Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 45579 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 45579 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Vittoria il 23/11/1969
avverso l’ordinanza del 04/07/2024 del TRIB. LIBERTA’ di CATANIA visti gli atti, il provvedimento impugnato udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME Udito il Procuratore generale, COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso. Udito il difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
GLYPH E impugnata l’ordinanza del 04/07/2024, dep. il 03/08/2024, con la quale il Tribunale del Riesame di Catania ha confermato l’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catania, in data 30/05/2024, che ha applicato nei confronti di Licata Giuseppe la misura della custodia cautelare in carcere in quanto gravemente indiziato del delitto di cui all’art. 416 bis, commi 1,4 e 6,
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cod. pen., per avere fatto parte dell’associazione mafiosa riferibile a Cosa Nostra, operante sul territorio di Vittoria e comuni limitrofi, dal novembre 2018 a maggio 2022 ( capo 1), oltre che del delitto di tentata estorsione aggravata ( capo 14).
Il provvedimento impugnato ha ritenuto sussistenti gravi di indizi di reità in relazione alla esistenza e radicamento nel territorio di Vittoria, e comuni limitrofi, di un sodalizio mafioso costruito da COGNOME NOME del quale facevano parte i figli NOME e NOME, il cognato NOME, NOME, COGNOME NOME e lo stesso ricorrente COGNOME NOME. Si è soffermato sulla figura criminale di NOME e sulla sua ascesa criminale, ricostruita con il richiamo delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia secondo i quali i COGNOME aveva avviato le sue attività imprenditoriali con il sostegno economico degli esponenti mafiosi COGNOME–COGNOME, e con l’utilizzo di capitali di origine illecita. Nel corso del tempo il medesimo aveva rafforzato il suo ruolo rivelando una grande capacità di stabilire relazioni paritarie con figure chiave della criminalità locale, divenendo un punto di riferimento per il contesto di Vittoria, coagulando attorno a sé un nuovo gruppo criminale, e capace di interfacciarsi in modo paritario con altri esponenti mafiosi quali COGNOME Salvatore, allora reggente della famiglia di cosa nostra catanese COGNOME COGNOME oltreché con esponenti della famiglia mafiosa di Licata e con la Stidcla di Vittoria. Gli elementi acquisiti attraverso l’attività capitava erano ritenu indicativi del fatto che le entrate economiche realizzate attraverso la struttura organizzativa facente capo al COGNOME NOME fossero comunque riconducibili agli affari dell’intera famiglia e al più ampio contesto mafioso orbitante intorno allo stesso, nel cui ambito si è inserito l’operato illecito del ricorrente.
2.11 ricorso, presentato dal difensore di fiducia, è affidato ad unico motivo con il quale il ricorrente censura vizio di violazione di legge per l’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Deduce che, a fronte di un ruolo ben definito all’interno dell’organigramma mafioso, sono carenti gli elementi di riscontro messi in risalto dal provvedimento impugnato in quanto i rapporti stretti e quotidiani con il Valenti sono giustificati dal rapporto di parentela, essendo quest’ultimo cognato del ricorrente, ed anche i rapporti con NOME sono stati enfatizzati. La mera contiguità compiacente o disponibilità nei riguardi di singoli esponenti mafiosi non è sufficiente ad integrare la condotta di partecipazione alla medesima associazione quando manchi la prova che tale vicinanza si sia tradotta in un vero e proprio contributo, dotato di efficacia causale rispetto alla conservazione o rafforzamento della consorteria. Il Tribunale avrebbe sottovalutato, inoltre, la disistima del Valenti nei confronti
del Licata manifestata a seguito dell’arresto del 23 Aprile 2024, come anche la circostanza riportata (nelle pagine 23 24 dell’ordinanza impugnata), relativa ad una presunta dazione periodica di denaro (pari a 50 C settimanali) in favore del Licata, riferita ad un periodo di precedente carcerazione di quest’ultimo.
Gli elementi acquisiti sono indicativi di una vicinanza del ricorrente a NOME e NOME, ma non di una sua partecipazione al sodalizio.
Con riferimento al reato di cui al capo 14) deduce la mancanza di indizi relativi alla cosiddetta aggravante mafiosa, sottolineando che l’immediata uscita di scena del ricorrente e del COGNOME avrebbe svuotato di significato la condotta, suscettibile di essere eventualmente qualificata in termini di desistenza volontaria.
3. Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso. Il difensore di fiducia del ricorrente ha insistito nell’accoglimento del ricorso
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile.
1.L’analisi del primo motivo di censura, che il ricorrente dedica a contestare la consistenza degli elementi indiziari a suo carico, ritenendoli idonei a supportare un giudizio di mera contiguità rispetto al sodalizio criminale, piuttosto che a comprovare una condotta suscettibile di sussunzione nel paradigma del reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., evidenzia profili di manifesta infondatezza e, al tempo stesso, di inammissibilità. Le ragioni di ricorso- volte all valorizzazione di circostanze in realtà neutre- trascurano di confrontarsi con gli elementi fattuali, individuati dall’ordinanza impugnata quali punti focali dell’ipotesi indiziaria, e sono inammissibili perché formulate in fatto, essendo volte ad ottenere una diversa interpretazione.
1.1. In tema di vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, questa Corte, nella sua espressione più autorevole, ha ritenuto che la legge le attribuisca il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudiz di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dat adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze
probatorie; di conseguenza la motivazione della decisione del Tribunale del riesame, per la sua natura di pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi, deve essere parametrata all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza. (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828). La successiva giurisprudenza della Corte, condivisa dal Collegio, è ferma nel ritenere che l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. sia rilevabile nel giudizio di cassazione soltanto se si traduca nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato; il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, n l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori; non sono di conseguenza consentite quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvano nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (ex multis: Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013,P.M. in proc. COGNOME, Rv. 255460; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178; Sez. 5,n. 46124 del 08/10/2008, COGNOME, Rv. 241997; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, COGNOME, Rv. 237012).
1.2. Secondo l’insegnamento di questa Corte, inoltre, in tema di associazione di tipo mafioso, la mera “contiguità compiacente”, così come la “vicinanza” o “disponibilità” nei riguardi di singoli esponenti, anche di spicco, del sodalizio, non costituiscono comportamenti sufficienti ad integrare la condotta di partecipazione all’organizzazione, ove non sia dimostrato che l’asserita vicinanza a soggetti mafiosi si sia tradotta in un vero e proprio contributo, avente effettiva rilevanza causale, ai fini della conservazione o del rafforzamento della consorteria (Sez. 6, n. 40746 del 24/6/2016, COGNOME, Rv. 268325; Sez. 1, n. 25799 del 8/1/2015, COGNOME, Rv. 263935; vedi anche, in tema, Sez. 5, n. 12679 del 24/01/2007, COGNOME, Rv. 235986). Tale affermazione corrisponde pienamente, infatti, alle indicazioni nomofilattiche fornite dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, COGNOME, Rv. 231670), che ha declinato la dimensione della condotta partecipativa mafiosa in chiave dinamico-funzionale e non come statica forma di appartenenza, di talchè la rilevanza penale di una determinata condotta si evidenzia solo quando l’autore “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi ( nel medesimo senso Sez.U. n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889-01). Corrisponde al paradigma dell’art. 416-bis la partecipazione attiva o “attivizzante” intesa come messa a disposizione dinamica
e funzionale; non vi corrisponde, invece, la contiguità compiacente, intesa come mera vicinanza personale o fascinazione verso un determinato apparato mafioso oppure come ammirazione nei confronti di suoi partecipi o capi, ancorchè tali atteggiamenti comportamentali rimandino a rapporti effettivamente intrattenuti con uno o più esponenti mafiosi.
