Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15162 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15162 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FRANCAVILLA FONTANA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/11/2023 del TRIBUNALE di LECCE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; udito il difensore, AVV_NOTAIO, del foro di Lecce, che dopo breve discussione ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATrO
Il Tribunale di Lecce, in funzione di giudice del riesame, con ordinanza del 24/11/2023, decidendo in sede di annullamento con rinvio, confermava l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce il 17/3/2023 che aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME.
L’indagato, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. con riferimento agli artt. 623, comma 1, lett. a) e 627 cod. proc. pen., nonché motivazione illogica e contraddittoria in relazione alla partecipazione all’associazione di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90. Evidenzia che la Corte territoriale non ha fatto buon governo dei principi di diritto enunciati da questa Corte nella sentenza n. 45512 del 6/10/2023, che aveva annullato con
rinvio l’ordinanza del Tribunale del riesame di Lecce del 21/4/2023, censurando la motivazione del provvedimento impugnato nella parte in cui apoditticamente aveva ritenuto la partecipazione del ricorrente al sodalizio finalizzato al traffico d sostanze stupefacenti facente capo a NOME COGNOME ed ai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME. Ritiene il difensore che il provvedimento impugnato abbia svalutato il dato cronologico relativo al non integrale allineamento della vita della associazione e gli episodi di cessione ascritti al COGNOME, dato questo al quale era stato attribuito significativo rilievo nel provvedimento di annullamento con rinvio; che il contenuto della intercettazione ambientale del 28/10/2020 non depone nel senso dello stabile inserimento dell’odierno ricorrente nel sodalizio dedito al narcotraffico di cui si discute, evidenziando piuttosto la necessità per il COGNOME di acquisire la fiducia dei compratori per non perderli come clienti; che sia stato del tutto ignorato l’altro punto evidenziato dalla sentenza di annullamento con rinvio relativo alla differenza geografica tra il luogo di azione dell’associazione (Sava) e quello in cui si muoveva il ricorrente (Francavilla Fontana); che non sia stata considerata la circostanza per cui nessuno dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ha menzionato l’imputato tra gli associati; che, in definitiva, sussiste un quadro indiziario grave solo con riferimento alle plurime cessioni di sostanza stupefacente contestate.
2.1 Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 274 cod. proc. pen., nonché illogicità della motivazione in ordine alla inadeguatezza della misura cautelare meno afflittiva. Rileva che il Tribunale non ha tenuto conto del significativo periodo di tempo trascorso rispetto ai fatti e che il ruolo di fornitore sarebbe comunque neutralizzato con la misura meno afflittiva; che, dunque, l’utilizzo di formule di stile ed un mero richiamo ai precedenti penali ed alla gravità della condotta non soddisfano l’onere motivazionale cui è tenuto il Tribunale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere respinto.
1.1 Invero, infondato è il primo motivo, atteso che il Tribunale ha valorizzato elementi che consentono di superare le criticità evidenziate dalla sentenza di annullamento con rinvio n. 45512 del 6/10/2023.
In particolare, quanto alla totale sovrapponibilità temporale tra le singole ipotesi di cessione e l’operatività del sodalizio, si osserva che dalla motivazione del provvedimento impugnato risulta confermato il dato per cui l’associazione dedita al narcotraffico si è manifestata nell’aprile del 2020, proprio in concomitanza con la prima fornitura posta in essere dall’odierno ricorrente,
avendo specificato i giudici del riesame che nel marzo 2019, all’atto della scarcerazione, NOME COGNOME aveva iniziato un’opera di riorganizzazione del sodalizio e si era adoperato per riprendere il controllo del territorio, anche con riferimento all’attività di cessione di sostanze stupefacenti, che pretendeva fosse effettuata sotto la sua egida.
Quanto all’entità delle forniture ed alla stabilità delle stesse, il Tribunale ha messo in rilievo come il volume di affari sviluppato fosse rilevante (il prezzo della fornitura di cui al capo 4 ammonta a sessantacinque mila euro) e come per il periodo in contestazione il COGNOME fosse stato il punto di riferimento del sodalizio per quanto attiene alle forniture di sostanza stupefacente; che ciò ha comportato che l’associazione, quando aveva necessità di rifornirsi di stupefacente, non doveva mettersi alla ricerca di un fornitore o trattare con più di essi, potendo contare sui servigi dell’odierno ricorrente, che costituiva un punto fermo di particolare affidabilità.
