Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 20132 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 20132 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il 30/07/1982 a Capua
avverso la ordinanza del 30/10/2024 del Tribunale del riesame di Napoli visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME sentite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME in sostituzione dell’avvocato NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso; letta la memoria, con relativi allegati, depositata dalla difesa, con la quale si insit
nei motivi del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l’ordinanza emessa il 5 settembre 2024 dal Giudice delle indagini preliminari del
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locale Tribunale con la quale veniva disposta nei confronti di COGNOME Michele la misura della custodia cautelare in carcere in ordine al reato di associazione a delinquere di stampo mafioso oggetto del capo a) di incolpazionte a due ipotesi estorsive aggravate dal metodo mafioso di cui ai capi b) e c).
Si contesta all’indagato di essere – almeno dal 2022, anno di scarcerazione dello zio NOME COGNOME, dopo oltre venti anni di detenzione – partecipe del clan dei Casalesi e, in particolare, del sodalizio facente capo a quest’ultimo.
Il compendio indiziario a carico del ricorrente è costituito dai servizi di osservazione e dalle intercettazioni dello stesso, dalle quali emergerebbe il ruolo di longa manus dello zio, in relazione alla tentata estorsione e all’estorsione consumata.
Ricorre per cassazione COGNOME deducendo, come unico motivo, la violazione di legge e il vizio di motivazione relativamente alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Il Tribunale del riesame si sarebbe limitato a sostenere che l’indagato rappresentava e sostituiva lo zio COGNOME NOME, capo del sodalizio, nelle riunioni destinate a elaborare i fondamentali progetti criminosi del gruppo e a mantenere, per suo conto, i legami con gli altri sodali. In realtà l’indagato sarebbe stato completamente estraneo a qualsivoglia condotta criminosa sino al 2022, pur essendo il clan dei casalesi operativo. L’ordinanza impugnata avrebbe dovuto fornire una motivazione appropriata e logica circa la stabilità del vincolo associativo, atteso un quadro fattuale dal tenore diametralmente opposto, ossia incline a rappresentare una partecipazione debole e sporadica legata a due soli episodi isolati. Rileverebbe, a questo proposito, l’intercettazione relativa alla tentata estorsione, nel corso della quale si discuteva di come ripartire i quaranta mila euro richiesti a venditore e acquirente dell’immobile, senza neppure prendere in considerazione l’indagato.
COGNOME, dalle intercettazioni, non emergerebbe come la longa manus dello zio, bensì come colui che si faceva portatore di alcuni isolati messaggi del predetto. Egli non avrebbe partecipato a riunioni o summit ma avrebbe incontrato il solo COGNOME in occasione delle due estorsioni contestate alle quali avrebbe partecipato con il ruolo di concorrente morale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per genericità del motivo.
Deve premettersi che la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell’agente nella struttura
organizzativa dell’associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua “messa a disposizione” in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281889 ).
3.Adeguandosi a tale principio di diritto, il Tribunale del riesame si è soffermato correttamente sulle due estorsioni ascritte al ricorrente e, in particolare, sulla prima, particolarmente articolata, nel corso della quale, dalle intercettazioni, emerge lo specifico impegno speso del ricorrente a favore della associazione camorristica.
Il Collegio della cautela ha richiamato, a questo proposito, la conversazione intercorsa tra COGNOME e i familiari di un appartenente all’associazione, morto nel carcere di Opera, al termine della quale il predetto dichiarava convintamente di “mettersi a disposizione” della famiglia, proprio in considerazione del ruolo rivestito dalla persona deceduta all’interno dell’associazione (“era un pilastro”); oppure i numerosi dialoghi tra il ricorrente e il suo braccio destro, COGNOME COGNOME, avente ad oggetto il provento della estorsione legata alla vendita del capannone, e la circostanza che lo stesso dovesse spettare alla cosca che aveva influenza sul territorio dove si trovava l’immobile.
Il Tribunale del riesame, con motivazione logica e scevra da vizi sindacabili in questa sede, ha sottolineato che, nel corso di una riunione di Mezzero con altri sodali emergevano con assoluta evidenza gli estremi dell’accordo: le regole del sodalizio prevedevano, in particolare, per le operazioni di compravendita di capannoni industriali, una tangente pari al 10% del valore del prezzo e, dunque, nel caso di specie, pari a 105.000,00 euro, ma, poiché il compratore era un compagno di COGNOME, al quale il sodalizio aveva destinato un regalo per la contiguità alla zona di sua competenza, si era stabilita una quota pari a soli 40.000,00 euro. Nel corso di tale riunione, inoltre, alcuni sodali chiedevano espressamente all’indagato di riferire allo zio alcuni aspetti cruciali della vicenda e di consenti loro di parlare direttamente con lui.
In conclusione, come evidenziato dal Collegio della cautela, COGNOME NOME, pur senza personali diretti contatti con la persona offesa, tenuti da altri sodali, ha seguito l’intera evoluzione della vicenda, ne ha riferito a COGNOME NOME, si è fatto portavoce della sua volontà e ha interloquito sia con COGNOME, sia con altri sodali nell’incontro in cui i presenti deliberavano sulle modalità con le quali definire la vicenda nei suoi molteplici aspetti.
Nella seconda estorsione, in danno del gestore di una bisca, il ruolo dell’indagato è stato puntualmente delineato dal Tribunale del riesame come quello di raccordo tra NOME COGNOME e COGNOME NOME, che materialmente aveva imposto il pagamento del pizzo alla persona offesa. Il ricorrente ritirava i soldi da
COGNOME e li consegnimmediatamente allo zio, dopodiché riferiva a COGNOME quanto appreso da quest’ultimo. Quando, infine, COGNOME gli riferiva del sequestro della
bisca, il ricorrente dimostrava di esserne pienamente a conoscenza affermando
«Lo so che non stanno bene le cose», e invitando l’interlocutore a «parlare piano»
perché «i carabinieri sentono».
4.In conclusione, il Tribunale del riesame, con motivazione immune da vizi logici, ha ritenuto che, alla luce del ruolo assunto nelle due estorsioni, la condotta
del ricorrente si sia tradotta in un vero e
– proprio contributo, avente effettiva rilevanza causale, alla conservazione o al rafforzamento della consorteria.
Orbene, attesa la consistenza e la solidità del descritto compendio indiziario, non è consentito alla Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione alle
puntuali e logiche argomentazioni svolte dal giudice del merito cautelare in ordine alla qualificata probabilità di colpevolezza dell’indagato per i delitti oggetto d
imputazione provvisoria. Essi, quando la difesa del ricorrente si limiti, come nel caso in esame, a sollecitare il riesame fattuale della decisione impugnata, pur
correttamente motivata in punto di gravità dell’acquisito quadro indiziario, non sono sindacabili in sede di controllo di legittimità del provvedimento impugnato.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e a versare a favore della Cassa delle ammende una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila euro.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 13/02/2025