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Partecipazione associazione traffico stupefacenti: la guida

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7015/2024, ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare per il reato di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. La Corte ha chiarito che il duplice ruolo di acquirente stabile di cocaina e fornitore di marijuana per saldare i debiti non è, di per sé, sufficiente a dimostrare l’appartenenza a un sodalizio criminale. È necessario provare un vincolo stabile e durevole e la volontà cosciente di far parte dell’associazione, elementi che vanno oltre i singoli rapporti di scambio.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione Associazione Finalizzata Traffico Stupefacenti: Quando si Supera il Limite?

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 7015/2024 offre un’analisi cruciale sui criteri per determinare la partecipazione associazione finalizzata traffico stupefacenti. La Corte ha stabilito che essere un acquirente abituale di una sostanza e, al contempo, un fornitore di un’altra per saldare i debiti non implica automaticamente l’appartenenza a un sodalizio criminale. Approfondiamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo sottoposto a custodia cautelare in carcere con l’accusa di far parte di un’associazione dedita al traffico di droga (art. 74 del Testo Unico Stupefacenti) e per specifici episodi di coltivazione e cessione di marijuana (art. 73 T.U. Stupefacenti).

Secondo l’accusa, l’indagato rivestiva un duplice ruolo: era un “stabile acquirente” di cocaina dai vertici dell’organizzazione e, contemporaneamente, coltivava e forniva marijuana per compensare i debiti accumulati. Il Tribunale del riesame aveva confermato la misura cautelare, ritenendo che questi elementi fossero sufficienti a dimostrare la sua piena integrazione nel gruppo criminale.

L’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di essere un semplice assuntore e che la coltivazione di marijuana era un espediente per rassicurare i suoi creditori, senza una reale volontà di far parte stabilmente dell’associazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale del riesame limitatamente all’accusa di partecipazione all’associazione (art. 74 T.U. Stupefacenti) e rinviando per un nuovo esame su questo punto. Ha invece ritenuto infondato il ricorso per quanto riguarda i singoli episodi di cessione di stupefacenti (art. 73), per i quali gli indizi sono stati giudicati sufficientemente gravi.

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra singoli rapporti di fornitura, anche continuativi, e la vera e propria appartenenza a un’organizzazione criminale.

L’analisi della Partecipazione Associazione Finalizzata Traffico Stupefacenti

La Cassazione ha ribadito che per configurare la partecipazione associazione finalizzata traffico stupefacenti, non basta provare un flusso costante di acquisti o forniture. È necessario dimostrare qualcosa di più: l’instaurarsi di un vincolo stabile e durevole tra l’indagato e gli altri membri, che vada oltre i singoli rapporti sinallagmatici (compravendite). L’individuo deve aver assunto un compito funzionale al perseguimento degli scopi illeciti del gruppo, con la coscienza e la volontà di contribuire al progetto criminale comune (affectio societatis).

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale del riesame insufficiente e carente. Quest’ultimo non ha chiarito adeguatamente se il rapporto tra l’indagato e il sodalizio fosse effettivamente un’adesione stabile o se, come sostenuto dalla difesa, le cessioni di marijuana fossero solo il “corrispettivo” per pagare la cocaina acquistata per uso personale.

I giudici di legittimità hanno sottolineato che la duplice qualifica di “stabile acquirente e fornitore” non è di per sé decisiva. Per affermare la responsabilità a titolo associativo, l’accusa avrebbe dovuto dimostrare che l’indagato era “pienamente inserito nelle dinamiche illecite” e agiva con la “coscienza e volontà di far parte dell’associazione”. Era necessario un approfondimento per capire se la sua condotta rappresentasse un contributo stabile e consapevole alla vita e agli obiettivi dell’organizzazione, o se si trattasse di episodi isolati, seppur illeciti, finalizzati a risolvere un problema debitorio personale. Mancando questa analisi approfondita, la gravità indiziaria per il reato associativo non poteva considerarsi adeguatamente provata.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale nel diritto penale: la partecipazione a un’associazione criminale richiede una prova rigorosa dell’inserimento organico del soggetto nel gruppo. Non si può desumere automaticamente l’appartenenza da una serie di rapporti di dare-avere, anche se legati al mondo della droga. La decisione impone ai giudici di merito un’indagine più approfondita sulla natura del legame tra l’individuo e l’organizzazione, verificando l’esistenza di un vincolo stabile e della volontà di contribuire al fine comune, distinguendo così il partecipe dal semplice cliente o fornitore occasionale.

Essere un acquirente stabile di droga e fornire stupefacenti in cambio è sufficiente per essere considerati membri di un’associazione a delinquere?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questa duplice condotta non è di per sé sufficiente. È necessario dimostrare che si è instaurato un vincolo stabile e durevole che supera i singoli rapporti di scambio e che vi sia la volontà cosciente di far parte dell’associazione.

Cosa deve dimostrare l’accusa per provare la partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti?
L’accusa deve dimostrare, a livello di gravità indiziaria, che tra l’indagato e gli altri membri si è instaurato un vincolo stabile e durevole. Deve provare che l’indagato ha assunto un compito funzionale al perseguimento degli scopi sociali illeciti e che era partecipe del comune fine associativo, con la coscienza e volontà di contribuire al mantenimento dell’associazione.

Qual è la differenza tra un singolo rapporto di spaccio e la partecipazione a un sodalizio criminale secondo la Corte?
Un singolo rapporto di spaccio, anche se ripetuto, si esaurisce in una logica di compravendita (rapporto sinallagmatico). La partecipazione a un sodalizio criminale implica invece un livello superiore di integrazione: un’adesione stabile al programma criminoso, la condivisione degli scopi e un contributo consapevole e volontario alla vita e agli obiettivi dell’organizzazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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