Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43421 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43421 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Reggio Calabria il 17/11/1961
avverso l’ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria del 29/03/2024;
visti gli atti e l’ordinanza impugnata; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore gen NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga rigettato; letta la memoria depositata dal difensore dell’indagato, Avvocato NOME COGNOME che ha insist per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria con ordinanza del 29 marzo 2024 (motivazione depositata il successivo 9 maggio) ha respinto l’istanza di COGNOME Pasquale confermando l’ordinanza genetica del Gip che ha applicato nei confronti del predetto la misura cautellare custodia in carcere in relazione agli addebiti provvisori di cui ai capi 1 e 25.
1.1. Le contestazioni a carico dell’indagato riguardano, rispettivamente: la partecipazio ad associazione di stampo ‘ndranghetista riferibile al territorio di Gallico, “nell’ambito della qu in ossequio alle direttive impartite dai capi promotori, si occupava della perpetrazion estorsioni – funzionali alle esigenze del sodalizio – e della riscossione del denaro delle st veicolava “ambasciate” e messaggi con altri esponenti del sodalizio e delle articolazioni feder per la gestione delle dinamiche criminali comuni; si occupava della custodia delle armi e del loro compravendita; curava gli interessi imprenditoriali della cosca nel settore dell’ed forniva supporto economico ai sodali detenuti e alle loro famiglie” (capo 1); una seri estorsioni pluriaggravate, anche dalla “mafiosità” (capo 25).
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso, a mezzo del proprio difensore, l’indagat COGNOME NOME deducendo tre motivi.
2.1. I primi due motivi hanno ad oggetto le contestazioni provvisorie relative alla fattis di cui all’art. 629 cod. pen. (capo 25). In particolare, con il primo motivo, si eccepisce vio di legge e vizio di motivazione in quanto l’ordinanza del riesame non avrebbe adeguatamente esaminato le censure formulate dall’indagato e avrebbe adottato una motivazione illogica e contraddittoria; ciò in ragione del fatto che la ricostruzione dei fatti – sposata dai giud cautela – secondo cui il COGNOME avrebbe “agito in ossequio alle direttive impartite dai perpetrando estorsioni e riscuotendo compensi” non troverebbe riscontro in nessun atto di indagine. Gli eventi descritti da Cosenza e COGNOME, i quali non avrebbero parlato di minacc sarebbero contrastanti con quanto rappresentato dalle persone offese COGNOME e COGNOME.
2.2. Col secondo motivo, si deduce – sempre con riferimento all’addebito cautelare sub capo 25 – violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della circos aggravante ex art. 416-bis.1 cod. pen. Si evidenzia un deficit motivazionale, essendosi il Tribunale cautelare adagiato sull’assunto – privo di adeguati riscontri indiziari – in base a Cartisano sarebbe partecipe di un’associazione di stampo mafiosa. In ogni caso, il Tribunale non avrebbe motivato sulle ragioni per cui aveva ritenuto che la condotta descritta al capo 25 fo stata eseguita con metodo mafioso o comunque al fine di agevolare l’associazione di appartenenza.
2.3. Il terzo motivo censura, per violazione di legge e vizio della motivazione, l’ordin del riesame in riferimento alla gravità indiziaria per l’addebito di partecipazione all’associ ex art. 416 bis cod. pen. Secondo il ricorrente, la contestazione provvisoria sarebbe fondata su indizi insufficienti (poche intercettazioni ambientali, di tenore incerto, e dichiarazioni collaboratori di giustizia, riferite peraltro a fatti che coinvolgerebbero Cartisano solo fino anni 2000). Sotto altro profilo, la circostanza che l’indagato si è effettivamente occupato lavorazione del ferro nel territorio di Gallico non dimostrerebbe affatto che il predetto fa parte della cosca (e si evidenzia che il collaboratore di giustizia COGNOME non ha mai indic Cartisano come soggetto intraneo alla cosca); questi, inoltre, è stato condannato p favoreggiamento dello stesso COGNOME, ma non per partecipazione all’associazione ‘ndranghetista.