Tali ultime considerazioni rendono priva di rilievo la diversa area di operatività del sodalizio rispetto a quella del COGNOME, in considerazione dell’accordo preesistente (che – come si è accennato – prevedeva che uno degli associati, NOME COGNOME, si recasse a Francavilla Fontana per concordare quantitativo e prezzo dello stupefacente) e della circostanza per cui, quando si presentava la necessità, il ricorrente si portava in Sava per interloquire con i vertici del sodalizio.
Ritiene, altresì, il Collegio che risulti del tutto plausibile l’interpretazi della conversazione intercettata il 28/10/2020 tra il COGNOME ed il COGNOME, avvenuta in occasione della contestazione della qualità di una fornitura di sostanza stupefacente, come offerta dal Tribunale, che dimostra l’intraneità dell’imputato alle logiche del gruppo criminale, tenuto conto che il COGNOME veniva condotto nella base operativa del sodalizio per incontrarsi con i vertici dello stesso e successivamente veniva messo al corrente dei luoghi in cui i singoli associati erano reperibili in caso di necessità. Trattasi di motivazione congrua ed immune da vizi logici, che dunque non è censurabile in sede di legittimità. Del resto, sul punto la difesa si è limitata ad offrire u interpretazione alternativa dei fatti che non è ammessa in questa sede.
Giova a tale ultimo proposito evidenziare che la giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata nel ritenere che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto ch
governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sezioni Unite, n. 11 del 22/3/2000, Audino, Rv. 215828 – 01) e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sezione 2, n. 27866 del 17/6/2019, Mazzelli, Rv. 276976 – 01). In altri termini, l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. (e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice) è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, con la conseguenza che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori: sono, dunque, inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito, atteso che trattasi di censure non riconducibili alle tipologie di vizi della motivazione tassativamente indicate dalla legge (Sezione 2, n. 31553 del 17/5/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sezione 4, n. 18795 del 2/3/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01; Sezione 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244 – 01; Sezione 7, ord. n. 12406 del 19/2/2015, COGNOME, Rv. 262948 – 01; Sezione Feriale, n. 47748 del 11/8/2014, COGNOME, Rv. 261400 – 01). Dunque, nel momento del controllo della motivazione, non si deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né si deve condividerne la giustificazione, dovendosi, invece, limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento: ciò in quanto l’art. 606, comma primo, lett. e) del cod. proc. pen. non consente alla Corte una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (Sezioni Unite, n. 12 del 31/5/2000, COGNOME, Rv. 216260 – 01; Sezioni Unite, n. 47289 del 24.9.2003, COGNOME, Rv. 226074 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2 II secondo motivo è manifestamente infondato.
L’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., invero, prevede per il reato di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90 l’applicazione della misura custodiale intramuraria, a meno che siano acquisiti elementi dai quali risulti l’insussistenza delle esigenze cautelari ovvero che in relazione al caso concreto i pericula libertatis possano essere soddisfatti con altre misure cautelari meno afflittive. Orbene, il Tribunale ha congruamente motivato in punto di sussistenza delle esigenze cautelari, valorizzando per un verso la gravità dei fatti, desunta dai quantitativi di
stupefacente trattati e dalla reiterazione delle forniture e per altro verso la allarmante personalità del ricorrente, che risulta gravato da plurimi precedenti penali, anche specifici. Rispetto a tali circostanze il lasso temporale intercorso tra l’adozione della misura e la commissione dei fatti è stato ritenuto recessivo, così come è stato evidenziato, quanto al profilo dell’adeguatezza del presidio cautelare, che la personalità trasgressiva del COGNOME non dà garanzie in ordine al rispetto delle prescrizioni connesse alla misura meno afflittiva.
Tale motivazione, ad avviso del Collegio, non può ritenersi illogica o meramente apparente, posto che contiene tutti i requisiti per rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice del provvedimento impugnato.
Al rigetto del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il giorno 7 febbraio 2024.