Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8854 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8854 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 19/02/2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. 324/25
NOME COGNOME
CC Ð 19/02/2025
NOME COGNOME
Relatore –
R.G.N. 39303/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 17/07/1972 avverso lÕordinanza del 23/10/2024 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, nella persona del dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo lÕinammissibilitˆ del ricorso;
udito il difensore avv. NOME COGNOME che ha insistito nellÕaccoglimento del ricorso.
Con lÕimpugnata ordinanza, il Tribunale cautelare di Napoli ha respinto lÕistanza di riesame avanzata da COGNOME NOME, avverso lÕordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli, in data 12/09/2024, in relazione ai reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. 309/90, per la partecipazione all’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico (capo A), nel ruolo di partecipe del sodalizio quale stabile acquirente del sodalizio dedito al traffico di stupefacenti capeggiato da NOME (detto Ôo COGNOME) e NOME NOME (detto COGNOME), ed operativo in Caivano e Parco Verde, aggravata dallÕart. 416 .1.cp e gestore della piazza di spaccio autorizzata dal clan camorristico, e dei reati di cui ai capi 32), 37) e 40) relativi ad episodi di acquisto delle medesime sostanze, in
ordine ai quali confermata il quadro indiziario grave e le esigenze cautelari del pericolo di recidiva.
Avverso lÕordinanza il difensore dellÕindagato propone ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi.
Violazione di cui allÕart. 606, comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 273, 273 comma 1 bis cod.proc.pen., 292 e art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, 416 .1. cod.pen.
In sintesi, lamenta il ricorrente la carenza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della gravitˆ indiziaria del delitto associativo. Sotto un primo profilo non avrebbe valutato a favore dellÕindagato lÕordinanza n. 153 del 2023 nella quale il fratello NOME viene indicato quale persona offesa del delitto di estorsione commessa dal gruppo COGNOME/Angelino. In secondo luogo, avrebbe fondato la gravitˆ indiziaria sulle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia COGNOME le cui propalazioni erano riferite ad un periodo antecedente rispetto alla odierna condotta contestata dal settembre 2019 allÕagosto 2020. Anche lÕapporto delle dichiarazioni degli altri collaboratori di giustizia si fermerebbe al 2019. Quanto alla configurazione della partecipazione dellÕEsposito non sarebbe configurabile in presenza di soli tre acquisti di sostanza stupefacente di modica quantitˆ (capi 32, 37 e 40) non essendo ravvisabile la partecipazione quale acquirente stabile del sodalizio riferibile a COGNOME/COGNOME come contestato nel capo A.
Violazione di cui allÕart. 606, comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nonchŽ in ordine alla richiesta di delimitazione della condotta al marzo 2020, data dellÕultimo acquisto.
Violazione di cui allÕart. 606, comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 274, 275 comma 3, 284 cod.proc.pen. vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, mancata valutazione del tempo trascorso e dellÕassenza di attualitˆ e di precedenti penali risalenti.
Il Procuratore generale ha chiesto lÕinammissibilitˆ del ricorso.
Il difensore ha depositato memoria di replica con cui ha insistito nellÕaccoglimento del primo motivo di ricorso evidenziando come tutti i collaboratori di giustizia abbiano reso dichiarazioni riferite al periodo in cui il mercato della droga di Caivano era gestito dal clan COGNOME, e che costoro di riferivano allÕEsposito con un diverso appellativo (ÒMoschinoÓ e non ÒPinuccio del barÓ).
Il ricorso è inammissibile perchŽ manifestamente infondati i motivi.
Il primo motivo di risulta inammissibile per difetto di specificitˆ e manifesta infondatezza.
Il profilo della carenza della gravitˆ indiziaria in ordine alla sussistenza dei requisiti normativi del delitto di cui allÕart. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 è meramente enunciato e non si confronta con la motivazione resa dal Tribunale che, a pag. 6, ha dato atto come lÕesistenza del sodalizio criminoso capeggiato dal COGNOME, sia pur per un periodo più circoscritto, risulta accertata in via definitiva con sentenza del G.U.P. di Napoli, irrevocabile.
Quanto alla gravitˆ indiziaria della partecipazione del ricorrente, la deduzione secondo cui le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia concernevano condotte partecipative commesse sotto lÕegida del diverso clan COGNOME, da cui lÕassenza di riferimenti al periodo nel quale è stata ritenuta la partecipazione del ricorrente, anche richiamando provvedimenti giurisdizionali riguardanti il fratello NOME COGNOME non si confronta con il contenuto univoco delle conversazioni intercettate. NŽ si confronta con la motivazione resa dallÕordinanza impugnata che, a pag. 16, ha argomentato come le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, la cui attendibilitˆ non era stata censurata, costituirebbero il riscontro alle conversazioni registrate circa la continuazione dellÕattivitˆ illecita dopo che il clan camorristico COGNOME/COGNOME era subentrato nella gestione delle piazze di spaccio che erano gestite in precedenza dal clan COGNOME e COGNOME.
Il contributo dei collaboratori di giustizia è stato richiamato, non giˆ per fondare la gravitˆ indiziaria per la partecipazione dellÕEsposito, ma per evidenziare come NOME NOME, e il fratello NOME, fossero giˆ da tempo gestori di una Ôpiazza di spaccioÕ a Caivano, e che si rifornivano dal clan egemone COGNOME e che, in seguito allÕarresto e alla disarticolazione di questo, i due fratelli, cos’ come tutti i gestori di Ôpiazze di spaccioÕ a Caivano, iniziavano ad operare nellÕambito del nuovo clan egemone, capeggiato da COGNOME
Quanto alla partecipazione del ricorrente, come provvisoriamente contestato, di gestore della piazza di spaccio di Caivano, autorizzate dal clan COGNOME, dal quale si riforniva stabilmente, come attesto dagli acquisiti di cui ai capi 32, 37 e 40, realizzando canali di guadagni per il gruppo COGNOME/Angelino, a cui destinavano i proventi dellÕattivitˆ illecita alla cassa comune, fornendo uno stabile contributo alla realizzazione del programma criminoso, era dimostrata, seconfo lÕordinanza impugnata, non solo sulla circostanza che lÕEsposito, in tre occasioni, aveva acquistato dal Gallo, ma anche dalle modalitˆ attraverso le quali si esplicava lÕattivitˆ illecita svolta dal Òcapo piazzaÓ COGNOME, dalle modalitˆ con le quale si rapportava al Gallo, secondo la ricostruzione operata nellÕordinanza genetica non contestata dal ricorrente, che ha messo in luce una reciproca collaborazione attraverso cui il sodalizio criminoso si manteneva in vita.
In tale contesto, se è vero che assume rilievo il mutamento del rapporto tra
fornitore ed acquirente, da relazione di mero reciproco affidamento a vincolo stabile, che pu˜ ritenersi avvenuto solo qualora risulti che la volontˆ dei contraenti abbia superato la soglia del rapporto sinallagmatico contrattuale, trasformandosi nell’adesione dell’acquirente al programma criminoso, desumibile dalle modalitˆ dall’approvvigionamento continuativo della sostanza dal gruppo, dal contenuto economico delle transazioni, dalla rilevanza obiettiva che l’acquirente riveste per il sodalizio criminale (Sez. 5, n. 33139 del 28/09/2020, COGNOME, Rv. 280450 Ð 01; Sez. 6, n. 51500 del 11/10/2018, COGNOME, Rv. 275719) e che ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio, ed in particolare dell'”affectio” di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che pu˜ essere anche breve, purchŽ dagli elementi acquisiti possa inferirsi l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benchŽ per un periodo di tempo limitato (Sez. 6, n. 42937 del 23/09/2021, Rv. 282122 Ð 01), lÕordinanza impugnata ha reso una motivazione oltremodo congrua, ai fini cautelari che qui rilevano, lˆ dove oltre al rilievo accordato agli acquisiti, ha messo in evidenza le modalitˆ, come descritte nel capo di incolpazione, che caratterizzano il passaggio da acquirente a partecipe. Segnatamente, i l reato associativo, specie con riferimento all’attivitˆ di procacciamento e spaccio di sostanze stupefacenti, non richiede una struttura articolata o complessa o una esplicita reciproca manifestazione di intenti essendo sufficiente una struttura anche esile cui i compartecipi possano fare reciproco, anche tacito, affidamento.
Nel caso in esame, secondo lÕordinanza impugnata, rilevano i canali di guadagno per il gruppo RAGIONE_SOCIALE, garantiti dalla gestione della piazza di spaccio dellÕEsposito, la destinazione dei proventi dellÕattivitˆ illecita alla cassa comune, da cui la concretizzazione di uno stabile contributo del ricorrente alla vita dellÕassociazione.
Il secondo motivo di ricorso è parimenti inammissibile.
La dedotta violazione dellÕart. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 è inammissibile per difetto di interesse, non conseguendo il ricorrente alcun risultato utile in termini di durata della misura applicata anche il delitto di cui allÕart. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 ed è, in ogni caso, manifestamente infondata tenuto conto del quantitativo ogni volta acquistato (circa 100 grammi di sostanza stupefacente) e la reiterazione di questi in un contesto organizzato.
Allo stesso modo la generica richiesta avanzata di delimitazione della condotta partecipativa nel delitto associativo al marzo 2020, data dellÕultimo acquisito, è priva di interesse concreto nel contesto della fase cautelare caratterizzata dalla fluiditˆ dellÕincolpazione provvisoria che, allo stato, è chiusa ad agosto 2020 e dunque pochi mesi dopo.
In ogni caso, deve osservarsi che la fase cautelare è caratterizzata da una
incolpazione provvisoria che si caratterizza per la sua fluiditˆ connessa proprio alla circostanza che le indagini proseguono fino alla conclusione delle stesse e la cristallizzazione dei capi di imputazione.
Se la sussistenza dei reati fini pu˜ essere assunta, come affermato dalla giurisprudenza di legittimitˆ, ad indizio della sussistenza dellÕassociazione dedita al narcotraffico, non di meno non vale il ragionamento a contrario. LÕassenza di dimostrazione del compimento di reati scopo non determina ex se la cessazione del sodalizio anche se connotato da una organizzazione più snella rispetto ai caratteri dellÕassociazione di cui allÕart. 416 cod.pen. (Sez. 2, n. 37104 del 13/06/2023, Aligi, Rv. 285414 Ð 01).
6. Il terzo motivo di ricorso risulta anchÕesso manifestamente infondato. Deduce il ricorrente la mancata valutazione del c.d. tempo silente dai fatti allÕapplicazione della misura cautelare ai fini dellÕattualitˆ del pericolo di recidiva.
Sulla questione del rilievo del tempo silente, rispetto la quale si registrano due indirizzi interpretativi ermeneutici, ritiene, il Collegio, di aderire allÕorientamento maggioritario, espresso con recenti pronunce, secondo cui in tema di misure cautelari, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e di un’esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolositˆ, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, del codice di rito (Sez. 6, n. 11735 del 25/01/2024, Tavella, Rv. 286202 Ð 02; Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, COGNOME, Rv. 285272; Sez. 3, n. 6284 del 16/01/2019, Pianta, Rv. 274861), non essendo sufficiente, ad escludere lÕattualitˆ del pericolo, il mero decorso del cd. “tempo silente”, posto che è escluso, in materia, qualsiasi automatismo valutativo (Sez. 2, n. 24553 del 22/03/2024, COGNOME, Rv. 286698 Ð 01).
Si è, infatti, condivisibilmente affermato che la presunzione menzionata, particolare nelle ipotesi in cui sono contestati un reato per sua natura non permanente oppure un reato permanente, come quello associativo, ma oggetto di contestazione “chiusa”, perchŽ corredata dall’indicazione del momento di cessazione della condotta partecipativa, tende ad affievolirsi, quando un considerevole arco temporale separi il momento di consumazione del reato da quello dell’intervento cautelare.
Tale soluzione, che il Collegio ritiene coerente con la stessa struttura del reato associativo e, in particolare, con le connotazioni “dinamiche” proprie della condotta di partecipazione, comporta che il giudice della cautela, ai fini della attualitˆ del
pericolo di recidiva, debba valutare, senza alcun automatismo, il tempo intercorso tra i fatti contestati e l’emissione della misura cautelare, ove questo sia rilevante e sia privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolositˆ.
Ci˜ detto, lÕordinanza impugnata, che mostra di aderire allÕindirizzo interpretativo qui enunciato, ha reso una motivazione congrua in punto attualitˆ delle esigenze cautelari laddove ha argomentato lÕattualitˆ del pericolo di recidiva, in presenza di delitto per cui è operativa la presunzione relativa di cui allÕart. 275 comma 3 cod.proc.pen., in ragione del fatto che lÕindagato aveva operato nella gestione della piazza di spaccio per lungo tempo addietro e che lÕoperativitˆ della stessa era registrata fino al 2022, circostanza non contestata). In assenza di un rilevante arco temporale e della, invece, ritenuta operativitˆ della gestione della piazza di spaccio risalente nel tempo (sin dalla gestione COGNOME fino al 2022) senza ulteriori allegazioni difensive, ha escluso la rilevanza del tempo trascorso ai fini dellÕattualitˆ, con motivazione immune da rilievi di logicitˆ.
Anche lÕadeguatezza della misura risulta motivata lˆ dove lÕordinanza impugnata ha rilevato che i collaboratori di giustizia avevano riferito di una gestione anche telefonica dello spaccio, del resto confermata dalle conversazioni intercettate, da cui lÕinadeguatezza degli arresti domiciliari, adeguatezza della misura esclusa anche in ragione della lunghissima Òmilitanza criminaleÓ dellÕEsposito da cui lÕassenza di un giudizio prognostico favorevole di osservanza delle prescrizioni connesse alla misura degli arresti domiciliari.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dellÕart. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilitˆ”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
La Corte dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dellÕistituto penitenziario competente, a norma dellÕart. 94, comma 1-, disp. att. cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Cos’ deciso il 19/02/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME