, anche se scelto strategicamente e funzionale agli scopi del gruppo, non equivale automaticamente a una partecipazione. È necessario provare che il professionista abbia superato il confine del suo incarico, aderendo stabilmente e consapevolmente alla struttura e ai fini dell’associazione, manifestando una vera e propria affectio societatis criminale.

In che cosa consiste la ‘messa a disposizione’ richiesta per la partecipazione mafiosa?
La ‘messa a disposizione’ è una condotta che assume i caratteri della serietà e della continuità, attraverso comportamenti di fatto che dimostrano un’adesione concreta, libera e volontaria alla scelta criminale del gruppo. Deve rivelare una vocazione reciproca di ‘irrevocabilità’, intesa come una relazione stabile e duratura tra il singolo e l’associazione, che va oltre il compimento di singoli atti o la partecipazione a specifici affari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati