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Partecipazione Mafiosa: anche l’autista è complice

La Corte di Cassazione conferma la misura cautelare per un individuo accusato di estorsione e partecipazione mafiosa. Si chiarisce che per il concorso in estorsione è sufficiente sfruttare l’intimidazione altrui e che la partecipazione mafiosa si configura con un contributo stabile all’associazione, anche con ruoli di supporto come quello di autista e intermediario.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione Mafiosa: anche l’autista è complice secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29452/2025, affronta temi cruciali come il concorso in estorsione e la partecipazione mafiosa, delineando i confini tra un ruolo di mero supporto e un contributo penalmente rilevante. La decisione chiarisce che anche condotte apparentemente secondarie, come quella dell’autista di un esponente di spicco, possono integrare il reato associativo se si inseriscono stabilmente nella struttura organizzativa del sodalizio criminale.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari perché gravemente indiziato di diversi reati di estorsione aggravata e di partecipazione a un’associazione di tipo mafioso, in particolare a una nota famiglia criminale. Secondo l’accusa, l’uomo aveva svolto un ruolo attivo nel sodalizio, garantendo canali di comunicazione riservati, prestando assistenza a un esponente di rilievo, eseguendo ordini e partecipando a episodi estorsivi.

La Decisione del Tribunale del Riesame

Il Tribunale del riesame, adito dalla difesa, aveva parzialmente modificato l’ordinanza iniziale. Pur annullando una delle accuse di estorsione per insussistenza di gravi indizi, aveva confermato la misura cautelare per le altre imputazioni, tra cui un’altra estorsione, una tentata estorsione e, soprattutto, la partecipazione all’associazione mafiosa. Avverso questa decisione, l’indagato proponeva ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa articolava il ricorso su tre punti principali:
1. Estraneità alle estorsioni: L’indagato sosteneva di non aver offerto un contributo causale ai reati di estorsione. In un caso, l’intimidazione era stata posta in essere da un’altra persona e lui si sarebbe limitato a beneficiarne. In altri episodi, il suo ruolo sarebbe stato marginale, come quello di mero latore di un messaggio o di convocatore per un incontro a cui non aveva poi partecipato.
2. Insussistenza della partecipazione mafiosa: La difesa ammetteva il ruolo di autista a favore di un capo, ma negava che ciò fosse sufficiente a dimostrare un’effettiva partecipazione al sodalizio. Sottolineava l’assenza di rapporti con altri membri e il fatto di essere indagato per i reati-scopo unitamente al solo esponente di cui era autista.
3. Insussistenza dell’aggravante dell’associazione armata: Un ultimo motivo, ritenuto generico dalla Corte, contestava l’applicazione di tale aggravante.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo importanti chiarimenti sui requisiti del concorso di persone nel reato e della partecipazione a un’associazione mafiosa.

L’analisi sul concorso in estorsione

In merito all’accusa di estorsione, la Corte ha ribadito un principio consolidato: per la responsabilità a titolo di concorso non è necessaria una convergenza psicologica sull’evento finale, essendo sufficiente la consapevole volontà di contribuire, anche solo agevolandola, alla commissione del delitto. Nel caso specifico, non era rilevante che l’indagato non avesse partecipato alla minaccia iniziale verso un imprenditore. Era sufficiente che ne fosse a conoscenza e avesse sfruttato quella pregressa intimidazione per ottenere la remissione di un debito. La presenza stessa del capo mafioso durante la transazione rafforzava implicitamente la minaccia, un fatto di cui l’indagato non poteva non essere consapevole.

L’analisi sulla Partecipazione Mafiosa

Questo è il punto più significativo della sentenza. La Corte ha precisato che la partecipazione mafiosa non si esaurisce nella mera “vicinanza” o “disponibilità” verso singoli esponenti, ma richiede un inserimento stabile dell’agente nella struttura organizzativa. Nel caso di specie, l’indagato non si era limitato a fare da autista. Le indagini avevano dimostrato che egli svolgeva un ruolo polifunzionale e fondamentale per l’associazione:

* Intermediario: Comunicava messaggi e organizzava incontri tra associati.
* Vigilanza: Svolgeva compiti di sorveglianza durante riunioni importanti, adottando cautele specifiche (come non portare telefoni cellulari) per eludere le investigazioni.
* Partecipazione a reati-scopo: Il suo coinvolgimento attivo in episodi estorsivi funzionali agli interessi del clan confermava il suo stabile contributo agli obiettivi criminali del sodalizio.

Questo complesso di attività, secondo la Corte, dimostrava la sua “messa a disposizione” a favore dell’associazione, integrando pienamente i gravi indizi del reato di partecipazione mafiosa.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce due principi di fondamentale importanza pratica. In primo luogo, nel concorso di reato, la conoscenza e lo sfruttamento di una condotta illecita altrui per un proprio tornaconto sono sufficienti a fondare la responsabilità penale. In secondo luogo, e con maggiore impatto, la Corte delinea con chiarezza i criteri per distinguere un comportamento penalmente irrilevante dalla vera e propria partecipazione mafiosa. Non è la qualifica del ruolo (es. autista), ma la stabilità e la funzionalità del contributo offerto alla vita e agli scopi dell’associazione a determinare l’integrazione del reato di cui all’art. 416-bis c.p. La decisione conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso, volto a colpire ogni forma di contributo stabile che consenta la conservazione e il rafforzamento delle organizzazioni criminali.

Per essere complici in un’estorsione, è necessario partecipare direttamente alla minaccia iniziale?
No. Secondo la Corte, è sufficiente che l’individuo, pur non avendo partecipato alla minaccia iniziale, ne sia a conoscenza e la sfrutti consapevolmente per ottenere un vantaggio, contribuendo così alla realizzazione del reato.

Svolgere il ruolo di autista per un esponente mafioso è sufficiente per essere accusati di partecipazione mafiosa?
No, non di per sé. Tuttavia, se oltre a fare l’autista, l’individuo svolge altre funzioni stabili per l’associazione, come fare da intermediario, organizzare incontri, svolgere attività di vigilanza e partecipare a reati-scopo, allora la condotta integra il reato di partecipazione mafiosa.

Qual è il limite del giudizio della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione giudica la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità), ma non può riesaminare i fatti del caso o rivalutare le prove. Le richieste volte a una nuova valutazione del quadro indiziario, come quelle avanzate nel ricorso per alcuni reati, vengono infatti dichiarate inammissibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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