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Partecipazione mafiosa: motivazione annullata

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare per il reato di partecipazione mafiosa a causa di un grave difetto di motivazione. Il Tribunale del Riesame non aveva analizzato in modo logico e complessivo gli indizi, limitandosi a un elenco parziale degli stessi, soprattutto in relazione all’esclusione di colpevolezza per i reati-fine. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che dovrà seguire i principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione mafiosa: la Cassazione annulla per motivazione carente

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21878 del 2024, ha stabilito un importante principio in materia di misure cautelari per il reato di partecipazione mafiosa. La Suprema Corte ha annullato con rinvio un’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva confermato la custodia in carcere per un indagato, ravvisando un grave difetto nel percorso logico-argomentativo seguito dai giudici di merito. Questa decisione sottolinea la necessità di una motivazione rigorosa e completa, che non si limiti a un semplice elenco di indizi ma li colleghi in un quadro unitario e coerente.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un soggetto indagato per il reato di partecipazione all’associazione mafiosa “Cosa Nostra”. Secondo l’accusa, l’uomo avrebbe avuto un ruolo nella gestione della cassa comune del clan, fungendo da raccordo tra i vari membri e mettendo a disposizione la sua impresa funebre come base operativa. Sulla base di questi elementi, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva disposto la misura della custodia cautelare in carcere, provvedimento poi confermato dal Tribunale del Riesame.

Le Doglianze del Ricorrente

La difesa ha impugnato l’ordinanza del Riesame davanti alla Corte di Cassazione, sollevando tre principali motivi di ricorso:
1. Questioni procedurali: Si lamentava l’inutilizzabilità di un’intercettazione, poiché la polizia giudiziaria aveva segnalato l’impossibilità tecnica di proseguire le operazioni, e l’incompatibilità di uno dei giudici del collegio del Riesame che aveva precedentemente autorizzato decreti di intercettazione nello stesso procedimento.
2. Vizio di motivazione sulla gravità indiziaria: La difesa ha contestato la logica del provvedimento, evidenziando come la motivazione fosse carente e frammentaria. In particolare, si sottolineava la contraddizione per cui il GIP aveva escluso la gravità indiziaria per i singoli reati-fine (come la gestione della cassa), ma l’aveva ritenuta sussistente per il più grave reato associativo, senza un’adeguata spiegazione.
3. Mancata valutazione delle esigenze cautelari: Si contestava che non fossero state considerate l’età avanzata e lo stato di incensuratezza dell’indagato, elementi che avrebbero potuto giustificare una misura meno afflittiva del carcere.

Partecipazione mafiosa e l’onere di una motivazione rafforzata

Il cuore della pronuncia della Cassazione risiede nel secondo motivo di ricorso. La Corte ha ritenuto fondata la censura relativa al difetto di motivazione. I giudici di legittimità hanno descritto l’argomentazione del Tribunale del Riesame come “sincopata”, ovvero caratterizzata da un elenco parziale di elementi indiziari (intercettazioni, osservazioni) privo di un’analisi completa e di un collegamento logico-fattuale che potesse dimostrare in modo convincente la partecipazione mafiosa dell’indagato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato le questioni procedurali sollevate dalla difesa, chiarendo che l’incompatibilità del giudice deve essere eccepita con l’istituto della ricusazione e che un’intercettazione resta valida finché il decreto autorizzativo non viene formalmente revocato. Tuttavia, ha accolto pienamente le critiche sulla qualità della motivazione.

Le motivazioni

La Corte ha specificato che, sebbene per provare l’esistenza di un’associazione mafiosa non sia indispensabile la prova della commissione dei singoli “reati-fine”, la motivazione deve essere particolarmente rigorosa quando la gravità indiziaria per questi ultimi viene esclusa. Il giudice non può evitare una verifica comparata delle circostanze di fatto, soprattutto se comuni a entrambe le imputazioni. È illegittima una valutazione “frazionata ed atomistica” dei singoli indizi. Al contrario, è necessario un esame “globale ed unitario” che ne chiarisca la portata dimostrativa complessiva. Nel caso di specie, il Riesame si era limitato a richiamare l’ordinanza genetica, scegliendo solo alcuni indicatori e tralasciando di connetterli in uno schema logico chiaro e dimostrativo della partecipazione dell’indagato al sodalizio.

Le conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha annullato l’ordinanza e ha rinviato il caso al Tribunale del Riesame per un nuovo giudizio. Quest’ultimo dovrà attenersi ai principi espressi dalla Corte, procedendo a una nuova valutazione che non sia una mera elencazione di fatti, ma una costruzione argomentativa solida, logica e completa, capace di dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio in sede cautelare, la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il reato di partecipazione mafiosa.

Quando la motivazione di un’ordinanza cautelare è considerata carente?
Secondo la sentenza, la motivazione è carente quando si risolve in un elenco parziale di fattori concreti senza una completa analisi del loro significato e senza un solido collegamento logico-fattuale. È necessario un percorso argomentativo che combini gli elementi per dimostrare la condotta contestata, non una valutazione frammentata e atomistica.

Un’intercettazione è utilizzabile se la polizia giudiziaria ne ha comunicato la presunta inutilità tecnica?
Sì, l’intercettazione è utilizzabile. Una segnalazione della polizia giudiziaria su difficoltà tecniche o sull’inutilità di proseguire non ha effetto sulla legittimità del decreto autorizzativo, se a tale comunicazione non segue una formale revoca da parte del giudice o un decreto di cessazione del pubblico ministero. Se la captazione avviene durante il periodo di validità del decreto, è pienamente utilizzabile.

L’incompatibilità di un giudice del Riesame che ha già autorizzato intercettazioni nello stesso procedimento rende nulla la decisione?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che l’eventuale inosservanza delle norme sull’incompatibilità (art. 34 c.p.p.) non è un motivo di nullità della decisione, ma può costituire soltanto un motivo di ricusazione del giudice (art. 37 c.p.p.), che deve essere tempestivamente proposto dalla parte interessata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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