LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Partecipazione associazione mafiosa: quando si risponde

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per un individuo accusato di partecipazione associazione mafiosa. La sentenza chiarisce che per integrare il reato non è necessaria l’esecuzione materiale dei crimini, ma è sufficiente fornire un supporto logistico stabile e consapevole al clan, come mettere a disposizione locali per riunioni o veicoli per attentati. La Corte ha ritenuto tali condotte prova del “fattivo inserimento” dell’imputato nel sodalizio criminale, respingendo il ricorso che mirava a una rilettura dei fatti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione associazione mafiosa: quando si risponde

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13797 del 2025, ha offerto importanti chiarimenti sui criteri per determinare la partecipazione associazione mafiosa. La pronuncia conferma un principio fondamentale: per essere considerati parte di un sodalizio criminale non è necessario compiere materialmente i reati-fine, come le estorsioni, ma è sufficiente fornire un contributo stabile e consapevole alla vita del clan, ad esempio attraverso il supporto logistico. Questo caso analizza la posizione di un imprenditore condannato per aver messo a disposizione della cosca i locali della sua azienda e un’autovettura.

I Fatti: la condanna per supporto logistico al clan

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per i delitti di partecipazione ad associazione di stampo mafioso e concorso in tentate estorsioni aggravate. Secondo l’accusa, confermata dai giudici di merito, l’imputato aveva fatto parte di un’organizzazione camorristica operante nel salernitano, fornendo un contributo cruciale alla sua operatività. In particolare, egli avrebbe:

* Messo a disposizione i locali della sua società di pulizie per le riunioni strategiche del clan.
* Prestato i propri veicoli ai membri del sodalizio per la realizzazione di attentati e atti intimidatori legati a richieste estorsive.

La difesa dell’imputato aveva proposto ricorso in Cassazione, sostenendo la mancanza di prove circa la sua effettiva partecipazione e la sua consapevolezza delle attività illecite, descrivendo il suo aiuto come un mero favore personale dovuto a difficoltà economiche e le sue dichiarazioni intercettate come semplici millanterie.

La decisione della Cassazione sulla partecipazione associazione mafiosa

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile e in parte infondato, confermando la condanna. I giudici hanno ribadito che il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte non può effettuare una nuova valutazione delle prove o sostituire il proprio convincimento a quello dei giudici dei gradi precedenti, a meno che la motivazione della sentenza impugnata non sia palesemente illogica o contraddittoria.

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello logica, coerente e ben argomentata, basata su intercettazioni, servizi di osservazione e dichiarazioni. Di conseguenza, ha respinto le censure difensive come un tentativo di ottenere una non consentita “rilettura” degli elementi di fatto.

Le motivazioni: quando il supporto logistico integra la partecipazione

Il cuore della decisione risiede nella definizione dei requisiti per la partecipazione associazione mafiosa. La Cassazione ha spiegato che l’integrazione nel sodalizio non richiede necessariamente la commissione di specifici reati-fine.

I due elementi chiave sono:

1. Elemento soggettivo (affectio societatis): La consapevolezza e la volontà del singolo di far parte stabilmente del gruppo criminale, condividendone fini e metodi.
2. Elemento oggettivo (fattivo inserimento): Un ruolo attivo all’interno dell’organizzazione, dimostrabile anche tramite indizi. Condotte come mettere a disposizione risorse logistiche (locali, veicoli) sono state considerate “indici rivelatori” di un inserimento stabile nella dinamica del gruppo.

Nel caso specifico, è stato provato che l’imputato non si limitò a prestare un’auto, ma partecipò attivamente alla rimozione della targa per impedirne il riconoscimento, dimostrando la sua piena consapevolezza dell’uso illecito che ne sarebbe stato fatto. Questo, unito alla messa a disposizione dei locali aziendali e a una precedente condanna per reati legati allo stesso ambiente criminale, ha costituito un quadro probatorio solido a sostegno del suo stabile inserimento nel clan.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza ribadisce un orientamento consolidato e di grande importanza pratica. Dimostra che la responsabilità per partecipazione ad un’associazione mafiosa si estende anche a coloro che, pur non essendo in prima linea nell’esecuzione dei crimini, ne agevolano l’attività con un supporto concreto e continuativo. L’imprenditore, il professionista o chiunque fornisca risorse al clan, con la consapevolezza di contribuire al raggiungimento dei suoi scopi illeciti, può essere considerato a tutti gli effetti un partecipe dell’associazione. La pronuncia serve da monito: la zona grigia della contiguità e del favoreggiamento può facilmente trasformarsi in una piena responsabilità penale per il reato di cui all’art. 416-bis c.p.

Per essere condannati per partecipazione ad associazione mafiosa è necessario commettere materialmente i reati-fine come le estorsioni?
No. La sentenza chiarisce che il reato si configura con il “fattivo inserimento” nel gruppo, che non richiede necessariamente l’esecuzione di specifici atti criminosi, ma la stabile messa a disposizione per i fini del sodalizio.

Fornire supporto logistico (come un’auto o dei locali per riunioni) a un clan è sufficiente per una condanna?
Sì. La Corte ha stabilito che tali condotte, se stabili e consapevoli, sono “indici rivelatori” dell’avvenuto inserimento nella realtà dinamica e organizzativa del gruppo, integrando così gli estremi della partecipazione.

In un ricorso per Cassazione è possibile chiedere una nuova valutazione delle prove?
No. La Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, il che significa che non può riesaminare i fatti o le prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati