Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1700 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1700 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 12/09/1984 in TUNISIA avverso l’ordinanza del 27/06/2024 del TRIB. COGNOME di L’AQUILA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso. Lette le conclusioni scritte del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME pervenute in data 4 ottobre 2024, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 27 giugno 2024, depositata in data 4 luglio 2024, il Tribunale di L’Aquila, sezione del Riesame, ha confermato l’ordinanza cautelare del 13 giugno 2024 con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale cittadino aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di COGNOME a seguito di declaratoria di incompetenza ex art.27 cod. proc. pen. del 31 maggio 2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vasto, competente funzionalmente per la convalida del fermo di indiziato di delitto.
1.1. Le contestazioni cautelari hanno ad oggetto:
-l’art.270 bis commi 1,2,3 cod. pen. per aver l’indagato partecipato alle associazioni terroristiche denominate “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE” attraverso una costante attività di propaganda e proselitismo nell’alveo della
promozione del programma terroristico eversivo delle predette organizzazioni; attraverso l’utilizzo del social Facebook da lui gestito con il nome “NOME Boucetta” mediante la pubblicazione di diversi post celebrativi dell’operazione terroristica di Hamas del 7 ottobre 2023 nei confronti dei civili e militari israeliani; attraverso contatti intrattenuti sempre attraverso soda! network quali Facebook e Messenger con NOMECOGNOME noto per essere l’autore dell’attentato terroristico di Bruxelles in data 16 ottobre 2023 rivendicato dal sedicente Stato Islamico con la uccisione di due cittadini svedesi; attraverso la detenzione di un ingente quantitativo di materiale utile alla conduzione della campagna di proselitismo; attraverso la pubblicazione sul proprio profilo parzialmente aperto di post e documenti a sostegno dell’azione terroristica di Hamas accompagnati da immagini ritraenti armi (Capo A);
-l’art. 414 commi 1,3,4, 61 n.2, 270 bis.1 cod. pen. per avere con le condotte e i metodi di cui al capo A), istigato pubblicamente e in maniera continuativa a commettere delitti con finalità di terrorismo anche nei confronti di uno Stato estero facendone apologia.
Condotta aggravata dall’essere stata commessa con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico dello Stato estero di Israele (Capo B).
Avverso la decisione del Tribunale del riesame ha proposto ricorso l’indagato, con atto sottoscritto dal difensore di fiducia, deducendo i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione all’art.270 bis cod. pen.
2.1.1. Osserva la difesa che l’inserimento delle associazioni terroristiche “RAGIONE_SOCIALE” e “Jihad islamico palestinese” nella black list dell’Unione Europea ha valore meramente amministrativo e legittima la irrogazione di sanzioni senza che i suoi effetti possano dilatarsi al punto da assumere natura di prova, configurandosi altrimenti una sorta di prova legale dalla quale deriverebbe la violazione dei principi di legalità e di separazione dei poteri (Sez.1, n.30824 del 15 giugno 2006, Tartag).
Conseguentemente l’inserimento delle citate associazioni in queste liste può rappresentare solo uno spunto investigativo mentre la prova della finalità di terrorismo deve necessariamente formarsi secondo le regole di utilizzabilità e valutazione probatoria prescritte dalla legge processuale.
A ciò si aggiunga che non esiste in Italia una sentenza passata in cosa giudicata – come tale utilizzabile ai sensi dell’art.238 bis cod. proc. pen. – che affermi la natura terroristica delle organizzazioni per cui si procede.
2.1.2. L’ordinanza impugnata, al fine di dimostrare la matrice terroristica delle due organizzazioni, ha – con una errata inversione metodologica- in primo luogo evidenziato che le stesse sono ricomprese dalla Unione Europea sin dall’anno 2020 tra le associazioni terroristiche (decisione PESC 2020/1132 del 30 luglio 2020).
Ha poi ritenuto che siffatto dato dovesse essere corroborato da idonei riscontri che ha ravvisato negli atti terroristici del 7 ottobre 2023 da considerarsi tali perché compiuti, in spregio del diritto internazionale, anche contro i civili.
Sullo specifico richiamo, la difesa del ricorrente evidenzia che l’episodio si inserisce in una dinamica di occupazione e in una situazione come quella di Gaza che è stata definita la più grande “prigione a cielo aperto” dalla Special Rapporteur delle Nazioni Unite e , per quanto pacificamente esorbitante dai limiti previsti dal diritto internazionale umanitario, rappresenta un singolo fatto che non può connotare tutta la vita di una organizzazione politico sociale la cui nascita è collocabile nel 1987 ( cd. Prima Intifada).
Il collegamento dell’inserimento nella black list delle due associazioni con un unico episodio non appare sufficiente nella prospettazione difensiva a configurare le finalità di terrorismo: l’associazione terroristica è tale quando persegue un programma volto al compimento di plurimi atti e non di un singolo fatto (Sez.1 n.36816 del 27/10/2020; Corte Cost. n.191 del 31/07/2020) come invece rappresentato nell’ordinanza impugnata.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione alla partecipazione dell’indagato alle descritte associazioni.
2.2.1. La ordinanza impugnata, e ancor prima l’ordinanza del Gip, non hanno fornito alcuna motivazione sulla possibilità che l’indagato partecipasse a due distinte associazioni (Hamas e Jihad islamico palestinese) e se fosse conciliabile l’apporto partecipativo a due associazioni senza spiegare con quali modalità le stesse operassero.
2.2.2.Inoltre, la partecipazione all’attività terroristica del ricorrente è stata ravvisata utilizzando massime di esperienza erronee e cioè regole di giudizio e canoni ermeneutici utilizzati per realtà fenomeniche diverse quali quella dell’IS/S, ritenendo pacificamente che la struttura organizzativa e le modalità partecipative tipizzanti quest’ultima associazione terroristica potessero valere anche per Hamas e la Jihad islamico palestinese richiamando la giurisprudenza di questa Corte quanto alle caratteristiche strutturali delle associazioni terroristiche islamiche (Cass.17079/22) senza però chiarire perché le tre distinte organizzazioni dovrebbero essere accomunate nelle finalità, nella struttura e nelle concrete
modalità organizzative e partecipative solo perché sono accomunate sotto il profilo religioso.
2.2.3. Se anche si volessero estendere le massime di esperienza e i canoni ermeneutici formatisi con riferimento all’ISIS, anche in tal caso non vi sarebbero indicati nell’ordinanza impugnata quegli elementi concreti che rivelino un contatto operativo reale e consapevole del ricorrente con la struttura, un rapporto biunivoco con l’associazione che sa di potere contare su di un soggetto e sul suo contributo.
In tal senso appare insufficiente, nonché illogica la valorizzazione nell’ordinanza impugnata del contatto tra l’indagato e COGNOME autore dell’attentato dell’ottobre 2023 a Bruxelles, rivendicato dallo Stato Islamico, sia perché privo di una precisa collocazione temporale, sia perché enfatizza il rapporto del ricorrente con un soggetto riconducibile ad una diversa realtà associativa, quale l’ISIS.
2.2.4. La conversazione intercorsa tra l’indagato e tale NOME COGNOME con la quale il primo avrebbe approvato l’azione terroristica di Bruxelles e avrebbe chiesto notizie dell’attentatore sperando che fosse sopravvissuto è stata frutto di una errata interpretazione.
2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione alla fattispecie di cui all’art.414 cod. pen.
Il delitto di istigazione a delinquere secondo le più recenti pronunzie di questa Corte si configura quale reato di pericolo concreto, non essendo sufficiente ai fini della configurabilità dello stesso la esternazione di un giudizio positivo di un episodio criminoso per quanto riprovevole e odioso, ma essendo necessario uno specifico comportamento dell’agente che determini il concreto rischio della commissione di reati lesivi di interessi omologhi a quelli offesi dal crimine approvato.
È penalmente rilevante solo l’istigazione che, sulla base di un giudizio ex ante e in concreto, si riveli idonea ad indurre in un intervallo temporaneo ristretto taluni a commettere un reato.
Sul punto il Tribunale del Riesame, dopo avere riferito i principi di diritto enunciati, non si è confrontato con lo specifico caso ed in particolare non ha chiarito quale fosse il pericolo concreto e attuale rispetto alle condotte poste in essere dal ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.
Va premesso che in tema di misure cautelari personali, i gravi indizi di colpevolezza non sono altro che “una prova allo stato degli atti”, valutata dal giudice allorché la formazione del materiale probatorio è ancora in itinere e non è stato sottoposto al vaglio del contraddittorio dibattimentale ed è precisamente questo aspetto dinamico e non la loro differente capacità dimostrativa a contraddistinguerli rispetto alla prova idonea a giustificare la pronuncia di condanna. (Sez.1, n. 19867 del 04/05/2005, COGNOME, Rv. 232601).
2.11 primo motivo è manifestamente infondato.
La ordinanza impugnata ha operato buon governo dei principi fissati da questa Corte secondo cui:
in tema di associazioni con finalità di terrorismo internazionale, l’inclusione di un’organizzazione negli elenchi di associazioni terroristiche stilati dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, a seguito della risoluzione del 15 ottobre 1999 n. 1267, è un elemento valorizzabile soltanto quale spunto investigativo, ma non può mai assumere, di per sé, valore di prova della finalità di terrorismo svolta dalla associazione stessa (Sez.1, n.1072 del 11/10/2006, dep.2007, Bouhaya, Rv. 235291);
-in tema di associazioni con finalità di terrorismo internazionale, la natura di associazione terroristica si ricava non solo dall’inclusione dell’organizzazione negli elenchi di associazioni terroristiche stilati dagli organismi sovranazionali, ma anche dalla disamina del concreto manifestarsi dell’organizzazione stessa alla stregua degli indici descrittivi fattuali indicati dall’art. 270-sexies cod. pen. (Sez. 5, n. 10380 del 07/02/2019, Koraiki, Rv. 277239);
-in tema di associazioni con finalità di terrorismo internazionale, l’inserimento di una organizzazione nella c.d. “black list” stilata dagli organismi sovranazionali non è sufficiente a qualificarne la natura terroristica, bensì rappresenta un elemento indiziario da valutare in concreto, unitamente alle altre emergenze istruttorie. (Sez. 6 n. 32712 del 11/07/2024, COGNOME, Ry. 286860).
Al riguardo, con motivazione immune da vizi logici, l’ordinanza ha ravvisato, quali ulteriori elementi di conferma e riscontro della sussistenza della finalità indicata dall’art.270 bis cod. pen. delle associazioni, oltre alle condotte descritte nel capo provvisorio sub A), anche il compimento dei plurimi e gravi fatti del 7 ottobre 2023, che risultano essere stati peraltro oggetto della contestata esaltazione e propaganda da parte dell’indagato nella imputazione provvisoria di cui al capo B).
Il secondo motivo di ricorso risulta fondato.
2.1. La motivazione della ordinanza impugnata (p.5. e ss.) ha evidenziato la gravità indiziaria quanto alle condotte in cui si sarebbe sostanziata la partecipazione dell’indagato all’associazione, valorizzando:
la condivisione sul profilo Facebook di post, video e foto inneggianti alla Jihad islamica e più specificamente alle azioni terroristiche condotte da Hamas;
la instaurazione di una serie di contatti con altri soggetti operanti nell’ambito di attività terroristiche riconducibili ad Hamas, al Jihad islamico palestinese, alle Brigate Al Quds e al cd. Stato islamico con particolare riguardo al contatto con COGNOME autore dell’attentato terroristico contro civili a Bruxelles nell’ottobre 2023 rivendicato dallo Stato islamico;
la detenzione di ingente materiale propagandistico della Jihad;
la pubblicazione di post ritraenti armi ed in particolare una pistola e un fucile di assalto.
2.2. Le doglianze difensive si concentrano principalmente sull’assenza di “contatti operativi” del ricorrente con la struttura associativa: al riguardo, l’unico contatto che emerge dall’ordinanza impugnata è quello con COGNOME. Vi era stato un incontro tra questi e il ricorrente in Abruzzo, non collocato dal punto di vista temporale, prima che COGNOME si trasferisse in Belgio e i due risultavano condividere “l’amicizia” sul social Facebook. All’alba del giorno successivo all’attentato in Bruxelles del 17 ottobre 2023 il ricorrente, nel conversare via social con tale NOME COGNOME discuteva delle sorti dell’attentatore, mostrando il suo interesse.
2.3. La questione riguarda i requisiti minimi di materialità della condotta e il connesso profilo della prova di una condotta di partecipazione ai sensi dell’art.270 bis cod. pen.
Rispetto a siffatta specifica censura relativa ai presupposti per il riconoscimento della partecipazione all’associazione terroristica e alla necessità di un rapporto “biunivoco” con la “casa madre”, la motivazione dell’ordinanza impugnata non appare, ad avviso del collegio, immune dalle censure mosse.
2.3.1.Questa Corte ha infatti chiarito che in tema di associazione con finalità di terrorismo, di cui all’art.270-bis cod. pen., la partecipazione all’Isis o, comunque, ad analoghe associazioni internazionali di matrice islamica che propongono una formula di adesione “aperta”, può essere desunta, in fase cautelare, dai propositi di partire per combattere gli “infedeli”, dalla dichiarata vocazione al martirio e dall’opera di indottrinamento, a condizione che l’azione del singolo si innesti nella struttura organizzata, cioè che esista un contatto operativo, un legame, anche flebile, ma concreto tra il singolo e l’organizzazione che, in tal modo, abbia consapevolezza, anche indiretta, dell’adesione da parte del soggetto agente (Sez. 6, n. 14503 del 19/12/2017, dep.2018, Messaoudi, Rv. 272730).
La sentenza richiamata ha, altresì, chiarito che, in tema di associazione con finalità di terrorismo operanti a livello internazionale (nel caso di specie l’Isis), l’inserimento del singolo in una struttura associativa “locale” non implica
automaticamente la prova della sua partecipazione al gruppo “madre” internazionale, in assenza della dimostrazione dell’esistenza di un contatto anche indiretto ma reale, non putativo, ulteriore rispetto alla mera adesione ideologica a valori comuni.
Il principio è stato riaffermato nella giurisprudenza successiva di questa Corte (Sez. 6 n. 40348 del 23/02/2018, COGNOME, Rv. 274217 che ha ritenuto qualificante la esistenza di ripetuti e costanti contatti con due diverse persone partite per combattere in Siria, in un contesto di connessione con soggetti anche direttamente legati all’organizzazione terroristica internazionale; Sez. 5 n. 8891 del 18/12/2020, dep.2021, COGNOME, Rv. 280750 che ha richiesto la sussistenza di contatti con livelli intermedi o propaggini finali, anche “mediatamente” e flebilmente riconducibili alla “casa madre”, purché idonei a dare una qualche consapevolezza, anche indiretta, della sua adesione).
2.3.2. In coerenza con la necessità di distinguere la mera adesione ideologica alle finalità associative dalla effettiva partecipazione, alcune pronunzie hanno poi ulteriormente specificato che non può considerarsi sufficiente la volontà del soggetto di aderire e dare il proprio concreto supporto alla realizzazione degli obiettivi del sodalizio, ma è necessaria anche la sua consapevolezza, sia pur mediata o indiretta, di tale adesione da parte del gruppo (Sez.6 n. 5471 del 17/11/2020, Benamir, dep.2021, Rv. 280835 che ha individuato, quali indici univocamente rivelatori dell’inserimento, la partecipazione in rete a gruppi chiusi di condivisione della ideologia jihadista, la ricezione dall’ufficio informazioni dello Stato islamico di filmati di esaltazione delle missioni suicide, la disponibilità di un cellulare utilizzabile come innesco di ordigni esplosivi e la dichiarata appartenenza a tale organizzazione, intercettata in carcere e riscontrata dalle segnalazioni allo “Schenghen Information System”).
2.4. L’ordinanza impugnata, nel descrivere la condotta dell’indagato, ha ricavato la sussistenza del suo contatto con l’organizzazione e la conseguente consapevolezza dell’associazione medesima dell’adesione da parte del soggetto agente unicamente dal rapporto con COGNOME.
Tale contatto si sarebbe concretizzato nella condivisione dell’amicizia sul social Facebook e in un incontro in Italia prima che COGNOME si trasferisse all’estero.
Alla luce della giurisprudenza richiamata siffatte argomentazioni non appaiono sufficienti, al fine della configurazione dei gravi indizi di colpevolezza, in punto di partecipazione all’associazione.
La motivazione dell’ordinanza impugnata risulta, ad esempio, carente nella valutazione del “contatto” in punto di continuità e contenuti qualificanti o anche
nella esplicazione delle ragioni in base alle quali COGNOME rappresentava un contatto con “l’associazione madre”.
2.4.1. L’ordinanza va dunque annullata per nuovo giudizio affinché il giudice del rinvio valuti se le condotte attribuite all’indagato nella contestazione provvisoria di cui al capo A) consentano, ai fini cautelari, di ravvisare la sua partecipazione all’associazione descritta.
Il terzo motivo, concernente il delitto di cui all’art. 414 cod. pen., è privo di specificità, nonché manifestamente infondato.
Dopo avere richiamato genericamente i principi affermati da questa Corte in ordine alla natura dell’art.414 cod. pen. di reato di pericolo concreto, il motivo non si confronta:
con il contenuto dell’ordinanza impugnata che ravvisa la gravità indiziaria in ordine alla contestazione cautelare provvisoria sub B) nella condivisione da parte dell’indagato sui soda! network di link e di materiale jihadista di propaganda;
con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui integra il reato di apologia riguardante delitti di terrorismo la condotta di chi condivide su “social network” (nella specie “Twitter” e “WhatsApp”) “link” a materiale “jihadista” di propaganda, senza pubblicarli in via autonoma, in quanto, potenziando la diffusione di detto materiale, accresce il pericolo, non solo di emulazione di atti di violenza, ma anche di adesione, in forme aperte e fluide, all’associazione terroristica che li propugna. (Sez. 1, n. 51654 del 09/10/2018, NOME, Rv. 274985); la diffusione di documenti di contenuto apologetico mediante il loro inserimento sulla piattaforma internet denominata “Soundcloud”, in considerazione sia della natura di organizzazioni terroristiche, rilevanti ai sensi dell’art. 270-bis cod. pen., delle consorterie di ispirazione jihadista operanti su scala internazionale, sia della potenzialità diffusiva indefinita di tale modalità comunicativa (Sez. 5, n. 1970 del 26/09/2018, dep.2019, COGNOME, Rv. 276453).
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato, limitatamente al reato di cui all’art. 270bis cod. pen., con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di L’aquila – sezione Riesame.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2024
Il consiciliereensore ,.. )
Il Presidente