Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2473 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2473 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
udito il difensore, AVV_NOTAIO, che insiste per l’accoglimento del sul ricorso proposto da: NOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 20/06/2023 del Tribunale di Napoli visti gli atti, l’ordinanza impugnata ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, per il tramite del difensore, ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli, adito ex art. 309 cod. proc. pen., che ha confermato la custodia cautelare in carcere disposta dal Giudice delle indagini preliminari in ordine ai delitti di cui agli artt. 74 (capo 2, in cui è stato ricompr il capo 2-bis) e 73 (capi 3, 6 e 8) del d.P.R. n. 309 del 1990.
NOME COGNOME è gravemente indiziato di far parte dell’RAGIONE_SOCIALE dedita al RAGIONE_SOCIALE operante nella zona centrale della città di Napoli, nota come
“Quartieri Spagnoli”, con a capo, in quanto facente parte del “Triumvirato” (che ricomprende anche le figure di NOME COGNOME ed NOME COGNOME, della collaterale famiglia RAGIONE_SOCIALE), NOME COGNOME, referente della “piazza di spaccio” allocata in INDIRIZZO; vengono provvisoriamente contestati i reati fine di cessione e vendita, anche in concorso con altri sodali, di sostanza stupefacente del tipo cocaina ex artt. 110 cod. pen. 73, comma 1, d.P.R. cit. (capi 3, 6 e 8).
1.2. Il Tribunale ha ritenuto di confermare la valutazione operata dal Giudice delle indagini preliminari di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in merito alla partecipazione del COGNOME, che avrebbe svolto il ruolo di stabile spacciatore nell’ambito di un’RAGIONE_SOCIALE dedita al RAGIONE_SOCIALE ex artt. 73 e 74 d.P.R. cit., operante nel centro storico di Napoli, nei cosiddetti “Quartieri Spagnoli” ed in particolare all’interno dell’abitazione in uso a NOME COGNOME, soggetto ritenuto al vertice del sodalizio delitto al RAGIONE_SOCIALE ed a sua volta inserito nell’ambit della collaterale RAGIONE_SOCIALE operativa sullo stesso contesto territoriale.
La difesa di NOME COGNOME deduce due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo deduce vizi di motivazione e violazione di legge quanto alla ritenuta partecipazione all’RAGIONE_SOCIALE di cui all’art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990.
Il Tribunale ha desunto la partecipazione del COGNOME all’RAGIONE_SOCIALE dedita al RAGIONE_SOCIALE unicamente dai reati fine in ordine ai quali, tra l’altro, la difesa aveva avuto modo di spiegare che i fatti di cui al capo 3 fossero oggetto di distinto procedimento, seppure non definitivo, e gli altri delitti contestati non avessero legami con il contesto associativo, in quanto commessi in forma autonoma o, al più, in concorso con altri soggetti (capi 6 e 8), atteso che COGNOME NOME, che concorre con il ricorrente in merito ai fatti contestati in via provvisoria al capo 8 non è tra le persone ritenute partecipi dell’RAGIONE_SOCIALE ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
L’apporto fornito dal ricorrente all’RAGIONE_SOCIALE che si afferma essere operante nel centro di Napoli può, semmai, integrare l’ipotesi concorsuale ex art. 110 cod. pen. e non anche quella contestata, che presuppone un pactum sceleris e una affectio societatis insussistente nel caso di specie.
Il contributo del ricorrente, infatti, presenta carattere meramente episodico, con conseguente assenza del necessario elemento soggettivo, laddove è richiesta la coscienza e volontà di partecipare e contribuire effettivamente alla stabilità e permanenza della struttura organizzativa ed alla realizzazione dei reati fine programmati.
2.2. Con il secondo motivo si deducono vizi di motivazione e violazione di legge in ordine alle ritenute esigenze cautelari ex art. 274 cod. proc. pen., tenuto conto che il ricorrente è stato raggiunto dalla notifica della misura cautelare impugnata allorché era detenuto per l’espiazione di una pena a titolo definitivo.
Nel caso di specie non sussistono le esigenze cautelari che la giurisprudenza di legittimità afferma siano concrete ed attuali quando all’imputato si presenti effettivamente un’occasione prossima per compiere ulteriori delitti della stessa specie (Sez. 6, n. 24477 del 04/05/2016, Sanzogni, Rv. 267091).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, in quanto infondato, deve essere rigettato.
Quanto al primo motivo si precisa che il ricorrente rivolge censure unicamente alla parte della decisione che ha confermato la gravità indiziaria in ordine al delitto di cui all’art. 74 d.P.R. cit. e non anche in merito ai reati fine c vengono evocati per confutare la valorizzazione che ne ha operato il Tribunale del riesame.
Ciò precisato, deve ribadirsi l’ormai pacifico principio di diritto espresso da questa Corte secondo cui, allorché sia denunciato con ricorso per cassazione il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare se la decisione impugnata abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto il collegio ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460); deve qualificarsi inammissibile il motivo che si risolva nella censura di non aver preso in esame alcuni o tutti i singoli elementi risultanti in atti, poiché costituisce una censura afferente al merito della decisione, in quanto implicitamente teso a far valere una differente interpretazione del quadro indiziario, sulla base di una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad altri (Sez. 5, n. 2459 del 17/04/2000, Garasto L, Rv. 216367) o una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884).
Alla luce di quanto sopra evidenziato, non risulta manifestamente illogica la motivazione del Tribunale in merito alle ragioni che hanno fatto ritenere sussistenti
i gravi indizi di colpevolezza in ordine alla partecipazione al sodalizio dedito al RAGIONE_SOCIALE.
