LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Partecipazione mafiosa: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro l’ordinanza che confermava la sua custodia cautelare in carcere per il reato di partecipazione mafiosa. Secondo la Corte, il Tribunale del riesame ha correttamente valutato gli indizi a carico dell’imputato, tra cui intercettazioni relative al conferimento di una ‘dote’ e il suo coinvolgimento in attività del sodalizio, ritenendo logica e coerente la motivazione del provvedimento impugnato e inammissibile una rilettura alternativa delle prove in sede di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione mafiosa: la Cassazione ribadisce i limiti del giudizio di legittimità

Con la recente sentenza n. 23919/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un caso delicato di partecipazione mafiosa, delineando con precisione i confini del proprio sindacato sulle decisioni prese in sede di riesame riguardo alle misure cautelari. La pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere come la giustizia valuta gli indizi di appartenenza a un’associazione criminale e quali sono i limiti delle doglianze difensive in sede di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto indagato per il delitto di cui all’art. 416-bis del codice penale. L’indagato era accusato di far parte di un’articolazione romana di una nota associazione mafiosa, fornendo un contributo costante alla sua operatività. In particolare, la difesa contestava l’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva confermato la misura della custodia cautelare in carcere, rigettando la richiesta di revoca o sostituzione.

I motivi del ricorso si concentravano su diversi punti:
1. Errata interpretazione di un’intercettazione ambientale: la difesa sosteneva che una conversazione chiave, in cui si faceva riferimento all’attribuzione di una “dote” di ‘ndrangheta all’indagato, fosse stata travisata. Una consulenza di parte suggeriva che la parola cruciale provenisse da un televisore acceso e non da uno degli interlocutori.
2. Mancanza di altri elementi: secondo il ricorrente, il dato relativo alla “dote” sarebbe stato l’unico elemento a sostegno dell’accusa di partecipazione mafiosa, e la sua rivalutazione avrebbe dovuto far cadere l’intero quadro indiziario.
3. Travisamento delle prove: la difesa lamentava una distorsione di altre circostanze di fatto, come la partecipazione a riunioni conviviali (“mangiate”) o la messa a disposizione di una cava, ritenendole insufficienti a provare un contributo concreto al sodalizio.
4. Carenza di esigenze cautelari: infine, si contestava la persistenza delle esigenze cautelari, dato il tempo trascorso dai fatti (risalenti al 2018) e l’assenza di condotte recenti.

La Decisione della Corte sulla partecipazione mafiosa

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. Gli Ermellini hanno stabilito che le censure proposte dalla difesa non rientravano nei limiti del giudizio di legittimità, ma si traducevano in un tentativo di ottenere una nuova e diversa valutazione del merito delle prove, attività preclusa alla Suprema Corte.

Il Tribunale del riesame, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione logica e coerente, non manifestamente illogica, basando il proprio convincimento non su un singolo elemento, ma su un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive. In primo luogo, riguardo all’intercettazione, ha evidenziato come il Tribunale del riesame avesse già affrontato la questione, disattendendo motivatamente la tesi difensiva basandosi sul riascolto del dialogo da parte della polizia giudiziaria. La richiesta di ulteriori approfondimenti istruttori è stata ritenuta incompatibile con la natura spedita del procedimento cautelare.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato come l’affermazione difensiva secondo cui la “dote” fosse l’unico indizio fosse in palese contrasto con quanto emerso dall’ordinanza impugnata. Il Tribunale aveva infatti valorizzato una pluralità di elementi: la partecipazione a riunioni strategiche, la disponibilità a commettere atti illeciti (come il recupero crediti), e il riconoscimento del suo ruolo attivo da parte di altri associati. La valutazione difensiva è stata giudicata “parcellizzata” e in contrasto con la necessaria visione globale e unitaria del quadro probatorio.

Infine, sul tema delle esigenze cautelari, la Cassazione ha ritenuto adeguata la motivazione del Tribunale, che aveva fatto riferimento alla presunzione di pericolosità prevista dall’art. 275, comma 3, c.p.p. per i reati di mafia e alla ramificazione dei contatti illeciti che proseguivano anche in tempi recenti. Il semplice decorso del tempo non è stato considerato sufficiente a superare tale presunzione in assenza di prove concrete di un recesso del partecipe dall’associazione.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito. Il suo compito è verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione dei provvedimenti impugnati, non sostituire la propria valutazione delle prove a quella del giudice di merito. Per contestare efficacemente una misura cautelare per partecipazione mafiosa, non è sufficiente proporre una lettura alternativa degli indizi; è necessario dimostrare una manifesta illogicità o una violazione di legge nel ragionamento del giudice che ha emesso e confermato la misura.

Quando l’affiliazione rituale a un’associazione mafiosa costituisce un grave indizio di partecipazione?
Secondo la sentenza, l’affiliazione rituale (come il conferimento di una ‘dote’) può costituire un grave indizio della condotta partecipativa soltanto se risulta essere l’espressione di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un’offerta di contribuzione permanente tra l’affiliato e l’associazione, e non un mero fatto isolato.

Il Tribunale del Riesame può svolgere attività istruttoria, come disporre nuove perizie foniche?
No, la sentenza chiarisce che il Tribunale adito in sede di riesame è privo di poteri istruttori in ordine ai fatti relativi all’imputazione. Tali poteri sono incompatibili con la speditezza del procedimento ‘de libertate’, che deve decidere sulla base delle risultanze processuali già acquisite o di quelle eventualmente allegate dalle parti durante l’udienza.

Il semplice trascorrere del tempo dai fatti contestati è sufficiente per far cadere le esigenze cautelari per il reato di partecipazione mafiosa?
No. La Corte ha ribadito che, per i reati di associazione mafiosa, opera una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari. Questa presunzione non può essere superata solo con il passare del tempo, ma richiede la dimostrazione del recesso del partecipe dall’associazione criminale o, quantomeno, di elementi concreti che indichino l’assenza di una perdurante pericolosità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati