Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3449 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3449 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nata a Messina 1’08/10/1986
avverso l’ordinanza del 19/07/2024 del Tribunale di Messina visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso lette le memorie conclusive presentate dall’Aw. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Messina, adito in sede di riesame ex art. 309 cod. proc. pen., confermava l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il medesimo Tribunale in data 30 maggio 2024 con cui veniva applicata la misura degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 74, comma 2, d.P.R. del 9 ottobre 1990 n 309
sub capo 1) e per i reati di cui agli artt. 512 bis e 648 ter cod. pen. sub capo 24) della provvisoria contestazione.
Ha proposto ricorso NOME COGNOME con atto sottoscritto dal difensore, con cui ha dedotto:
-violazione di legge, in relazione all’art. 74 cit. d.P.R. n. 309 e all’art. 273 cod. proc. pen., per avere il Tribunale desunto la consapevolezza in capo alla COGNOME di essere partecipe del sodalizio nonostante la stessa si “relazionasse” esclusivamente con il marito NOME COGNOME;
violazione di legge, in relazione agli artt. 512 bis e 648 bis cod. pen. e all’art. 273 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per avere il Tribunale assertivamente ritenuto che la COGNOME gestisse l’attività commerciale altrui nella consapevolezza di riciclare il danaro, provento dell’attività di spaccio;
-violazione di legge, in relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per avere il Tribunale ritenuto l’attualità del pericolo di recidiva nonostante l’associazione avesse smesso di operare nel corso dell’anno 2022 e il la ricorrente si fosse separata dall’Abate.
Il procedimento è stato trattato in forma scritta in assenza di tempestiva richiesta di discussione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il preliminare vaglio di ammissibilità, perché manifestamente infondato, generico e perché declinato in fatto.
Manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso con cui la difesa ha censurato il provvedimento impugnato – sotto il profilo della gravità indiziaria ex art. 273 cod. proc. pen. – in ordine alla ritenuta partecipazione di NOME COGNOME al sodalizio criminoso dedito al narcotraffico sub capo 1).
2.1. I Giudici del riesame – dopo essersi soffermati sulla genesi, sulla struttura e sulle modalità operative dell’associazione criminale sub capo 1) – esaminavano nel dettaglio il ruolo ricoperto dall’attuale ricorrente (pag. 5 e segg. dell’ordinanza). La COGNOME, moglie di NOME COGNOME – che all’interno del sodalizio rivestiva il ruolo apicale di contabile – era stabilmente inserita nel gruppo fornendo un contributo attivo ed importante all’attuazione del programma criminoso dedicandosi ad una serie di attività: supportava il marito nell’attività di vendita al minuto dello stupefacente, gli suggeriva le scelte più opportune per ottimizzare i proventi dell’attività di spaccio, per rendere più sicura l’attività e per sfuggire ai
contro
lli della Forze dell’Ordine (cfr ordinanza alla pag. 6 per una dettagliata e compiuta elencazione delle variegate attività svolte dalla COGNOME) ma, soprattutto, fungeva da trait d’union tra gli acquirenti e il marito NOME COGNOME prendendo in consegna i “pízzini” con cui i primi provvedevano ad effettuare periodicamente e stabilmente gli ordinativi dello stupefacente.
2.2. La COGNOME– osservavano, inoltre, i Giudici di merito- era poi pienamente consapevole di agire in un contesto criminale ben strutturato e radicato sul territorio, prendendo parte alle riunioni con altri associati ed avendo intessuto rapporti diretti anche con i sodali, con alcuni dei quali, tra cui NOME COGNOME, aveva un rapporto altamente fiduciario. Ed infatti, era proprio al COGNOME al quale la COGNOME – in un momento di fibrillazione del gruppo -si era rivolta sollecitandone il pronto intervento per scongiurare decisioni inadeguate e “scellerate” del coniuge NOME COGNOME che a quanto pare -in un’occasione- le aveva manifestato l’intenzione di “ritirarsi dalle attività”.
Sempre nella prospettiva di agevolare le attività del sodalizio, ritenevano i Giudici di merito come la COGNOME avesse consentito che le venisse intestato fittiziamente un negozio di abbigliamento – di fatto di proprietà e gestito dal Castorino- al fine riciclare i proventi dell’attività di spaccio.
2.3. In modo congruo e logico, nonché in perfetta linea di continuità con i principi di diritto enunciati dalla Corte di cassazione, i Giudici di merito conferivano alle descritte attività quel grado di solidità indiziaria idoneo a configurare la partecipazione della COGNOME al sodalizio criminoso: ed invero , la condotta partecipativa, prevista e punita dall’art. 74, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, può assumere contenuti variabili, per la consumazione della quale è sufficiente qualsiasi azione e modalità, idonea ad arrecare un consapevole contributo connotato dall’apprezzabilità e dalla concretezza funzionale all’esistenza e/o al rafforzamento dell’associazione ( ex multís, Sez. 4, n. 28167 del 16/06/2021, Rv. 281736).
2.4. D’altronde con tale apparato motivazionale la ricorrente non ha affatto “dialogato”, proponendo argomentazioni aspecifiche e generiche, non in grado di destruttura re l’apparato motivazionale, perché fondati su una lettura frammentaria del compendio indiziario o tendenti a sollecitare una ricostruzione alternativa e/o un diverso apprezzamento della portata e del significato del quadro indiziario, che fuoriescono dall’ambito riservato al giudizio di legittimità.
2.5. In materia di provvedimenti de líbertate, la Corte di cassazione non ha alcun potere né di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (ivi compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed all’adeguatezza
delle misure, poiché sia nell’uno che nell’altro caso si tratta di apprezzamenti propri del giudice di merito.
Il controllo di legittimità è, infatti, circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato, la correttezza allo stato degli atti della qualificazione giuridica attribuita ai fatti e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, nelle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. Un., n. 11 del 22/3/2000, COGNOME, Rv 215828; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. 4, n. 18807 del 23/3/2017, Rv 269885).
Analogamente è inammissibile il secondo motivo di ricorso, sia perché la questione con esso dedotta non è stata sollevata con i motivi di riesame ( cfr anche pag. 2 dell’ordinanza) sia perché, in ogni caso, fondato su censure generiche ed aspecifiche.
Nel gravato provvedimento ( pag. 7 e ss), si dava atto di come la COGNOME fosse perfettamente consapevole di essere solo l’intestataria formale dell’esercizio commerciale che le era stato dato in gestione al fine specifico di riciclare i proventi dell’illecita attività: nello specifico , i Giudici di merito segnalavano la importanza “probatoria” del colloquio telefonico tra la COGNOME e il marito – per la parte di interesse richiamato e trascritto nel prowedimento in oggetto- la dove traspariva netta la consapevolezza in capo alla donna di essere un mero “prestanome” e delle ragioni che erano alla base di tale complessa “operazione”.
3.2. La motivazione, per come strutturata, è scevra da deficit logici e non è vulnerata dalle argomentazioni ,generiche ed aspecifiche, svolte dalla ricorrente che ha semplicemente lamentato l’assenza del dolo del reato, senza tuttavia confrontarsi con il materiale “indiziario” posto a fondamento del provvedimento impugnato e congruamente scrutinato dai Giudici di merito.
Generico è, altresì, il motivo relativo alle esigenze cautelari: la ricorrente ha affidato le doglianze ad argomentazioni reiterative di temi già esaustivamente valutati dai Giudici di merito (pag. 8 e 9 dell’oridnanza).
4.1. Si legge nell’ordinanza come la conoscenza in capo alla COGNOME di tutte le dinamiche della consorteria, i consolidati rapporti intessuti con alcuni sodali, l’autonoma capacità criminale acquisita dalla COGNOME al punto da essere designata dal marito quale deputata alla gestione dei soldi e al mantenimento della moglie del COGNOME nel caso entrambi fossero stati tratti in arresto, i rapporti diretti intrattenuti con COGNOME NOME, la operatività del gruppo anche nei momenti di fibrillazione e nonostante l’arresto di alcuni “vertici”, la capacità del sodalizio di “rinnovarsi” e riproporsi sul territorio, anche gestendo le attività criminali dal
carcere stesso, fossero nel complesso indicatori fattuali dell’attualità del pericolo di recidiva e dell’adeguatezza della misura , ciò vieppiù in ragione della doppia presunzione relativa operante in ragione del titolo del reato in contestazione.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente – ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. – al pagamento delle spese processuali e al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma che si stima equo fissare in tremila euro, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (vedi Corte Costit., sent. n 186 del 13 giugno 2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/12/2024.