Invero, il Collegio della cautela, pur avendo inteso valorizzare i reati fine, ha innanzitutto dato conto delle modalità operative attraverso cui agiva l’RAGIONE_SOCIALE ex art. 74 d.P.R. cit. nell’ambito della più ampia famiglia RAGIONE_SOCIALE contestata al capo 1, che vedeva al vertice NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; ha rilevato come NOME COGNOME, in detto contesto, gestisse la piazza di spaccio sita nel centro storico della città di Napoli con particolare riferimento ai “Quartieri Spagnoli”, per poi rilevare come le concrete modalità attraverso cui veniva gestito il traffico di sostanze stupefacenti dall’abitazione del COGNOME sita al INDIRIZZO, monitorata attraverso la predisposizione di telecamere, deponessero per una stabile attività di spaccio, avente prevalentemente ad oggetto sostanza stupefacente del tipo cocaina da parte di tutti coloro che gravitavano intorno a detto immobile.
Il Tribunale ha preliminarmente valorizzato il dato relativo alla rodata organizzazione che prevedeva l’utilizzo di locali dedicati alla preparazione delle dosi e alla “accoglienza dei clienti”, verificando l’assegnazione di ruoli in parte fungibili a soggetti stabilmente inseriti nell’organigramma e retribuiti sia nella fase “lavorativa” sia allorché, una volta sottoposti a misura restrittiva, non esplicavano alcuna attività.
Proprio in detto contesto l’ordinanza ha valorizzato, nei confronti del ricorrente, i tre reati fine, realizzati durante la “ordinaria” ma ritenuta assorbent attività di continua ed organizzata cessione e vendita oggetto di costante osservazione. È stata, in particolare, ritenuta significativa della apprezzata gravità indiziaria in ordine alla partecipazione al sodalizio ex art. 74, d.P.R. cit. la costante presenza del NOME nell’abitazione, della quale possedeva le chiavi e nella quale era stato arrestato poiché trovato in possesso di sostanza stupefacente del tipo gi cocaina il 2 luglio 2019; egualmente significativo è stato ritenuto lo svolgimento all’occorrenza – del ruolo di “vedetta” a tutela degli interessi del gruppo (in ta senso depongono le foto riprodotte nell’ordinanza),
In tali termini delineato il contributo fornito dal ricorrente al sodalizio, corret e certo non illogica risulta la motivazione del Tribunale che, da un canto, ha ritenuto che tale organizzazione avesse i caratteri di un’attività associativa ex art. 74, d.P.R. cit., d’altro canto, ha evidenziato che la condotta del ricorrente, per come delineatasi, fosse ascrivibile al ruolo di partecipe in quanto soggetto attivo nella strutturata attività di spaccio in ordine alla quale è stata assegnata rilevanza ai reati fine sì come ritenuti significativi della intraneità alla compagine. f
Infondate risultano le critiche veicolate attraverso il secondo motivo, con cui si rivolgono censure in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura cautelare in carcere.
Non deve essere trascurato che l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. prevede una presunzione relativa sia in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, sia in ordine all’adeguatezza della misura cautelare in carcere; dette presunzioni possono essere superate tramite idonee e precise allegazioni da cui possa inferirsi l’assenza del rischio di recidiva, ovvero l’adeguatezza di differente misura.
Conformemente a tale previsione, il Tribunale ha evidenziato quali fossero le esigenze cautelari da salvaguardare, dando conto della continuativa attività svolta dal ricorrente con professionalità per conto dell’organizzazione criminale e del suo inserimento nella struttura associativa; detti elementi, da un lato, hanno fatto ritenere attuale e concreto il pericolo di reiterazione dei reati di spaccio di sostanza stupefacente e, dall’altro, tenuto conto dell’inserimento nell’RAGIONE_SOCIALE e d contatti con i soggetti di vertice della stessa, adeguata la misura custodiale, quale unica forma di cautela in grado di interrompere ogni contatto con i sodali e la ripresa della condotta illecita.
A fronte di specifiche risposte fornite alle deduzioni espresse in sede di impugnazione cautelare, il ricorrente, senza neppure indicare quali passaggi della decisione sarebbero al riguardo errati o oggetto di censura, si è limitato ad evocare giurisprudenza di questa Corte non pertinente – in quanto superata ed eccentrica rispetto al titolo di reato in ordine al quale il Collegio della cautela ha ritenu sussistenti le esigenze cautelari – in materia di salvaguardia delle esigenze cautelari e di adeguatezza della scelta della misura, senza alcun concreto riferimento alla decisione che ha, invece, fornito completa e coerente risposta alle obiezioni mosse in quella sede.
Infondato risulta, altresì, l’accenno allo stato di detenuto del ricorrente all’atto della esecuzione della misura, che non prende in esame la consolidata giurisprudenza secondo cui nessuna incidenza sulle esigenze cautelari riverbera lo stato di detenzione per altra causa del destinatario di una misura coercitiva custodiale, atteso che nel vigente ordinamento penitenziario non vi sono titoli o condizioni detentive assolutamente ostativi alla possibilità di riacquistare, anche per brevi periodi, la condizione di libertà (tra le tante, cfr. Sez. 4, n. 484 de 12/11/2021, dep. 2022, Rv. 282416).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
L’attuale stato cautelare cui è sottoposto il ricorrente impone, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen., la trasmissione del presente provvedimento a cura della Cancelleria al direttore dell’Istituto penitenziario per gli adempimenti di cui al comma 1-bis dell’art. cit.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 14/12/2023.