Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 46280 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 46280 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a POGGIOMARINO il 14/06/1938
avverso l’ordinanza del 01/07/2024 del TRIB. LIBERTA di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette/sentite le conclusioni del PG COGNOME
Il Procuratore Generale si riporta alla memoria in atti e conclude per il rigetto del ricorso.
udito il difensore
L’avvocato NOME COGNOME espone i motivi di gravame e chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Salerno con ordinanza del 2 luglio 2024 ha respinto la richiest di riesame avverso quella con cui il Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale aveva applicato a COGNOME la custodia cautelare degli arresti domiciliari, in relazione capo 1) della imputazione provvisoria.
In particolare, il capo 1) contestava al COGNOME l’art. 416-bis cod. pen., consistente n partecipazione alla associazione di tipo mafioso individuata nel clan Giugliano operante in Pagani e comuni limitrofi e diretta da COGNOME Rosario, attribuendo il ruolo di uomo di fiducia metteva a disposizione la sua proprietà per lo svolgimento di incontri tra gli affiliati, consent l’occultamento delle armi.
Il ricorso, proposto nell’interesse del COGNOME dai suoi difensori, è sorretto da quat motivi che saranno enunciati a seguire nei limiti strettamente necessari per la motivazione secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con i primi due motivi che possono essere prospettati congiuntamente, il ricorrente si duole della mancanza di motivazione tenuto conto della mancanza di convergenza delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia oltre alla erronea attribuzione delle dichiarazion dal COGNOME al Giugliano, in relazione alla ritenuta gravità indiziaria per il delitto di partec all’associazione mafiosa.
Invero: –a) gli incontri degli affiliati presso il noccioleto del ricorrente erano avvenu sua insaputa; –b) il COGNOME aveva dichiarato che il COGNOME non era un suo “colluso”; –c) le armi era state occultate all’esterno della proprietà del ricorrente; –d) il furgone non era parcheggiato all’esterno della proprietà per ostacolare la visibilità, ma solo per comodità manovra, tenuto conto delle sue difficoltà visive.
2.2. Con il terzo motivo, il COGNOME lamenta carenza di motivazione in ordine al giudizio attendibilità di Giugliano Rosario.
In particolare, la scelta collaborativa del COGNOME è stata dettata solo da rag opportunistiche, precisando che le sue dichiarazioni erano prive di autonomia e genuinità, in quanto era già a conoscenza del propalato del COGNOME.
2.3. Con il quarto motivo si duole della violazione dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen
La difesa ha rappresentato circostanze idonee a superare la presunzione di pericolosità: –a) le precarie condizioni di salute a far data dal 2022; –b) a causa dell’età avanzata (86 anni), sono necessari frequenti controlli sanitari; –c) tutti gli associati sono ristretti in carcere ed i COGNOME è divenuto collaboratore di giustizia.
Con requisitoria scritta del 25.09.2024, il sostituto procuratore generale de Repubblica presso la Corte di cassazione, dott. NOME COGNOME chiede che il ricorso si rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti, poiché so formalmente denuncia vizi deducibili in questa sede, sollecitando, invece, una diversa lettura d dati probatori e, in particolare, delle conversazioni intercettate, asseritamente travisat Tribunale.
1.1. Giova premettere al riguardo che, secondo il costante orientamento di questa Corte, allorquando si impugnano provvedimenti relativi a misure cautelari personali, il ricorso p cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fat ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merit (Sez. 4 n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884; conformi, Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178).
Questo perché il controllo di legittimità che la Corte è chiamata ad effettuare consiste ne verifica della sussistenza delle ragioni giustificative della scelta cautelare nonché dell’as nella motivazione di evidenti illogicità ed incongruenze, secondo un consolidato orientamento espresso dalle Sezioni unite (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828), e successivamente ribadito dalle Sezioni semplici (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, Merja, Rv. 248698).
Il vizio di motivazione di un’ordinanza, per poter essere rilevato, deve quindi assumere connotati indicati nell’art. 606 lett. e), e cioè riferirsi alla mancanza della motivazione o manifesta illogicità, risultante dal testo del provvedimento impugnato, così dovendosi delimita l’ambito di applicazione dell’art. 606, lett. c, cod. proc. pen. ai soli vizi diversi (Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, De Lorenzo, Rv. 199391).
Di conseguenza, quando la motivazione è adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici, il controllo di legittimità non può spingersi oltre, coinvolgendo il giudizio ric del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito sull’attendibilità e la capacità dimost delle fonti di prova.
Il controllo della Corte, quindi, non può estendersi a quelle censure che pur investen formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione d
circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976).
1.2. Nello scrutinio dei motivi di ricorso non si può prescindere, inoltre, dalla distinzion l’accertamento della responsabilità e quello, rilevante in questa sede, della gravità indiziaria.
Invero, la valutazione affidata al giudice in tema di misure cautelari personali, vincolata rispetto dei requisiti di gravità indiziaria di cui all’art. 273 cod. proc. pen., non coincide con finalizzata all’accertamento della responsabilità sulla base delle emergenze probatorie in sede dibattimentale, essendo la prima caratterizzata da esigenze interinali (cautelari, appunto) che postulano la seria probabilità, ma non necessariamente la certezza della commissione del reato da parte della persona sottoposta ad indagini; e la seconda, invece, legata alla necessità che la colpevolezza dell’imputato venga affermata “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
Con un consolidato orientamento giurisprudenziale, cui questo collegio, intende dare continuità, si è da tempo sostenuto come il termine “indizi”, adoperato dall’art. 273, comma 1, cod. proc. ten., abbia una valenza completamente diversa da quella che il medesimo termine assume nell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.
Infatti, mentre in tale ultima norma la scelta lessicale operata dal legislatore trova la evidente ragion d’essere nell’esigenza di distinguere tra prove ed indizi (e soprattutto ond stabilire le condizioni in cui questi ultimi possono, considerati nel loro complesso, assurgere dignità di “prove” e giustificare, quindi, le affermazioni di colpevolezza), l’uso del termine i nell’art. 273, comma 1, cod. proc. pen. non è in alcun modo riconducibile ad un’analoga distinzione, ma unicamente alla diversa natura del giudizio (di probabilità e non di certezza) ch è richiesto ai fini dell’applicazione di una misura cautelare e rispetto al quale deve, quindi, par non di “prove”, ma sempre comunque di “indizi”, non essendovi altrimenti congruenza fra detta natura probabilistica del giudizio stesso ed i fondamenti ai quali quest’ultimo deve esser ancorato (Sez. 6, n. 4825 del 12/12/1995, dep. 1996, COGNOME, Rv. 203600; in senso conforme, ex multis Sez. 3, n. 742 del 23/02/1998, Dersziova, Rv. 210514, e Sez. 6, n. 2547 del 05/07/1999, COGNOME, Rv. 214930).
Va quindi ribadito che la pronuncia cautelare è fondata su indizi di reità, e tend all’accertamento di una qualificata probabilità di colpevolezza, non della responsabilità (Sez. U n. 11 del 21/04/1995, Costantino, Rv. 202002).
I primi due motivi di ricorso, in tema di gravità indiziaria per la condotta di partecipa all’associazione mafiosa, possono essere trattati congiuntamente, presentando i medesimi limiti: quelli, cioè, della strumentalità alla rivalutazione di risultanze probatorie, non consentita Corte di cassazione, e della genericità, poiché propongono una rilettura – per inciso, del tut personale – solo di una parte di tali emergenze investigative.
Con specifico riferimento ai limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione delle chia di correo, si è escluso il controllo sul significato concreto dì ciascuna dichiarazione e di cia elemento di riscontro, perché un tale esame invaderebbe inevitabilmente la competenza esclusiva del giudice di merito, potendosi solo verificare la coerenza logica delle argomentazion con le quali sia stata dimostrata la valenza dei vari elementi di prova, in sé stessi e nel reciproco collegamento (Sez. 1, n. 36087 del 13/11/2020, COGNOME, Rv. 280058; Sez. 6, n. 33875 del 12/05/2015, COGNOME, Rv. 264577).
Inoltre, quanto alla omessa valutazione della attendibilità del Giugliano, il Tribun del riesame a pp. 8-10 si diffonde in ordine alle ragioni di attendibilità per la valutazione gravità indiziaria.
