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Partecipazione associazione narcotraffico: la prova

La Corte di Cassazione annulla un’ordinanza di custodia cautelare per un imputato accusato di partecipazione associazione narcotraffico. La Corte ha ritenuto le prove, basate principalmente su dichiarazioni generiche di collaboratori di giustizia, insufficienti a dimostrare un ruolo concreto e stabile dell’individuo all’interno del sodalizio. Inoltre, è stato sottolineato come il notevole tempo trascorso dai fatti contestati indebolisca la presunzione di pericolosità sociale, elemento fondamentale per l’applicazione di misure restrittive.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione Associazione Narcotraffico: Quando la Prova è Insufficiente?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 47571 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: i requisiti probatori necessari per configurare la partecipazione associazione narcotraffico e per giustificare l’applicazione della custodia cautelare in carcere. La decisione annulla con rinvio un’ordinanza restrittiva, sottolineando l’importanza di una motivazione rigorosa che vada oltre le dichiarazioni generiche e valuti attentamente il fattore tempo.

Il Caso: Accusa di Partecipazione ad Associazione di Narcotraffico

Un individuo veniva sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere con l’accusa di aver partecipato a un’associazione dedita al traffico di stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso. L’accusa si basava principalmente sulle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia e su intercettazioni. Il Tribunale del riesame confermava la misura, ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza.

La difesa, tuttavia, presentava ricorso in Cassazione, lamentando diversi vizi. In particolare, si contestava che le dichiarazioni dei collaboratori fossero generiche, prive di riscontri specifici e relative a singoli episodi slegati tra loro, insufficienti a dimostrare un inserimento stabile e consapevole dell’indagato nel sodalizio criminale (la cosiddetta affectio societatis).

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorso si articolava su quattro punti principali:
1. Difetto di autonoma valutazione: Si contestava all’ordinanza originaria di non aver valutato autonomamente il materiale indiziario.
2. Insussistenza dei gravi indizi: Le dichiarazioni dei collaboratori erano ritenute generiche, descrivendo al più episodi di spaccio e un rapporto di vicinanza con il capo del gruppo, ma non una vera e propria partecipazione strutturata.
3. Insussistenza delle aggravanti: Mancava la prova della consapevolezza della disponibilità di armi da parte dell’associazione e del dolo specifico di agevolare un’organizzazione mafiosa.
4. Carenza delle esigenze cautelari: La motivazione sulla pericolosità sociale era considerata carente, non tenendo conto della posizione specifica dell’indagato, del tempo trascorso dai fatti (risalenti al 2017) e del suo trasferimento in un’altra regione.

La Decisione della Corte: La prova della partecipazione associazione narcotraffico

La Corte di Cassazione ha accolto il secondo e il quarto motivo di ricorso, ritenendoli fondati e assorbenti rispetto agli altri. La Suprema Corte ha censurato la motivazione del Tribunale, giudicandola assertiva e lacunosa.

Le Motivazioni della Corte

Secondo gli Ermellini, le dichiarazioni dei collaboratori, per quanto indicative di un’attività di spaccio, risultavano generiche. Descrivevano l’indagato come uno spacciatore che operava con soggetti diversi in tempi diversi, ma non fornivano elementi concreti per affermare il suo inserimento stabile nell’organigramma associativo con un ruolo definito, men che meno ‘di primo piano’ come affermato dal Tribunale. La Corte ha richiamato il suo consolidato orientamento secondo cui, per integrare la partecipazione associazione narcotraffico, non basta la mera disponibilità a cedere sostanze per conto del sodalizio. È necessario dimostrare che l’agente agisca avvalendosi delle risorse dell’organizzazione, con la coscienza e la volontà di farne parte e di contribuire al suo mantenimento.

Inoltre, la Corte ha dato peso all’assenza di contestazioni per reati-fine, un elemento che, pur non essendo decisivo, indebolisce il quadro indiziario relativo alla partecipazione. Di fronte a ‘scarni contributi’, il Tribunale avrebbe dovuto spiegare in modo più approfondito le ragioni per cui riteneva provato un contributo concreto e fattuale dell’indagato all’associazione. Per queste ragioni, la Corte ha annullato l’ordinanza, rinviando gli atti al Tribunale di Catanzaro per un nuovo giudizio che colmi tali lacune motivazionali.

Anche riguardo alle esigenze cautelari, la Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso. Si è evidenziato che i fatti contestati risalivano al 2017 e che da allora non erano emersi contatti significativi con gli altri presunti sodali. La giurisprudenza di legittimità è chiara nel sostenere che il tempo trascorso, se privo di ulteriori condotte sintomatiche di pericolosità, deve essere considerato un elemento fondamentale per superare la presunzione di pericolosità sociale. Il lungo lasso temporale può rientrare tra ‘gli elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari’, imponendo al giudice una valutazione concreta e attuale del pericolo di reiterazione del reato.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce due principi fondamentali in materia di misure cautelari per reati associativi. Primo, la prova della partecipazione associazione narcotraffico richiede più di semplici dichiarazioni de relato o la descrizione di episodi isolati; necessita di elementi fattuali che dimostrino un inserimento stabile e consapevole nella struttura criminale. Secondo, la valutazione delle esigenze cautelari non può essere astratta o basata su presunzioni assolute, ma deve essere ancorata all’attualità e concretezza del pericolo, tenendo in debita considerazione fattori come il tempo trascorso dai fatti e la condotta successiva dell’indagato.

Quando le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono sufficienti per una misura cautelare per associazione a delinquere?
Non sono sufficienti quando sono generiche, esprimono solo un’attività di spaccio con soggetti diversi e in tempi indefiniti, e mancano di elementi concreti che dimostrino un contributo fattuale e un inserimento stabile dell’indagato nell’organigramma associativo.

Cosa significa concretamente “partecipazione” in un’associazione per il narcotraffico secondo la Cassazione?
Significa avere la stabile disponibilità alla cessione di stupefacenti per conto dell’organizzazione, agendo avvalendosi delle sue risorse e con la coscienza e la volontà di farne parte e di contribuire al suo mantenimento. Non è sufficiente compiere singoli atti di spaccio, anche se per conto di un membro dell’associazione.

Il tempo trascorso dai fatti può annullare la necessità di una misura cautelare?
Sì. Secondo la sentenza, un rilevante arco temporale trascorso dai fatti contestati, privo di ulteriori condotte che indichino una perdurante pericolosità, è un elemento che il giudice deve espressamente considerare per valutare il superamento della presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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