Ancora, l’altro collaboratore, COGNOME ha sì dichiarato che COGNOME era collegato al prede COGNOME, ma ciò solo fino a che questi non era stato tratto in arresto. Infine, non sar dimostrata l’identificazione del soggetto nominato “NOME” (che viene citato nel conversazione intercorsa tra gli associati Corso e Utano) con l’indagato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato. I motivi dedotti dall’indagato invocano una diversa ricostruz della vicenda che non può trovare ingresso in sede di legittimità e che peraltro non trova conf in supposti deficit argomentativi dell’ordinanza impugnata che, al contrario, risulta connotata da una motivazione certamente non illogica / nella quale viene dato conto dei plurimi elementi indiziari a carico del COGNOME in ordine ad entrambi gli addebiti cautelari.
Come è noto, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricors per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte di cassazione spetta il co di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti ch ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’han indotto ad affermare la sussistenza degli elementi di cui all’art. 292 cod. proc. pen., control la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi acquisiti rispetto canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risult probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828). La pronuncia cautelare, infatt non è fondata su prove, ma su indizi e, quindi, non tende all’accertamento della responsabili del soggetto agente, ma ad una qualificata probabilità di colpevolezza; il giudizio di legit deve quindi limitarsi a verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto d ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indaga ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento impugnato, pertanto, limita decisione del giudice di legittimità in merito alla sola verifica delle censure ine adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, mentre non è ammesso il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nell prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976).
Ciò premesso, rileva il Collegio che, in riferimento al capo n. 25, l’ordinanza del ries ha evidenziato che gli elementi a carico del ricorrente derivano dalle dichiarazioni del P referente della ditta RAGIONE_SOCIALE e da quelle del COGNOME, referente di un’altra ditt Quanto da costoro riferito è confermato dalle dichiarazioni dei dipendenti, Caruso e Cosenza, dalle riprese di videosorveglianza, dai tabulati telefonici e dalle conversazioni cap
L’ordinanza dà quindi conto in modo esaustivo degli incontri avuti, nel luglio e settembre 202 dal Paris e dal COGNOME conl’indagato, il quale si era proposto di svolgere la lavorazione ferro per il cantiere, di cui era committente NOME COGNOME ricevendo riposta negativ in quanto era noto che aveva problemi con la giustizia. Viene quindi evidenziato che, nonostante il mancato accordo, COGNOME si reca comunque presso il cantiere, in data 29 settembre 2021, rivolgendosi ad NOME COGNOME incaricato dalla lavorazione del ferro / e dicendogli che abitava vicino e avrebbe potuto scaricare i suoi strumenti lavorativi in quel luogo, permanendo in quel località col pretesto di parlare con i titolari.
L’ordinanza impugnata precisa che l’indagato era rimasto sul posto per diverso tempo, tanto da indurre il Cosenza e il COGNOME ad interrompere l’attività temendo possibili ripercussioni, d aver chiamato al telefono il COGNOME e il COGNOME. Il Tribunale del riesame ha dato atto dichiarazioni rese dal COGNOME, dal COGNOME, dal Cosenza e dal COGNOME, rilevando che quest appaiono coerenti con le immagini dei sistemi di videosorveglianza e con i dati dei tabul telefonici acquisiti. La pronuncia evidenzia analoga concordanza tra quanto dichiarato dal COGNOME e dal COGNOME in ordine alla successiva presenza del Cartisano sul cantiere, in data 5 otto 2021, quando era presente una ditta diversa facente capo a COGNOME Antonino. L’ultimo sopralluogo del Cartisano risale al 12 ottobre 2021, nel corso del quale egli affermava che si e comportato bene nei loro confronti e che dovevano ringraziare il COGNOME se avevano continuato a lavorare, aggiungendo rivolto al solo COGNOME i che i suoi interlocutori si erano recati ”a casa delle persone senza bussare”.
3.1. Il Tribunale dopo aver ritenuta la piena credibilità delle persone offese e di q informate sui fatti, stante la loro coerenza interna e la conferma ricavabile dai già citati el esterni, ha specificamente affrontato l’obiezione difensiva, riproposta in questa sede, secon cui i dipendenti delle due ditte in data 29 settembre 2021 non avevano dichiarato di aver ricevu una minaccia. Il Tribunale reggino ha evidenziato che la minaccia riferita dal Paris dove ritenersi genuina e credibile, alla stregua della valutazione complessiva della vicenda, in qua il Cartisano per ben tre volte nel corso di poco meno di 15 giorni si era recato presso il cant profferendo minacce di volta in volta ai vari addetti ai lavori, specie a chi doveva occuparsi lavorazione del ferro al posto suo, avendo piena contezza e consapevolezza del fatto che i lavor non gli erano stati affidati dai due imprenditori. A supporto di tale conclusione l’ordi impugnata indica – in modo non illogico – la circostanza che il Cosenza, unitamente al COGNOME si era allontanato dal cantiere alle ore 12,00 del 29 settembre 2021, dopo aver scaricato materiale senza procedere alla lavorazione successiva, nonostante l’invito del COGNOME d proseguire l’attività lavorativa, precisando che le dichiarazioni – generiche – del Cosenz merito al confronto avuto con il COGNOME trovavano spiegazione nel “probabile timore ripercussioni” (conclusione avvalorata dalla circostanza che Cosenza, con il pretesto di infortunio, aveva rinunciato all’incarico all’interno del cantiere, rendendo quindi del verosimile che lo stesso, impaurito, avesse dapprima interrotto i lavori deciden successivamente di non proseguirli più). Pertanto, conclude il Tribunale del riesame,
complessivo svolgimento dei fatti evidenzia che era intervenuta una reale minaccia da parte dell’indagato nei confronti del Cosenza, funzionale ad allontanare quest’ultimo in modo tale d potere l’indagato occupare il suo posto. Così come sussiste la gravità indiziaria in merito condotta minacciosa tenuta dall’indagato nelle altre occasioni sopra indicate.
3.2. Ugualmente infondato è il secondo motivo – sempre relativo al capo n. 25 – atteso che la motivazione del riesame dà conto in modo adeguato della sussistenza dell’aggravante del “metodo mafioso” nella duplice declinazione dell’utilizzo del relativo metodo (evidente alla l delle modalità poste in essere dall’indagato) e della finalità di agevolazione del soda ‘ndranghetista che dalle estorsioni traeva somme di denaro da impiegare poi in ulteriori affar illeciti. Quanto al primo profilo, questa Corte ha già evidenziato che «ai fini della configur dell’aggravante del “metodo mafioso”, di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., è sufficiente, territorio in cui è radicata un’organizzazione mafiosa storica, che il soggetto agente si rif implicitamente al potere criminale della consorteria, in quanto tale potere è di per sé noto collettività» (da ultimo, Sez. 2, n. 34786 del 31/05/2023, Gabriele, Rv. 284950 – 01) riferimento, poi, alle finalità “agevolative”, l’ordinanza impugnata indica che “la con modalità della condotta nonchè i riferimenti plurimi e affatto impliciti al permesso e al fatto che altri soggetti volevano discutere con gli imprenditori, evidentemente per la messa a post connotano senza dubbio il finalismo agevolativo perseguito dall’indagato” (pag. 26).
Infondato è anche il terzo motivo, relativo alla dedotta insufficienza di gravità ind per l’addebito di partecipazione ex art. 416 bis cod. pen. (capo 1). L’ordinanza impugnata (pag. 26 ss.) sulla base degli elementi indiziari – plurimi e convergenti – a carico dell’indaga adeguatamente dato conto della sussistenza della fattispecie partecipativa a carico del predett
4.1. In particolare, vengono evidenziate in primo luogo le dichiarazioni accusatorie rese d collaboratori di giustizia (COGNOME NOME COGNOME, COGNOME Maurizio e COGNOME NOME) dei quali dà conto che si tratta di soggetti dei quali è provata l’appartenenza, in posizioni apica sodalizio. L’ordinanza impugnata si confronta con le censure mosse dall’indagato – e ora reiterat nel ricorso – secondo cui si tratta di dichiarazioni generiche e relative a condotte risalenti periodo antecedente all’anno 2000, data di arresto di COGNOME e comunque non dimostrative di un ruolo attivo all’interno della cosca. Sul punto, il Tribunale del riesame rileva che i tre colla hanno riferito, in termini coerenti, in ordine al ruolo di affiliato del Cartisano che, sin anni Novanta, svolgeva il ruolo di verificare la presenza nella zona di influenza della cosc cantieri presso i quali effettuare richieste estorsive. Si precisa che l’indagato viene indicato “responsabile per i lavori del ferro nel territorio di Gallico”: la cosca lo imponeva alle imprese per la realizzazione di tali lavori e, in caso contrario, l’imprenditore avrebbe dovuto pagare somma di denaro a titolo di “pizzo”. Sia il COGNOME che il COGNOME hanno precisato che Cartisano aveva svolto tale attività anche dopo il 2000, vale a dire dopo l’arresto dello I (con ciò superandosi l’obiezione del ricorrente). Viene adeguatamente superato anche il riliev difensivo secondo cui il mero svolgimento della “lavorazione dei ferri” non signific
necessariamente che Cartisano potesse essere affiliato alla cosca; sul punto, l’ordinanza de 4. ; ri same evidenzia che il De Carlo sveva chiarito in realtà le due cose “procedevano insieme” entre COGNOME aveva precisatóìtminor attivismo del Cartisano all’indomani dell’arresto d COGNOME, non era dovuto ad una sua “rescissione” dal sodalizio ‘ndranghetista, ma ad un “errore” commesso dal medesimo che aveva agevolato l’arresto del capo cosca; condotta che era stata stigmatizzata dagli associati e per la quale era conseguita la perdita dell’affidamento dei “l del ferro” da parte della cosca nel territorio di Gallico. Successivamente, però, l’indagato av cercato di “riabilitarsi”: negli anni tra il 2013 e il 2014, il COGNOME si era legato all’as criminale tramite NOME COGNOME; nel 2014 era coinvolto in dialoghi riguardanti dell’associazione mafiosa, il che era sintomatico della sua intraneità. Successivamente, COGNOME aveva ripreso la “lavorazione del ferro” nei cantieri attivi nel territorio di Gallic confermato dagli elementi indiziari relativi alle condotte estorsive oggetto del capo 25). quanto poi concerne l’ulteriore riliectifènsore – attinente ai presunti rapporti dell’indaga lo COGNOME, che non ha fatto riferimento ad un ruolo attivo del Cartisano -, l’ordinanza impugn rileva che l’indagato / per il suo contributo agevolativo durante la latitanza del predetto COGNOME reggente della cosca, ha riportato una rilevante condanna e che, dunque, questa condotta rappresenta un segno “della sua presenza nelle dinamiche criminali del locale di Gallico” e ch COGNOME ha in modo chiaro, riportando uno specifico episodio, riferito del ruolo del Cartisano sodalizio (ruolo svolto, seppur con dei momenti di minore intensità, sino al periodo ogge dell’indagine).
4.2. Le dichiarazioni dei citati collaboratori di giustizia – aggiunge il Tribunale del ri trovano conferme negli esiti dei servizi captativi ambientali e telefonici, nonché nelle videori e osservazioni a carico del Cartisano.
L’ordinanza dà quindi conto del tenore dei diversi colloqui, oggetto di captazione, c conferma la solidità del vincolo intercorso tra Cartisano con altri sodali di un rango elevat cui gli esponenti di vertice della famiglia. Anche in questo caso dando adeguata risposta a censure dell’indagato, si evidenzia che l’identificazione del COGNOME con la persona citata c “NOME” nell’ambito della conversazione intercorsa tra il Corso (all’epoca reggent dell’associazione) e l’Utano non si è fondata sul solo dato del nome dell’indagato (COGNOME appunto) ma altresì sul tipo di lavori svolti da questi nel contesto dei cantieri, sull’esec l delle estorsioni nel campo edile (oggetto degli addebiti sub capo 25), sul legame con la moglie COGNOME COGNOME, la quale veniva messa al corrente dal marito degli affari della cosca. A tal proposito, viene operato il riferimento all’intercettazione nel corso della quale la mog COGNOME esaltava con l’Utano la figura del marito, che avrebbe avuto credito criminale sia pres le cosche di Archi che a Cardeto e in Sicilia (rilevandosi in modo congruo, anche in questo cas in risposta a una censura proposta con l’istanza di riesame, che la espressione secondo cui l’indagato nonostante non avesse “a che fare con nessuno”, avrebbe comunque trovato le porte aperte presso le cosche citate, andava intesa nel senso che Cartisano non aveva rapporti dirett con gli esponenti delle medesime cosche, non riferendosi affatto a quella di Gallico). Ancora,
stata considerata rilevante l’intercettazione della conversazione avvenuta tra la mog dell’Utano, NOME COGNOME e quella del Cartisano: nella stessa – evidenzia l’ordinanza de riesame – le due donne dimostrano di essere a conoscenza delle vicende della consorteria ed esprimono timori per conseguenze giudiziarie in cui potrebbero incorrere i mariti in conseguenza delle dichiarazioni del collaboratore COGNOME. Viene altresì dato conto di ulteriori intercetta di conversazioni – avvenute tra Utano e Corso il 30 agosto e il 5 ottobre 2018 – dalle qu emerge il ruolo del Cartisano nella cosca ed in particolare la sua messa a disposizione per compimento di estorsioni, specialmente in relazione ai lavori nei cantieri edili per le lavora del ferro, per il mantenimento dei sodali detenuti e delle relative famiglie, nonché per la p delle armi detenute dalla cosca in vista di una vendita eventuale, compito di cui si sottoline rilevanza ai fini di dimostrare l’intraneità, quale affiliato, al sodalizio mafioso.
La valorizzazione – a livello di gravità indiziaria – di tali conversazioni è conforme al p secondo il quale i contenuti informativi provenienti da soggetti intranei all’associazione mafi frutto di un patrimonio conoscitivo condiviso derivante dalla circolazione all’interno del soda di informazioni e notizie relative a fatti di interesse comune degli associati sono direttam utilizzabili, non come mere dichiarazioni de relato soggette a verifica di attendibilità della fonte primaria, nel caso in cui, come nella specie, risultino gravi, precise e concordanti (Sez. 2 10366 del 06/03/2020, COGNOME, Rv. 278590 – 02; Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, COGNOME, Rv. 278611 – 02, Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01).
4.3. Alla luce di tali evidenze indiziarie, deve quindi concludersi che il Tribunale del rie ha fatto buon governo del principio – affermato recentemente dalle Sez. U, nella sentenza n. 36958 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281889 – 01 – secondo cui «la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si sostanzia nello stabile inserimento dell’agente nella strut organizzativa della associazione. Tale inserimento deve dimostrarsi idoneo, per le caratteristic assunte nel caso concreto, a dare luogo alla “messa a disposizione” del sodalizio stesso, per perseguimento dei comuni fini criminosi». Elementi, questi, rinvenibili a livello di gr indiziaria a carico dell’indagato.
Per le suesposte ragioni, si impone il rigetto del ricorso cui consegue la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria è incaricata di provvedere agl adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 23 settembre 2024
Il Consigl nsore
Il Presidente