Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20724 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20724 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/12/2022 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Trattazione scritta
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 20/12/2022 il Tribunale del riesame di Napoli – adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. – ha confermato l’ordinanza del GiuNOME per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli del 10 novembre 2022, di applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME, in quanto gravemente indiziata di far parte RAGIONE_SOCIALE dell’associazione RAGIONE_SOCIALE> RAGIONE_SOCIALE> denominata RAGIONE_SOCIALE «RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME/COGNOME/NOME/NOME/NOME», operante nella zona orientale della città di Napoli, descritta al capo n.1 del titolo cautelare. Si tratta di un ‘cartello’ tra p famiglie camorristiche che secondo l’accusa si sono confederate allo scopo di opporsi all’egemone RAGIONE_SOCIALE dei COGNOME.
Con specifico riferimento alla posizione dell’odierna ricorrente, il Tribunale partenopeo la indicava intranea al succitato RAGIONE_SOCIALE, quale partecipe, con lo specifico ruolo di veicolare le informazioni attraverso colloqui in carcere e comunicazioni telefoniche non autorizzate con il cugino detenuto NOME COGNOME, riportando agli affiliati in libertà le disposizioni ricevute e gestendo le risorse economiche ed i proventi illeciti allo scopo di assistere i detenuti nel corso della vita carceraria.
Con concorde valutazione di entrambi i giudici della fase cautelare, è stata ritenuta la gravità indiziaria dell’indicato delitto – con esclusione della invocata derubricazione in concorso esterno in associazione mafiosa – sulla base della captazione delle conversazioni intercettate, da cui era emerso come la COGNOME fosse destinataria delle direttive del cugino NOME COGNOME, e che si fosse adoperata per cercare di far ottenere al predetto uno stipendio adeguato, nonché che ricevesse denaro in parte da portare ad una terza persona, in parte da custodire per poter attingervi in caso di necessità.
In punto di esigenze cautelari, il Tribunale del riesame evocava la duplice presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc., non superata da contrarie emergenze.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, censurando, con un unico articolato motivo, la mancanza o illogicità della motivazione dell’impugnata ordinanza in ordine alla condotta di partecipazione al sodalizio criminale con violazione, ex art. 606 lett. b) cod. proc. pen., dell’art. 416 bis cod. pen.
Osserva la Difesa che, quand’anche dati per provati i comportamenti tenuti dall’indagata, non fosse in ogni caso provata la sua messa a disposizione verso la consorteria criminale tale da integrare una relazione funzionale e dinamica con l’ente illecito.
La difesa denunciava anche plurimi travisamenti delle prove da parte del Tribunale: contrariamente a quanto ritenuto dai GiuNOME della cautela, le somme di
denaro custodite dalla COGNOME non erano appartenenti al RAGIONE_SOCIALE ma riferibili al solo COGNOME; nell’intercettazione ambientale del 17/04/2019 (allegata al ricorso) era il COGNOME, e non l’indagata, a parlare di un trattamento economico simile a quello di altro sodale.
La ricorrente censurava poi la motivazione resa dal Tribunale per disattendere l’invocata riqualificazione dei fatti nel meno grave reato di concorso esterno in associazione mafiosa: secondo la difesa, i Giudici del riesame rendevano sul punto una motivazione illogica ed apparente, omettendo di confrontarsi in concreto con la possibilità che le condotte della COGNOME potessero integrare il concorso esterno.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott.ssa NOME COGNOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. La disamina delle censure articolate deve essere compiuta seguendo il solco tracciato da diversi principi di diritto, così brevemente riassumibili.
In tema di misure cautelari personali, il giudizio di legittimità relativo alla verifica della sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza (ex art. 273 cod. proc. pen.), oltre che delle esigenze cautelari (ex art. 274 cod. proc. pen.), deve riscontrare – entro il perimetro circoscritto dalla devoluzione – la violazione di specifiche norme di legge o la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Essa, dunque, non può intervenire nella ricostruzione dei fatti, né sostituire l’apprezzamento del giuNOME di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza dei dati probatori, bensì deve dirigersi a controllare se il giuNOME di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno convinto della sussistenza o meno della gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e a verificare la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che devono governare l’apprezzamento delle risultanze analizzate (si vedano, sull’argomento, Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828 – 01 e le successive, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460 – 01).
Quanto ai limiti del sindacato consentito in sede di legittimità, quindi, è possibile richiamare anche il dictum di Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628, secondo cui in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure
che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giuNOME di merito.
In termini generali, deve anche COGNOME ribadirsi che ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli, perché i necessari “gravi indizi di colpevolezza” non corrispondono agli “indizi” intesi quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. – che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi – giacché il comma 1-bis dell’art. 273 cod. proc. pen. richiama espressamente i soli commi 3 e 4, ma non il comma 2 del suddetto art. 192 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 16518 del 08/04/2021, COGNOME, Rv. 281019-01; Sez. 4, n. 27498 del 23/5/2019, COGNOME, Rv. 276704; Sez. 1, n. 43258 del 22/05/2018, COGNOME, Rv. 275805; Sez. 2, n. 22968 del 08/03/2017, Carrubba, Rv. 270172).
1.2. Applicando i principi generali al caso in esame, va rilevato che, nel caso in esame, non si riscontra alcuna violazione di legge né vizio motivazionale rilevante ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.: la Difesa reitera i motivi di riesame, contestando genericamente le argomentazioni addotte dal provvedimento impugnato a sostegno del rigetto del gravame.
Venendo più nello specifico, nella concreta fattispecie sottoposta al vaglio della Corte, l’ordinanza esaminata, previo richiamo per relationem all’ordinanza del giuNOME per le indagini preliminari (precisamente le pagg. 1339 e seguenti del titolo cautelare), risulta avere adeguatamente sviscerato tutti gli elementi indiziari gravanti su NOME COGNOME, averli ricondotti ad unità concettuale in coerenza con la loro concordanza e adottando una motivazione del tutto logica – avere ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico della ricorrente.
Va a tale proposito sottolineata la piena legittimità del richiamo all’ordinanza genetica, tale da saldare in un unico corpo le valutazioni di merito. Va infatti data continuità al principio per cui «in tema di misure cautelari personali, non è affetta da vizio di motivazione l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma in tutto o in parte il provvedimento impugnato, recependone le argomentazioni, perché in tal caso i due atti si integrano reciprocamente, ferma restando la necessità che le eventuali carenze di motivazione dell’uno risultino sanate dalle argomentazioni utilizzate dall’altro» (Cass. Sez. 6, n. 48649 del 6/11/2014, Beshaj, rv. 261085).
Il discorso giustificativo della decisione deve essere dunque sindacato in sede di legittimità tenendo conto della convergenza dei due provvedimenti.
2.1 Ebbene, nei provvedimenti di merito viene evidenziato il ruolo della NOME, cugina di NOME COGNOME, e destinataria delle sue direttive dal carcere oltre che cassiera dell’organizzazione.
Comprovanti il ruolo rivestito dall’indagata erano ritenute alcune conversazioni intercettate in carcere (e videoregistrate), riportate alle pagg. da 1339 a 1341 dell’ordinanza cautelare emessa dal GIP; veniva in particolare citata la conversazione del 17/04/2019 nel corso della quale la COGNOME «assicura che COGNOME NOME si sta facendo portavoce per la famiglia 1 n ;linichini, al fine di garantire uno stipendio adeguato in favore di COGNOME NOME, al pari di quello che stava percependo COGNOME NOME COGNOME, appartenente alla RAGIONE_SOCIALE, detenuto a Secondigliano e stipendiato dal RAGIONE_SOCIALE con un cospicuo sussidio»; nel proseguio della conversazione, si legge sempre a pag. 1340, nota 139, dell’ordinanza genetica «il detenuto COGNOME NOMENOME a bassa voce, chiede a NOME se hanno portato i soldi, NOME NOME di si, NOME NOME di portarli ad una terza persona, NOME NOME NOME li metterà sempre là; NOME NOME chiedendo se NOME NOME sta dando i soldi, NOME NOME di no, NOME chiede se sta mettendo da parte 50/00 euro alla volta, NOME, risentita, replica, »·
In una successiva conversazione (del 22/05/2019) emerge che il COGNOME aveva «aveva messo da parte una somma di denaro che non doveva essere intaccata, se non in caso di necessità, e l’aveva affidata alla cugina NOME».
2.2. Il Tribunale, dopo avere evidenziato come le intercettazioni avessero altresì disvelato come la NOME fosse stata destinataria di direttive contenute in pizzini da parte del COGNOME, come comprovato dalla conversazione 4511 sull’utenza di NOME, ha quindi argomentato, con motivazione scevra da vizi logici, in ordine alla pregnanza investigativa di dette conversazioni intercettate, circa l’appartenenza della COGNOME all’associazione mafiosa, escludendo di poter riqualificare i fatti quali concorso esterno in associazione mafiosa, atteso che la condotta della donna, che assicurava a NOME COGNOME i contatti all’esterno del carcere, era certamente funzionale alla cura degli interessi del cugino quale membro apicale del sodalizio.
Il ricorso è basato su una lettura alternativa dei dati processuali, per cui si risolve nella richiesta di nuovo apprezzamento in fatto, dunque di un tipo di sindacato non consentito in sede di legittimità.
Quanto al denunciato travisamento delle prove, va ricordato che in sede di legittimità è possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giuNOME di merito soltanto in presenza di un travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giuNOME di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e sempre che la difformità risulti decisiva
e incontestabile (Sez. 2, n. 38915 del 17/10/2007, Donno, Rv. 237994 – 01; Sez. 6, n. 11189 del 8/03/2012, COGNOME, Rv. 252190 – 01; Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259516 – 01; Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272558 – 01).
Ebbene, nel caso che ci occupa, la Difesa offre un diverso significato del contenuto delle intercettazioni, stimolando la Corte a compiere una operazione che, come già detto, è preclusa in questa sede.
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, segue altresì la disposizione di trasmissione, a cura della Cancelleria, di copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario di riferimento, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti previsti dall’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 09/02/2024