Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 33768 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 5 Num. 33768 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 1311/2025
NOME COGNOME COGNOME
CC – 19/09/2025
NOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME COGNOME
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 01/03/2025 del Tribunale di Palermo Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che, riportandosi alla memoria in atti, ha concluso per il rigetto del ricorso; sentito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che, nel discutere i motivi di ricorso, si è riportato ai propri scritti e ha insistito per l’accoglimento dei motivi esposti nel medesimo.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, del 1.3.2025, il Tribunale di Palermo, decidendo ex art. 309 cod. proc. pen., ha rigettato la richiesta di riesame avanzata nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza emessa dal G.i.p. in data 30.1.2025, applicativa COGNOMEa custodia cautelare in carcere per il delitto di partecipazione all’associazione RAGIONE_SOCIALE armata ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (segnatamente alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE da epoca imprecisata e con condotta perdurante, capo 1), per i delitti di cui agli articoli 81, 110, 73 d.p.r. 309/90, in un caso aggravati ex art. 416-bis.1 c.p., contestati ai capi 2, 3, 5 6, 8, e per il delitto di estorsione aggravata (contestato al capo 10).
2.Avverso la suindicata ordinanza, ricorre per cassazione l’indagato, tramite il difensore di fiducia, deducendo tre motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Col primo motivo deduce violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il reato di cui all’art. 416-bis c.p. e difetto di motivazione. Il Tribunale ha trascurato i doverosi approfondimenti in ordine agli episodi qualificati come significativi in chiave indiziaria di un coinvolgimento COGNOME‘COGNOME nella compagine RAGIONE_SOCIALE, non essendo, in particolare, gli incontri COGNOME‘COGNOME all’interno COGNOMEa propria abitazione con altri accoliti e le intercettazioni COGNOMEe conversazioni sufficientemente indicativi di tale posizione (così per le conversazioni intercettate il 12.8.2023 e il 12.10.2023), ovvero del fatto che essi trattavano temi di rilevante interesse associativo. A ciò si aggiunge che i contatti intervenuti telefonicamente erano privi di contenuti operativi essendo limitati alla mera rappresentazione e condivisione di avvenimenti negativi verificatisi ai danni del ricorrente.
Non vi sono quindi elementi da cui desumere un qualsivoglia apporto concreto alla vita COGNOMEa associazione né lo stabile inserimento del ricorrente nell’organizzazione COGNOME‘associazione RAGIONE_SOCIALE, denotando piuttosto quelli valorizzati dai giudici una posizione di soggezione del ricorrente all’ entourage mafioso.
Si cita a sostegno COGNOME‘assunto la vicenda COGNOME‘incendio di natura dolosa del 24.11.2023, che aveva interessato la RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, padre del ricorrente, considerato dagli investigatori come un atto proveniente direttamente dalla cosca RAGIONE_SOCIALE, ossia da quella stessa cosca di cui avrebbe fatto parte il figlio COGNOMEa vittima, che inspiegabilmente, allora, avrebbe imposto ‘la messa a posto’ per l’apertura di nuovo bar al padre di un suo accolito, che vi aveva invece proceduto senza richiedere l’autorizzazione RAGIONE_SOCIALE.
Né potrebbe assumere la valenza che le è stata attribuita, la conversazione intercettata in data 12/08/2023 tra COGNOME e RAGIONE_SOCIALE nel corso COGNOMEa quale si ritiene che il primo avesse confidato al proprio interlocutore di avere prestato giuramento mafioso. Si è in presenza, infatti, di un chiaro e palese travisamento del dato probatorio perché leggendo la trascrizione integrale COGNOME‘intercettazione (allegata al ricorso) COGNOMEa durata di tre ore a fronte di tre parole citate in seno all’ordinanza genetica e all’ordinanza impugnata ‘giuramento quello pesante’, non si comprende né di quale giuramento si parli, né chi ha interessato detto ipotetico giuramento se l’odierno ricorrente o altro soggetto, né il periodo storico, né dove si sarebbe svolto e alla presenza di chi, vieppiù considerando che l’ COGNOME stesso non fa altro che ripetere ‘fai finta tipo esempio…un esempio… come te lo posso dire…’.
D’altra parte, è pacifico che la partecipazione RAGIONE_SOCIALE non si esaurisce né in una mera manifestazione di volontà unilaterale, né in un’affermazione di status, richiedendosi invece un’attivazione fattiva a favore COGNOMEa consorteria connotata da dinamicità e concretezza (come affermato anche da Sezioni unite Modaffari del 27.5.2021, Rv. 282889).
1.2.Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione anche in relazione alla affermata sussistenza COGNOME‘aggravante dalla disponibilità COGNOMEe armi. Nel caso di specie, infatti, non sono stati indicati nell’ordinanza genetica, né nell’ordinanza del riesame, elementi concreti o dimostrativi COGNOMEa disponibilità di armi nell’articolazione RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nel periodo storico oggetto di contestazione. La motivazione si fonda sul notorio legato alle caratteristiche COGNOMEa cosca, ma tale impostazione deve essere rivista alla luce COGNOMEa più recente giurisprudenza di questa Corte (così in particolare alla luce di Sez. 1, n. 18410 del 24.3.2021).
Quanto all’aggravante di cui al comma 6 COGNOME‘art. 416-bis, si rileva che la motivazione sul punto è palesemente preconfezionata non essendosi neppure accorto il Tribunale che la stessa non era contestata e che pertanto non andava motivata.
1.3.Con il terzo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per i reati-fine contestati ai capi 2 e 10 COGNOMEa rubrica.
In relazione al capo 2, rileva il ricorrente che l’intercettazione del 17 Aprile 2023 non fornisce la prova COGNOME‘esistenza di una trattativa pregressa che lo avrebbe interessato, anzi si evince che egli prendeva cognizione di tale fornitura in quel determinato momento storico e che la stessa riguardava altri soggetti, il che esclude quindi il coinvolgimento del ricorrente nei termini prospettati dal Tribunale del riesame.
Nel prosieguo si parla di altro carico avente ad oggetto 50 Kg di fumo per il quale non si raggiunge l’accordo con l’acquirente albanese che interrompe la chiamata non appena apprende la notizia che la somma richiesta per la precedente fornitura non era interamente disponibile. Si tratta di un mero proposito non portato a termine per mancato consenso del venditore.
In ogni caso del tutto apodittica appare la motivazione resa sulla sussistenza COGNOME‘aggravante RAGIONE_SOCIALE, dal momento che il tenore del dialogo indicato dal Tribunale lungi dal rappresentare la circostanza che il denaro fosse di provenienza COGNOMEa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, denota, anzi, proprio il contrario e cioè che la provvista per pagare il carico non poteva essere attinta dalla cassa RAGIONE_SOCIALE.
Quanto al capo 10 relativo alla vicenda estorsiva che si assume perpetrata in pregiudizio di NOME COGNOME, ritiene il ricorrente che gli elementi ascritti non rivelino la sussistenza COGNOMEa fattispecie COGNOME‘estorsione quanto invece al più una violenza privata, dal momento che le minacce asseritamente profferite nei confronti del titolare del panificio sarebbero state tutt’al più finalizzate a costringere costui a non vendere i panini con la milza, senza sussistenza di un ingiusto profitto con altrui danno.
Il ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sensi COGNOME‘art. 611 c.p.p., come modificato dal d.lgs. del 10.10.2022 n. 150 e successive integrazioni, e COGNOME‘art. 127 c.p.p. – su richiesta COGNOMEa difesa, con l’intervento COGNOMEe parti che hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso presenta tratti di inammissibilità, ma è, nel suo complesso, infondato.
Preliminarmente si osserva che secondo il costante insegnamento di questa Corte infatti, per quanto riguarda i limiti di sindacabilità in sede di legittimità dei provvedimenti “de libertate” la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali COGNOMEe vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né di rivalutazione COGNOMEe condizioni soggettive COGNOME‘indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza COGNOMEe misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del Tribunale del riesame.
Il controllo di legittimità è, quindi, circoscritto all’esame del contenuto COGNOME‘atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità COGNOMEe argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art.273 c.p.p. e COGNOMEe esigenze cautelari di cui all’art.274 c.p.p. è, quindi, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità COGNOMEa motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato.
Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda né la ricostruzione di fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità COGNOMEe fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione
di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr, Sez. 2, Sentenza n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976).
Ciò posto, quanto alle conversazioni indicate nel primo motivo di ricorso (quelle del 12.8.2023 e del 12.10.2023), si deve evidenziare che, in realtà, in relazione ad esse, il ricorrente, non eccepisce tanto l’erronea percezione del significante COGNOMEe frasi captate – il cui contenuto non è in contestazione – bensì il significato probatorio di esse, il che esclude in radice la configurabilità del vizio di motivazione per travisamento, nella sostanza dedotto in ricorso.
E, quanto all’interpretazione fornita COGNOMEe suddette intercettazioni, e alla valutazione COGNOMEe medesime, va, anzitutto, ribadito che tali attività costituiscono questioni di fatto, rimesse all’esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti COGNOMEa manifesta illogicità ed irragionevolezza COGNOMEa motivazione con cui esse sono recepite ( ex multis Sez. U, Sentenza n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337; Sez. 2, Sentenza n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389).
In tal senso deve, allora, rilevarsi che l’interpretazione del significato di tali conversazioni operata dal giudice è tutt’altro che illogica, mentre l’alternativa lettura che ne propone il ricorso non è, come preteso, logicamente imposta né dal loro contenuto né da quello del complessivo compendio captativo, ed infatti essa trova il suo esclusivo fondamento nella diversa impostazione difensiva, tesa a ridimensionare la portata dei dialoghi, attraverso una lettura, peraltro, parcellizzante e frammentaria che non tiene, peraltro, conto COGNOMEe ulteriori emergenze processuali in cui si inseriscono le conversazioni intercettate.
Il primo motivo di ricorso sollecita un’interpretazione alternativa COGNOMEe conversazioni indicate, senza peraltro evidenziare effettive manifeste illogicità di quella fornita dai giudici del merito, tanto più che il ricorrente segue un approccio atomistico al contenuto COGNOMEe singole captazioni valorizzate nel provvedimento impugnato, che ha invece – e tutt’altro che irragionevolmente – tratto la prova, oltre che dal contenuto COGNOMEe singole conversazioni, dalla loro connessione temporale e tematica (oltre che dalle ulteriori emergenze processuali acquisite).
E nell’ambito COGNOMEa medesima conversazione, cosi per quella del giuramento del 12.8.2023, si opera un ulteriore ridimensionamento, limitandosi il motivo in scrutinio ad estrapolare, da essa, parole e frasi a fronte COGNOMEa ben più ampia portata COGNOMEa stessa. Portata che, secondo quanto riportato nel provvedimento impugnato, a differenza di quanto si assume in ricorso, dà, invece, pienamente conto anche del
luogo (carcere) e COGNOME‘uomo di onore al cui cospetto il giuramento sarebbe avvenuto (La RAGIONE_SOCIALE NOME).
Non ha mancato di evidenziare, il Tribunale, che la formale affiliazione COGNOME‘COGNOME ha trovato puntuale riscontro nell’accertata ampia conoscenza, da parte del medesimo, di assetti e dinamiche interne alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, oltre che nella sua piena condivisione degli scopi illeciti del sodalizio, resa evidente, a titolo esemplificativo, dalla conversazione del 12/10/2023, intervenuta all’interno COGNOME‘abitazione COGNOME‘COGNOME. Durante il dialogo l’indagato si confrontava con il sodale COGNOME RAGIONE_SOCIALE in merito alle difficoltà incontrate dal neo-reggente COGNOME COGNOME nel riassetto COGNOME‘attività associativa dopo la recente cattura (31 maggio 2022) di numerosi associati mafiosi di rango. Emergeva, invero, che il neo reggente COGNOME aveva dovuto riorganizzare di ‘sana pianta’ lo strategico settore COGNOMEe estorsioni nella zona di competenza, non disponendo più del ‘libro mastro’ con l’elenco degli operatori economici sottoposti al giogo mafioso, che era stato poi finalmente ricostruito grazie alla decisiva collaborazione dei sodali RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, così da poter essere tramandato in caso di successione al nuovo vertice del sodalizio (La RAGIONE_SOCIALE ‘ore esiste…cent’anni di salute a lui…c’è qualcuno che lo trova’, NOME ‘e va ad un altro…’ La RAGIONE_SOCIALE ‘a chi di dovere…’).
Secondo quanto si riporta nel provvedimento impugnato – e non è oggetto di specifica doglianza – nel prosieguo COGNOME‘incontro i due sodali passavano a discutere COGNOMEe difficoltà incontrate dal reggente COGNOME anche nel sostentamento economico del crescente numero di detenuti mafiosi in ragione COGNOMEa crisi di liquidità del sodalizio, condividendo l’ineluttabilità COGNOME‘obbligo associativo di stampo mutualistico, la cui violazione sarebbe stata sanzionata dai vertici del sodalizio anche con l’esilio o la morte (‘non ne può fare tramiezzi…qua si muore…ti cancellano a vita… te ne puoi andare all’estero…sono destinati e nati per i carcerati..’).
Di analogo tenore deve ritenersi -si osserva, poi, nel provvedimento impugnato – la conversazione intercettata in occasione COGNOME‘incontro tenutosi in data 11/10/2023 sempre presso il luogo di domicilio coatto COGNOME‘COGNOME, nel corso COGNOMEa quale l’indagato, discutendo con il reggente COGNOME e con i sodali RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sull’imminente pagamento di una fornitura di sostanza stupefacente, ammoniva i sodali a prestare stretta osservanza al vincolo mutualistico di stampo mafioso ripartendo in parti uguali il debito comune maturato (NOME ‘non c’è il mio o il tuo… perché se siamo qua e mangiamo tutti io non devo dire il mio… il nostro!’).
Anche con riferimento alla vicenda COGNOME‘incendio di natura dolosa del 24.11.2023, il motivo in scrutinio risulta del tutto aspecifico, limitandosi a
prospettare l’apparente inconciliabilità di tale atto, proveniente dalla medesima cosca di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, con l’affermata partecipazione del ricorrente a tale consorteria, laddove il Tribunale nell’illustrare i tratti di tale vicenda ha fornito una ricostruzione ben più precisa che smentisce l’assunto difensivo.
Ha, in particolare, evidenziato il Tribunale – indicando peraltro l’episodio in questione come un ulteriore elemento COGNOME‘adesione COGNOME‘COGNOME al sodalizio criminale che va ad aggiungersi agli altri numerosi elementi passati in rassegna – che la vicenda concerne la ‘messa a posto’ COGNOME‘esercizio commerciale ‘LRAGIONE_SOCIALE‘, attività imprenditoriale che l’indagato aveva in via individuale aperto sconfinando nel contiguo mandamento di Brancaccio senza richiederne la previa autorizzazione in palese violazione COGNOMEe regole mafiose di competenza territoriale. Si è in particolare evidenziato che vertici del mandamento di Brancaccio avevano interessato direttamente il reggente COGNOME COGNOMEa vicenda coinvolgente l’associato mafioso COGNOME al fine di ottenere il pagamento di una somma a titolo di ‘messa a posto’ per l’apertura COGNOME‘esercizio commerciale. Ancora una volta l’COGNOME aveva tergiversato nell’adempiere all’obbligo associativo tanto che il COGNOME al fine di prevenire possibili contrasti con il contiguo mandamento mafioso si decideva ad anticipare la somma dovuta a titolo di ‘messa a posto’ dal sodale (€ 2000 in due tranche da corrispondere in occasione COGNOMEe festività natalizie e pasquali), con ciò riconoscendone – sottolinea il Tribunale – al contempo la piena e stabile intraneità alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di appartenenza (somma che infine l’COGNOME si decideva a corrispondere dietro consiglio del mentore COGNOME NOME).
La ‘messa a posta’ non era, dunque, stata pretesa dalla consorteria di appartenenza, ma da quella imperante nel mandamento confinante di Brancaccio. E l’episodio è stato, quindi, ritenuto – stante l’intercessione del COGNOME che aveva corrisposto il denario al poso COGNOME‘COGNOME – piuttosto confermativo COGNOME‘intraneità del ricorrente.
Sicché rimane destituita di fondamento la dedotta contraddittorietà che la difesa ha inteso evidenziare al riguardo.
In definitiva, il Tribunale non ha affatto fondato la ravvisata gravità indiziaria sul fatto che l’COGNOME fosse a conoscenza di diverse questioni di rilievo associativo trattate dai presunti sodali, e allo stesso raccontate da altri soggetti, e sulla sua richiesta di intervento per la risoluzione di controversi che lo riguardavano direttamente (circostanza che secondo la difesa sarebbe occasionale e ritaglierebbe in capo al ricorrente al più il ruolo di concorrente esterno trattandosi di richiesta occasionale), ma, saldando gli elementi estrapolati dalle conversazioni intercettate con le altre emergenze indiziarie concernenti anche i reati-fine di cui ai capi 2 e 10, ha concluso che tutti gli indizi emersi assumono portata gravemente indiziante
anche in chiave associativa, disvelando il pieno e convinto inserimento COGNOME‘COGNOME nella RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, con un eterogeneo ruolo associativo ‘dinamico-funzionale’, immediatamente subalterno al reggente COGNOME (definito ‘servente’ nel provvedimento impugnato), che si è esplicato anche attraverso la messa a disposizione del proprio luogo di domicilio coatto per l’organizzazione e lo svolgimento di incontri riservati tra esponenti mafiosi anche di vertice.
Il motivo, pertanto, si appalesa, nel suo complesso, infondato, non essendo ravvisabili i vizi denunciati, dal momento che i giudici COGNOMEa cautela hanno riscontrato le ipotesi accusatorie sulla base di una analitica ed esaustiva valutazione degli elementi di indagine, rappresentati dagli esiti COGNOMEe osservazioni, dalle numerose conversazioni telefoniche intercettate, dai quali emerge il ruolo significativo svolto dal ricorrente nel sodalizio, la sua convinta adesione al pactum sceleris di stampo mafioso, la sua conoscenza COGNOMEe dinamiche COGNOMEa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e la piena condivisione degli scopi illeciti perseguiti dal sodalizio (in particolare, nel settore degli stupefacenti ed in quello estorsivo).
Il secondo motivo, che contesta genericamente la sussistenza COGNOME‘aggravante COGNOMEa disponibilità COGNOMEe armi, facendo leva su un passaggio argomentativo estrapolato dalla motivazione di una pronuncia di questa Corte, è privo di pregio.
E’ stato più precisamente affermato da questa Corte che in tema di associazioni di tipo mafioso storiche (nella specie, “RAGIONE_SOCIALE“), per la configurabilità COGNOME‘aggravante COGNOMEa disponibilità di armi, non è richiesta l’esatta individuazione COGNOMEe stesse, ma è sufficiente l’accertamento, in fatto, COGNOMEa disponibilità di un armamento, desumibile anche dalle risultanze emerse nella pluriennale esperienza storica e giudiziaria, essendo questi elementi da considerare come utili strumenti di interpretazione dei risultati probatori (Sez. 2, Sentenza n. 22899 del 14/12/2022, dep. 25/05/2023, Rv. 284761 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 2159 del 24/11/2023, dep. 18/01/2024, Rv. 285908 – 05), e rispetto a tale evenienza, in particolare al fatto COGNOME‘avvenuto accertamento con sentenze passate in giudicato COGNOMEa disponibilità di armi di siffatta consorteria e COGNOMEa notorietà di tale circostanza, il ricorso in scrutinio non muove critiche specifiche, e in ogni caso non considera che il ruolo ritagliato in capo al ricorrente è quello di una persona in stretti rapporti coi vertici COGNOME‘associazione (RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE facente parte COGNOMEa ben più nota organizzazione ‘RAGIONE_SOCIALE‘).
Laddove, peraltro, il passaggio argomentativo, presente nella pronuncia di questa Corte, riportato in ricorso, inerisce all’aggravante prevista dal comma sesto COGNOME‘art. 416-bis cod. pen. E la precisazione contenuta nella medesima pronuncia
con riferimento all’aggravante COGNOMEa disponibilità COGNOMEe armi è nel senso che ‘nche in questo caso si è in presenza di un’aggravante oggettiva, in cui la disponibilità COGNOMEe armi ridonda sulla maggiore pericolosità del sodalizio; e anche in tal caso, dunque, l’imputazione avviene anche quando l’arma non sia nella disponibilità del singolo associato, purché egli sia a conoscenza COGNOMEa sua presenza o l’abbia ignorata per errore determinato da colpa’ e che ‘nche in tal caso, peraltro, è necessario non soltanto che la presenza di armi sia stata accertata, ma che essa sia riferita al sodalizio di riferimento, non soltanto come dato storico, pur rilevante ai fini di fondare una probabile disponibilità di armi anche nell’attualità, ma anche nell’arco temporale di riferimento COGNOME‘imputato cui l’aggravante è stata ascritta’.
In ogni caso, quanto statuito nella pronuncia segnalata dal ricorrente – alla quale hanno comunque fatto seguito quelle sopra riportate che hanno ribadito il principio secondo cui per la configurabilità COGNOME‘aggravante COGNOMEa disponibilità di armi, per le cd. mafie “storiche” la stabile dotazione di armi è desumibile anche dalle risultanze emerse nella pluriennale esperienza storica e giudiziaria – afferisce ad una RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE diversa da quella oggetto del presente procedimento e si fonda anche su emergenze differenti.
Si deve piuttosto ribadire che l’accertata normalità e frequenza COGNOME‘uso COGNOMEe armi da parte di un sodalizio di tipo mafioso, quale senz’altro quello riconducibile a ‘RAGIONE_SOCIALE‘, fa sì che ognuno dei partecipanti al sodalizio debba considerarsi al corrente COGNOMEa relativa disponibilità e che di conseguenza sia di regola ascrivibile a colpa l’eventuale ignoranza sul punto da parte di taluno di essi (cfr. tra tante Sez. 2, n. 50714 del 07/11/2019, Caputo, Rv. 278010; Sez. 1, n. 7392 del 12/09/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272403; Sez. 1, n. 44704 del 05/05/2015, COGNOME, Rv. 265254, nonché Sez. 6, Sentenza n. 32373 del 04/06/2019, Rv. 276831 – 02 che ha, a sua volta, ribadito che in tema di associazione per delinquere di tipo mafioso, l’aggravante COGNOMEa disponibilità di armi, di cui all’art. 416-bis, commi 4 e 5, cod. pen., è configurabile a carico dei partecipi che siano consapevoli del possesso COGNOMEe stesse da parte COGNOMEa consorteria criminale o che, per colpa, lo ignorino, precisando che, ai fini COGNOMEa ravvisabilità COGNOME‘anzidetta aggravante, è necessario fare riferimento al sodalizio nel suo complesso, prescindendo dallo specifico soggetto o dalla specifica cellula “locale” che abbia la concreta disponibilità COGNOMEe armi).
E’ evidente che l’impostazione seguita dal Tribunale in relazione al caso di specie, che non presenta evidenti aporie ed illogicità, non possa, allo stato, essere diversamente considerata nella presente sede di legittimità, tenuto anche conto COGNOMEa genericità COGNOMEe doglianze formulate al riguardo (che tra l’altro nulla dicono in ordine al rilevante profilo COGNOMEa colpa), rispetto, peraltro, a coacervo probatorio ampio ed articolato, tradotto nel provvedimento impugnato in un’articolata
ricostruzione dei fatti, con la quale, come detto, non vi è stato un effettivo confronto da parte dei motivi di ricorso.
