LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Partecipazione associazione terroristica: prova e limiti

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare per il reato di partecipazione ad associazione terroristica, chiarendo che per configurare il reato non è sufficiente l’adesione ideologica o un contatto labile sui social network. È necessario dimostrare un rapporto operativo e biunivoco con l’organizzazione. La Corte ha invece ritenuto sussistenti i gravi indizi per il reato di istigazione, commesso attraverso la condivisione online di materiale di propaganda.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione associazione terroristica: prova e limiti secondo la Cassazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale n. 1700/2025, offre un’importante analisi sui criteri necessari per dimostrare la partecipazione ad un’associazione terroristica. Il caso esaminato riguardava un individuo accusato di far parte di organizzazioni quali “Hamas” e “Jihad islamico palestinese”. La Corte ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare per questa accusa, stabilendo che un’amicizia sui social e un singolo incontro con un noto terrorista non sono sufficienti a provare un legame organico con il gruppo. Al contrario, ha confermato la gravità indiziaria per il reato di istigazione tramite propaganda online.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero veniva sottoposto a custodia cautelare in carcere con l’accusa di partecipazione ad associazioni con finalità di terrorismo (art. 270 bis c.p.) e di istigazione a commettere delitti con la medesima finalità (art. 414 c.p.).
Le accuse si fondavano su diverse condotte: una costante attività di propaganda e proselitismo sui social network, la pubblicazione di post che celebravano l’attacco del 7 ottobre 2023, la detenzione di materiale propagandistico e, soprattutto, i contatti intrattenuti con l’autore di un attentato terroristico avvenuto a Bruxelles. In particolare, emergeva un’amicizia sul profilo di un noto social network e un incontro avvenuto in Abruzzo, non collocato temporalmente con precisione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Partecipazione ad Associazione Terroristica

La Corte Suprema ha esaminato i due capi d’accusa separatamente, giungendo a conclusioni opposte. Ha accolto il ricorso dell’indagato per quanto riguarda il reato associativo, ma lo ha respinto per l’istigazione.

L’Annullamento dell’Accusa di Partecipazione ad Associazione Terroristica (art. 270 bis c.p.)

La Corte ha ritenuto fondate le censure della difesa riguardo alla mancanza di prove sufficienti per dimostrare una reale partecipazione. Secondo la giurisprudenza consolidata, non basta una mera adesione ideologica ai valori e agli scopi dell’organizzazione. È indispensabile provare l’esistenza di un “contatto operativo”, un legame concreto, anche se flebile, tra il singolo e la struttura organizzata. Questo legame deve essere “biunivoco”: l’associazione deve avere la consapevolezza, anche indiretta, dell’adesione del soggetto e della sua disponibilità a contribuire alla causa.

Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la motivazione dell’ordinanza impugnata fosse carente. Il rapporto con l’attentatore di Bruxelles, basato su un’amicizia social e un incontro non meglio specificato, non era sufficiente a dimostrare questo legame organico. Mancava la prova che tale contatto rappresentasse un vero e proprio canale di comunicazione con la “casa madre” dell’organizzazione e che avesse contenuti e continuità tali da integrare una vera e propria affiliazione.
Per questo motivo, la Corte ha annullato il provvedimento su questo punto, rinviando il caso al Tribunale per un nuovo esame che valuti più approfonditamente la sussistenza di un reale inserimento dell’indagato nella struttura terroristica.

La Conferma dell’Accusa di Istigazione (art. 414 c.p.)

Diversamente, la Corte ha giudicato infondato il motivo di ricorso relativo al delitto di istigazione. L’indagato era accusato di aver condiviso sui propri canali social link e materiale di propaganda jihadista. La difesa sosteneva che mancasse la prova di un pericolo concreto e attuale di commissione di reati.
La Cassazione, richiamando la propria giurisprudenza, ha ribadito che la condivisione di materiale apologetico su piattaforme social integra il reato di apologia di delitti di terrorismo. Tale condotta, infatti, potenzia la diffusione del messaggio, accrescendo il pericolo non solo di emulazione di atti violenti, ma anche di adesione, in forme aperte e fluide, all’associazione terroristica che propugna quel materiale. La vastità e l’indeterminatezza del pubblico dei social network rendono questa modalità comunicativa particolarmente insidiosa e idonea a creare un rischio concreto.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della sentenza si articola sul principio fondamentale della distinzione tra adesione ideologica e partecipazione effettiva. Per la partecipazione ad associazione terroristica, il giudice deve accertare un contributo apprezzabile e concreto alla vita e all’operatività del gruppo. Elementi come la propaganda o il proselitismo possono essere sintomatici, ma devono essere corroborati da prove di un inserimento strutturale, di un contatto reale e non putativo con l’organizzazione. Un semplice contatto con un altro soggetto, per quanto noto terrorista, non è di per sé prova di affiliazione se non se ne dimostrano la natura e i contenuti operativi.
Per il reato di istigazione, invece, il pericolo è insito nella condotta stessa di diffondere pubblicamente, tramite strumenti potenti come i social media, contenuti che esaltano la violenza terroristica. La legge punisce il rischio che tale propaganda possa indurre altri a commettere reati o ad aderire a gruppi criminali.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di garanzia fondamentale: la responsabilità penale per un reato grave come la partecipazione ad associazione terroristica deve essere fondata su prove concrete di un inserimento organico dell’individuo nel sodalizio criminale. Si conferma che l’onere della prova in capo all’accusa è rigoroso e non può basarsi su mere supposizioni o contatti labili. Al contempo, la pronuncia sottolinea la crescente attenzione del legislatore e della giurisprudenza verso i pericoli derivanti dall’uso dei social network per la propaganda e l’apologia del terrorismo, configurando come reato la semplice condivisione di contenuti idonei a creare un pericolo concreto per la sicurezza pubblica.

È sufficiente l’amicizia su un social network con un terrorista per provare la partecipazione ad un’associazione terroristica?
No. Secondo la sentenza, un’amicizia su un social network e un singolo incontro, senza ulteriori elementi, non sono sufficienti a dimostrare un contatto operativo e un legame biunivoco con l’organizzazione, necessari per configurare il reato di partecipazione.

L’inserimento di un gruppo in una “black list” terroristica dell’UE è una prova legale della sua natura terroristica?
No, non è una prova legale sufficiente di per sé. La sentenza chiarisce che l’inserimento in tali liste costituisce un elemento indiziario che deve essere valutato insieme ad altre emergenze istruttorie, come il concreto manifestarsi dell’organizzazione, per qualificarne la natura terroristica in un processo penale.

Condividere link a materiale di propaganda terroristica sui social network costituisce reato?
Sì. La Corte ha confermato che la condivisione di link a materiale jihadista su social network integra il reato di apologia riguardante delitti di terrorismo (sottocategoria del più ampio reato di istigazione). Tale condotta potenzia la diffusione del materiale e accresce il pericolo di emulazione e di adesione all’associazione terroristica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati