Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1701 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1701 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a DOMODOSSOLA il 18/04/1980
avverso l’ordinanza del 20/06/2024 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
Il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria già depositata e conclude per il rigetto
udito il difensore
L’avvocato COGNOME si riporta ai motivi ed insiste nell’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME indagato per i delitti di partecipazione ad associazione di tipo mafioso (capo 1), di tentata estorsione aggravata in ragione dell’agevolazione del sodalizio criminale d appartenenza (capo 3), di detenzione e porto di armi comuni da sparo, aggravati ai sensi degli artt. 416-bis.1. cod. pen., (capi 8 e 9) e di trasferimento fraudolento di valori (capi 10 e 1 per tali titoli, sottoposto alla misura cautelare coercitiva della custodia in carcere, tram difensore di fiducia propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in data 20 giugno 2024 del Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice del riesame delle misure cautelari personali, che ha rigettato la richiesta di riesame presentata nel suo interesse e, per l’effetto confermato l’ordinanza applicativa della misura cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria in data 10 maggio 2024.
L’impugnativa consta di tre motivi, quivi enunciati nei limiti strettamente necessari pe la motivazione, secondo quanto stabilito dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 292, comma 2, lett. c-bis e 273 cod. proc. pen. e 416-bis cod. pen. e il vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta gra indiziaria del delitto di partecipazione all’associazione di tipo mafioso di ‘ndrangheta, nell’articolazione denominata ‘cosca COGNOME–COGNOME‘, operante nella zona meridionale della città di Reggio Calabria, segnatamente nel quartiere Arangea. E’ dedotto, a sostegno, che il Tribunale, omettendo di confrontarsi specificamente – e, perciò, di darvi compiuta risposta – con le deduzioni difensive, era incorso non solo in una travisata lettura degli elementi di prova, ma anche in una distorta applicazione dell’insegnamento impartito dalle Sezioni Unite Modaffari (sentenza n. 36958 del 27/05/2021), che, nell’enunciare il principio secondo cui la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell’agente nel struttura organizzativa dell’associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del ca concreto, ad attestare la sua ‘messa a disposizione in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Rv. 281889), hanno chiarito che integra la partecipazione ad associazione mafiosa la “messa a disposizione” del sodalizio che assuma: «i caratteri della serietà e della continuità attraverso comportamenti di fatto – precedenti e/o successivi al ritua di affiliazione – non necessariamente attuativi delle finalità criminali dell’associazione tuttavia capaci di dimostrare in concreto l’adesione libera e volontaria a quella consapevole scelt e di rivelare una reciproca vocazione di “irrevocabilità” (intesa, nel senso di una stabile e durat relazione, potenzialmente permanente), testimoniandosi in fatto e non solo nelle intenzioni il rapporto organico tra singolo e struttura». Requisiti costitutivi della condotta tipica del r invero, assenti nella fattispecie concreta interessante il ricorrente, il quale, ad una serena let delle evidenze restituite dai dialoghi intercettati (quello con NOME COGNOME, capo del gruppo
di ‘ndrangheta operante in Arangea, dell’Il settembre 2019; quelli tra NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dell’ottobre 2019 e del gennaio 2020; quello del febbraio 2020 tra NOME COGNOME e il cognato NOME COGNOME, avrebbe palesato una mera manifestazione di volontà di cooperare con NOME COGNOME nella riorganizzazione del gruppo ‘ndranghetista di Arangea, indicando persone da affiliare al gruppo medesimo, essendosi, poi, sottratto alla proposta di cooperazione avanzatagli da COGNOME ciò, trovando ulteriore conferma nella limitatezza degli incontri (in numero di due) avuti con COGNOME e nella genericità dell chiamata in reità e correità sul suo conto effettuata dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME soltanto, peraltro, per reati di droga ed armi.
2. Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 292, comma 2, lett. c-bis e 273 cod. proc. pen. e 56, 629 e 416-bis.1 cod. pen. e il vizio di motivazione in riferimento alla riten gravità indiziaria del delitto di tentata estorsione in danno della concessionaria di autovett denominata ‘RAGIONE_SOCIALE‘, sedente in Arangea. E’ dedotto, a sostegno, che il Tribunale, ancora una volta venendo meno all’obbligo di prendere in considerazione gli argomenti difensivi, aveva rassegnato una motivazione apparente in ordine a due questioni fondamentali: ossia, a) quali fossero gli elementi decisivi atti a dar conto che la condotta intimidatoria ascritt ricorrente, in concorso con NOME COGNOME, fosse stata posta in essere per far conseguire all’associazione criminale di appartenenza un ingiusto profitto, ben potendo, invece, la stessa essere espressione dell’intento di NOME COGNOME di neutralizzare la concorrenza che la detta concessionaria avrebbe potuto dispiegare rispetto all’attività di rivendita di autovetture esercita poco distante dal figlio, NOME; b) in che termini si potesse affermare che NOME COGNOME aveva offerto un contributo, oggettivamente verificabile e concretamente efficiente, alla realizzazion della condotta estorsiva ideata da NOME COGNOME.
3. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 292, comma 2, lett. c-bis e 273 cod. proc. pen. e 512-bis e 416-bis.1 cod. pen. e il vizio di motivazione in riferimento alla riten gravità indiziaria dei delitti di intestazione fittizia a familiari di NOME COGNOME (alla moglie NOME e ai congiunti di quest’ultima) della impresa individuale, denominata ‘RAGIONE_SOCIALE Fortugno RAGIONE_SOCIALE‘, e della società cooperativa, denominata RAGIONE_SOCIALE, aventi come attività la produzione e la commercializzazione di bergamotti, di fatt gestite dal ricorrente. E’ dedotto, a sostegno, che il Tribunale, disattendendo con motivazione apparente i puntuali rilievi difensivi al riguardo sollevati, aveva offerto una lettura distor dato intercettivo, sia per quel riguarda i rapporti economici esistenti tra COGNOME e i familiar moglie, da sempre impegnati nell’attività imprenditoriale aventi ad oggetto i bergamotti, sia pe quel che riguarda l’impegno profuso dal ricorrente per implementare con nuove acquisizioni immobiliari (vedi vicenda dell’acquisto del terreno di proprietà della Signora COGNOME l aziende della famiglia della moglie, a favore delle quali questi si era speso perché dipendente
delle stesse e per ragioni di salvaguardia dei rapporti personali, nulla di decisivo, inv emergendo dal compendio di elementi fattuali raccolti per sostenere la tesi accusatoria di una gestione occulta delle imprese posta in essere dal ricorrente per accrescere il controllo dell cosca di appartenenza sul lucroso affare dei bergamotti.
Con requisitoria in data 8 ottobre 2024, il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona del Sostituto, Dottoressa NOME COGNOME ha chiesto che il ricorso sia rigettato.
Si è proceduto alla trattazione orale del ricorso, avendone, la difesa del ricorrente avanzato tempestiva richiesta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Va preliminarmente rilevato che il ricorrente risulta sottoposto a custodia cautelare in carcere oltre che per i titoli di reato di cui ai capi 1), 3), 10) e 11), anche per i titoli di 8) e 9) della provvisoria incolpazione: ossia, per i delitti di detenzione e porto di armi comun sparo, aggravati ai sensi degli artt. 416-bis.1. cod. pen., rispetto ai quali non ha formul censure con il ricorso per cassazione.
Ne viene che, costituendo, questi ultimi reati, titoli autonomamente ed autosufficientemente idonei a giustificare l’adozione nei confronti del ricorrente della misu cautelare coercitiva applicatagli, essi non comportando neppure un più breve decorso dei termini di custodia cautelare (in quanto aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen.), le censu spiegate con il ricorso per cessazione contro i residui titoli non risultano assistiti da inte attuale e concreto all’impugnazione, come richiesto dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen.. In tal senso depone la recentissima ermeneusi di questa Corte, secondo cui, in tema di impugnazioni cautelari, è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione dell’indagato che lamenti l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione a u soltanto delle imputazioni, nel caso in cui l’eventuale accoglimento del ricorso no comporterebbe alcun vantaggio per il ricorrente, al quale la misura risulti applicata anche pe altri titoli di reato (Sez. 2, n. 33623 del 09/06/2023, Rv. 285265; conf. Sez. 6, n. 5640 18/10/2023, dep. 2024, Rv. 286063).
Tanto precisato, va, comunque, dato atto che tutte le censure formulate con l’impugnativa in disamina sono, comunque, inammissibili.
2.1. L’eccezione premessa a tutti e tre i motivi di ricorso, ossia che il Tribunale del Riesame avrebbe eluso il confronto con decisive allegazioni difensive aventi ad oggetto elementi a favore del ricorrente, così violando la disposizione di cui all’art. 292, comma 2, lett. c-bis, cod. proc. pen., merita di essere disattesa sul rilievo che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di misure cautelari, nella nozione di “elementi a favore” che devono essere valutati dal giudice a pena di nullità dell’ordinanza, rientrano soltanto elementi di natura oggettiva concludente, rimanendo escluse le mere posizioni difensive negatorie, le semplici prospettazioni di tesi alternative e gli assunti chiaramente defatigatori, così come non vi rientrano interpretazioni alternative degli elementi indiziari, che restano assorbite nel complessiv apprezzamento operato dal giudice della libertà (Sez. 5, n. 44341 del 13/05/2019, Rv. 277127; Sez. 4, n. 29999 del 27/06/2006, Rv. 234820).
Nel caso di specie, si discute: 1) dell’opinabilità della motivazione rassegnata dal Tribunale in ordine all’interpretazione del contenuto di una intercettazione in cui il ricorrente si sare attribuita la dote di ‘trequartino’, contenuto illogicamente ritenuto irrilevante (cfr. pag. ricorso); 2) della genericità delle dichiarazioni accusatorie di NOME COGNOME che aveva chiamato in reità o correità NOME COGNOME esclusivamente per fatti di possesso di armi e per fatti di spacc di sostanze stupefacenti, non per fatti concreti espressivi di affiliazione ‘ndranghetista (cfr. 16 del ricorso); 3) della mancata valorizzazione del contenuto di altra intercettazione (quella de dialogo intercorso tra COGNOME e COGNOME del 13 aprile 2024), suscettibile di rappresentar «un’interpretazione autentica del contenuto dei rapporti intrattenuti da COGNOME con NOME COGNOME nel corso del 2019>> (cfr. pagg. 11 e 12 del ricorso). Si tratta, tuttavia, o di element privi, ictu ocu/i, di efficacia realmente dirompente rispetto alla tenuta dell’argomentazione ostesa nell’ordinanza impugnata in ordine alla gravità indiziaria per la partecipazione di COGNOME al grup di ‘ndrangheta operante in Arangea – dal momento che, in disparte il riferimento alla sua dote di ‘trequartista’, egli aveva continuato a parlare con NOME COGNOME di «nuove affiliazioni e, più in generale, di tematiche inerenti all’organizzazione e alla vita dell’organizzazione mafiosa (cfr. pag. 51 dell’ordinanza impugnata) -, ovvero di elementi arbitrariamente selezionati dal lor contesto di significato globale – avendo il Tribunale evidenziato come la circostanza, riferita d collaboratore di giustizia NOME COGNOME relativa alla facilità con la quale COGNOME si approvvigion di armi e droga in misura rilevante, se letta unitamente al dato della vicinanza di questi NOME COGNOME e a quello della sua ostentazione di un elevato tenore di vita, deponesse per la militanza del cautelato nel locale ambito associativo di `ndrangheta (cfr. pag. 40 dell’ordinanza impugnata) – o, ancora, di mere prospettazioni difensive – avendo il giudice censurato evidenziato come, ancora una volta, la difesa avesse estrapolato dall’insieme del dialogo intrattenuto dal COGNOME con NOME COGNOME «due frasi», al più idonee a spiegare soltanto le ragion dell’allontanamento del cautelato da NOME COGNOME (ossia divergenze con questi in ordine Corte di Cassazione – copia non ufficiale
alle «nuove affiliazioni da lui proposte») e non dalla cosca ‘COGNOME -Latella’ nel suo compless (cfr. pag. 56 dell’ordinanza impugnata) -.
2.2. Ciò posto, deve riconoscersi che la tecnica utilizzata dalla difesa del ricorrente p mettere in discussione il risultato del giudizio formulato dal Tribunale del Riesame in ordine al gravità indiziaria ravvisata a suo carico per i delitti di cui ai capi 1), 3), 10) e 11) non c con quella ammessa per il ricorso per cassazione avverso provvedimenti in materia di cautela personale, posto che la stessa, per essere rispondente ai requisiti della suddetta impugnazione, deve limitarsi a lumeggiare le ragioni atte a dar conto della violazione di specifiche norme legge ovvero della mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, Rv. 261400), non essendo, invece, consentite quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito.
Questo perché, secondo il diritto vivente, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Cor suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legitti e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagat controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento del risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828) e perché, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del relativo contenuto, anche ove affidato ad un linguaggio criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, R 263715).
2.3. Invero, quanto alla gravità indiziaria per il delitto di cui al capo 1), plurimi so elementi di fatto – tra quelli emersi dalle intercettazioni di colloqui intercorsi tra NOME COGNOME più esponenti di spicco della cosca ‘COGNOME-Latella’ (preposta al controllo della zona sud della ci di Reggio Calabria, nella quale ricade il territorio di Arangea), tra i quali non soltanto NOME COGNOME, ma anche NOME COGNOME (cfr. pag. 57 dell’ordinanza impugnata), NOME COGNOME (cfr. pag. 59 dell’ordinanza impugnata) e NOME COGNOME (cfr. pag. 61 dell’ordinanza impugnata), nonché dalle intercettazioni di colloqui intercorsi tra NOME COGNOME, il figlio, NOME COGNOME e NOME COGNOME deponenti, secondo massime di
comune esperienza, per la dimostrazione – nei limiti di quanto richiesto per il giudizio cautelar tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità d colpevolezza – di uno stabile inserimento di NOME COGNOME in seno all’organizzazione di ‘ndrangheta operante in Arangea. Inserimento tradottosi, secondo i dettami delle Sezioni Unite Modafferi (sentenza n. 36958 del 27/05/2021, Rv. 281889), in una messa a disposizione del sodalizio concretizzatasi in un dinamismo operativo orientato all’implementazione della potenza del gruppo criminale, mediante la selezione di nuove leve di associati da sottoporre a riti d affiliazione, mediante un capillare controllo del territorio, ricadente nella sfera d’influenza cosca, attuato attraverso pretese estorsive in danno dei titolari delle imprese in esso sedenti, mediante l’accaparramento del monopolio nella gestione di lucrosi affari economici, quali quello della coltivazione e del commercio del bergamotto: tutto ciò, assieme all’adozione di ogni più opportuna cautela atta a distogliere dalle persone degli associati e dalle attività del grup criminale ogni possibilità di interesse e di ingerenza investigativa (cfr. pag. 59-61 dell’ordinan impugnata).
2.4. Le conclusioni rassegnate nell’ordinanza impugnata in ordine alla gravità indiziaria per il delitto di tentata estorsione in concorso, aggravata dalla finalità di agevolazi dell’associazione mafiosa operante nel territorio di Arangea, contestata a NOME COGNOME al capo 3) della contestazione provvisoria, sono, invece, generiche.
Nulla di decisivo, siccome concretamente emergente da individuati atti di causa, è stato dedotto ed allegato dalla difesa, neppure in questa sede, per far ritenere che il significa assegnato dai giudici di merito alla collocazione di una tanica di benzina dinanzi alla sede d Arangea della rivendita di autovetture della famiglia Vumbaca, prima che questa venisse inaugurata, fosse assolutamente arbitraria o, comunque, non in linea con i canoni della plausibile opinabilità di apprezzamento: ossia, che la detta operazione, oggetto di una interlocuzione tra NOME COGNOME e NOME COGNOME fosse espressione di una minaccia larvata rivolta dalla criminalità organizzata locale alla predetta famiglia di imprenditori per ottenere il versamento una tangente estorsiva in favore del gruppo criminale operante nella zona di Arangea.
Valutata, infatti, la richiamata emergenza al lume del contesto di operatività dell’organizzazione di ‘ndrangheta nell’ambito della quale NOME COGNOME e COGNOME militavano, operatività specificamente dispiegata nei confronti di ogni attività imprenditoriale del territo che non poteva avere inizio ed essere esercitata senza l’autorizzazione dei maggiorenti della cosca e senza versare una porzione dei propri guadagni alla cosca stessa, che in tale guisa sosteneva economicamente la realizzazione dei propri fini, nessun altro significato poteva assumere il grave atto di intimidazione posto in essere nei confronti dei COGNOME, su ordine di NOME COGNOME: atto di intimidazione condiviso e fatto proprio da NOME COGNOME.
Nondimeno, quand’anche, come prospettato dal ricorrente, l’intimidazione predetta fosse stata determinata dall’intento di NOME COGNOME di neutralizzare un’impresa concorrente di quella del figlio, NOMECOGNOME non per questo verrebbero meno i gravi indizi di colpevolezza per delitto di tentata estorsione. Infatti, secondo gli approdi più recenti della giurisprudenza di que Corte, il delitto di estorsione può concorrere con quello di illecita concorrenza con violenza minaccia, trattandosi di fattispecie differenti, la cui diversità si misura valutando le modalità cui si esprime l’azione violenta o minacciosa, posto che integra il delitto di cui all’art. 51 cod. pen. la condotta tesa a sovvertire il normale svolgimento delle attività imprenditorial attraverso comportamenti violenti o minacciosi che incidono direttamente sul funzionamento dell’impresa, mentre si configura il delitto di estorsione nel caso in cui l’azione violen minacciosa si risolva in una coazione fisica e psichica dell’imprenditore e non si traduca in una manipolazione violenta e diretta dei meccanismi di funzionamento dell’attività economica concorrente (Sez. 5, n. 40803 del 15/07/2022, Rv. 283758; Sez. 2, n. 53139 del 08/11/2016, Rv. 268640).
Né sono dotati di effettiva valenza censoria i rilievi difensivi protesi ad accreditare la di un mero atteggiamento connivente del Gullì rispetto all’operazione estorsiva organizzata da NOME COGNOME. Se, infatti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato va individuata nel fatto che la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato, mentre il secondo richiede un contributo partecipativo positivo – morale o materiale – all’altrui condotta crimino che si realizza anche solo assicurando all’altro concorrente lo stimolo all’azione criminosa o un maggiore senso di sicurezza, rendendo in tal modo palese una chiara adesione alla condotta delittuosa (Sez. 5, n. 2805 del 22/03/2013, dep. 2014, Rv. 258953; Sez. 1, n. 15023 del 14/02/2006, Rv. 234128), non si può fondatamente sostenere che NOME COGNOME, con il confermare a NOME COGNOME il luogo in cui era ubicato il capannone nel quale aveva sede l’attività imprenditoriale dei COGNOME, non avesse offerto il proprio contributo alla realizzazio della condotta estorsiva, rendendola più agevolmente eseguibile; ciò, tanto più perché dal tenore della conversazione dell’Il settembre 2019 emergeva come NOME COGNOME avesse investito COGNOME di un ruolo organizzativo di primo piano, avendolo coinvolto non solo nella collocazione della tanica di benzina («Certo un giorno o l’altro gliela dovete mettere»), ma anche nella supervisione dell’operato dell’ignoto complice che si sarebbe dovuto recare nei pressi dell’abitazione dello stesso COGNOME per confermargli il buon esito dell’operazione.
2.5. Neppure sono meritevoli di accoglimento, perché generiche e non consentite in questa sede, sono le doglianze, articolate con il terzo motivo di ricorso, che attingono il formula giudizio di gravità indiziaria in ordine ai reati di trasferimento fraudolento di valori di cui 10) e 11).
Risultano, infatti, le stesse, affidate a deduzioni che, piuttosto che mettere in lu violazioni di legge, mirano, sotto l’egida formale del vizio di motivazione mancante o illogica, suggerire una interpretazione alternativa, e prospettata come maggiormente plausibile, degli elementi di prova integranti la piattaforma indiziaria delle contestazioni elevate nei confronti ricorrenti nei capi menzionati: segnatamente, di quelli ritratti dal contenuto delle intercettaz dei dialoghi intrattenuti da NOME COGNOME con familiari, clienti e soggetti comunque gravitan nell’orbita dell’affare dei bergamotti.
Deve rilevarsi, al riguardo, che rispondente alle massime di esperienza generalmente utilizzate per formulare il giudizio di qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, n. 11 21/04/1995, Rv. 202002), richiesto per l’applicazione di misura cautelare personale, è l’interpretazione offerta dal Tribunale del Riesame degli elementi predetti: nel senso che gli stess delineano il ruolo di NOME COGNOME in seno alle due entità imprenditoriali (la ditta individ RAGIONE_SOCIALE‘ e la società cooperativa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘), formalmente intestate alla moglie e ai familiar di quest’ultima, quale loro gestore effettivo, avendo egli esercitato rispetto ad esse – tratt come se fossero un’unica realtà imprenditoriale – pregnanti poteri direttivi (nella scelta dirottare le risorse monetarie sull’una o sull’altra; di implementarne la struttura azienda mediante l’acquisto di terreni sui quali edificare impianti di stoccaggio del prodotto; di confluire nelle rispettive casse denaro non tracciato quanto alla provenienza – somme cd. ‘in nero’ -, o, ancora, nella scelta dei soggetti con cui contrattare, nonché nella determinazione de prezzo da applicare alle forniture di bergamotti) ed avendo egli inteso finanziare con fond autonomamente reperiti (un prestito dal fratello per l’acquisto di un terreno dalla Signora NOME COGNOME) il progetto di espansione aziendale dell’attività imprenditorial complessivamente intesa.
Né rileva la circostanza che almeno la ditta individuale RAGIONE_SOCIALE di Fortugno RAGIONE_SOCIALE fosse già esistente e che NOME COGNOME solo in un secondo tempo ne fosse divenuto il gestore di fatto, considerato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il delitto di trasferimen fraudolento di valori previsto dall’art. 12-quinquies, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 ora previsto dall’art. 512-bis cod. pen. – è configurabile anche nel caso in cui, al fine di eludere l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniale, vengano acquistate di fatto le quote di una società commerciale o di servizi già operativa, lasciandone immutata la titolarità formale in capo a terzi che così vengono ad acquisire il ruolo di sogget interposti (Sez. 2, n. 2080 del 06/12/2018, dep. 2019, Rv. 274963). In effetti, è stat dimostrato, seppure nei limiti delle regole probatorie proprie dell’incidente cautelare, c all’impresa, ancorché preesistente, sono state trasferite risorse economiche del ricorrente (Sez. 2, n. 28300 del 16/04/2019, Rv. 276216; Sez. 1, n. 42530 del 13/06/2018, Rv. 274024; Sez.
6, n. 26931 del 29/05/2018, Rv. 273419), tanto comprovando che NOME COGNOME ne aveva acquisito la titolarità sostanziale.
Generica, perché non sostenuta da alcuna specifica allegazione, è la deduzione relativa all’inesistenza dei presupposti per la sottoposizione di NOME COGNOME ad una misura di prevenzione patrimoniale; la stessa è, comunque, manifestamente infondata, perché questa Corte ha affermato che il delitto di trasferimento fraudolento di valori può essere commesso anche da chi non sia ancora sottoposto a misure di prevenzione patrimoniali e ancora prima che il relativo procedimento sia iniziato, occorrendo solo, ai fini della configurabilità del dolo spec di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, che l’interessato possa fondatamente presumere l’avvio di detto procedimento (Sez. 5, n. 1886 del 07/12/2021, dep. 2022, Rv. 282645), come è dato desumere, nel caso di specie, dal contenuto, del dialogo intercorso tra COGNOME ed il suocero, NOME COGNOME in data 14 aprile 2021 (cfr. pag. dell’ordinanza impugnata).
2.6. Il rilievo, comune al secondo ed al terzo motivo di ricorso, che si appunta sulla sussistenza, nelle fattispecie concrete contestate ai capi 3), 10) e 11), dei requisiti d’integrazi della circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1, cod. pen. nella forma dell’agevolazion mafiosa, è inammissibile per carenza d’interesse, non discendendo dall’esistenza o meno di tale circostanza la legittimità della disposta misura .
Questa Corte, infatti, si è già espressa al riguardo affermando che sussiste l’interesse dell’indagato a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame che abbia ritenuto sussistente una circostanza aggravante a effetto speciale, sempre che da questa conseguano immediati riflessi sull'”an” o sul “quomodo” della misura, di modo che è inammissibile per carenza d’interesse il ricorso con cui sia contestata la sussistenza dell’aggravante mafiosa, quando dal venir meno della stessa non conseguirebbero per il ricorrente effetti immediati e concreti in ordine ai pericula libertatis o alla durata dei termini di custodia cautelare (Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, dep. 2019, Rv. 275028; Sez. 6, n. 7203 del 08/02/2013, Rv. 254507).
2.7. S’impone, pertanto, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Poiché dalla presente sentenza non consegue la liberazione del ricorrente, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen., va dato mandato alla Cancelleria di trasmetterne copia al Direttore dell’istituto penitenziario in cui egli trovasi detenuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso il 25/10/2024.