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Partecipazione associazione narcotraffico: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato contro la custodia cautelare in carcere, confermando la gravità degli indizi per la sua partecipazione a un’associazione per il narcotraffico. La Corte ha stabilito che elementi come il possesso delle chiavi della base operativa e il ruolo di vedetta dimostrano un inserimento stabile nell’organizzazione, superando la tesi di un coinvolgimento meramente episodico. È stato inoltre ribadito che lo stato di detenzione per altra causa non esclude le esigenze cautelari per nuovi reati.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione Associazione Narcotraffico: Quando il Contributo non è più Episodico

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 2473/2024, offre chiarimenti cruciali sulla distinzione tra concorso di persone nel reato e la più grave accusa di partecipazione associazione narcotraffico. La Corte, confermando la custodia cautelare per un indagato, ha delineato i criteri per valutare l’inserimento stabile di un soggetto in un sodalizio criminale, basandosi su elementi concreti che vanno oltre la semplice commissione di singoli episodi di spaccio.

I Fatti del Ricorso

Il caso riguarda un individuo accusato di far parte di un’associazione dedita al narcotraffico operante in una nota area del centro storico di Napoli. Secondo l’accusa, egli agiva come spacciatore stabile all’interno di una “piazza di spaccio” gestita da una figura di vertice dell’organizzazione criminale. Il Tribunale del riesame di Napoli aveva confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza.

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione su due fronti principali.

I Motivi dell’Appello

Il ricorrente ha avanzato due principali motivi di doglianza:

1. Errata qualificazione del reato: La difesa sosteneva che la partecipazione all’associazione fosse stata desunta erroneamente dai soli reati di spaccio contestati. Si argomentava che il contributo dell’indagato fosse meramente episodico e non supportato da un vero e proprio pactum sceleris (accordo criminale) o da un’affectio societatis (volontà di far parte del sodalizio). La condotta, secondo il difensore, avrebbe dovuto essere inquadrata al massimo come concorso esterno o concorso semplice nel reato (ex art. 110 c.p.) e non come partecipazione piena.
2. Insussistenza delle esigenze cautelari: Il secondo motivo criticava la necessità della custodia in carcere. La difesa evidenziava che l’indagato era già detenuto per altra causa al momento della notifica della misura, sostenendo quindi la mancanza di un’occasione concreta e prossima per la reiterazione dei reati.

La Decisione della Cassazione sulla partecipazione associazione narcotraffico

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato in entrambi i motivi. Gli Ermellini hanno chiarito che il loro ruolo non è quello di riesaminare il merito delle prove, ma di verificare la logicità e la coerenza giuridica della motivazione del provvedimento impugnato. In questo caso, la decisione del Tribunale del riesame è stata giudicata pienamente corretta.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che il Tribunale del riesame non si è limitato a valorizzare i singoli episodi di spaccio (i cosiddetti “reati fine”), ma ha analizzato il contesto operativo complessivo. Sono stati considerati decisivi diversi elementi che dimostravano un inserimento organico e stabile dell’indagato nell’associazione. Tra questi:

* La costante presenza nella base logistica dell’organizzazione, un’abitazione usata per preparare e vendere la droga.
* Il possesso delle chiavi di tale abitazione, un dettaglio che indica un livello di fiducia e un ruolo non occasionale.
* L’arresto in flagranza all’interno della stessa abitazione con un quantitativo di cocaina.
* Lo svolgimento del ruolo di “vedetta”, una funzione tipica di tutela degli interessi del gruppo criminale.

Questi fattori, nel loro insieme, delineano un quadro di contributo attivo e consapevole alla vita e agli scopi dell’associazione, che va ben oltre la collaborazione sporadica. La condotta è stata quindi correttamente qualificata come partecipazione associazione narcotraffico.

Per quanto riguarda le esigenze cautelari, la Cassazione ha ribadito il principio secondo cui la presunzione di pericolosità prevista per i reati associativi (art. 275, comma 3, c.p.p.) è pienamente operante. Lo stato di detenzione per altra causa non è un ostacolo all’applicazione di una nuova misura, poiché l’ordinamento penitenziario non esclude in assoluto la possibilità per il detenuto di riacquistare, anche temporaneamente, la libertà e, di conseguenza, di riprendere i contatti con l’ambiente criminale.

Le Conclusioni

La sentenza n. 2473/2024 consolida un importante principio giurisprudenziale: per determinare la partecipazione a un’associazione criminale, il giudice deve valutare non solo gli atti illeciti compiuti, ma l’insieme delle condotte che rivelano l’inserimento funzionale dell’individuo nella struttura organizzativa. Elementi come la disponibilità dei luoghi, la fiducia accordata dai vertici e l’assunzione di ruoli specifici sono indizi gravi, precisi e concordanti che giustificano l’accusa di partecipazione associativa e le relative misure cautelari.

Quali elementi distinguono la partecipazione ad un’associazione per narcotraffico dal semplice concorso nello spaccio?
La partecipazione si configura quando il contributo non è episodico ma stabile e funzionale agli scopi del gruppo. Elementi come la presenza costante nella base operativa, il possesso delle chiavi, l’assunzione di ruoli specifici (come la vedetta) e la fiducia dei vertici dimostrano un inserimento organico nell’associazione, superando la mera complicità in singoli episodi.

Lo stato di detenzione per un altro reato impedisce l’applicazione di una nuova misura di custodia cautelare in carcere?
No. Secondo la Cassazione, lo stato di detenzione per altra causa non elimina le esigenze cautelari, come il pericolo di reiterazione del reato. L’ordinamento penitenziario non esclude in modo assoluto la possibilità che il detenuto possa riacquistare la libertà, anche per brevi periodi, e riprendere i contatti con l’organizzazione criminale.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nel valutare i gravi indizi di colpevolezza per una misura cautelare?
La Corte di Cassazione non riesamina le prove nel merito, ma si limita a un controllo di legittimità. Il suo compito è verificare che la decisione del giudice precedente (in questo caso, il Tribunale del riesame) sia basata su una motivazione logica, coerente e non in contrasto con i principi di diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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