Si osserva che quanto alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, il ricorrente si è l a tacciarle di genericità, senza ricordare il contenuto di tali dichiarazioni (riproducendole sol stralci nel corpo del ricorso, senza allegare per esteso i verbali di interrogatorio) né illust la decisività delle stesse sul compendio probatorio valorizzato dai Giudici della cautela connotato da plurimi elementi indiziari. Invero, il ricorrente non solo non ha ricordato il conte di tali dichiarazioni ma non ha neanche illustrato la decisività delle stesse sul compend probatorio valorizzato dai Giudici della cautela e connotato da plurimi elementi indiziari. In termini, il ricorrente non ha indicato le ragioni per cui, in assenza delle dichiarazion menzionati collaboratori, risulterebbe inficiata e compromessa in modo decisivo la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, posta a base della gravità indiziaria per il reato di cui a 416-bis cod. pen. Ciò pur a fronte del suo onere, come delineato da questa Corte (Sez. 5, n. 8096 del 11/01/2007, COGNOME e altri, Rv. 235734), secondo cui, anche alla stregua del novellato art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., la mera indicazione, nel ricorso, di att si assumono trascurati o mal interpretati dal giudice di merito non vale a soddisfare l’esigen di specificità dei motivi di gravame, dovendo questi comunque rappresentare le ragioni per le quali tali atti, se correttamente valutati, avrebbero dovuto necessariamente o, quantomeno, presumibilmente, dar luogo a una diversa pronuncia decisoria. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il Tribunale del riesame di Salerno non appare essere incorso nei vizi denunciati di violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla partecipazione punibile, lamentati con il ri attraverso una completa rilettura alternativa degli elementi di prova, avendo, anzi, individu come militino a carico del ricorrente alcune dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia c individuavano come soggetto affiliato al clan Giugliano.
In conformità a quelli che sono i confini del sindacato di legittimità sulla motivazione, ov la verifica della completezza e della non manifesta illogicità della stessa, è allora suffi osservare che il Tribunale del riesame non ha trascurato alcun elemento potenzialmente idoneo a condurre ad un diverso esito del giudizio ed ha evidenziato circostanze certamente
sintomatiche – tanto più a livello di gravità indiziaria – di una condotta partecipativa, cosi delineata dalle Sezioni unite di questa Corte in plurime sentenze, a cominciare da quella n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231670: vale a dire la stabile ed organica compenetrazione del singolo con il tessuto organizzativo del sodalizio, mettendosi “a disposizione” dello stesso per perseguimento dei comuni fini criminosi, con l’assunzione di un ruolo dinamico e funzionale. In altri termini, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi: la Corte ha osservato che la partecipazione può essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propri al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza nel senso indicato, tra quali, esemplificando, la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplic però significativi facta concludentia, idonei, senza alcun automatismo probatorio, a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione.
Nello specifico, quanto all’individuazione degli elementi tipizzanti della partecipazio mafiosa, la giurisprudenza della Corte afferma che: in materia di associazione di tipo mafioso, rappresenta comportamento concludente, idoneo a costituire indizio di intraneità al sodalizio criminale, l’essere posto a conoscenza dell’organigramma e della struttura organizzativa delle cosche della zona, dell’identità dei loro capi e gregari, dei luoghi di riunione, degli argom trattati, nonché l’essere stato ammesso a partecipare ad incontri deputati all’inserimento di nuov sodali (cfr. tra le altre Sez. 5, n. 25838 del 23/07/2020, COGNOME, Rv. 279597).
In tal modo il giudice del riesame appare avere fatto corretta applicazione dei princi stabiliti dalle Sezioni Unite imp. Modaffari (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Rv. 281889) nell parte in cui hanno affermato che sono indice di partecipazione punibile ex art. 416 bis cod pen. tutte le condotte dalle quali potere desumere che l’affiliato abbia preso parte attiva fenomeno associativo ovvero che abbia fornito un qualsivoglia “apporto concreto”, sia pur minimo, ma in ogni caso riconoscibile, alla vita dell’associazione, tale da far ritenere avvenut dato dell’inserimento attivo con carattere di stabilità.
Il Tribunale salernitano, sulla scorta delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME NOME e COGNOME NOME, ha evidenziato che: –a) COGNOME NOME era uomo a disposizione del clan Giugliano, che consentiva agli affiliati di effettuare gli incontri relativi alla pian delle attività illecite del gruppo presso il proprio noccioleto; –b) era a conoscenza che le del gruppo era state sotterrate sotto il muro perimetrale del suo muro (tale è la circostanz
i
rilevante ai fini della partecipazione alla associazione di cui al capo 1), non già l’essere le non occultate nella sua proprietà).
In conformità a quelli che sono i confini del sindacato di legittimità sulla motivazione, ovve la verifica della completezza e della non manifesta illogicità della stessa, è allora suffic osservare che il Tribunale del riesame non ha trascurato alcun elemento potenzialmente idoneo a condurre ad un diverso esito del giudizio ed ha evidenziato circostanze certamente sintomatiche – tanto più a livello di gravità indiziaria – di una condotta partecipativa, cosi delineata dalle Sezioni unite di questa Corte in plurime sentenze, a cominciare da quella n. 33748 del 12 luglio 2005, COGNOME, Rv. 231670: vale a dire la stabile ed organica compenetrazione del singolo con il tessuto organizzativo del sodalizio, mettendosi “a disposizione” dello stesso per perseguimento dei comuni fini criminosi, con l’assunzione di un ruolo dinamico e funzionale.
Nello specifico, infatti, l’ordinanza impugnata illustra in dettaglio una serie di vic sostanzialmente indiscusse nei loro estremi di fatto: conoscenza del luogo di occultamento delle armi del gruppo, disponibilità a far effettuare summit camorristici presso il proprio casolare parcheggiare il proprio furgone in modo di ostacolare la visibilità dall’esterno in occasione de incontri, nitidamente espressive di stretti rapporti del ricorrente con soggetti d’indiscussa e o meno risalente militanza mafiosa e del ruolo di rango in quel contesto da costoro riconosciutogli. Vicende, dunque, che, lette insieme, sorreggono in modo adeguato e senza forzature l’assunto del ruolo operativo esercitato da costui all’interno del clan Giugliano atti quell’area territoriale. Risulta, pertanto, la ritenuta partecipazione associativa del ricor essendosi tradotto il suo intervento in un vero e proprio contributo, avente effettiva rileva causale, ai fini della conservazione o del rafforzamento della consorteria (Sez. 6, n. 40746 de 24/06/2016, COGNOME, Rv. 268325; Sez. 1, n. 25799 del 08/01/2015, COGNOME, Rv. 263935). In tal modo il giudice del riesame appare avere fatto corretta applicazione dei principi stabiliti Sezioni Unite imp. Modaffari (Sez. U, n. 36958 del 27 maggio 2021, Rv. 281889) nella parte in cui hanno affermato che sono indice di partecipazione punibile ex art. 416 bis cod. pen. tutte l condotte dalle quali potere desumere che l’affiliato abbia preso parte attiva al fenomeno associativo ovvero che abbia fornito un qualsivoglia “apporto concreto”, sia pur minimo, ma in ogni caso riconoscibile, alla vita dell’associazione, tale da far ritenere avvenuto il dell’inserimento attivo con carattere di stabilità; parte attiva al fenomeno associativo correttamente, veniva desunta dal coinvolgimento nei reti fine dell’associazione i quali, ben lun dall’essere rimasti a livello di programmazione o mero tentativo, manifestavano già il poter intimidatorio esercitato sulla cittadinanza. Pertanto, la motivazione dell’ordinanza impugnat supera il vaglio di legittimità demandato a questo collegio, il cui sindacato deve arrestarsi verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presie all’apprezzamento dei requisiti previsti dalla legge per l’emissione e il mantenimento de provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consiste Corte di Cassazione – copia non ufficiale
delle valutazioni riservate al giudice di merito. Nel caso in esame, il Collegio della cautela, a fare rinvio alla motivazione dell’ordinanza genetica, ha fornito un proprio percors argomentativo, che, quand’anche sostanzialmente adesivo a quello del primo giudice, non può dirsi privo di autonomo vaglio critico, avendo sia illustrato adeguatamente, con un propri apporto logico, le ragioni in base alle quali ha disatteso le censure difensive meritevoli di rep sia motivato convenientemente e autonomamente il proprio convincimento sull’adesione del ricorrente al sodalizio mafioso, indicandone debitamente il ruolo di spicco e ancorandolo a specifici elementi probatori. Il Tribunale del riesame ha indicato la presenza di numerosi elementi tipici della condotta di partecipazione ad un’associazione di stampo mafioso, secondo corretti canoni probatori espressi dalla consolidata giurisprudenza di legittimità a cui si è fatto cen Anche in questo caso il ricorso avverso l’ordinanza impugnata risulta inammissibile perché si limita a contestare l’ordinanza del Tribunale di Salerno senza però evidenziare alcuna manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, che, invece, si palesa come coerente e puntual nel collegare i numerosissimi indizi emergenti dalle complesse e articolate indagini. Può affermarsi, quindi, che la pronuncia impugnata resiste alle doglianze difensive riguardanti l pretesa apparenza della motivazione e le anzidette doglianze devono considerarsi infondate.
Per quanto concerne le esigenze cautelari, il motivo è altrettanto inammissibile: la difesa ha rappresentato circostanze, a suo dire, idonee a superare la presunzione di pericolosità, ma il ricorrente si trova agli arresti domiciliari, sicché le questioni riferite al superamento presunzione prevista dall’art. 273, comma 3, cod. proc. pen. perdono di interesse e non devono essere esaminate.
All’inammissibilità dell’impugnazione consegue obbligatoriamente – ai sensi dell’art. 616, cod. proc. pen. – la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta assenza di pregio degli argomenti addotti, va fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 30/10/2024
L’estensore GLYPH
La Presidente