Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5259 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5259 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CATANIA il 11/05/1993
avverso l’ordinanza del 08/08/2024 del TRIBUNALE di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Procuratore generale, NOME COGNOME che si è riportato alla requisitoria in atti concludendo per il rigetto del ricorso; udito il difensore, avvocato NOME COGNOME che ha insistito nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. E impugnata l’ordinanza del 22/08/2024 con la quale il Tribunale del Riesame di Catania ha confermato l’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catania, in data 15/07/2024, che ha applicato nei confronti di COGNOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere, in quanto gravemente indiziato dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso (capo 1) per
avere fatto parte dell’associazione mafiosa Cosa Nostra e, in particolare, della famiglia mafiosa COGNOME-Ercolano.
Il ricorso, presentato dal difensore di fiducia, articola due motivi.
2.1. Con il primo motivo denuncia vizi di violazione di legge e di contraddittorietà della motivazione in relazione agli artt. 416 bis cod. pen. e 273 cod. proc. pen.
Deduce che: non è stata provata l’affiliazione rituale del ricorrente e che il principio di diritto statuito dalla sentenza a Sezioni Unite Modaffari, attraverso la sottolineatura della necessaria materialità ed offensività della condotta, sarebbe stato recepito in modo parziale e puramente formale; manca la prova di un contributo concreto dato all’associazione mafiosa, risultando la contestazione limitata ad un ristretto arco temporale, di meno di un mese; le emergenze indiziarie sono state travisate, emergendo dagli atti soltanto una “raccomandazione” del padre del ricorrente nei confronti di Ercolano Mario affinchè il figlio potesse assumere un ruolo di rilievo all’interno della compagine associativa; dalle conversazioni del 19 e 20 settembre 2023, pur non richiamate nel provvedimento impugnato, si desume che gli altri consociati non conoscevano il ricorrente come un affiliato al gruppo della Stazione.
Denuncia, inoltre, un travisamento per contraddizione relativamente alla rilevata pretesa dello Zucchero di avere il dominio sulla zona della Stazione
2.2. Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione del provvedimento impugnato con riferimento all’art. 274 cod.proc.pen., censurando l’apparenza di motivazione sul punto dell’attualità di pericolo di ricaduta nel delitto, anche tenuto conto del limitato segmento temporale, in cui la condotta associativa si sarebbe dispiegata, e sottolineando la ripresa di regolare attività lavorativa da parte del ricorrente ed un suo cambio di vita.
Il Sostituto Procuratore generale ha concluso con requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso. Il difensore ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Il Tribunale per il riesame ha passato in rassegna, come il provvedimento genetico richiamato, tutti gli indicatori fattuali -desunti dai risultati di indagin tecniche oltre che da contributi dichiarativi e dalle attività di riscontro effettat
dalla polizia giudiziaria – che hanno evidenziato l’intraneità del ricorrente al sodalizio criminale Cosa Nostra e, in particolare, il suo stabile inserimento nella famiglia mafiosa COGNOME-Ercolano.
Il provvedimento impugnato si colloca nel solco dell’insegnamento di questa Corte secondo cui, in tema di apprezzamento dei requisiti di applicazione delle misure cautelari personali di cui all’art. 273 cod. proc. pen., per gravi indizi di colpevolezza devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando, nel frattempo, una elevata probabilità di condanna (Sez. U, n. 11 del 21/04/1995, Costantino, Rv. 202002; Sez. 2, n. 28865 del 14/06/2013, COGNOME, Rv. 256657; Sez. 6, n. 863 del 10/03/1999, COGNOME e altro, Rv. 212998). Sicché in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato con ricorso per cassazione vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il sindacato di legittimità è limitato alla verifica, relazione alla peculiare natura del giudizio e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto ch governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
Ciò tanto più che il vizio di motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, sotto la cui egida formale deve essere ricondotta la dedotta illogicità denunciata con il primo motivo di ricorso, non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti prima facie dal testo del provvedimento impugnato, restando estraneo al giudizio di questa Corte la ricostruzione dei fatti o una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Rv.270628; Sez.4, n. 18795 del 02/03/2017, Rv. 269884).