4. Il terzo motivo è anch’esso privo di pregio.
Quanto ai rilievi relativi al reato di cui al capo 2 COGNOME‘imputazione provvisoria, è solo il caso di osservare che, secondo la puntuale ricostruzione del Tribunale – che ha ripreso quella del G.i.p., che, secondo quanto si riporta nel provvedimento impugnato, non era stata oggetto di contestazione, in sede di riesame, da parte COGNOMEa difesa – le parti avevano già suggellato l’accordo nell’interesse del sodalizio e, non avendo a disposizione l’intera somma da corrispondere, avevano invano cercato di posticipare le operazioni di consegna COGNOMEa partita di hashish già in transito verso Palermo con un corriere e a loro destinata, destando il fermo disappunto del trafficante albanese che decideva di interrompere bruscamente la conversazione. L’interruzione COGNOMEa telefonata non equivale tout court a interruzione COGNOMEa commessa che era oramai partita secondo la ricostruzione del Tribunale, che ha pertanto giustamente ritenuto oramai perfezionato l’accordo COGNOME‘acquisto di hashish al prezzo pattuito di euro 20.000. Accordo che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, suggella la consumazione del reato di acquisto di sostanza stupefacente (cfr. ex multis , Sez. 2, Sentenza n. 30374 del 16/05/2019, Rv. 276981 – 01, secondo cui il delitto di acquisto e cessione di sostanze stupefacenti si consuma nel momento in cui è raggiunto il consenso tra venditore ed acquirente, indipendentemente dall’effettiva consegna COGNOMEa merce e del pagamento del prezzo).
Il motivo, peraltro, a ben vedere, mira a sovvertire l’impostazione del Tribunale adducendo una diversa ricostruzione del fatto estrapolando passaggi dal complessivo contesto COGNOMEa conversazione intercettata il 17.4.23 e, sulla base di essi, assume che i venti chili erano stati già acquistati dal solo COGNOME e che l’acquisto non era avvenuto nell’interesse COGNOMEa consorteria.
Tuttavia, in tal modo, la difesa finisce con l’addurre il travisamento probatorio del contenuto COGNOME‘intercettazione senza neppure confrontarsi con l’intero contenuto COGNOMEa conversazione, incorrendo in un’operazione, che come precisato in premessa, anche per le caratteristiche con cui è stata sviluppata, non è consentita nella presente sede di legittimità.
Quanto, infine, al reato di estorsione di cui al capo 10 COGNOME‘imputazione, il Tribunale, dopo aver precisato che nemmeno in tal caso la ricostruzione del fatto risultava oggetto di specifica contestazione in sede di riesame, ha comunque proceduto ad analizzare la vicenda, ritenuta significativa anche ai fini COGNOMEa dimostrazione COGNOMEa partecipazione associativa del ricorrente. Questi, secondo
quanto si riporta nel provvedimento impugnato, allorquando suo padre COGNOME NOME lo informava del fatto che il contiguo panificio ‘RAGIONE_SOCIALE‘ gestito da COGNOME NOME, in aperta concorrenza all’esercizio commerciale ‘RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE‘ COGNOME‘COGNOME NOME, aveva ampliato l’offerta commerciale al ‘pane con la milza’, interessava immediatamente COGNOMEa questione, direttamente, il reggente mafioso COGNOME, sollecitando il suo intervento risolutore a tutela COGNOMEe ragioni economiche del prossimo congiunto, così da rimuovere, al contempo, la situazione concorrenziale e riaffermare il capillare controllo mafioso sulle attività economiche COGNOMEa zona di competenza. Dando prontamente seguito alla richiesta di protezione proveniente dall’associato mafioso COGNOME -si argomenta nel provvedimento impugnato – il reggente incaricava il sodale COGNOME di dare immediata esecuzione al mandato estorsivo in danno COGNOME‘imprenditore concorrente COGNOME mediante la spendita del nome e COGNOMEa caratura RAGIONE_SOCIALE del COGNOME. Mandato che veniva prontamente adempiuto dal La RAGIONE_SOCIALE.
Il tutto – precisa al Tribunale – sortiva effetto immediato con la chiusura COGNOME‘attività commerciale da parte COGNOME‘imprenditore COGNOME, come tempestivamente confermato dall’indagato al padre NOME nella conversazione intercettata.
Il Tribunale dà, giustamente, per scontato – allo stato – che la fattispecie in esame dovesse essere inquadrata nell’ambito del reato di estorsione e si sofferma quindi sulla circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 c.p., oggetto di contestazione provvisoria in relazione al reato in argomento.
Ed invero, risulta evidente che, a differenza di quanto assume la difesa (che peraltro intende escludere la configurazione del reato di estorsione sulla base di un passaggio COGNOMEa conversazione intercettata del 8.1.2024 in cui NOME NOME direbbe al figlio ‘vabbè scusami…ma per me la può vendere perché non è che mi fa niente’, a fronte del contenuto complessivo di tale conversazione e COGNOMEe altre intercettate parimenti analizzate nel provvedimento impugnato), allo stato COGNOMEe emergenze processuali, come indicate dal Tribunale, la fattispecie sia da ricondurre al reato di estorsione e non a quello di violenza privata, dal momento che il fine perseguito aveva palese connotazione economica e non si esauriva nell’intento di impedire all’altra parte di svolgere l’attività. Attività che in quanto avente natura imprenditoriale ben poteva risolversi in un risultato economicamente valutabile.
D’altronde, come hanno avuto modo di affermare le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 30016 del 28/03/2024, Rv. 286656 – 01), i n tema di estorsione, nella nozione di danno patrimoniale rilevante ai fini COGNOMEa configurabilità del delitto rientra anche la perdita di una seria e consistente possibilità di conseguire un bene o un risultato economicamente valutabile, la cui sussistenza deve essere provata
sulla base COGNOMEa nozione di causalità propria del diritto penale, e non in base al criterio civilistico del ‘più probabile che non’ (cfr. altresì S ez. 2, Sentenza n. 44230 del 13/11/2024).
Rimane esclusa dall’ambito di applicazione COGNOMEa fattispecie estorsiva ogni situazione che appaia in astratto, o solo genericamente, idonea ad incidere in termini negativi sulla sfera degli interessi economici di una persona.
Non può rientrarvi, dunque, la frustrazione di mere aspettative di fatto, né la perdita di scarse, se non addirittura nulle, possibilità di arricchimento o consolidamento COGNOME‘assetto economico-patrimoniale COGNOME‘interessato.
Nel caso di specie non possono ritenersi oggetto di un’effettiva critica né la perdita di una ‘seria e consistente possibilità di conseguire un bene o un risultato economicamente valutabile’, quale conseguenza COGNOME‘intimidazione posta in essere, né la sussistenza del nesso causale tra la condotta e l’evento (essendo la chiusura COGNOME‘esercizio commerciale, secondo quanto si riporta nel provvedimento impugnato, la diretta conseguenza COGNOMEa condotta intimidatoria, ed essendosi il ricorso limitato a contestare, con impostazione rivolta a segmenti COGNOMEa ricostruzione, l’assenza di un ingiusto profitto con altrui danno, assumendo che, al più, la condotta – riguardata dalla difesa in maniera parziale – fosse finalizzata a costringere la persona offesa a non vendere i panini con la milza senza ‘sussistenza di un ingiusto profitto con altrui danno’).
Dalle ragioni sin qui esposte deriva il rigetto del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento COGNOMEe spese di procedimento.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi COGNOME‘articolo 94, comma 1-ter, COGNOMEe disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, che copia COGNOMEa stessa sia trasmessa al direttore COGNOME‘istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento COGNOMEe spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 19/9/2025.
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME