Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18077 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18077 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a OTTAVIANO il 27/06/1988
avverso l’ordinanza del 08/10/2024 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il difensore avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 31 ottobre 2024, il Tribunale del riesame di Napoli confermava il provvedimento emesso in data 8 ottobre 2024, con il quale il G.i.p. del Tribunale di Napoli aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME in relazione ai reati di cui agli artt. 416-bis cod. pen. (capo 1) – per la partecipazione dell’indagato al clan COGNOME nel periodo compreso fra il gennaio 2021 e il giugno 2023 – e 629, 628, terzo comma, n. 3, 416-bis.1. cod. pen. (capo 9), quest’ultimo perché, in concorso con altri, aveva costretto con violenza e minacce – anche implicite – NOME COGNOME a versargli la somma di 5.000,00 euro apparentemente a titolo di prestito, facendo leva sull’appartenenza al suddetto clan camorristico nonché sulla capacità di intimidazione di tale sodalizio.
1.1. Il Tribunale del riesame preliminarmente rilevava che, già pacificamente dimostrata l’esistenza del clan COGNOME dalle sentenze in atti, la sua perdurante esistenza nel periodo in contestazione (gennaio 2021 – giugno 2023) – protrattasi dopo la carcerazione e il successivo decesso del capo clan NOME COGNOME cl. 1943, avvenuto in carcere il 23 aprile 2019, in seguito al quale presero le redini del comando NOME COGNOME cl. 1956 e NOME COGNOME (poi detenuto dal 16 luglio 2021) – emergeva da una serie di indizi richiamati nell’ordinanza genetica.
Tra i più significativi, andavano apprezzati quelli desumibili da una pluralità di conversazioni intercorse tra gli associati (in particolare, la n. 4971 del 15 luglio 2022 e la n. 2919 del 12 aprile 2022, menzionate a pag. 9 del provvedimento impugnato) e dalle perquisizioni effettuate contestualmente all’esecuzione delle misure cautelari, in occasione delle quali furono, in particolare, rinvenuti nella disponibilità di NOME COGNOME – uno dei soggetti apicali del sodalizio – orologi del valore di circa 60.000,00 euro, e, nella disponibilità di NOME COGNOME – sodale alle dirette dipendenze di NOME COGNOME cl. 1956 – ulteriori beni di oscura provenienza, come la somma di 20.000,00 euro in contanti, unitamente a documentazione comprovante il suo ruolo di “contabile” del gruppo (in quanto contenente nominativi di persone legate ad ambienti camorristici napoletani e calabresi con i relativi soprannomi, gruppi criminali di appartenenza, vincoli di parentela, indirizzi ed utenze telefoniche).
1.2. Ciò premesso, in relazione al capo 9) contestato a NOME COGNOME, figlio di NOME classe 1956, il Tribunale adito osservava come i gravi indizi di colpevolezza emergessero dalle intercettazioni ambientali effettuate all’interno della Fiat TARGA_VEICOLO targata TARGA_VEICOLO in uso all’indagato e dal monitoraggio dell’autovettura, elementi dai quali risultava che la sera del 14 settembre 2021
padre e figlio COGNOME si erano recati a bordo della Fiat Panda suindicata presso l’abitazione dell’imprenditore NOME COGNOME, sita in una frazione di Noia, dove, una volta arrivati, erano stati invitati ad entrare.
La conversazione avvenuta all’interno dell’autovettura tra i COGNOME poco dopo essere usciti dall’abitazione del SIANO verteva sulla richiesta di denaro avanzata pochi minuti prima all’imprenditore e la programmazione di una nuova visita da parte del solo NOME il venerdì successivo ai fini della riscossione della somma di denaro (quantificata in “cinque o dieci” migliaia di euro).
Indicativo del carattere estorsivo dell’indebita pretesa di denaro era il suggerimento che il padre NOME aveva dato al figlio circa l’atteggiamento che questi avrebbe dovuto assumere al momento della riscossione (“…e devi fare la faccia da cazzo…”).
La visita di NOME al SIANO avveniva puntualmente venerdì 17 settembre 2021.
Le evidenze captative risultavano confermate dalle dichiarazioni rese dallo stesso COGNOME il quale ammetteva di aver ricevuto una visita il 14 settembre 2021 da parte di NOME COGNOME che gli aveva chiesto in prestito una somma di denaro promettendo di restituirgliela nel mese di marzo dell’anno successivo – e di avergli consegnato “una somma compresa tra i 3 e i 5 mila” il 17 settembre 2021, somma che, tuttavia, non gli era stata ancora restituita.
La natura estorsiva della riscossione risultava dal fatto che l’indagato aveva richiesto il prestito senza alcuna giustificazione e nei confronti di un soggetto che, in base a quanto dallo stesso dichiarato, non aveva mai avuto rapporti con i FABBROCINO, e dal fatto che la somma non era mai stata restituita né di essa era stata mai richiesta la restituzione.
Tale lettura, secondo l’organo del riesame, risultava suffragata da alcuni passaggi del narrato del SIANO, che lasciavano trapelare la consapevolezza della caratura criminale dei COGNOME e tradivano la preoccupazione della persona offesa di contrapporsi ad essi, giustificando anche una certa reticenza nelle sue parole.
1.3. Quanto al capo 1), la partecipazione attiva di NOME COGNOME all’omonimo clan si desumeva da una serie di intercettazioni.
In particolare, dalle conversazioni ambientali n. 2919 del 12 aprile 2022 e n. 4595 del 10 agosto 2022 emergeva che l’indagato aveva effettivamente partecipato alla riscossione della tangente pagata dai fratelli COGNOME, titolari del cementificio “RAGIONE_SOCIALE“, quale corrispettivo dei lavori che l’impresa svolgeva grazie all’imposizione proveniente dal gruppo criminale alle ditte aggiudicatarie di lavori pubblici e privati della zona.
Ed invero, era stato proprio NOME COGNOME ad ammettere che di tale riscossione avrebbero dovuto occuparsi lui e il padre, trattandosi di un settore da sempre di loro interesse.
Ancora, dalla conversazione ambientale n. 355 del 22 luglio 2022 captata nella Jeep Renegade in cui si trovavano padre e figlio si evinceva che costoro aspettavano che NOME COGNOME raccogliesse i proventi delle estorsioni e le consegnasse il lunedì successivo a NOME.
Qualche giorno dopo, precisamente in data 10 agosto 2022, i due COGNOME si recavano presso la sede dell’azienda gestita da IOVINE, il quale consegnava loro la somma di euro 2.500,00 avvolta con il nastro adesivo.
Il Collegio de libertate richiamava, poi, una pluralità di intercettazioni, dalle quali affiorava inequivocabilmente il ruolo attivo di NOME all’interno del clan camorristico, il quale collaborava strettamente con il padre, soggetto apicale del sodalizio, soprattutto nell’attività di ricerca delle imprese a cui imporre il pizzo, d definizione dell’ammontare delle tangenti e di riscossione di tali somme (si tratta dei progressivi 3879 e 3880 dell’8 giugno 2022, 377 del 14 settembre 2022 e 82 del 24 giugno 2022).
1.4. Quanto alle esigenze cautelari, riteneva il Tribunale che, nella specie, mancavano elementi idonei a giustificare il superamento della duplice presunzione legale di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. tenuto conto delle modalità e delle circostanze dei fatti, nonché della personalità dell’indagato, vicino a esponenti apicali del sodalizio camorrista e pronto a collaborare nella attività estorsive riconducibili ad esso; recessivo, in tale contesto, doveva considerarsi il riferimento all’attività lavorativa svolta dall’indagato, peraltro limitata al period intercorrente tra gennaio 2019 e ottobre 2022, in quanto temporalmente coincidente con le condotte delittuose contestate.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, per il tramite del suo difensore di fiducia, sviluppando i seguenti quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia vizio di motivazione in relazione alla partecipazione del FABBROCINO al reato associativo.
Ad avviso della difesa, dal compendio probatorio emerso in sede di indagini non risulterebbe uno stabile coinvolgimento del ricorrente all’interno del sodalizio criminale, essendosi questi limitato a partecipare in via del tutto occasionale ad episodi isolati in un arco temporale assai ristretto.
Significative dell’estraneità del ricorrente all’omonimo clan sarebbero la conversazione nella quale il padre NOME spiega al figlio come comportarsi al momento della riscossione della somma di denaro nei confronti dell’imprenditore COGNOME e ulteriori conversazioni nelle quali il padre, nell’organizzazione e nella
pianificazione delle successive condotte, giammai coinvolge il figlio nelle sue iniziative.
In mancanza di uno stabile inserimento dell’indagato all’interno dell’organizzazione criminale e di un contributo necessario alla vita e agli scopi dell’associazione, difetterebbe la gravità indiziaria giustificativa dell’applicazione della misura custodiale nei suoi confronti.
2.2. Con il secondo motivo, si denunciano l’erronea applicazione della legge penale e il difetto di motivazio -ne in ordine al carattere estorsivo della condotta contestata al capo 9).
Si assume, alla luce delle intercettazioni acquisite e delle dichiarazioni rese dal COGNOME, che il COGNOME si sarebbe limitato a chiedere in prestito una somma di denaro, con la promessa di restituirla nel mese di marzo dell’anno successivo, senza assumere alcuna condotta impositiva o tale da disvelare il carattere estorsivo della condotta posta in essere.
Né in tal senso sarebbe rilevante la circostanza della mancata restituzione del denaro, giacché la valutazione circa la natura estorsiva della condotta deve essere valutata al momento in cui la stessa viene attuata.
Difetterebbe, pertanto, l’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 629 cod. pen.
2.3. Con il terzo motivo, si eccepisce l’erronea applicazione della legge penale in ordine all’aggravante di cui all’art. 461-bis.1. cod. pen. in relazione al reato di cui al capo 9).
Ad avviso del ricorrente, difetterebbero le condizioni necessarie ai fini della configurabilità dell’aggravante sia sul piano oggettivo che su quello soggettivo.
Il COGNOME, durante la visita al SIANO, non aveva mai fatto riferimento, nemmeno implicitamente, al clan camorristico né aveva assunto condotte minacciose tali da ingenerare un effetto di coartazione nei confronti della vittima.
Tali considerazioni permetterebbero di escludere anche la finalità agevolativa in capo al ricorrente, il quale aveva richiesto all’imprenditore una somma di denaro a titolo di prestito per motivi del tutto personali ed estranei al sodalizio.
2.4. Con il quarto motivo, la difesa denuncia l’erronea valutazione della prova indiziaria ex artt. 273 e 192, commi 1 e 2, cod. proc. pen.
Ad avviso del ricorrente, mancherebbero i gravi indizi di colpevolezza idonei a giustificare il giudizio di probabilità circa la responsabilità dell’indagato i relazione ai reati contestati, in quanto privi dei caratteri della gravità, precisione e concordanza.
Il Procuratore generale di questa Corte, dapprima nella sua requisitoria scritta “da valere anche quale memoria”, poi nella trattazione orale in udienza, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va rigettato, perché, nel complesso, infondato.
2. Giova premettere che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Non è, dunque, consentito, al giudice di legittimità il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828 – 01; tra le decisioni delle Sezioni semplici, vedi, tra molte, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01).
Va, pure, ricordato che, in tema di giudizio di legittimità, la cognizione della Corte di cassazione è funzionale a verificare la compatibilità della motivazione della decisione con il senso comune e con i limiti di un apprezzamento plausibile, non rientrando tra le sue competenze lo stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti, né condividerne la giustificazione (Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rezzuto, Rv. 285504 – 01).
Va, infine, rammentato che, in tema di applicazione di misure cautelari personali, la gravità degli indizi di colpevolezza postula una considerazione non frazionata ma coordinata degli stessi, che consenta di verificare se la valutazione sinottica di essi sia o meno idonea a sciogliere le eventuali incertezze o ambiguità discendenti dall’esame parcellizzato dei singoli elementi di prova, e ad apprezzare quindi la loro effettiva portata dimostrativa e la loro congruenza rispetto al tema di indagine prospettato nel capo di imputazione provvisoria: il requisito della gravità degli indizi di colpevolezza non può, dunque, essere reputato insussistente sulla base di una valutazione separata dei vari dati probatori, dovendosi, invece, verificare se gli stessi, coordinati ed apprezzati globalmente secondo logica
comune, assumano la valenza richiesta dall’art. 273 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 30415 del 25/09/2020, COGNOME, Rv. 279789 – 01; Sez. 1, n. 39125 del 22/09/2015, COGNOME e altro, Rv. 264780 – 01; Sez. F, n. 38881 del 30/07/2015, Salerno, Rv. 264515 – 01).
Tanto premesso, ritiene il Collegio che il Tribunale del riesame, nell’affrontare il caso sottoposto al suo vaglio, abbia fatto buon governo delle lineeguida ermeneutiche appena enunciate, giustificando la conferma del titolo cautelare con motivazione scevra da vizi logico-giuridici.
Nel ricorso, per la verità, vengono, per lo più, reiterate le medesime censure articolate nell’incidente cautelare, sulle quali i giudici de libertate hanno sempre fornito risposte adeguate.
Iniziando dalla vicenda estorsiva ascritta all’indagato al capo 9), è infondato il secondo motivo di ricorso, con il quale si è denunciato il vizio di motivazione.
Il Tribunale di Napoli, offrendo una lettura logicamente plausibile degli elementi desunti dal dato captativo e dalle dichiarazioni rese dall’imprenditore COGNOME, ha correttamente escluso la fondatezza della prospettazione difensiva secondo la quale la somma di denaro consegnata dalla persona offesa all’indagato sarebbe stata corrisposta a titolo di prestito.
Nelle pagine 14 e 15 dell’ordinanza impugnata si evidenziano alcuni indicatori convergenti nella dimostrazione della natura estorsiva della riscossione:
l’indagato aveva richiesto il prestito senza alcuna giustificazione;
la richiesta era stata avanzata nei confronti di un soggetto, il COGNOME che, in base a quanto dallo stesso dichiarato, non aveva mai avuto rapporti con i COGNOME;
NOME COGNOME aveva suggerito al figlio di tenere, nell’occorso, un atteggiamento estremamente deciso e inequivoco (“…e devi fare la faccia da cazzo…”);
la somma, versata il 17 settembre 2021, alla data delle dichiarazioni rese dalla persona offesa (30 marzo 2023), dunque, un anno e mezzo dopo la riscossione, non era ancora stata restituita né di essa era stata mai richiesta la restituzione.
Secondo la congrua lettura operata dall’organo del riesame, l’ipotesi accusatoria risultava, inoltre, suffragata da alcuni passaggi del narrato del COGNOME, che lasciavano trapelare la consapevolezza della caratura criminale dei COGNOME e tradivano la preoccupazione della persona offesa di contrapporsi ad essi (pag. 15: “Ed invero, il COGNOME, dopo aver affermato di essere a conoscenza del clan COGNOME di San Gennaro Vesuviano, spiegava di non volere ‘avere a
che fare con queste persone’, ossia di voler ‘stare tranquillo, perché quando si sente il nome di FABBROCINO è riconducibile al dant…”).
Tali ultime esplicite ammissioni del soggetto passivo del reato permettono di ritenere correttamente confermata – dovendosi, quindi, disattendere il relativo motivo di ricorso – anche la sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1. cod. pen., in conformità dell’orientamento di legittimità, secondo il quale «In tema di estorsione, è configurabile l’aggravante del metodo mafioso anche a fronte di un messaggio intimidatorio “silente”, in quanto privo di un’esplicita richiesta, nel caso in cui la consorteria abbia raggiunto una forza intimidatrice tale da rendere superfluo l’avvertimento mafioso, sia pure implicito, ovvero il ricorso a specifici comportamenti violenti o minacciosi» (Sez. 2, n. 51324 del 18/10/2023, COGNOME, Rv. 285669 – 01).
Quanto alla declinazione agevolativa dell’aggravante, adeguata, sul piano logico, è la considerazione svolta dal giudice a quo a proposito dello scopo di mantenere e rafforzare la posizione di potere del sodalizio camorrista sul territorio mediante l’imposizione di tangenti agli imprenditori della zona, con intuitivi vantaggi per la “cassa” del clan.
Parimenti infondato è il primo motivo di ricorso, con il quale viene contestata la partecipazione del ricorrente all’associazione camorrista sub capo 1).
Il carattere occasionale e limitato al rapporto familiare padre-figlio, dedotto in sede di riesame e riproposto in questa sede, è stato escluso dai giudici di merito con argomentare non manifestamente illogico, basato sul solido riscontro fornito dalle numerose conversazioni intercettate: e, segnatamente, la n. 2019 del 12 aprile 2012, la n. 355 del 22 luglio 2012, la n. 4599 del 10 agosto 2022, la n. 3879 e la n. 3880 dell’8 giugno 2022, la n. 337 del 14 settembre 2022 e la n. 82 del 24 giugno 2022, che disegnano un ruolo dell’indagato propositivo e attivo, non, quindi, di mero ascoltatore, ma di effettivo interlocutore per il clan.
Ed invero, il dato captativo rivela come, in più occasioni, NOME COGNOME fosse destinatario di consegne di denaro da parte di imprenditori estorti, concorresse, con il padre, a individuare nuove imprese cui imporre il “pizzo” e si interfacciasse con altri sodali quali NOME COGNOME e NOME COGNOME a riprova dell’esistenza di un’affectio societatis e non di un rapporto esclusivo con il padre NOME.
Va, poi, ricordato che «Ai fini della configurabilità del reato di partecipazione a un’associazione per delinquere di tipo mafioso non rileva la durata del vincolo tra il singolo e l’organizzazione, potendo ravvisarsi il reato anche in una partecipazione di breve periodo» (Sez. 1, n. 5445 del 07/11/2019, dep. 2020, Ermini, Rv. 278471 – 01).
Al riguardo, si osserva che, risultando monitorata l’attività del clan
COGNOME “dal gennaio 2021 al giugno 2023”, come recita il capo d’imputazione, e tenuto conto che il reato estorsivo
sub capo 9) è stato commesso
nel settembre 2021, non è fondato neppure in punto di fatto il rilievo difensivo sulla pretesa brevità dell’apporto fornito dal ricorrente, atteso che l’ultima
captazione acquisita porta la data del 14 settembre 2022, decorso precisamente un anno, quindi, dal fatto estorsivo.
La lettura delle evidenze in atti, in conclusione, deve considerarsi del tutto corretta, e niente affatto “atomistica”, come denunciato nell’ultimo motivo di
ricorso, sicché il provvedimento impugnato non merita censura nella presente sede di legittimità.
Dal rigetto del ricorso consegue
6.
ex lege la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
1-ter,
La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2025
Il Consigliere estensore