Inoltre, il vizio di motivazione deve presentare il carattere della essenzialità, nel senso che la parte deducente deve dare conto delle conseguenze del vizio denunciato rispetto alla complessiva tenuta logico-argomentativa della decisione. Infatti, sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che 16 sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della
credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
2. Il primo motivo di ricorso è infondato. Il ricorrente si duole di una motivazione solo apparente a dare conto dell’esistenza di un quadro indiziario di colpevolezza rispetto al reato di cui all’art. 416 bis cod.pen. e di una applicazione solo formale dei criteri enunciati da questa Corte attraverso la sentenza a Sezioni Unite n. 36958 del 27/05/2021, senza tuttavia confrontarsi con la motivazione del provvedimento impugnato che ha fornito una ricostruzione diacronica degli elementi a carico, desunti dal copioso materiale captativo acquisito, evidenziando come: a seguito di un iniziale interessamento con COGNOME NOME del padre, il ricorrente sia stato inserito nel gruppo malavitoso della Stazione, articolazione territoriale della famiglia COGNOME-Ercolano di Catania, sotto la reggenza di NOME COGNOME (conv. del 04/07/2023) pur essendo state bloccate le sue iniziali aspirazioni ad assumere direttamente un ruolo di reggente del medesimo gruppo in quanto non in linea con le regole organizzative proprie di Cosa Nostra (in tal senso la conversazione del 25/08/2023 che ha dato atto dell’infondatezza della pretesa di comando avanzata, per il figlio, dal padre); l’inserimento del ricorrente nella compagine mafiosa sia stata recepito dagli altri sodali (conv. del 07/07/2023 nella quale lo stesso Strano indicava il ricorrente come facente parte del gruppo e sulla necessità di essere compatti); l’assoggettamento del ricorrente alle regole gerarchiche mafiose interne al gruppo, essendo stato ripreso per commenti inopportuni nei confronti dello Strano (conv. del 13/09/2023).
A fronte dell’indicazione di tali elementi -ritenuti dimostrativi di un inserimento del ricorrente non solo formale ma effettivo all’interno della compagine mafiosa – la difesa oppone doglianze volte ad ottenere una reinterpretazione in fatto dei medesimi, svincolate peraltro dalla considerazione che il quadro indiziario fa riferimento ad un pactum sceleris ancora agli inizi, con la conseguenza che il richiamo alla concretezza ed effettività del ruolo deve essere effettuato tenuto conto dello specifico segmento temporale della condotta accertata, limitato ma non per questo meno pericoloso.
Il provvedimento impugnato si pone in linea con l’insegnamento di questa Corte secondo cui, in tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile ed organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato prende parte al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv.281889).
Nel caso in esame sono presenti gli indicatori fattuali della partecipazione avendo il Tribunale del riesame evidenziato elementi da cui inferirsi l’appartenenza nel senso indicato, in quanto concretamente idonei a dare la sicura dimostrazione della permanenza del vincolo, con specifico riferimento allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione e senza alcun automatismo probatorio (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231670) e senza che possa assumere rilevanza la mancata contestazione di reati fine.
Il provvedimento impugnato si è attenuto ai suddetti principi evidenziando, con motivazione logica, l’inserimento del ricorrente nel clan di riferimento, l’accettazione da parte degli altri sodali ed un suo iniziale inserimento fattivo nelle attività illecite del gruppo (ved. conv. del 07/07/2023 nella quale Strano rende partecipe NOME COGNOME della presenza del ricorrente nel gruppo, nel quale tutti dovevano “mangiare”).
Sono, altresì, inammissibili le censure difensive, legate ad un presunto vizio di travisamento delle emergenze indiziarie, riferite al contenuto di conversazioni non richiamate nel provvedimento impugnato e nell’ordinanza cautelare (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, COGNOME, Rv. 270071; Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, Natale, Rv. 256723).
È manifestamente infondato il secondo motivo con il quale si deduce l’insussistenza delle esigenze cautelari, considerato che l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. stabilisce nei confronti degli indagati del delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso una doppia presunzione relativa alla sussistenza delle esigenze cautelari e all’adeguatezza al loro contenimento della sola misura carceraria. Inoltre, la doglianza non si confronta con la motivazione restituita dal Tribunale del riesame che ha agganciato le esigenze cautelari al personale avallo dato da COGNOME NOME, capo della famiglia COGNOME-Ercolano, al suo inserimento nella compagine mafiosa.
Il ricorso deve, di conseguenza, essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Vanno adottati gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
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Così deciso il 21 novembre 2024 Il Consigliere estensore
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