1.3. Il provvedimento impugnato ha fatto buon governo dei principi ermeneutici richiamati dando dettagliato risalto ai plurimi elementi acquisiti attraverso l’attività captativa e di controllo sul territorio da cui si evinc costituzione ed operatività di un gruppo criminale, operante in Vittoria, facente capo a Greco Emanuele e collegato a Cosa Nostra catanese. Sono state richiamate le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che si riscontrano reciprocamente secondo il noto principio della convergenza del molteplice (Sez. 2, n. 13473 del 04/03/2008, Lucchese, Rv. 239744; e, in motivazione, Sez. 5 n. 25838 del 23/07/2020, COGNOME, non mass. sul punto) e, in particolare: le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia NOME e NOME secondo i quali il COGNOME aveva avviato le sue attività imprenditoriali con il sostegno economico degli esponenti mafiosi COGNOME–COGNOME, e con l’utilizzo di capitali di origine illecita, oltre che le le dichiarazioni re collaboratore di giustizia COGNOME NOME, il quale aveva riferito che, volendo aprire un rifornimento di benzina a Vittoria e volendo assicurarsi una “copertura”, aveva ottenuto da COGNOME NOME ( della famiglia COGNOME– Ercolano il nominativo di COGNOME NOME quale punto di riferimento di Cosa Nostra sul territorio di Vittoria.
L’ordinanza impugnata ha, peraltro, riportato, con accurata esposizione, la messe degli ulteriori elementi di convalida dell’attendibilità del narrato dei collaboratori di giustizia, costituiti dagli esiti dell’attività di captazione telef ed ambientale, il cui inequivoco tenore è pienamente sinergico con l’interpretazione che attribuisce al sodalizio costituito attorno a Greco Emanuele matrice mafiosa in quanto espressione di Cosa Nostra nell’ambito di Vittoria. Con particolare riferimento al ricorrente è stato dato risalto alla condotta da questi tenuta dopo l’arresto di COGNOME Emanuele evidenziando che: a seguito di tale arresto la leadership del gruppo veniva assunta da NOME il quale iniziava anche ad occuparsi delle relazioni esterne con personaggi mafiosi del calibro di COGNOME NOME e COGNOME NOME (esponente mafioso di Vizzini); in tale contesto il COGNOME si poneva quale accompagnatore del COGNOME ad incontri con il medesimo COGNOME (conv. del 26/03/2021 e del 06/04/2021) assumendo, inoltre, il delicato compito di mantenere i contatti tra NOME e NOME ed adoperandosi per comunicare le direttive del primo facendo da portavoce del capo all’esterno. Successivamente ancora, a seguito dell’arresto dello stesso
NOME, avvenuto il 23 Aprile 2021 (perché trovato in possesso di circa 800 grammi di marijuana), il COGNOME continuava ad assicurare che NOME e NOME– durante il periodo della loro sottoposizione agli arresti domiciliari- avessero contatti fra di loro, veicolando all’esterno le lo direttive e garantendo che l’operato del sodalizio fosse coerente con la volontà del capo. Sono state, in particolare, valorizzate: le conversazioni intercettate sul telefonino dato in uso allo stesso COGNOME durante la sua detenzione carceraria ed anche successive conversazioni, dimostrative di un fattivo contributo del ricorrente ai fini del recupero di crediti, legati a forniture di sostan stupefacenti, nell’interesse di soggetti legati alla criminalità organizzata (in t senso conv. del 06/06/2021 e del 08/06/2021); gli elementi acquisiti a proposito della vicenda NOMECOGNOME soggetto che ambiva ad acquisire il controllo del traffico di stupefacenti a Vittoria ( conversazioni del 26/09/2021, del 03/10/2021, 07/10/2021, del 10/10/2021), ritenute indicative del potere del ricorrente di relazionarsi con i terzi in nome e per conto del gruppo di appartenenza, tanto da essere considerato dallo stesso NOME come soggetto “pari” del COGNOME ( conv. del 12.8.2021 ” Tu sai che NOME e tu siete la stessa persona per me”).
1.4. In tale complessivo scenario, le censure mosse dalle ragioni di ricorso si rivelano generiche e votate a sollecitare la Corte di legittimità ad una non consentita rivisitazione dei fatti e del materiale indiziario, in ordine a insussistenza dei gravi indizi di reità.
Manca un confronto con la motivazione resa dal Tribunale del riesame che ha delineato un fattivo contributo del ricorrente volto ad assicurare il perseguimento degli scopi del sodalizio vieppiù in un momento di crisi quale rappresentato dagli arresti, in successione, di NOME e di NOME, tale da ritenere che il medesimo abbia “preso parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi ( Sez. 5 , n. 45840 del 14/06/2018, Rv. 274180 – 01), anche considerando che, in materia di associazione di tipo mafioso, rappresenta comportamento concludente, idoneo a costituire indizio di intraneità al sodalizio criminale, l’essere posto a conoscenza dell’organigramma e della struttura organizzativa delle cosche della zona, dell’identità dei loro capi e gregari, dei luoghi di riunione, degli argomenti trattati ( Sez. 5, n. 25838 del 23/07/2020′ Rv. 279597 – 02 ). In particolare, integra il delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso la condotta di chi offre il proprio contribuito materiale, con carattere continuativo e fiduciario, ai fini della trasmissione di messaggi e direttive tra il soggetto in posizione apicale latitante e gli appartenenti alla consorteria in libertà, così da consentire al primo di continuare
a dirigere l’associazione mafiosa, in quanto tale attività si risolve in un contributo causale alla realizzazione del ruolo direttivo del sodalizio nonché aila conservazione ed al rafforzamento di quest’ultimo (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 3595 del 04/11/2020, T., Rv. 280349; conf., Sez. 2, n.41736 del 09/04/2018, M., Rv. 274077).
È inammissibile la doglianza relativa al reato di cui al capo 14). Il provvedimento impugnato ha ritenuto sussistenti gravi indizi di reità anche relativamente alla condotta di tentata estorsione aggravata in danno di COGNOME NOME richiamando l’esito dell’attività tecnica compiuta nel mese di ottobre 2021 da cui si desumeva il fattivo contributo dato dal ricorrente per consentire a COGNOME Emanuele di recuperare un credito vantato dalla sua società (RAGIONE_SOCIALE nei confronti di COGNOME NOME nonostante la società fosse stata sottoposta ad amministrazione giudiziaria ed il credito non fosse più, pertanto, legalmente azionabile (conversazioni del 23 e 28/10/2021, in cui il ricorrente utilizzava un linguaggio minaccioso e facente leva sulla reputazione del capoclan NOME NOME, allusivamente evocata sotto il profilo dell’aiuto da questi dato “alla gente”). La motivazione del provvedimento impugnato è immune da vizi avendo evidenziato come, nella fattispecie, dovesse escludersi un’ipotesi di desistenza volontaria in quanto il mancato raggiungimento dell’obiettivo era dipeso soltanto dal rifiuto della vittima; inoltre, ha riten correttamente configurabile la circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod.pen. in relazione all’evocazione della caratura criminale del Greco Emanuele ritenuta integrare una spendita di metodo mafioso, allineandosi all’insegnamento di questa Corte secondo cui « la circostanza aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso, prevista dall’art. 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, ha la funzione di reprimere il “metodo delinquenziale mafioso” ed è connessa non alla struttura ed alla natura del delitto rispetto al quale la circostanza è contestata, quanto, piuttosto, alle modalità della condotta che evochino la forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso» ( Sez. 5, n. 22554 del 09/03/2018, Rv. 273190 – 01; Sez. 2, n. 39424 del 09/09/2019, Rv. 277222- 01; Sez. 1, n. 38770 del 22/06/2022, 283637 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 08/11/2024.