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Partecipazione associazione narcotraffico: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per partecipazione ad un’associazione finalizzata al narcotraffico. La Corte ha stabilito che tre acquisti di sostanze, uniti ad un ruolo di gestore di una piazza di spaccio autorizzata dal clan e a un rapporto di reciproca collaborazione con i vertici, sono sufficienti a configurare una stabile partecipazione e non un semplice rapporto acquirente-fornitore. La Corte ha inoltre ritenuto irrilevante il cosiddetto ‘tempo silente’ ai fini della valutazione del pericolo di recidiva, data la continuità dell’operatività criminale dell’indagato.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione Associazione Narcotraffico: Oltre il Semplice Acquisto

La recente sentenza della Corte di Cassazione Penale analizza un caso complesso di partecipazione associazione narcotraffico, delineando i confini tra il ruolo di semplice acquirente stabile di stupefacenti e quello di partecipe a pieno titolo di un sodalizio criminale. La decisione offre spunti fondamentali sulla valutazione della gravità indiziaria e sull’attualità delle esigenze cautelari, anche a fronte di un lungo periodo di apparente inattività dell’indagato, il cosiddetto ‘tempo silente’.

I Fatti del Caso

Il Tribunale del Riesame aveva confermato la misura della custodia cautelare in carcere per un individuo, indagato per aver partecipato a un’associazione criminale dedita al narcotraffico. L’accusa si fondava sulla sua presunta affiliazione a un clan camorristico, con il ruolo di gestore di una piazza di spaccio autorizzata e di stabile acquirente di sostanze stupefacenti. L’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la sussistenza di un quadro indiziario grave. La difesa sosteneva che i soli tre episodi di acquisto documentati non fossero sufficienti a dimostrare una partecipazione stabile all’associazione, ma solo un rapporto cliente-fornitore. Inoltre, si lamentava la mancata valutazione del ‘tempo silente’ trascorso dai fatti, che avrebbe dovuto indebolire la presunzione di pericolosità sociale.

La Valutazione della Partecipazione Associazione Narcotraffico

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendolo inammissibile e manifestamente infondato. Secondo i giudici, per stabilire la partecipazione associazione narcotraffico, non è sufficiente guardare al numero di acquisti, ma è necessario analizzare il contesto e le modalità del rapporto tra l’acquirente e il gruppo criminale. Nel caso specifico, l’indagato non era un semplice cliente. La sua attività illecita si inseriva in una struttura più ampia: egli gestiva una piazza di spaccio per conto del clan, rifornendosi stabilmente da esso e contribuendo economicamente alla cassa comune. Questo rapporto di reciproco affidamento e collaborazione, finalizzato al perseguimento del programma criminoso, trasforma il ruolo da mero acquirente a quello di partecipe.

Il Ruolo del Contesto Criminale

Un punto chiave della motivazione riguarda la continuità dell’attività criminale. La Corte ha valorizzato le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, i quali avevano indicato che l’indagato gestiva una piazza di spaccio già sotto l’egida del clan precedente. Con il subentro della nuova organizzazione, egli aveva semplicemente continuato la sua attività, adattandosi al nuovo potere egemone. Questo dimostra una ‘militanza criminale’ di lunga data, che rafforza il quadro indiziario e la valutazione della sua pericolosità.

Il Principio del ‘Tempo Silente’ e le Esigenze Cautelari

La difesa aveva insistito sul lungo lasso di tempo trascorso tra gli ultimi fatti contestati (agosto 2020) e l’applicazione della misura cautelare, sostenendo che ciò facesse venir meno l’attualità del pericolo di recidiva. La Cassazione, tuttavia, ha chiarito che il decorso del tempo non opera in modo automatico. Sebbene il giudice debba tenerne conto, la presunzione di pericolosità per reati di tale gravità si affievolisce solo se l’arco temporale è considerevole e privo di altre condotte sintomatiche. Nel caso di specie, l’operatività della piazza di spaccio gestita dall’indagato era stata registrata fino al 2022. Questa continuità operativa, unita alla sua radicata ‘militanza criminale’, ha portato la Corte a concludere che il pericolo di recidiva fosse ancora concreto e attuale, rendendo la custodia cautelare l’unica misura adeguata.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che il passaggio da acquirente a partecipe si realizza quando la volontà delle parti supera la soglia del singolo rapporto contrattuale per trasformarsi in un’adesione stabile al programma criminoso del gruppo. Elementi come l’approvvigionamento continuativo, il contenuto economico delle transazioni e la rilevanza oggettiva che l’acquirente riveste per il sodalizio sono decisivi. Nel caso in esame, i canali di guadagno garantiti dalla gestione della piazza di spaccio e la destinazione dei proventi alla cassa comune del clan costituivano la prova di un contributo stabile e consapevole alla vita dell’associazione. L’inammissibilità del ricorso è stata quindi dichiarata sulla base della manifesta infondatezza dei motivi, poiché la difesa non si era confrontata adeguatamente con le solide argomentazioni dell’ordinanza impugnata.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di reati associativi: la qualità di partecipe non dipende dal numero di atti compiuti, ma dalla natura del legame con l’organizzazione. Un rapporto che va oltre la semplice fornitura, caratterizzato da stabilità, affidamento reciproco e un contributo funzionale agli scopi del sodalizio, integra a tutti gli effetti la partecipazione associazione narcotraffico. Inoltre, la pronuncia conferma l’orientamento maggioritario secondo cui il ‘tempo silente’ non è di per sé sufficiente a escludere le esigenze cautelari, specialmente in contesti di criminalità organizzata dove la pericolosità sociale dell’individuo è radicata e persistente.

Quando un acquirente di droga diventa un partecipe dell’associazione criminale?
Secondo la sentenza, un acquirente diventa partecipe quando il suo rapporto con i fornitori supera il singolo scambio commerciale e si trasforma in un’adesione stabile al programma criminoso. Questo avviene quando l’acquirente fornisce un contributo continuativo e funzionale alla vita dell’associazione, ad esempio gestendo una piazza di spaccio per conto del clan e destinando i proventi alla cassa comune.

Il tempo trascorso dai reati (‘tempo silente’) esclude automaticamente la necessità della custodia cautelare?
No. La Corte ha stabilito che il mero decorso del tempo non è sufficiente a escludere l’attualità del pericolo di recidiva, specialmente per reati gravi come la partecipazione a un’associazione mafiosa. Il giudice deve valutare questo lasso di tempo, ma se emergono elementi che indicano una persistente pericolosità e una continuità nell’attività criminale (come nel caso di specie, dove la piazza di spaccio era operativa fino a tempi recenti), la misura cautelare resta giustificata.

È possibile utilizzare le informazioni su attività criminali passate con un altro clan per valutare la posizione di un indagato in una nuova associazione?
Sì. Nel caso analizzato, la Corte ha ritenuto rilevante il fatto che l’indagato e suo fratello fossero già noti come gestori di una piazza di spaccio sotto il controllo di un precedente clan. Questa circostanza è stata usata non per fondare direttamente l’accusa, ma come riscontro per dimostrare una continuità nell’attività illecita e una preesistente ‘militanza criminale’, che spiega il loro inserimento nella nuova organizzazione criminale subentrata nella gestione del territorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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