LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Partecipazione associazione narcotraffico e spaccio

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un indagato contro la custodia cautelare. La sentenza distingue tra semplice spaccio e la più grave partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico, sottolineando che l’inserimento organico in una struttura criminale, anche come spacciatore al dettaglio, integra il reato associativo. Il ricorso è stato respinto perché mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Spaccio e Associazione a Delinquere: Quando si Supera il Confine?

La distinzione tra la condotta di spaccio di stupefacenti, anche continuato, e la più grave accusa di partecipazione associazione narcotraffico è un tema centrale nel diritto penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 1753/2024) offre importanti chiarimenti, stabilendo che l’inserimento organico e stabile in una struttura criminale, anche con un ruolo di semplice spacciatore, è sufficiente a configurare il reato associativo.

I Fatti del Caso: Dalla Fornitura Stabile all’Accusa di Associazione

Il caso riguarda un individuo sottoposto a misura cautelare della custodia in carcere per i reati di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/90) e per singoli episodi di spaccio (art. 73 D.P.R. 309/90). La difesa ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che mancassero i gravi indizi di colpevolezza per il reato associativo. Secondo il ricorrente, egli era un semplice rivenditore al dettaglio che si riforniva stabilmente da un membro del gruppo, senza però avere una consapevole adesione al sodalizio criminale, la cosiddetta affectio societatis.

Il Tribunale del riesame, tuttavia, aveva confermato la misura, basandosi su un ampio compendio indiziario che includeva intercettazioni, servizi di osservazione e videoriprese. Questi elementi dimostravano l’esistenza di un’associazione ben strutturata, con una gestione monopolistica dello spaccio in un comune, una chiara suddivisione dei compiti e luoghi dedicati allo stoccaggio e al taglio della droga.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che le censure sollevate dalla difesa non riguardavano violazioni di legge o vizi logici della motivazione, ma si risolvevano in un tentativo di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità.

I Motivi dell’Inammissibilità del Ricorso

Il ricorso è stato ritenuto generico e reiterativo di argomenti già esaminati e respinti dal Tribunale. La Cassazione ha ribadito il suo ruolo di giudice della legittimità, il cui compito non è ricostruire l’accaduto, ma verificare che il giudice di merito abbia ragionato in modo congruo e logicamente corretto, applicando correttamente i principi di diritto. Proporre una lettura alternativa delle prove, come ha fatto la difesa, non rientra nelle facoltà del ricorrente in Cassazione.

Le Motivazioni: la partecipazione associazione narcotraffico

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra il concorso di persone nel reato continuato di spaccio e la partecipazione associazione narcotraffico. La Corte ha spiegato che l’elemento distintivo è quello organizzativo. Il reato associativo non richiede la commissione di specifici reati-fine, ma l’esistenza di una struttura stabile, anche rudimentale, creata per realizzare un programma criminoso.

Nel caso specifico, il Tribunale aveva logicamente ricostruito il ruolo del ricorrente non come quello di un semplice acquirente, ma come quello di un soggetto organicamente inserito nel gruppo. Questa conclusione era supportata da numerosi elementi:

* Incontri frequenti: L’indagato aveva contatti continui non solo con il suo fornitore diretto, ma anche con altri membri del sodalizio, incluso il capo.
* Conoscenza della struttura: Era a conoscenza dei luoghi dove la droga veniva custodita e lavorata.
* Ruolo funzionale: La sua attività di spaccio al dettaglio era parte integrante e funzionale dell’operatività dell’associazione, che controllava il mercato locale.
* Reati-scopo: La commissione ripetuta di delitti di spaccio, secondo modalità esecutive costanti, è stata considerata una manifestazione concreta dell’operatività dell’associazione.

La Corte ha quindi confermato che, per provare l’esistenza di un sodalizio criminoso, è possibile dedurla dalla commissione dei delitti che rientrano nel programma comune e dalle loro modalità esecutive.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la gravità di una condotta legata agli stupefacenti dipende non solo dal numero di cessioni, ma dal contesto in cui avvengono. Un rapporto continuativo di fornitura, quando si inserisce in una rete organizzata con ruoli definiti e stabilità, cessa di essere una serie di singoli reati e diventa partecipazione a un’associazione criminale, con conseguenze sanzionatorie molto più severe.

Inoltre, la pronuncia sottolinea ancora una volta i precisi limiti del ricorso per cassazione. Le contestazioni devono concentrarsi su errori di diritto o su palesi illogicità nel ragionamento del giudice, non sulla speranza di ottenere una rilettura più favorevole delle prove. La valutazione del materiale probatorio, come il contenuto delle intercettazioni o le dichiarazioni dei collaboratori, è di competenza esclusiva dei giudici di merito.

Quando un rapporto stabile di fornitura di droga si trasforma in partecipazione ad un’associazione a delinquere?
Secondo la sentenza, ciò avviene quando l’individuo non è un semplice acquirente-rivenditore, ma si inserisce stabilmente e consapevolmente nella struttura organizzativa del gruppo criminale, diventandone parte integrante per il raggiungimento degli scopi comuni.

Quali sono i limiti di un ricorso in Cassazione in materia di misure cautelari?
Il ricorso in Cassazione non può contestare la ricostruzione dei fatti o chiedere una nuova valutazione delle prove (giudizio di merito). Può solo denunciare una violazione di specifiche norme di legge o una manifesta illogicità nella motivazione del provvedimento impugnato (giudizio di legittimità).

È possibile contestare in Cassazione l’interpretazione delle intercettazioni fatta dal giudice di merito?
No, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni intercettate sono considerate questioni di fatto, di esclusiva competenza del giudice di merito. In Cassazione si può sindacare tale valutazione solo se la motivazione con cui è stata recepita risulta manifestamente illogica o irragionevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati