Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1753 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1753 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nato a Manduria il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza emessa dal Tribunale di Lecce il 18/04/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria del difensore, AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con il provvedimento in epigrafe il Tribunale di Lecce ha rigettato l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale in data 17 marzo 2023,
con cui è stata applicata nei suoi confronti la misura cautelare della custo carcere per i reati di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo 73 stesso decreto (capi 5, 9, 11, e 12).
Ha proposto ricorso l’indagato, tramite il suo difensore, deducendo, co un unico motivo, violazione di legge.
E’ stata ritenuta la gravità indiziaria della condotta di partecipazi sodalizio dedito al narcotraffico facente capo a NOME COGNOME, individuando nel ricorrente uno dei rivenditori al dettaglio delle piazze di spaccio del Comu Sava, senza che, tuttavia, egli abbia avuto rapporti con altri sodali se n NOME COGNOMECOGNOME il quale curava gli approvvigionamenti per conto del grupp L’esistenza di uno stabile rapporto di fornitura di sostanze stupefacenti insta con il detto non permette di affermare la consapevole adesione del ricorrente RAGIONE_SOCIALE, in difetto di elementi dimostrativi di “affectio societatis”.
Priva di ogni valenza indiziaria è la intercettazione del 17 luglio 2020 i la voce femminile, rispondendo alla domanda di NOME COGNOME, esclude che a momento “NOME” (NOME) si trovi in quel luogo.
La circostanza che i! 16 novembre 2020 il ricorrente avesse incontrato sorella di NOME non è riscontrata da videoriprese, da cui possa evincer NOME conosceva il luogo di occultamento della droga.
Anche le propalazioni dei collaboratori sono inconferenti, ai fini della rit partecipazione al sodalizio, in quanto:
–nelle dichiarazioni rese in data 14 dicembre 2020, il collaboratore COGNOME individuato nel NOME uno degli spacciatori che operavano per conto dei frate NOME, i quali erano antagonisti di COGNOME ( tant’è che questi a imposto loro di non spacciare in Sava).
NOME COGNOME ha confermato che lo stesso spacciava da moltissimo tempo, dalla mattina fino alle 18,00 al chiosco, e nelle ore successive, nella p abitazione, senza tuttavia riferire alcunchè dei rapporti tra il ricorrente COGNOME o NOME COGNOME, altro esponente di primo piano di quel associazione.
Non essendo stata richiesta la trattazione orale del procedimento, giudizio di cassazione si è svolto senza l’intervento delle parti, secondo la dis dettata dall’art. 23, comma 8, dl. n. 137 del 28 ottobre 2020 convertito in n. 176 del 18 dicembre 2020, e successive modifiche, ed il AVV_NOTAIO Generale ha depositato requisitoria scritta in cui ha concluso come in epigrafe
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché generico, reiterativo e proposto motivi non consentiti.
Va premesso che l’ordinanza impugnata ha esaminato un ampio compendio indiziario – costituito dagli esiti della attività intercettiva, dai servizi di osservazione, talora culminati in sequestri di cocaina, e dalle video eseguite dagli inquirenti presso l’ufficio cimiteriale di Sava e presso l’abitaz AVV_NOTAIO – per evincerne l’esistenza di un sodalizio dedito ai narcotra operante nel comune di Sava, al vertice del quale era NOME COGNOME, c gestiva in regime sostanzialmente monopolistico il mercato degli stupefacen locale, ed era connotato da un “modus operandi” costante: su indicazione di COGNOME, che autorizzava la chiusura delle trattative, NOME COGNOME cura operazioni di approvvigionamento di sostanze stupefacenti, recandosi in trasfe presso i fornitori NOME e NOME COGNOME, in Francavilla Fontana riportando la merce in Sala, ove provvedeva a distribuirla tra i gli spacciator quali era NOME COGNOME – che la immettevano nel mercato. locale.
Sono stati ritenuti significativi della esistenza della struttura associ della sua organizzazione: a) la suddivisione dei compiti tra gli associati diversi ruoli di approvvigionamento, riscossione dei crediti, traspo distribuzione della droga; immissione nel mercato locale); b) la disponibili ingenti liquidità rivenienti dalla attività di spaccio e la tenuta di una conta la disponibilità di luoghi (le abitazioni dei fratelli NOME COGNOME e NOME COGNOME) ove lo stupefacente veniva stoccato, tagliato e suddiviso in dosi numero degli episodi di spaccio accertati, riproducenti il medesimo schem operativo; e) l’assistenza legale garantita agli affiliati attinti da provv dell’autorità giudiziaria.
Ciò posto, va evidenziato che, pur deducendo il vizio di violazione legge – senza peraltro indicare le norme asseritamente violate – la difesa si a ben vedere, di carenze della motivazione che impedirebbero di ravvisa l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza, limitatamente alla partecipazio ricorrente al reato di associazione finalizzata al narcotraffico.
In ogni caso, per giurisprudenza assolutamente consolidata ; il r corso per cassazione che, in tema di misure cautelari personali, deduca insussistenza gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze di cautela, è ammissilbile solo
se denunci la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (tra le molte, v. Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628).
Quando, in particolare, sia denunciato il vizio di motivazione, alla Corte di legittimità spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura d giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abb dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
Non è dunque consentito che, anche attraverso la deduzione di pretesi vizi della motivazione, si ponga in discussione l’apprezzamento delle risultanze investigative per suggerirne una alternativa e parziale lettura, secondo differenti parametri ricostruttivi dei fatti.
Tanto precisato, le argomentazioni difensive, che contestano la configurabilità a carico del ricorrente .della condotta di partecipazione al reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. cit., piuttosto che del mero concorso nel reato continuato di cui all’art. 73 d.P.R. cit., sono reiterative di quelle già proposte Tribunale e dallo stesso congruamente e compiutamente disattese
La giurisprudenza di legittimità ha delineato la differenza ontologica tra il reato associativo e le condotte di cessione, ancorché reiterate nel tempo, individuandola nell’elemento organizzativo, atteso che il reato associativo postula l’esistenza di una struttura, che può essere anche rudimentale, dedita alla commissione di reati in materia di stupefacenti, ma avente carattere di stabilità, che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso, derivando la pericolosità del gruppo così organizzato proprio da tali connotazioni (tra le tante, Sez. 6, n. 27433 del 10/01/2017, Avellino, Rv. 270396 – 01).
Con riferimento al ricorrente, il Tribunale del riesame ha ricostruito, senza illogicità ed in termini compiuti, il ruolo di un soggetto dedito continuativamente allo spaccio – come evidenziato dalle condotte di cui ai capi 5, 9, 11, e 12, episodi sul cui accadimento la difesa non muove formali contestazioni – organicamente inserito in un gruppo criminale strutturato.
L’ intraneità del medesimo è stata correlata alla lunga teoria di incontri, monitorati alle pagg. da 5 a 7 della ordinanza impugnata, con NOME COGNOME, il quale previamente si recava a prelevare lo stupefacente presso l’abitazione della
sorella NOME COGNOME; ed è fondata altresì sulle conversazioni – il cui tenore criptico non dà adito a dubbi, quanto al loro effettivo oggetto – in cui i du prendevano accordi per saggiare la qualità della sostanza stupefacente, o per saldare i conti rimasti in sospeso con gli acquirenti e per i cui recuperi NOME prometteva di attivarsi, ovvero quella in cui lo stesso ricorrente commentava l’eccellente qualità del fumo venduto dal sodale NOME COGNOME.
I Giudici del riesame hanno poi già precisato come NOME – partecipe di un collaudato sistema operativo – non intrattenesse rapporti con il solo NOME COGNOME e che, al di là delle volte in cui si è recato presso l’abitazione della sorel di lui, NOME, nelle pertinenze della quale lo stupefacente era stoccato, abbia incontrato in varie occasioni anche il capo indiscusso del sodalizio, NOME COGNOME (benché questi, per ridurre i rischi personali, dopo la lunga detenzione espiata, evitasse, di norma, di rapportarsi direttamente ai “pusher”)
Rileva, poi, quale dato significativo di appartenenza alla realtà associativa, la sequenza dei reati-scopo accertati, in applicazione del consolidato principio per cui è consentito al giudice, pur nella riconosciuta autonomia del delitto-mezzo rispetto ai delitti-fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dall commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che, attraverso di essi, si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione (Sez. U, n. 10 del 28/03/2001, COGNOME, Rv. 218376).
In ogni caso, tutte le censure proposte sono, all’evidenza, versate interamente in fatto, ponendosi in discussione, dalla difesa, l’apprezzamento delle risultanze investigative per suggerirne una diversa e non consentita lettura.
Parimenti, costituiscono questioni di fatto, rimesse all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni intercettate, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezz della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 3, n. 44938 dei 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337).
Ne consegue che è inammissibile la contestazione – peraltro formulata in termini del tutto generici – sulla presenza del ricorrente nel contesto in cui s trovava la interlocutrice, con riguardo al colloquio del 17 luglio 2020; e così pure la dedotta mancanza di riscontri – invero non necessari – nelle videoriprese acquisite, ritraenti un segmento della condotta, al contatto che, sempre sulla base dell’attività intercettiva, il Tribunale ha ricostruito essere avvenuto il 16 novembre 2020 presso l’abitazione di NOME COGNOME.
Si tratta di censure che – a fronte di un compendio indiziarlo basato su una pluralità di elementi – sono riferite a parcellizzate risultanze, di cui non vien
minimamente prospettata la rilevanza decisiva ai fini della decisione che la difesa assume essere viziata.
Parimenti inammissibili, per lo stesso ordine di ragioni, e dunque perché reiterative di temi già vagliati dai Giudici di merito, e sostanzialmente versate in fatto, devono ritenersi anche le censure rivolte alle propalazioni accusatorie dei collaboratori.
Quanto alle dichiarazioni di COGNOME, il Tribunale ha spiegato che, laddove egli ha individuato nei NOME il referente di NOME, si è riferito ad un periodo antecedente a quello in cui COGNOME aveva imposto la propria gestione monopolistica, e che, dopo quella fase, i colloqui avevano evidenziato che COGNOME aveva preso ad operare per conto del nuovo vertice.
Del pari inconferenti sono state ritenute le censure di scarsa precisione del narrato di NOME COGNOME, il quale ha confermato il nucleo sostanziale delle propalazioni di COGNOME, specificando che il ricorrente spacciava da anni, indicando gli orari e i luoghi in cui svolgeva la sua attività.
Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determina in euro tremila, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (cfr. C. Cost. n. 186/2000).
Alla Cancelleria sono demandati gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 06/10/2023