Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14921 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14921 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a CALTAGIRONE il DATA_NASCITA
COGNOME NOME a RADDUSA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a CALTAGIRONE il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a PALAGONIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2022 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilita’ per le posizioni di:COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; e per il rigetto per le posizioni di: COGNOME NOME; COGNOME NOME.
La parte civile RAGIONE_SOCIALE rappresentata dall’AVV_NOTAIO ha depositato memoria di costituzione in giudizio concludendo per il rigetto o la inammissibilità dei ricorsi, con la liquidazione delle spese come da nota
spese che allega.
AVV_NOTAIO in sostituzione dell’AVV_NOTAIO COGNOME, per la parte civile RAGIONE_SOCIALE, si riporta alle conclusioni già depositate in cancelleria in da 17.01.2024 a firma dell’AVV_NOTAIO, e chiede la liquidazione delle spese come da nota allegata.
AVV_NOTAIO insiste nell’accoglimento del ricorso;
AVV_NOTAIO insiste nell’accoglimento del ricorso;
AVV_NOTAIO insiste nell’accoglimento del ricorso; in particolare, conclude per l’annullamento senza rinvio;
AVV_NOTAIO insiste nell’accoglimento del ricorso;
AVV_NOTAIO insiste nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
E’ impugnata la sentenza della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, che, in parziale riforma del decisione del Tribunale di COGNOME – che aveva dichiarato, per quanto qui rileva, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME colpevoli di associazione mafiosa, aggravata ai sensi del comma 4 dell’art. 416-bis cod. pen., in relazione al partecipazione all’associazione denominata “RAGIONE_SOCIALE“, famiglia di COGNOME, di cui al cap A2); NOME COGNOME e NOME COGNOME anche per reati scopo; mentre, NOME COGNOME era stato condanNOME solo per detenzione di armi e munizioni (capo C12) – ha ridetermiNOME la pena nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
Ricorrono per cassazione, con il ministero dei rispettivi difensori, i predetti imputati. I di ricorso saranno enunciati nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 d cod. proc. pen ..
COGNOME NOME, condanNOME a 2 anni, 4 mesi di reclusione e 4000 euro di multa, per detenzione di armi e munizioni, ha proposto due motivi, affidati al ricorso a firma del difen AVV_NOTAIO fiducia AVV_NOTAIO.
3.1. Con il primo motivo, relativo al solo capo C12 (violazione legge armi), denuncia viz di motivazione con riguardo alla interpretazione di alcuni colloqui, intercettati all’intern sala colloqui del carcere, tra NOME COGNOME e i familiari, nei quali si parla di “s corrente”, galline, pavoni, faraone, colombi e titine, per riferirsi effettivamente ad anima l’imputato allevava, e non certo alla disponibilità di armi, che sarebbero state spostate in luogo, come ritenuto dai giudici di merito.
Il Il secondo motivo lamenta vizio della motivazione in relazione al dinie attenuanti generiche, stante l’assenza di precedenti e il ruolo marginale dell’imputato.
COGNOME NOME, condanNOME a 21 anni di reclusione per associazione mafiosa e numerosi reati scopo (armi, estorsione tentata e consumata), ha proposto, per il tramite de difensore di fiducia AVV_NOTAIO, due motivi, con i quali denuncia vizi di motivazione
4.1. con riferimento al solo capo C12 (violazione legge armi), per cui si duole del interpretazione dei colloqui intercettati nella sala colloqui del carcere, tra l’imputato e familiari, che non farebbero riferimento ad armi, come si legge in sentenza, ma ad animali allevati dal ricorrente;
4.2. con riguardo al diniego delle attenuanti generiche, negate solamente per i precedenti dell’imputato, in violazione dell’onere motivazionale.
COGNOME NOMENOME condanNOME per associazione mafiosa ed estorsione aggravata a 13 anni di reclusione, ha proposto, per il tramite del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, tre mot
5.1. il primo, riferito al reato associativo, denuncia vizio di motivazione in relazion incongruenza, già segnalata con l’appello, e non superata dalla Corte territoriale, delle fon prova su cui si è fondata la affermazione di responsabilità: quanto alle intercettazion conversazioni ambientali captate il 15 marzo 2015 (progr. 362, 363, 364), non emergendo la prova della presenza del Paladino all’interno della masseria del COGNOME, perché il riconoscimento vocale era avvenuto, da parte della polizia giudiziaria, senza l’ausilio di perizia fonica; l’episodio del 21 marzo 2015 viene ricostruito con contraddizioni segnalate e no risolte dalla Corte di appello; alcun rilievo può riconoscersi al rinvenimento di un biglietto riferimento telefonico del COGNOME nella disponibilità del COGNOME con cui esistevano rapporti lavoro che lo giustificano.
5.2. Vizi della motivazione sono denunciati, con il secondo motivo, riguardante la condanna per estorsione (capo F2), in quanto fondata su travisamento di alcuni colloqui intercettati, tra il ricorrente e COGNOME NOME, posti a fondamento dell’affermazion responsabilità, nonostante le dichiarazioni contrarie della vittima, che escludeva la s partecipazione nella vicenda estorsiva.
5.3. Con il terzo motivo, ci si duole dell’immotivato diniego delle attenuanti generiche.
COGNOME NOME, condanNOME per il solo reato associativo a 10 anni di reclusione, ha proposto quattro motivi, per il tramite dei difensori di fiducia AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
6.1. Con il primo motivo denuncia erronea applicazione dell’art. 416 bis cod. pen. e correlati vizi della motivazione, dolendosi dell’omessa considerazione dei motivi di appell riproposti sinteticamente con il ricorso, con i quali si contestava l’attendibilità dei colla COGNOME e COGNOME, e la mancanza di prova della partecipazione all’associazione, ridotta dalla Corte di appello a mero status in spregio agli approdi giurisprudenziali incentrati sul ruolo dinamico e funzionale del sodale, non essendo stata accertata l’affectio societatis, il compimento di atti empiricamente verificabili e la rilevanza del contributo offerto dal ricorrente. In realtà, può
al più, ritenersi provata – dai colloqui intercettati – una mera investitura, ma non la íntr del RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE; ci si duole anche della sottovalutazione dei rapporti familiari con NOME COGNOME, che ne giustificavano i colloqui con lo stesso, intercettati durante le indagini e post fondamento della affermazione che COGNOME avesse investito COGNOME della nomina di capogruppo di COGNOME.
6.2. Il secondo motivo denuncia il travisamento della prova rappresentata dalle intercettazioni dell’11.3.2015 n. 223 e 244, nelle quali manca qualsiasi riferimento a dinamich associative e a condotte criminose dell’imputato;
6.3. Con il terzo motivo ci si duole della violazione di legge e del correlato vizi motivazione, in relazione al giudizio di attendibilità dei collaboratori COGNOME COGNOME espressamente devoluto alla Corte, ed alle incongruenze del loro narrato, nonché all’assenza di riscontri esterni in merito alla condotta partecipativa del ricorrente, non potendo ritenersi t ulteriori conversazioni intercettate (5280 del 29.1.2015, 2507 del 21.8.2015).
6.4. L’ultimo motivo attinge il trattamento sanzioNOMErio e denuncia la violazione di leg ed il vizio di motivazione in punto di commisurazione della pena.
COGNOME NOMENOME condanNOME per il solo reato associativo di cui al capo A2, ritenuta la continuazione con fatti (artt. 56-629 e 416-bis cod. pen.) già giudicati con sentenza del 5 maggi 2005 della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, irrevocabile 06/12/2006, alla pena di 13 anni e sei mes di reclusione, ha svolto sei motivi, assistito dai difensori di fiducia avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME.
7.1. Con i primi due motivi contesta l’attendibilità del collaboratore COGNOME NOME stessa utilizzabilità delle sue dichiarazioni, in quanto generiche, autoreferenziali ed inidonee identificare il ruolo dinamico e funzionale del COGNOME nel RAGIONE_SOCIALE; il collaborante, uscito dalla famiglia mafiosa fin dal 2009, riferisce, a carico del ricorrente, voci correnti apprese da concittadini, s individuare facta condudentia espressivi della partecipazione dinamica alla società criminosa. In realtà, si tratta di propalazioni deboli, fondate su inferenze generiche e inattendibili.
7.2. Con il terzo motivo, afferente ancora alle dichiarazioni di COGNOME, ci si duole dell’ass di validi riscontri, non potendo essere ritenute tali le intercettazioni ambientali, nelle qua può dirsi certo il riferimento al COGNOME attraverso i soprannomi “u macellaiu” e “u magnacci atteso che non risponderebbe al vero che la moglie abbia mai gestito una macelleria, per cui, probabilmente, le conversazioni si riferiscono ad altro soggetto, tale COGNOME NOME.
7.3. Il quarto motivo denuncia travisamento della prova in relazione all’interpretazion dell’intercettazione del 10.3.2015 delle ore 15.00, quanto alla partecipazione associativa d RAGIONE_SOCIALE; all’intercettazione del 15.3.2015, n. 9820 ed all’intercettazione del 21.8.2015 tra COGNOME NOME e COGNOME NOME, in riferimento al ruolo del COGNOME nel RAGIONE_SOCIALE;
7.4. Con il quinto motivo, è dedotta la violazione dell’art. 81 cod. pen., in relaz all’individuazione della violazione più grave nella determinazione della pena (che risulterebb essere il delitto di tentata estorsione e non quello di associazione mafiosa).
7.5. Infine, è denunciata violazione degli artt. 62-bis e 133 cod. pen., in riferiment diniego delle attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME risultan inammissibili; quelli di NOME COGNOME e NOME COGNOME non sono fondati e vanno rigettati.
Ricorsi nell’interesse di NOME e NOME COGNOME: entrambi i comuni motivi formulati dai ricorsi sono manifestamente infondati.
2.1. Quanto al primo motivo (incentrato sulla interpretazione delle intercettazioni) ricordato che, in tema di valutazione del contenuto di intercettazioni, la censura di diritto riguardare soltanto la logica della chiave interpretativa (Sez. 5, n. 3643 del 14/07/1997, 209620); l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisc questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, e si sottrae al sindaca legittimità se tale valutazione è motivata in conformità ai criteri della logica e delle massim esperienza: così Sez. 6, n. 35680 del 10/06/2005, Rv. 232576).
Si tratta di un principio ormai consolidato, accreditato anche dall’approdo delle Sezioni Uni ‘Sebbar’ (Sez. un. n. 22471 del 26/02/2015 -dep. 28/05/2015- Rv. 263715), così massimata: “In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguag adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce question fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazio massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità” Conforme la successiva giurisprudenza: Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Rv. 267650, Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, Rv. 268389; Sez. 3 n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337).
Ed è proprio una rilettura del contenuto delle conversazioni intercettate che i ricorr propugnano, al fine di desumerne un significato alternativo a quello che la Corte di appello h invece, del tutto ragionevolmente, tratto dall’esplicito riferimento ad armi micidiali registr precedenti conversazioni, utilizzate, quindi, come logica chiave di lettura che ha consentito dare un significato univoco alla conversazione de qua, nella quale si è riscontrato l’uso di termini che non trovano una spiegazione coerente con il tema del discorso, ma, viceversa, si spiegano nel contesto ipotizzato nella formulazione dell’accusa (Sez. 5, n. 3643 del 14/07/1997 Rv. 209620), come dimostrato, alla fine, dagli esiti della perquisizione domiciliare a caric NOME COGNOME.
Va, dunque, ribadito che il giudice di merito è libero di ritenere che l’espressione adoper assuma, nel contesto della conversazione, un significato criptico, specie allorché non abbia alcun senso logico nel contesto espressivo in cui è utilizzata ovvero quando emerge, dalla valutazione di tutto il complesso probatorio, che l’uso di un determiNOME termine viene utilizzato per indi altro, anche tenuto conto del contesto ambientale in cui la conversazione avviene (Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Rv. 267650).
La conseguente affermazione di responsabilità, intervenuta all’esito di un procedimento valutativo rispettoso dei richiamati criteri euristici, è scevra da vizi.
2.2. Anche il secondo motivo – con cui i ricorrenti si dolgono del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche – è manifestamente infondato.
I ricorsi non si confrontano con la motivazione della sentenza impugnata, che ha fatto leva oltre che sul curriculum criminale di entrambi – in specie, sul numero di armi sequestrate, per NOME COGNOME, e sulla gravità dei fatti contestati, per NOME COGNOME, qu elementi deponenti per una spiccata inclinazione a delinquere. Si tratta di una valutazion sicuramente allineata al consolidato canone ermeneutico per cui, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sed legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della conces o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269), anche quando difet di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’intere dell’imputato (Sez. 6, n. 42688 del 24.09.2008, Rv. 242419; conf. Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269), essendosi limitato a prendere in esame, tra gli elementi indicat dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente, e atto a determinare o meno riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato e alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in senso (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Rv. 249163; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549).
3. Ricorso di NOME COGNOME.
Il ricorso è decliNOME riproponendo doglianze alle quali la sentenza impugnata ha fornito rispos non manifestamente illogiche, né contraddittorie, e senza confrontarsi con le stesse, ne tentativo di conseguire una, non consentita, alternativa interpretazione del materiale istrutto invece, congruamente analizzato dai Giudici di merito.
E’ bene ricordare che il sindacato di legittimità non ha per oggetto la revisione del giudiz merito, bensì la verifica della struttura logica del provvedimento e non può, quindi, estende all’esame ed alla valutazione degli elementi di fatto acquisiti al processo, riservat competenza del giudice di merito, rispetto alla quale la Suprema Corte non ha alcun potere di sostituzione al fine della ricerca di una diversa ricostruzione dei in vista di una decisione alternativa.
Né la Suprema Corte può trarre valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, neppure se riprodotte nel provvedimento impugNOME. Invero, solo l’argomentazione critica che si fonda COGNOME sugli elementi di prova e sulle fonti indiziarie contenuta nel provvediment impugNOME può COGNOME essere COGNOME sottoposto al COGNOME controllo del COGNOME giudice di legittimità, al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del dir all’esigenza della completezza espositiva (Sez. 6, n. 40609 del 01/10/2008, COGNOME, Rv. 241214).
Non è dunque sufficiente che gli atti del processo invocati dal ricorrente siano semplicement “contrastanti” con particolari accertamenti e valutazioni del giudicante e con la sua ricostruzi
complessiva e finale dei fatti e delle responsabilità né che siano astrattamente idonei a forni una ricostruzione più persuasiva di quella fatta propria dal giudicante.
D’altronde, motivi privi del necessario confronto con la motivazione della sentenza impugnata più che specifici, come richiede l’art. 581 cod. proc. pen., risultano soltanto apparenti, in qu omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822; conf. Sez. 2 , 42046 del 17/07/2019 Rv. 277710).
La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di a-specificit conducente, a mente dell’art. 591 cod.proc.pen comma 1 lett. c) all’inammissibilità (ex plurimis, Sez. 4 n. 256 del 18/09/1997, dep. 1998, Rv. 210157; Sez. 1, Ordinanza n. 4521 del 20/01/2005, Rv. 230751; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014 , Rv. 259425; Sez. 2 , n. 42046 del 17/07/2019 Rv. 277710).
3.1. Richiamate tali coordinate, va sinteticamente ricordato che gli elementi posti fondamento della responsabilità del COGNOME per il delitto associativo sono costituiti da pluralità di elementi di fatto.
3.1.1. In primo luogo, viene in rilievo la partecipazione alla riunione nella masseri COGNOME il 15 marzo 2015, nel corso della quale si discute di aspetti strategici del RAGIONE_SOCIALE, e rivela come il ricorrente avesse ricevuto, dal capoRAGIONE_SOCIALE COGNOME, l’incarico di contattare l’imprendito COGNOME, sottoposto a estorsione; compito, peraltro, non nuovo per lui.
Non ha alcun pregio l’obiezione che la difesa svolge in merito al riconoscimento vocale operato dalla polizia giudiziaria, tenuto conto che si è ampiamente chiarito, da parte della giurispruden della Corte di Cassazione, che «Ai fini dell’identificazione degli interlocutori coinvolti conversazioni intercettate, il giudice ben può utilizzare le dichiarazioni degli ufficiali e a polizia giudiziaria che abbiano asserito di aver riconosciuto le voci di taluni imputati, così qualsiasi altra circostanza o elemento che suffraghi detto riconoscimento, incombendo sulla parte che lo contesti l’onere di allegare oggettivi elementi sintomatici di segno contrario» (Sez. 2, n. 12858 del 27/01/2017 – dep. 16/03/2017- COGNOME e altri, Rv. 269900; vedi anche Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013 – dep. 20/03/2014- COGNOME e altri, Rv. 259478 e Sez. 6, n. 18453 del 28/02/2012 – dep. 15/05/2012- COGNOME e altri, Rv. 252712 – sulla non indispensabilità dell perizia fonica).
Invero, la sentenza impugnata ha evidenziato come il ricorrente (che ha chiesto il rito abbreviat non abbia allegato elementi oggettivi sintomatici di segno contrario alla ricostruzione del fa dei giudici di merito, limitandosi a esprimere dubbi soggettivi, svincolati dagli atti del proc e in quanto tali irrilevanti in sede di legittimità (Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014 08/05/2014- C. e altro, Rv. 260409).
Il tema dell’identificazione del COGNOME nella persona che, durante la conversazione registrata 15.3.2015, viene appellata come “NOME” – e indicato, quindi, come partecipante alla riunione con COGNOME NOME ed altri associati, nel corso della quale emerge anche il ruolo svolt dall’imputato – è stato ampiamente scrutiNOME dalla Corte di appello, osservando come il riconoscimento vocale da parte della polizia giudiziaria sia riscontrato da due significa elementi processuali, la cui convergenza rende ragione della valutazione, del tutto razionale svolta dalla Corte di appello in punto di identificazione del ricorrente, correttamente valuta la non necessità dell’invocato accertamento tecnico.
3.1.2. Ulteriore elemento valorizzato dalla sentenza impugnata, per ricostruire l partecipazione al RAGIONE_SOCIALE, è costituito dal contenuto della intercettazione d 21/3/2015, nel corso della quale emerge come i partecipanti alla riunione decidano di effettuare una bonifica per scongiurare la presenza di eventuali microspie: la tesi dell’imputato – la presenza è registrata dalle videocamere installate nella masseria -è risultata smentit dall’attività di captazione, che dà conto della sua partecipazione fattiva a quell’att unitamente agli altri sodali.
3.1.3. Ancora, la sentenza impugnata ha indicato la partecipazione dell’imputato, quale intermediario, alla estorsione in danno dell’ ingegnere COGNOME, di cui egli stesso era dipendente, emergente dalla conversazione del 12/1/2015, in cui gli interlocutori mostrano disappunto per il conferimento dell’incarico al COGNOME di trattare con l’estorto, non aven costoro alcuna stima del sodale, nonché dalle conversazioni del 31 agosto 2015 e del 12/10/2015 che smentiscono la tesi difensiva che l’incontro, presso il cantiere dell’imprenditore, fo riconducibile ai rapporti di lavoro intercorrenti tra le parti.
Non hanno alcun pregio, dunque, le doglianze difensive incentrate sul profilo dell’affectio societatis, giacché il ricorrente non si confronta con la specifica motivazione, congruente con i dati probatori, che la Corte di appello ha fornito (pg. 27), osservando, del tutto razionalmen che solo un partecipe può essere coinvolto in conversazioni che toccano argomenti delicati, concernenti interessi cruciali e strategie della consorteria, come quelli ascoltati duranti le ri alla masseria, valorizzando il riscontro costituito dal coinvolgimento fattivo nella vice estorsiva, e prendendo in esame anche le deduzioni difensive incentrate sull’assenza di dichiarazioni di collaboratori a carico di COGNOME, ritenendo del tutto irrilevante tale d presenza di un quadro probatorio granitico.
3.2. Anche il secondo motivo è oggetto di trattazione da parte della sentenza impugnata (pg. 27), in cui si dà conto dell’affermazione che il ricorrente abbia svolto il ruolo di medi nella estorsione COGNOME, emerso con limpida chiarezza dalle indicate intercettazioni.
3.3. Non ha alcun pregio neppure il terzo motivo, dal momento che le circostanze attenuanti generiche sono state negate motivatamente sulla base della gravità dei fatti elemento in ordine al quale la Difesa nulla ha allegato.
Ricorso di NOME COGNOME.
Anche il ricorso proposto nell’interesse NOME COGNOME è infondato. La Corte di appello ha individuato gli elementi da cui emerge che il ricorrente venne nomiNOME, dal capoRAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, capogruppo di COGNOME, al posto di NOME COGNOME NOME (pg. 31) facendo riferimento alle intercettazioni, progr. n. 223 e 224, e alle dichiarazioni dei collabora giustizia COGNOME e COGNOME, entrambi esaminati dalla Corte di appello.
La sentenza impugnata ha anche risolto le denunciate contraddizioni nel narrato del COGNOME, quanto al periodo della partecipazione del COGNOME (2005 invece che 2015), sulla base dell’autoevidenza delle conversazioni intercettate, sopra richiamate, che hanno registrato inequivocabilmente i conferimento dell’incarico di capogruppo all’interno del sodalizio.
4.1. Con riguardo all’interpretazione – contestata dal ricorrente – delle intercetta dell’11.3.2015 progr. n. 223 e 224, che costituisce l’elemento probatorio fondamentale ai fi dell’affermazione di responsabilità del COGNOME, ritiene il Collegio che non ricorra il travisam denunciato rispetto all’intercettazione dell’11.3.2015 n. 223 e di quella successiva, attinge la critica difensiva il significato della fonte di prova (ricostruito razionalmente dalla se impugnata) e non il significante del dato probatorio.
Quanto al loro contenuto – contrariamente a quanto assume la Difesa – dalla stessa emerge, in maniera univoca, il progetto imprenditoriale del COGNOME, che ne mette a parte il COGNOME, coinvolgendo lui e il sodalizio RAGIONE_SOCIALE di cui quest’ultimo è esponente apicale, laddove, duran la conversazione, gli chiede esplicitamente di partecipare, intendendo che i profitti di tale impr sarebbero confluiti nelle casse della associazione mafiosa attraverso, appunto, il suo vertice, c sarebbe divenuto “la banca del supermercato”.
La conversazione, inoltre, dà conto del ruolo primario che era stato riconosciuto a “NOME” (come viene chiamato il ricorrente) per risolvere le “questioni” del RAGIONE_SOCIALE, essendo stato posto a capo del gruppo di COGNOME. Nell’ottica di tale ricostruzione, si pone in linea di coerenza il disap espresso da NOME COGNOME NOME, che da quel ruolo è stato estromesso (“abbiamo buttato le persone giuste”, sarà il commento registrato durante una conversazione), mentre non rappresenta un elemento contrario la affermazione (conversazione progr. 2507) che il COGNOME non sia conosciuto dagli altri sodali.
Come si sa, la condotta di partecipazione all’associazione per delinquere di cui all’art. 416 cod. pen. è a forma libera e può realizzarsi in forme e contenuti diversi, indipende dall’esistenza di un formale atto di inserimento nel sodalizio e da uno stretto contatto con altri sodali, sicché il partecipe può anche non avere la conoscenza dei capi o degli altri aff essendo sufficiente che, anche in modo non rituale, di fatto si inserisca nel gruppo per realizzar gli scopi, con la consapevolezza che il risultato viene perseguito con l’utilizzazione di met mafiosi (Sez. 2 n. 55141 del 16/07/2018, Rv. 274250; conforme
Sez. 3 n. 2351 del 18/11/2022 -dep. 2023- Rv. 284057-02).
4.2. Con riguardo alla denunciata carenza motivazionale in ordine all’attendibilità d collaboratori, deve osservarsi che si tratta di un motivo inedito, non avendo i difensori ricorrente attinto tale specifico profilo con i rispettivi atti di gravame avverso la sentenza di
grado, rinvenendosi solo un fugace accenno a pag. 9 punto 2 dell’appello a firma dell’AVV_NOTAIO COGNOME. Questo spiega la mancanza di argomentazione da parte della Corte di appello, la quale si è limitata a rilevare che il narrato di COGNOME risulta riscontrato dalla richiamata conversaz (n. 223) circa il ruolo di responsabile di COGNOMENOME in successione rispetto a NOME COGNOME NOME, e come, in ogni caso, non risulti decisivo il suo propalato ai fini dell’affermazion responsabilità (pagina 32 della sentenza impugnata), stante la chiara autoevidenza delle conversazioni intercettate.
Quanto alle dichiarazioni di COGNOME, la sentenza dà atto di quanto riferito nel giudizio di appe in cui il collaboratore ha ricordato – quale affiliato al RAGIONE_SOCIALE incontri con RAGIONE_SOCIALE, finalizzati all’attuazione di attività estorsive. Risulta, dunque, inf anche la doglianza incentrata sulla mancanza di riscontri esterni al propalato dei collaboratori giustizia, il cui contributo non risulta decisivo ai fine dell’affermazione di responsabilit poggiando sul contenuto del compendio intercettivo.
4.3. Con riguardo alla prova della partecipazione del COGNOME al sodalizio, contestata dalla difesa ricorrente, si osserva, in linea generale, che l’incarico di cui si ha cognizione conversazioni intercettate non costituisce una mera investitura partecipativa, attraverso compimento di un rituale di affiliazione, quanto, piuttosto, il conferimento di un incarico fidu all’interno del consesso criminale, laddove il COGNOME viene individuato – dall’esponente apica – quale referente di un intero gruppo, con estromissione del precedente titolare.
L’affidamento di un tale incarico costituisce, all’evidenza, il riconoscimento – da parte rappresentante apicale del sodalizio – di una chiara, consapevole, affatto occasionale adesione al comune progetto criminale e rivela, logicamente, la consapevolezza, in capo all’investito dell’esistenza della consorteria criminale e della volontà di associarsi ad essa, onde perseguir gli scopi tipici del sodalizio mediante l’utilizzo del metodo RAGIONE_SOCIALE, laddove egli si po disposizione, in maniera significativa, sia personalmente che con le proprie risorse economiche, del sodalizio ben consapevole di agire nell’interesse dell’associazione mafiosa.
In tal senso, si rivela il ruolo attivo svolto nel sodalizio – con continuità e affi dall’imputato, esso costituendo il necessario presupposto fattuale di quella investitura, c consente, pertanto, di inferire la prova della condotta di partecipazione. Non si discute, cioè, mero compimento di formalismi rituali, emergendo, piuttosto, dalle captazioni che il COGNOME riconosce al COGNOME la capacità decisionale diretta a risolvere eventuali questioni emergenti t i sodali; e ciò rende evidente il compimento di “atti di militanza associativa”, che richiedon comprovata “messa a disposizione” ovvero, in concreto, il compimento di azioni, preventivamente assegnate, teleologicamente orientate alla realizzazione degli scopi associativi. Quello svolto dal COGNOME nel contesto associativo di riferimento risulta essere un ruolo dinamic e funzionale, poiché egli, per meritare quell’investitura, non può che aver ‘preso parte fenomeno associativo, condividendone le dinamiche fino ad assurgere a punto di riferimento del gruppo.
Può, cioè, affermarsi che nella titolarità di un tale incarico si concretizzi la partecip associativa del Tangarra, giacché esso rende evidente come egli “si trovi in un rapporto di stabile ed organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo” (Sez. un. Mannino).
Tanto è sufficiente – a prescindere dalla acquisita prova del compimento di specifici atti esecuti del programma criminoso, che, peraltro, è anche emersa nel dibattimento (dichiarazioni di COGNOME circa la partecipazione ad attività estorsiva) – per ritenere integrata la contestata partecipaz associativa, secondo la linea interpretativa accreditata da plurimi approdi giurisprudenziali, ne composizione più autorevole di questa Corte, come confluiti nel più recente arresto della sentenza Sez. Un. Modaffari.
In tale pronuncia, le Sezioni Unite hanno ribadito che la partecipazione non deve necessariamente possedere – di per sé – una carica elevata di apporto causale alla vita dell’inter associazione o di un suo particolare settore, come richiesto per il concorrente esterno, ma deve in ogni caso porsi come comportamento concreto, teso ad agevolare il perseguimento degli scopi associativi in modo riconoscibile e non puramente teorico, sì da potersi ritenere condott indicativa dello stabile inserimento del soggetto nel gruppo. Può, dunque, affermarsi che l’acquisizione consapevole, in un contesto di effettività e serietà, dell’incarico di capogrupp un segmento della consorteria criminale, ove emerga l’adesione libera e volontaria a quella consapevole scelta e una reciproca vocazione di “irrevocabilità” (intesa, nel senso di una stabil e duratura relazione, potenzialmente permanente), testimonia in fatto, e non solo nelle intenzioni, il rapporto organico tra singolo e struttura.
A queste condizioni, la “messa a disposizione” non solo costituisce l’effetto dell’ammissione a gruppo, ma indica un comportamento oggettivo e non solo intenzionale, attuale e non meramente ipotetico che finisce così per concretizzare e rendere riconoscibile il profilo dinamic della partecipazione.
4.5. Non è consentita in sede di legittimità la rivalutazione del trattamento sanzioNOMEri in presenza di una motivazione non manifestamente illogica, né contraddittoria sul punto. A pagina 32 della sentenza impugnata la Corte di appello ha congruamente giustificato il diniego delle circostanze attenuanti generiche, in ragione della biografia criminale del ricorrente, e de gravità del fatto contestato, quali elementi denotanti una spiccata inclinazione a delinquere.
5. Ricorso di NOME COGNOME
Anche questo ricorso risulta infondato.
5.1. In primo luogo, deve osservarsi che i Giudici di merito hanno dato conto della acclarata esistenza della famiglia RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nell’area calatina, quale dato giudiziario emergente incontrovertibilmente dalle sentenze irrevocabili acquisite al fascico processuale.
5.2. Con riguardo alla partecipazione del COGNOME al sodalizio, la Difesa lamenta l’assenz di adeguato vaglio dell’attendibilità intrinseca del collaboratore di giustizia NOME COGNOME
contesta la credibilità delle sue dichiarazioni sotto il profilo estrinseco, per avere egli ri voci correnti e de relato circa l’appartenenza del COGNOME al gruppo criminale del collaboratore di giustizia.
Osserva il Collegio che la sentenza impugnata ha considerato come l’attendibilità intrinseca del collaborante sia accreditata dal vaglio di precedenti sentenze passate in giudicato, non risultand neppure allegato un intento calunnioso nel presente procedimento.
In merito alla valenza dimostrativa delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME e alla asserita natura de relato del suo propalato, riferisce la sentenza impugnata che, dalla pronunzia di primo grado, si apprende che il predetto collaboratore, esamiNOME nel dibattimento, vantava una lunghissima militanza associativa (ultraquarantennale), quale ‘uomo d’onore’, con rapporti di conoscenza e frequentazione con esponenti di vertice, quale NOME COGNOME. Questo comporta che i fatti e le circostanze attinenti alla vita e alle attività del sod attraverso i quali egli era venuto a conoscenza anche della partecipazione alla medesima consorteria del RAGIONE_SOCIALE -nei cui confronti aveva anche effettuato una positiva individuazio fotografica nel corso della sua collaborazione- appartengono al suo personale e diretto patrimonio conoscitivo.
La valutazione operata dalla Corte di appello in ordine alla natura delle dichiarazioni collaboratore di giustizia, escludendo che esse possano essere considerate de relato, sono giuridicamente coerenti con il costante orientamento giurisprudenziale a tenore del quale, laddove le dichiarazioni provengano da soggetto che abbia militato all’interno di un consesso delinquenziale, e riguardino la vita o l’attività del sodalizio e siano state rese sulla base appresi dal dichiarante nella sua qualità di partecipe all’associazione, non si verte in ipote esternazioni de relato (da ultimo, Sez. 1 n. 17647 del 19/02/2020, Rv. 279185), in quanto appartenenti all’esperienza diretta del propalante, prima ancora che alla sua conoscenza, come quando riferisca dell’esistenza e della struttura dell’organizzazione nelle sue articolazioni o sistema di gestione o cogestione del settore delle estorsioni. In tali ipotesi, le dichiarazioni rese, e con tali contenuti, si prestano idonee ad assumere valore probatorio se positivamente riscontrate da elementi fattuali esterni (Sez. 5, n. 24711 del 10/04/2002 Rv. 222616).
Nei confronti di COGNOME, la Corte di appello ha considerato, quale riscontri estrinseci, provenienti dal compendio intercettivo, in specie, costituito: – dalla conversazione del 10 marz 2015 progr. 134, nel corso della quale la voce del COGNOME veniva riconosciuta dalla poli giudiziaria (riconoscimento corroborato da altro elemento individualizzate fornito dallo stes imputato, circa un’autovettura del padre), cosicché risulta smentita la tesi difensiva incentr sulla mancata partecipazione dell’imputato alla detta conversazione, mentre sulla base di tale riconoscimento è stata possibile la identificazione dell’imputato anche nelle successiv conversazioni; – dalla conversazione ambientale del 21 agosto 2015, in cui gli interlocutori facendo riferimento alla recente investitura del COGNOME (unitamente a COGNOME) qual capogruppo di COGNOME, lo indicano con espressioni come “u magnaccio” e “u macellaio”, che risultano coerenti con gli accertamenti della polizia giudiziaria, circa pregresse condanne d
COGNOME COGNOME favoreggiamento della prostituzione e la gestione di una macelleria; – dal conversazione, sempre del 10 marzo 2015, progr. 176, che faceva registrare il coinvolgimento del COGNOME (anche in tal caso individuato perché gli interlocutori lo appellano come “u magnaccio in una attività estorsiva, avendo la Corte di merito indicato puntualmente le ragio dell’inequivoco significato attribuibile a quella captazione e a quelle successive correl indicative, appunto, dell’attività illecita in corso, appartenente al programma crimin dell’associazione.
Insomma, sono state valutate correttamente le intercettazioni, che risultano oggettivamente indicative, anche a prescindere dalla chiamata in correità del collaboratore NOME COGNOME, del partecipazione dell’imputato al sodalizio criminale e del suo ruolo di capogruppo di COGNOME
5.3. Parimenti infondata l’obiezione che attinge la ricostruzione del ruolo ‘dinamico’ d ricorrente all’interno del sodalizio che, come si è visto, risulta coinvolto in attività estorsi a ricevere l’investitura di capogruppo.
Richiamando le osservazioni già svolte in merito alla linea ermeneutica di questa Corte secondo cui integra il reato di partecipazione ad un’associazione di tipo RAGIONE_SOCIALE la condotta di colui si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo d sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi, si osserva come sia la partecipazione ad attività estorsiva unitamente ad altri sodali, sia, soprattu l’investitura, da parte del capoRAGIONE_SOCIALE, che lo colloca in posizione di primazia rispetto agli altri sono condotte dotate di incontestabile autoevidenza nel senso della intraneità e dell partecipazione alla vita e alle dinamiche della societas sceleris, di talchè, ai fini della affermazione di penale responsabilità a titolo di partecipazione non vi può essere ragionevole dubbio in merit alla dimostrazione dell’effettivo inserimento del COGNOME nella struttura organizzata, ricos attraverso condotte univocamente sintomatiche, costituite nell’assunzione di un ruolo concreto e di primazia nell’organigramma criminale, oltre che nello svolgimento di attività esecutive d programma (Sez. 2, n. 25452 del 21/02/2017, Rv. 270171).
5.4. Non coglie nel segno neppure il quarto motivo che denuncia travisamenti delle intercettazioni ambientali, ma, in realtà, tenta di avvalorare una diversa interpretazione del contenuto, riportato nel corso del motivo, operazione non consentita in sede di legittimità.
In tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di “contraddittorietà processual “travisamento della prova”) vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla ve dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevant decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini qua “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, at persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova (S n. 26455 del 09/06/2022, Rv. 283370).
Nel caso di specie, invece, la doglianza attiene al significato delle intercettazioni – ladd ricorrente contesta l’identificazione del conversante nel colloquio del 10.3.2015 alle ore 15.0 l’identificazione del COGNOME, di cui si parla nella intercettazione 9280 del 15.3.2015 – e certo al modo in cui la prova viene trasposta nel ragionamento del giudice.
5.5. Del tutto infondata la doglianza veicolata con il quinto motivo, con cui ci si d dell’errata individuazione del reato più grave. Secondo la Difesa sarebbe più grave la tentat estorsione aggravata accertata con la sentenza irrevocabile del 5 maggio 2005 della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE (irrevocabile il 6 dicembre 2006).
Invece, come ha correttamente osservato la sentenza impugnata, la pena per il delitto di cui all’art. 416 bis co. 1 e 4 cod. pen. è compresa in una forbice da dodici a venti anni; quella pe tentata estorsione aggravata anche dall’art. 7 d.l. n. 151/1991 (ora art. 416bis.1 cod. pen contempla una pena massima edittale pari ad anni 11 mesi 1 e giorni 10 di reclusione.
La Corte di appello ha fatto, dunque, corretta applicazione del principio di diritto a tenore quale, in tema di reato continuato, deve essere considerato come reato più grave quello punito in astratto con la pena edittale più severa (Sez. 2, n. 36107 del 16/05/2017, Rv. 271031).
5.6. Il sesto motivo, che attinge il diniego delle circostanze attenuanti generiche, ris inammissibilmente decliNOME, non confrontandosi il ricorrente con la specifica motivazione con la quale la Corte di appello ha replicato ad analoga doglianza, facendo leva per la decision avversata sul grave precedente specifico e per la condanna per il delitto di favoreggiamento della prostituzione, quali elementi significativi di una spiccata inclinazione delinquenziale.
Il rigetto dei ricorsi di COGNOME e RAGIONE_SOCIALE comporta, ex lege, la condanna al pagamento delle spese processuali.
La declaratoria di inammissibilità dei ricorsi di NOME e NOME COGNOME e di NOME COGNOME comporta la condanna anche al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo liquidare in euro 3000.
Tutti i ricorrenti vanno, inoltre, condannati, in solido tra loro, alla rifusione delle rappresentanza e difesa sostenute dalla costituita parte civile, RAGIONE_SOCIALE, liquidate come indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi di COGNOME NOME NOME COGNOME NOMENOME che condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOMENOME COGNOME NOME COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, tutti i ricorrenti, in solid loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio da parte civile RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che liquida in complessivi euro 4000,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, addì 22 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
COGNOME