LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Partecipazione associazione narcotraffico: il pusher

Un individuo, destinatario di una misura cautelare per spaccio e per presunta appartenenza a un’organizzazione criminale, ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha annullato l’ordinanza, stabilendo che il ruolo di spacciatore (‘pusher’) che acquista droga da un gruppo non è sufficiente a dimostrare la partecipazione associazione narcotraffico. È necessaria la prova di un’adesione stabile e consapevole al programma criminale del sodalizio, che il giudice del rinvio dovrà ora rivalutare.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione Associazione Narcotraffico: Essere “Pusher” Non Basta

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta tra la figura del semplice spacciatore e quella del partecipe a un’organizzazione criminale. Questa decisione è fondamentale perché chiarisce quali prove sono necessarie per dimostrare una vera e propria partecipazione associazione narcotraffico, stabilendo che il ruolo di “pusher” non è, di per sé, sufficiente. L’analisi della Suprema Corte impone ai giudici di merito una valutazione più rigorosa degli elementi indiziari, al fine di distinguere un rapporto di mera fornitura da un’adesione organica e stabile al sodalizio.

I Fatti del Caso e le Misure Cautelari

Il caso ha origine da un’indagine su un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, collegata a una più ampia confederazione di stampo ‘ndranghetistico. Un soggetto veniva indagato per il ruolo di “pusher”, inquadrato in un gruppo coordinato da un altro individuo. Le prove a suo carico derivavano da intercettazioni telefoniche, servizi di osservazione e videosorveglianza, che documentavano incontri per la cessione di droga e un debito accumulato di oltre 20.000 euro per forniture non pagate.

Sulla base di questi elementi, il Giudice per le indagini preliminari emetteva un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, successivamente modificata in arresti domiciliari dal Tribunale del riesame. La difesa dell’indagato presentava ricorso per cassazione, contestando sia vizi procedurali sia, nel merito, la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato associativo.

La Valutazione della Prova di Partecipazione Associazione Narcotraffico

Il punto cruciale del ricorso riguardava la corretta interpretazione delle prove. La difesa sosteneva che gli elementi raccolti dimostravano al più una serie di episodi di spaccio, ma non un’effettiva e consapevole adesione all’associazione criminale. Secondo l’impostazione difensiva, il ruolo di acquirente abituale e spacciatore al dettaglio non implica automaticamente l’inserimento organico nel sodalizio.

La Corte di Cassazione ha accolto questa tesi, richiamando un principio consolidato nella sua giurisprudenza: lo svolgimento dell’attività di “corriere” o di “pusher” per conto del sodalizio non costituisce, in sé e automaticamente, prova della partecipazione al reato associativo. È necessario un quid pluris.

L’Elemento Distintivo tra Concorso e Partecipazione

L’elemento che distingue il delitto associativo (art. 74 D.P.R. 309/90) dal concorso di persone nel reato continuato di spaccio è la natura dell’accordo criminoso. Per la partecipazione associazione narcotraffico occorre:

1. Un accordo stabile e permanente.
2. La consapevolezza di far parte di una struttura organizzata.
3. La disponibilità duratura e indefinita a contribuire al programma criminale del gruppo, anche al di fuori dei singoli reati programmati.

Se l’accordo è meramente occasionale e finalizzato alla commissione di reati specifici, si ricade nell’ipotesi del concorso di persone.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto che il Tribunale del riesame non avesse argomentato in modo adeguato e logico sul reale significato degli elementi probatori. In particolare, i giudici di merito non hanno spiegato come, da alcuni specifici elementi, si potesse desumere l’inserimento stabile e consapevole dell’indagato nell’associazione. Gli elementi critici evidenziati dalla Cassazione sono:

* Brevità temporale del contributo: Le attività contestate si sono svolte in un arco di pochi mesi.
* Assenza di contatti diversificati: I rapporti erano esclusivamente diretti con il fornitore, senza interazioni con altri membri del gruppo.
* Modesta entità delle cessioni: Le operazioni riguardavano quantitativi di droga non particolarmente ingenti.

Questi fattori, secondo la Corte, non permettevano di inferire automaticamente un’adesione organica alla struttura criminale. La motivazione del provvedimento impugnato è stata quindi giudicata carente e illogica, in quanto non ha adeguatamente ponderato il reale peso probatorio dei dati acquisiti per distinguere il ruolo di semplice cliente/spacciatore da quello di associato.

Le Conclusioni

Alla luce di queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata e ha rinviato il caso al Tribunale di Catanzaro per un nuovo esame. Il giudice del rinvio dovrà attenersi ai principi enunciati dalla Suprema Corte, procedendo a una valutazione più rigorosa e approfondita per accertare se, al di là dei singoli episodi di spaccio, esista la prova di una stabile e volontaria adesione dell’indagato al sodalizio criminale. La sentenza riafferma l’importanza di non confondere la continuità dell’attività di spaccio con la partecipazione strutturata a un’associazione criminale, tutelando il principio di precisione nella qualificazione giuridica del fatto.

Svolgere l’attività di “pusher” per un’organizzazione criminale significa automaticamente farne parte?
No, secondo la Corte di Cassazione, l’attività di spacciatore per conto di un sodalizio non costituisce, in sé e automaticamente, prova della partecipazione al reato associativo.

Cosa deve essere provato per configurare il reato di partecipazione ad un’associazione finalizzata al narcotraffico?
È necessario dimostrare che il soggetto, consapevole dell’esistenza del sodalizio, aderisca volontariamente al suo programma criminale e assicuri la sua stabile e indefinita disponibilità per perseguirne gli scopi, andando oltre la semplice esecuzione di singoli episodi di spaccio.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha annullato l’ordinanza che disponeva la misura cautelare e ha rinviato il caso al Tribunale di Catanzaro per un nuovo esame, poiché la motivazione sulla partecipazione dell’indagato all’associazione criminale è stata ritenuta insufficiente e non logicamente argomentata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati