Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 9399 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 9399 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a TAORMINA il 24/11/1973 COGNOME NOME nato a CASTIGLIONE DI SICILIA il 08/05/1967 COGNOME NOME nato a MESSINA il 10/03/1989 NOME nato a MALVAGNA il 17/11/1956 COGNOME NOME nato a TAORMINA il 23/10/1992 COGNOME nato a TAORMINA il 01/08/1987
avverso la sentenza del 24/06/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, I provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Wdita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo, per il ricorrente COGNOME NOMECOGNOME l’annullamento con rinvio limitatamente al profilo della continuazione tra i reati e i rigetto nel resto; il rigetto dei ricorsi di COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME.
Udite le conclusioni del difensore di fiducia di COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME avvocato NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
Udite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME quale sostituto processuale del difensore di fiducia avv. NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME e del difensore di fiducia, avv. COGNOME nell’interesse di COGNOME e COGNOME che, nel riportarsi ai motivi, ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’Il luglio 2023 la Prima sezione di questa Corte ha, per quanto di interesse e in parziale riforma della sentenza del 1° marzo 2022 della Corte di appello di Messina, annullato la pronunzia:
nei confronti di NOME COGNOME limitatamente al trattamento sanzionatorio ed alle circostanze attenuanti generiche, con rinvio per nuovo giudizio sui predetti punti ad altra Sezione della Corte di appello di Messina, rigettando nel resto il ricorso;
nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME Daniele e COGNOME NOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Messina;
nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME in ordine al reato associativo di cui al capo 1) con rinvio per nuovo giudizio sul predetto capo e sul trattamento sanzionatorio complessivo ad altra Sezione della Corte di appello di Messina.
1.1. A seguito del disposto annullamento la Corte di appello di Messina con sentenza del 24 giugno 2024:
ha rideterminato la pena inflitta a NOME COGNOME per i reati di cui agli artt. 416 bis comma 2 cod. pen. (capol) e 81, 629, 416bis.1 cod. pen. (capo 4);
ha confermato la condanna di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, per la partecipazione al reato associativo di cui all’art.416 bis comma 1 cod. pen. (capo 1) e per la partecipazione all’associazione di cui all’art. 74 comma 6 d.p.r. 309/90 come riqualificato il capo 11) per il solo COGNOME;
ha rideterminato la pena, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME per la partecipazione al reato associativo di cui all’art.416 bis comma 1 cod. pen. (capo 1).
Le imputazioni hanno ha ad oggetto, in estrema sintesi, una associazione per delinquere di stampo mafioso (capo 1 dell’imputazione) e, limitatamente a NOME
NOME, uno dei delitti fine di estorsione aggravata (capo 4); una associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanza stupefacente (capo 11) per il solo COGNOME NOME.
Il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. (capo 1) concerne il gruppo facente capo a NOME NOME, deceduto, affiliato all’organizzazione criminale “SantapaolaErcolano” operante nella Valle dell’Alcantara e in località limitrofe, al confine tra l province di Messina e Catania.
Il gruppo, in precedenza guidato da COGNOME presenta al vertice NOME COGNOME e tra i partecipi COGNOME NOME, COGNOME Antonio, COGNOME Daniele, COGNOME Salvatore e COGNOME NOME.
A NOME per quanto rileva, è altresì contestato il reato di estorsione aggravata ai sensi dell’art.416 bisl cod. pen. (capo 4)
L’associazione per delinquere di cui al capo 11) è finalizzata al traffico di sostanza stupefacente del tipo marijuana all’interno della quale COGNOME impartisce direttive e coordina il gruppo per lo spaccio.
Avverso la sentenza ricorrono tutti i predetti imputati, articolando i motivi di seguito enunciati nei termini strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173, comma 1 disp. att. cod. proc. pen.
COGNOME NOME, imputato per la partecipazione al reato associativo di cui all’art. 416 bis comma 1 cod. pen. (capo 1), con ricorso sottoscritto dal difensore di fiducia avv. NOME COGNOME articola 4 motivi:
Vizio di motivazione e violazione di legge in punto di ritenuta sussistenza della partecipazione alla associazione di stampo mafioso contestata.
Oggetto del giudizio di rinvio della Prima sezione di questa Corte consisteva nel verificare la sussistenza di elementi probanti che rivelassero stabile, consapevole e fattiva intraneità al sodalizio.
Nel giudizio di rinvio siffatta lacuna motivazionale non risulta colmata, a parere della difesa, dal momento che la sentenza impugnata si limita a parafrasare le argomentazioni già utilizzate nella prima sentenza della Corte di appello poi annullata.
Gli elementi valorizzati dalla sentenza impugnata sono rappresentati dalla partecipazione di Monforte al summit del 4 aprile 2013 e dai contatti intrattenuti con gli altri associati a seguito della morte di NOME per organizzare la partecipazione alle esequie di quest’ultimo.
La messa a disposizione del gruppo non può essere ricavata da due telefonate nel corso delle quali COGNOME commenta la morte di NOME COGNOME o dalla sua partecipazione in qualità di allevatore ad una riunione in una stalla che è stata qualificata dalla Corte territoriale quale summit mafioso, senza però chiarire la valenza dimostrativa di tale presenza.
Quanto all’episodio relativo “all’interessamento” di COGNOME affinché l’imputato potesse rientrare in possesso dei terreni di cui era stato spogliato da COGNOME, appartenente ad una potente organizzazione mafiosa, la difesa evidenzia che si tratta di un reato in relazione al quale è intervenuta la estinzione per prescrizione.
A ciò si aggiunga che COGNOME, per potere chiedere l’intervento di COGNOME, aveva avuto necessità della intermediazione di COGNOME COGNOME: questa sua condotta appare antitetica a quella partecipativa dal momento che COGNOME non lo avrebbe mai reso destinatario di tale condotta se l’imputato fosse stato veramente appartenente al gruppo di COGNOME.
Non risulta provato in tal modo una sua intraneità e una sua attività in territorio di Francavilla, ove peraltro egli non risiede, a fronte di una copiosa documentazione prodotta dalla difesa che prova che proprio in quei territori l’imputato è stato vittima di furti e danneggiamenti nella sua azienda agricola prontamente denunciati, circostanze inconciliabili con una sua eventuale qualifica di partecipe.
Non vi è, dunque, prova dell’affectio societatis, né di un qualsiasi contributo causalmente rilevante per la vita del gruppo, non essendovi neanche contestazione di reati fine.
Vizio di motivazione tradottosi in violazione di legge per assenza della stessa in relazione alla mancata risposta agli specifici motivi di appello che richiamavano la documentazione prodotta all’udienza dibattimentale del 24 aprile 2019.
Alcuna risposta vi è stata rispetto alla copiosa documentazione prodotta dalla difesa che prova che Monforte opera e vive in Castiglione di Sicilia e non in Francavilla di Sicilia e che in quei territori l’imputato è stato vittima di furti e danneggiamen nella sua azienda agricola prontamente denunciati, circostanze inconciliabili con una sua eventuale qualifica di partecipe.
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla determinazione della pena.
A seguito dell’annullamento con rinvio i motivi relativi al trattamento sanzionatorio sono risultati assorbiti.
Conseguentemente, nel confermare il giudizio di colpevolezza rispetto alla imputazione, la Corte territoriale avrebbe dovuto rispondere alle censure avanzate
che riguardavano la mancata individuazione della pena base dal momento che era stata indicata la pena già comprensiva dell’aumento per la contestata recidiva.
Nel caso di specie la distinzione tra la pena base e il successivo aumento per la recidiva riveste particolare rilevanza in quanto risulta necessaria per controllare se sia stata applicata la pena base in conformità ai limiti edittali vigenti nell’anno 2013 con riferimento alla fattispecie di cui all’art.416 bis cod. pen.
Violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
A fronte di uno specifico motivo di appello, non può ritenersi sufficiente un giudizio di implicita esclusione delle circostanze attenuanti generiche, anche alla luce di una diversa valutazione operata per i coimputati COGNOME Salvatore e COGNOME NOME.
I due coimputati sono stati ritenuti meritevoli delle circostanze attenuanti generiche in quanto, benché operativi, rivestivano un ruolo spiccatamente subalterno.
La motivazione si presenta contraddittoria laddove nega all’imputato ricorrente le richiamate attenuanti in assenza di ruoli e di delitti scopo, valorizzando invece il reato di cui al capo 5) estinto per prescrizione.
NOME COGNOME imputato per la partecipazione con compiti direttivi al reato associativo di cui all’art.416 bis comma 2 cod. pen. (capo 1) e per una condotta estorsiva continuata ed aggravata di cui agli artt. 81, 629, 416bis.1 cod. pen. (capo 4), con ricorso sottoscritto dal difensore di fiducia avv. NOME COGNOME articola 2 motivi:
Vizio di motivazione in relazione all’aumento di pena a seguito del riconoscimento del vincolo della continuazione e violazione dell’art. 627 comma terzo cod. proc. pen.
Oggetto del giudizio di rinvio della Prima sezione di questa Corte consisteva nella corretta individuazione del trattamento sanzionatorio in punto di congruità della pena base e nella verifica della concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il giudice del rinvio ha nuovamente confermato la pena base già individuata in anni nove di reclusione, limitandosi ad una minima riduzione della pena per il reato riconosciuto in continuazione e ha poi- in assenza di un annullamento sul puntomodificato il titolo di reato da considerare più grave ed in relazione al quale stabilir la pena base.
La prima sentenza della Corte di appello di Messina aveva indicato quale reato più grave quello di estorsione in funzione del massimo edittale previsto. Su tale
decisione si è formato il giudicato, decisione peraltro non impugnata dalla difesa che aveva lamentato l’omessa indicazione del calcolo della pena finale.
La sentenza impugnata pone di nuovo erroneamente come pena base quella del delitto associativo, come era avvenuto con la sentenza di primo grado e in relazione alla cui decisione vi era stato motivo di appello accolto e in quanto tale non riproposto alla Prima Sezione di questa Corte.
Inoltre, la Corte territoriale sbaglia ancora allorquando, dopo avere determinato la pena base per il più grave reato associativo in anni nove di reclusione, giustifica l’aumento per la continuazione sulla base della gravità delle condotte estorsive (che dovevano rappresentare il reato più grave) definendole apoditticamente seriali.
Violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
A fronte di uno specifico motivo di appello, non può ritenersi sufficiente un giudizio di esclusione delle circostanze attenuanti generiche “per l’assenza di ragioni specifiche”.
La sentenza impugnata ignora lo svolgimento continuato da parte dell’imputato di attività lavorativa presso la Pubblica amministrazione, l’incensuratezza e la mancanza di carichi pendenti; erroneamente richiama la circostanza che la pena sia stata fissata nei minimi edittali perché la pena è stata calcolata in violazione di legge.
COGNOME NOMECOGNOME imputato per la partecipazione al reato associativo di cui all’art.416 bis comma 1 cod. pen. (capo 1), con ricorso sottoscritto dal difensore di fiducia avv. NOME COGNOME articola 2 motivi:
Vizio di motivazione e violazione di legge in punto di ritenuta sussistenza della partecipazione alla associazione di stampo mafioso contestata.
Oggetto del giudizio di rinvio della Prima sezione di questa Corte consisteva nel verificare la sussistenza di elementi probanti che rivelassero stabile, consapevole e fattiva intraneità al sodalizio.
Nel giudizio di rinvio siffatta lacuna motivazionale non risulta colmata a parere della difesa, dal momento che la sentenza impugnata si limita a parafrasare le argomentazioni già utilizzate nella prima sentenza della Corte di appello poi impugnata.
Gli elementi valorizzati dalla sentenza impugnata sono rappresentati dalla partecipazione di Nicolosi al summit del 4 aprile 2013; la convocazione da NOME per gli auguri delle festività pasquali e il coinvolgimento nell’organizzazione delle
esequie del capo; il coinvolgimento per la raccolta di danaro in favore di Lomonaco, associato tratto in arresto.
La messa a disposizione del gruppo non può essere ricavata dalla partecipazione “passiva” ad una riunione qualificata dalla Corte territoriale quale summit mafioso, dagli auguri pasquali rivolti a NOME e dalla partecipazione al funerale di quest’ultimo, circostanze neutre di cui non viene indicata la valenza dimostrativa.
L’unico elemento che, a seguito del giudizio di rinvio, la Corte territoriale avrebbe dovuto approfondire è rappresentato dall’ episodio della raccolta di danaro in favore di Lomonaco.
Sul punto la sentenza impugnata è carente dal momento che ricava il coinvolgimento dell’imputato nella vicenda da una conversazione di COGNOME con un terzo in cui si lamentano della ritrosia di “NOME” nella raccolta di danaro in favore d Lomonaco, senza motivare adeguatamente circa la identificazione del “COGNOME” della conversazione in NOME COGNOME. Alcun approfondimento emerge anche quanto ai rapporti tra COGNOME, COGNOME e Lomonaco.
Non vi è, dunque, prova dell’affectio societatis, né di un qualsiasi contributo causalmente rilevante per la vita del gruppo, non essendovi neanche contestazione di reati fine.
Vizio di motivazione tradottosi in violazione di legge per assenza della stessa in relazione alla mancata risposta agli specifici motivi di appello avuto riguardo alla sussistenza di una cellula autonoma dell’organizzazione operante in Castiglione di Sicilia e non in Francavilla di Sicilia.
I motivi di appello formulati originariamente non hanno ricevuto risposta neanche a seguito del disposto annullamento della Prima sezione di questa Corte.
Violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il motivo è sostanzialmente sovrapponibile al quarto motivo presentato nell’interesse di Monforte.
A fronte di uno specifico motivo di appello, non può ritenersi sufficiente un giudizio di implicita esclusione delle circostanze attenuanti generiche, anche alla luce di una diversa valutazione operata per i coimputati COGNOME Salvatore e COGNOME NOME.
I due coimputati sono stati ritenuti meritevoli delle circostanze attenuanti generiche in quanto, benché operativi, rivestivano un ruolo spiccatamente subalterno.
La motivazione si presenta contraddittoria laddove nega all’imputato ricorrente le richiamate attenuanti in assenza di ruoli e di delitti scopo.
COGNOME NOME e COGNOME NOME imputati per la partecipazione al reato associativo di cui all’art. 416 bis comma 1 cod. pen. (capo 1), con ricorso sottoscritto dal comune difensore di fiducia avv. NOME COGNOME articolano un unico motivo:
Vizio di motivazione e violazione di legge in punto di ritenuta sussistenza della partecipazione alla associazione di stampo mafioso contestata.
Il motivo contiene due rilievi e cioè che la sentenza impugnata avrebbe ripercorso acriticamente lo stesso iter argomentativo della sentenza oggetto dell’annullamento di questa Corte e che comunque avrebbe fornito una motivazione illogica in relazione alla valutazione del compendio probatorio.
Essendo la decisione di annullamento intervenuta per vizio di motivazione, il giudizio rescissorio richiedeva un nuovo e completo esame del materiale probatorio, operazione che non è stata compiuta.
La Corte territoriale si è limitata a fondare la decisione di condanna sulle medesime risultanze intercettive che il giudice rescindente aveva ritenuto inidonee a giustificare l’esistenza di una partecipazione associativa penalmente rilevante.
Nel richiamare le indicazioni della giurisprudenza di legittimità in relazione alla configurazione del contributo del partecipe all’associazione, la difesa lamenta che l’unico elemento valorizzato è stato quello in base al quale gli stessi avrebbero agito alle dipendenze assolute di COGNOME AngeloCOGNOME condannato per il reato associativo con sentenza irrevocabile, personalità di rilievo del gruppo.
Per conto di Salmeri, COGNOME NOME ha appiccato il fuoco agli alberi di un terreno; COGNOME NOME ha commesso un furto di pesche; entrambi hanno lavorato alle dipendenze di Salmeri nella gestione del traffico di stupefacenti.
Tuttavia, le condotte criminose descritte non sono state ritenute come volte ad agevolare l’attività dell’organizzazione (non vi è contestazione della circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis 1 cod. pen.) ed è stato escluso il riconoscimento del vincolo della continuazione tra la fattispecie associativa e siffatte condotte in relazione alle quali è successivamente intervenuta l’estinzione per prescrizione e per remissione di querela.
La semplice vicinanza o frequentazione di associati non può interpretarsi come indice inequivoco di partecipazione in assenza di condotte causalmente rilevanti: impropria è la interpretazione della conversazione intercorsa in data 22 luglio 2023 tra COGNOME e COGNOME NOME in cui il secondo si è limitato ad ascoltare il primo e all quale non ha partecipato COGNOME NOME.
Ed è impropria la interpretazione della conversazione ambientale nella vettura di NOME quale indicativa di un coinvolgimento dei due fratelli COGNOME nella restituzione dei trattori, non essendo nemmeno univoco il riferimento alle loro persone (“i facci lodda”).
COGNOME NOMECOGNOME imputato per la partecipazione al reato associativo di cui all’art.416 bis comma 1 cod. pen. (capo 1) e per la partecipazione all’associazione di cui all’art. 74 d.p.r. 309/90 (capo 11) con ricorso sottoscritto dal difensore di fiduci avv. NOME COGNOME articola due motivi:
Vizio di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza della partecipazione alla associazione di stampo mafioso contestata.
Oggetto del giudizio di rinvio della Prima sezione di questa Corte consisteva nel verificare la sussistenza di elementi probanti che rivelassero stabile, consapevole e fattiva intraneità al sodalizio.
Gli elementi valorizzati dalla sentenza impugnata sono rappresentati unicamente dalle conversazioni di COGNOME, il quale alla morte di COGNOME appare interessato alla designazione del suo successore (“E’ morto il principale”), mentre vengono considerati non rilevanti alcuni elementi valorizzati dalla difesa quali la sua assenza al funerale di COGNOME, al summit dell’aprile 2013 e il suo mancato coinvolgimento in precedenti processi relativi al gruppo mafioso in esame.
Violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati ascritti.
Nella motivazione della sentenza impugnata, è proprio la Corte territoriale a sollecitare la difesa a ricorrere avverso la mancata risposta al secondo dei motivi dell’annullamento con rinvio e cioè il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra le due fattispecie associative contestate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
È parzialmente fondato il ricorso di COGNOME NOME.
Sono infondati i ricorsi di Monforte Antonio, NOME COGNOME Daniele, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
1.1. Va preliminarmente evidenziato che il giudizio sulla sussistenza della associazione mafiosa oggetto del presente procedimento e sulla responsabilità di NOME COGNOME è coperto dal giudicato e non ha riguardato il giudizio rescissorio.
Nella pronuncia rescindente, infatti, la Prima sezione di questa Corte ha definitivamente affermato l’esistenza della associazione in esame quale cellula emergente nel territorio di Malvagna dello storico clan COGNOME, cellula facente capo a NOME COGNOME Pio.
La nuova compagine ha manifestato sul territorio la propria concreta capacità di intimidazione, derivante dall’essere una diretta manifestazione del potente sodalizio di mafia “Ercolano- Santapaola” operante nei territori di Catania e Messina.
Conseguentemente le censure dei ricorrenti non sono volte a contestare la sussistenza dell’organizzazione, quanto piuttosto la partecipazione degli stessi al sodalizio (per NOME COGNOME unicamente il trattamento sanzionatorio).
Riservando alla trattazione dei singoli ricorsi una più puntuale disamina dei motivi sviluppati da ciascun ricorrente, in questa sede si può anticipare che le censure non riescono a superare lo sbarramento del giudizio di legittimità in quanto o si risolvono nella prospettazione di una diversa lettura del materiale probatorio oppure denunciano vizi motivazionali palesemente insussistenti.
La sentenza impugnata ha operato buon governo dei principi enucleati dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa dell’associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua “messa a disposizione” in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (cfr. per tutte Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281889 – 01).
2. COGNOME NOME
Il ricorso è nel suo complesso infondato.
2.1. Il primo motivo risulta manifestamente infondato non confrontandosi con i contenuti della sentenza impugnata e con le indicazioni di questa Corte secondo cui esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. (S.U. n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv.207944).
2.2. La Corte territoriale con motivazione in fatto non manifestamente illogica, né contraddittoria- in quanto tale non sindacabile in questa sede- ha enucleato gli indici rivelatori del contributo partecipativo reso dal ricorrente Monforte.
Dopo avere richiamato le indicazioni contenute nella pronuncia delle Sezioni unite “RAGIONE_SOCIALE” nella parte in cui chiarisce che la condotta di messa a disposizione in favore del gruppo può sussistere anche in assenza di concorso in singoli reati fine, la sentenza impugnata (p.6/7) ha individuato gli elementi di fatto rivelatori in maniera inequivoca del contributo causalmente rilevante.
2.2.1. Ha richiamato la partecipazione del ricorrente al summit del 4 aprile 2013, svoltosi presso la stalla di Olivieri, specificando che “il contes assolutamente modesto e paesano della riunione” non ne sminuisce la valenza mafiosa, essendo stata nel corso della stessa trattata una questione di indubbia rilevanza per la cosca.
Le risultanze delle conversazioni telefoniche ed ambientali che precedono e seguono la riunione avevano chiarito la necessità di un intervento di “COGNOME” COGNOME per la restituzione dei trattori rubati, una decisione già presa dal coimputato NOMECOGNOME ma che richiedeva un chiarimento su chi fosse il reale titolare del potere decisionale del gruppo.
La sentenza impugnata valorizza la presenza dell’imputato a tale riunione, non potendosi considerare per il “calibro” dei partecipi e per la natura delle questioni trattate, una ” presenza neutra o casuale.”
2.2.2. La Corte territoriale ha quindi richiamato la conversazione intercorsa, subito dopo la riunione, tra NOME Vincenzo (la cui qualifica di partecipe con funzioni direttive è coperta da giudicato) e il ricorrente nel corso della quale il primo evidenziava il suo potere decisionale sui trattori “della nostra zona”, discutendo di vicende interne al gruppo proprio con Monforte.
Quanto all’efficacia probatoria e al significato da attribuire alle conversazioni oggetto di captazione vanno richiamate le indicazioni costantemente fornite da questa Corte secondo cui la interpretazione delle conversazioni intercettate costituisce questione di fatto, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n.22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv.263715), rivelandosi, pertanto, inammissibili tutte quelle censure che mirano a sottoporre alla Corte una diversa lettura dei risultati captativi.
2.2.3. La Corte territoriale ha infine valorizzato, per delineare la qualifica d partecipe di Monforte, l’episodio relativo “all’interessamento” del capo COGNOME affinché l’imputato potesse rientrare in possesso dei terreni di cui era stato spogliato da Camarda, appartenente ad una potente organizzazione mafiosa.
Sul punto è priva di pregio la censura secondo cui si tratterebbe di un fatto reato in relazione al quale è intervenuta l’estinzione per prescrizione.
La condotta è risultata oggetto di imputazione al capo 5) ed è stata derubricata nella ipotesi di violenza privata aggravata dalla circostanza di cui all’art.416 bis 1 cod. pen.
La intervenuta estinzione del reato non impedisce, tuttavia, di considerare e valorizzare la condotta oggetto di imputazione in relazione al contributo partecipativo.
A fronte di una motivazione immune da vizi (p.7) circa la valenza dimostrativa dell’episodio (il capomafia COGNOME si spende in prima persona per l’affiliato Monforte per costringere COGNOME ad allontanare i cavalli di quest’ultimo che pascolavano sul suo terreno), la difesa ha offerto una versione in fatto alternativa già sconfessata e confutata dalla sentenza impugnata.
2.3. Il secondo motivo di ricorso risulta generico.
La censura, infatti, si concentra sulla mancata valutazione della Corte territoriale di prova documentale che rivelerebbe la inconciliabilità della qualità di partecipe di Monforte con quella di vittima nel medesimo territorio di episodi di furti.
La sentenza impugnata, tuttavia, nel delineare il contributo partecipativo del ricorrente, ha evidenziato la assoluta decisività delle risultanze probatorie al fine della configurabilità del contributo causalmente rilevante offerto dall’imputato, rivelandosi quindi generiche le doglianze difensive sul punto, comunque volte ad una rivalutazione di fatto favorevole all’imputato.
2.4. Il terzo motivo risulta infondato.
La pena inflitta è pari ad anni otto di reclusione e si discosta di solo un anno dai limiti edittali vigenti alla data del commesso reato (da sette a dodici anni), come introdotti dalla I. 24 luglio 2008 n.125.
L’attuale disciplina, introdotta dalla I. 27 maggio 2015 n. 69, ha elevato i limiti edittali da dieci a quindici anni.
Alcun dubbio, dunque, poteva esserci quanto alla corretta applicazione del trattamento sanzionatorio vigente al momento del commesso reato e alla individuazione di una pena che, nonostante l’aumento per la contestata recidiva, si è comunque attestata sui minimi edittali.
2.5. Il quarto motivo di ricorso risulta infondato.
Il motivo si incentra sulla comparazione del ricorrente rispetto alle posizioni processuali dei coimputati COGNOME NOME e COGNOME Filippo che sono invece stati ritenuti meritevoli delle circostanze attenuanti generiche, lamentando una conseguente contraddittorietà della motivazione e una ingiustificata disparità di trattamento.
Questa Corte ha avuto modo di chiarire che sussiste disparità di trattamento nel caso di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in favore di un imputato e non di altro concorrente nello stesso reato, se non è fornita logica e adeguata motivazione in ordine alla diversa valutazione della gravità delle condotte rispettivamente contestate e della capacità a delinquere manifestata da ciascuno. (Sez. 6, n. 12692 del 30/01/2024, Ardizzone, Rv. 286191).
La Corte territoriale, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, ha argomentato in ordine al diverso trattamento sanzionatorio riservato ai coimputati.
In particolare, ha ritenuto che il ruolo dei coimputati COGNOME si sia caratterizzato per il ruolo di totale subalternità a COGNOME NOME, di “pieno asservimento(..) sia pure in posizione molto gregaria(..) alle dipendenze assolute di COGNOME NOME.”
Proprio questo ruolo “spiccatamente subalterno ed esecutivo” è il fondamento della concessione delle circostanze attenuanti generiche nei confronti dei due coimputati COGNOME.
Diversa è stata la valutazione di merito- non manifestamente illogica – offerta dalla Corte territoriale rispetto al ricorrente Monforte in relazione al quale non solo è stata valorizzata la contestata e riconosciuta recidiva, ma anche il peso negativo sintomatico della vicenda Camarda, sia pure estinta per prescrizione.
3. NOME
Il ricorso è nel suo complesso infondato.
3.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, la sentenza impugnata non ha in alcun modo mutato la individuazione del reato più grave in relazione al quale determinare la pena base (p.4/5).
Ha infatti ribadito, recependo le indicazioni del giudizio rescindente, che il reato più grave è rappresentato dall’estorsione aggravata dall’art.416 bis.1 cod. pen. di cui al capo 4), in considerazione dei limiti edittali vigenti alla data del commesso reato rispetto all’art. 416 bis comma secondo cod. pen. di cui al capo 1).
Ha poi argomentato le ragioni dell’aumento di pena per il più grave capo 4) a seguito del riconoscimento della continuazione con il capo 1): “avendo il reato satellite natura così grave, è legittimo partire da una pena superiore o applicare un robusto aumento per la continuazione “
Ha adottato la prima delle due opzioni (pena base superiore al limite edittale) determinando la pena base per il reato di cui al capo 4) in misura pari al minimo
edittale previsto per il reato satellite di cui al capo 1), quindi in nove anni, e contenendo l’aumento ex art. 81 cpv. cod. pen. in soli due anni.
Ha, inoltre, ulteriormente argomentato quanto al discostamento della pena inflitta per il capo 4) dal minimo edittale: l’estorsione in esame, pur non avendo un interesse economico assai elevato, è la manifestazione della abitualità del gruppo a compiere atti di natura predatoria ed è anche simbolicamente significativa atteso che la decisione sul fatto estorsivo rappresentava un’autentica investitura per il ricorrente.
3.2. Il secondo motivo è infondato.
La Corte territoriale ha esaustivamente argomentato quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, correttamente declinando il contenuto del giudizio rescindente.
La sentenza di annullamento della Prima sezione di questa Corte (p.34), nell’accogliere il motivo relativo alla determinazione del trattamento sanzionatorio, aveva poi specificato che il motivo in punto di attenuanti generiche era accolto “in via solo consequenziale”: poiché le attenuanti generiche hanno la precipua funzione di adeguare la sanzione finale all’effettivo disvalore del fatto oggetto di giudizio i rapporto alla cornice edittale di riferimento, la loro finale applicazione non può prescindere da quest’ultima ” dovendo il giudice valutare se la pena in tale cornice dimensionata, abbia in caso bisogno di un temperamento correttivo.”
Contrariamente, dunque, a quanto indicato nella censura proposta, la sentenza impugnata ha fornito una specifica e puntuale risposta al tema introdotto dalla sentenza di annullamento con rinvio: NOME COGNOME ha già goduto di una pena prossima ai limiti edittali, non essendo dunque necessario quel temperamento correttivo cui si sarebbe dovuti ricorrere in relazione all’effettivo disvalore del fatto
Inoltre la sentenza impugnata, recependo la costante indicazione di questa Corte – secondo cui in tema di circostanze, ai fini del diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, m sufficiente il riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, purché valutazione di tale rilevanza tenga conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall’interessato (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, dep.2022, Bianchi, Rv. 282693) -, ha chiarito che non erano valorizzate ragioni specifiche che potessero condurre ad un trattamento più mite escludendo il rilievo della “quasi incensuratezza.”
4. NOME NOME
Il ricorso è nel suo complesso infondato.
4.1. Il primo motivo risulta manifestamente infondato non confrontandosi con i contenuti della sentenza impugnata e con le indicazioni di questa Corte secondo cui esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. (SU. n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv.207944).
4.2. La Corte territoriale con motivazione in fatto non manifestamente illogica, né contraddittoria- in quanto tale non sindacabile in questa sede- ha enucleato gli indici rivelatori del contributo partecipativo reso dal ricorrente COGNOME
Dopo avere richiamato le indicazioni contenute nella pronuncia delle Sezioni unite “RAGIONE_SOCIALE” nella parte in cui chiarisce che la condotta di messa a disposizione in favore del gruppo può sussistere anche in assenza di concorso in sinoli reati fine, la sentenza impugnata (p.9/10) ha individuato gli elementi di fatto rivelatori in maniera inequivoca del contributo partecipativo.
4.2.1. Analogamente a quanto indicato in precedenza con riferimento alla posizione di Monforte (par. 2.2.1.) la sentenza impugnata ha richiamato la partecipazione del ricorrente al summit del 4 aprile 2013, svoltosi presso la stalla di Olivieri, specificando che “il contesto assolutamente modesto e paesano della riunione” non ne sminuisce la valenza mafiosa, essendo stata nel corso della riunione trattata una questione di indubbia rilevanza per la cosca.
La valutazione di merito offerta dalla sentenza impugnata in relazione alla presenza di COGNOME alla riunione (” non si comprende per quale ragione si convocasse un passivo spettatore ad ascoltarla se non perché membro della congrega e soggetto da coinvolgere nelle decisioni che si andavano ad adottare sul furto dei trattori”) risulta immune da vizi e come tale non oggetto del sindacato di legittimità.
4.2.2. Le ulteriori circostanze della “convocazione” da parte di NOME di Nicolosi per accompagnarlo a porgere gli auguri pasquali a NOME e il suo coinvolgimento nelle esequie di quest’ultimo, sono state sì richiamate dalla Corte territoriale, ma solo quali elementi di contorno e non decisivi nel delineare il ruolo del ricorrente. La sentenza impugnata infatti le riconosce come circostanze meno significative anche se non neutre.
4.2.3. Il contributo partecipativo è ricostruito, infine, ravvisando la decisivit del coinvolgimento di COGNOME nella raccolta di danaro nei confronti di Lomonaco nonché nella ricavata qualità di partecipe dal contenuto della conversazione intercorsa tra COGNOME e COGNOME laddove il primo lamenta il disinteresse da parte di NOME per COGNOME, nonostante quest’ultimo si trovasse ristretto in carcere.
Si tratta di due episodi diversi, impropriamente sovrapposti dalla difesa del ricorrente e che sono valorizzati dalla sentenza impugnata:
-la condotta di sostegno agli imputati detenuti da parte dell’organizzazione criminosa (caso Lomonaco);
-l’ingiustificato disinteresse da parte di NOME nei confronti di Nicolosi, partecipe arrestato.
Sulla interpretazione del contenuto delle intercettazioni va ulteriormente ribadito che la interpretazione delle conversazioni intercettate costituisce questione di fatto, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n.22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
4.3. Il secondo motivo è manifestamente infondato. La sentenza di annullamento con rinvio ha limitato il giudizio rescissorio alla sola verifica della partecipazione dei ricorrenti al sodalizio, essendo coperta dal giudicato qualsivoglia questione attinente alla sussistenza dell’associazione e alla sua configurazione, ivi compresa la verifica dei confini territoriali della cosca.
4.4. Il terzo motivo è sostanzialmente sovrapponibile al quarto motivo presentato nell’interesse di Monforte e risulta infondato.
Come per Monforte anche per Nicolosi la Corte territoriale ha argomentato quanto al diverso trattamento sanzionatorio riservato ai coimputati COGNOME.
Ha, infatti chiarito che seppure COGNOME abbia un ruolo secondario e servente, subordinato chiaramente al COGNOME, è pienamente coinvolto nel traffico di stupefacenti.
Infine, ha ribadito la esclusione delle circostanze attenuanti generiche non potendo rilevare la sola incensuratezza e risultando la pena irrogata adeguata al disvalore del fatto in quanto pari al minimo edittale.
5. COGNOME NOME e COGNOME NOME
I ricorsi risultano nel loro complesso infondati.
5.1. Il motivo comune risulta manifestamente infondato non confrontandosi con i contenuti della sentenza impugnata e con le indicazioni di questa Corte secondo cui esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. (S.U. n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv.207944).
5.2. La Corte territoriale con motivazione in fatto non manifestamente illogica, né contraddittoria- in quanto tale non sindacabile in questa sede- ha enucleato gli indici rivelatori del contributo partecipativo reso dai fratelli COGNOME.
5.2.1. Ha in primo luogo evidenziato il ruolo di totale asservimento dei due imputati alla persona di COGNOME NOME condannato con sentenza definitiva e personaggio di assoluto rilievo all’interno del gruppo, subalternità rivelatasi attraverso una serie di condotte illecite che i due hanno posto in essere obbedendo a COGNOME.
Va al riguardo richiamata, per confutare le obiezioni difensive, la indicazione di questa Corte secondo cui la prova della partecipazione all’associazione di stampo mafioso può essere desunta, con metodo logico-induttivo, anche dall’accertata sussistenza di un rapporto gerarchico dell’interessato rispetto ai soggetti ritenuti sicuramente partecipi del sodalizio (Sez. 6, n. 1162 del 14/10/2021, dep.2022 Rv. 282661 – 01)
5.2.2. Ulteriore indice rivelatore della partecipazione è rappresentato dalla conversazione in ambientale tra COGNOME NOME e COGNOME nel corso della quale i due sono insoddisfatti delle modalità di gestione degli affari della cosca nel territorio d Malvagna, decisi a lamentarsi di ciò con i vertici del gruppo.
NOME rimproverava a NOME un certo disinteresse per gli affari del gruppo mostrato attraverso i suoi frequenti viaggi a Napoli.
Ulteriormente rilevante nella ricostruzione del contributo partecipativo è il riferimento alle loro persone (“i facci lodda”) sia pure con l’utilizzo di soprannomi indicativo di un coinvolgimento dei due fratelli COGNOME nella restituzione dei trattori e quindi in un affare della cosca.
Anche in tal caso la diversa valutazione del contenuto delle conversazioni richiamate offerta dalla difesa non può essere posta a fondamento dell’accoglimento della censura in quanto sulla interpretazione del contenuto delle conversazioni telefoniche ed ambientali va richiamato nuovamente il principio secondo cui la interpretazione delle conversazioni intercettate costituisce questione di fatto, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n.22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv.263715), rivelandosi, pertanto, inammissibili tutte quelle censure che mirano a sottoporre alla Corte una diversa lettura dei risultati captativi.
Inoltre, rispetto alla seconda delle conversazioni richiamate e alle dichiarazioni etero accusatorie nei confronti dei “facci lodda”, questa Corte ha con costante orientamento ribadito che le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attività di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. (per tutte Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714; cfr. da ultimo Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME).
6. Caminiti NOME
Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.
6.1. Il primo motivo è infondato.
Le carenze mobvazionali lamentate nel giudizio rescindente sono state oggetto di puntuale e preciso approfondimento nella sentenza impugnata per superare “il semplice valore indiziario” che era stato riconosciuto agli elementi valutati nella sentenza oggetto di annullamento.
La Corte territoriale ha ribadito che il giudice di rinvio, in caso di annullamento per vizio di motivazione, è investito di pieni poteri di cognizione e, salvi i lim derivanti da un eventuale giudicato interno, può rivisitare il fatto con pieno apprezzamento e autonomia di giudizio (Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023, dep.2024, COGNOME, Rv. 285801 – 02).
6.1.1. Proprio in ragione di siffatto ampio potere, che trova il suo limite unicamente nell’emenda del vizio motivazionale ravvisato, la sentenza impugnata ha ripercorso i contenuti delle conversazioni ambientali e telefoniche poste a fondamento della responsabilità del ricorrente quale partecipe (p.8/9):
la conversazione del 12 giugno 2013 tra Caminiti e Monforte nel corso della quale il primo, appresa la notizia della morte di NOME, riferisce al secondo “Vedi che è morto il principale”, per poi concordare di andare a fare visita ai familiari del defunto. La Corte territoriale con motivazione in fatto non manifestamente illogica, né contraddittoria valorizza la significativa valenza probatoria della conversazione: in mancanza di lecite attività economiche dalle quali scaturisse un rapporto di lavoro subordinato o cointeressenze, il riferimento era necessariamente al ruolo apicale rivestito da NOME rispetto ad un gruppo cui gli interlocutori erano intranei (Monforte è anch’esso partecipe);
le conversazioni dei giorni successivi intercorsi sempre tra Caminiti e terzi nel corso delle quali gli interlocutori gli chiedevano che cosa sarebbe successo con la morte di NOME o si discuteva della reggenza provvisoria di NOME. Salmeri rimproverato da NOME si sarebbe rivolto proprio a Caminiti per essere difeso. Anche in tal caso la sentenza impugnata chiarisce con motivazione in fatto immune da vizi che trattasi di conversazioni inequivocamente indicative di una comune partecipazione al sodalizio e non di conversazioni di natura personale.
6.1.2. Sono state altresì oggetto di confutazione le doglianze difensive quanto alla mancata assunzione di un ruolo effettivo da parte del ricorrente.
La Corte, dopo avere riaffermato il principio della sentenza delle S.U. COGNOME nella parte in cui chiarisce che la condotta di messa a disposizione in favore del gruppo può sussistere anche in assenza di concorso in singoli reati fine, ha fornito una ulteriore risposta alla censura evidenziando che il sottogruppo dedito al narcotraffico (in relazione al quale vi è accertamento di cosa giudicata) e che vede coinvolto COGNOME lavorava in stretta cooperazione con COGNOME, COGNOME e COGNOME.
6.2. Fondato risulta il secondo motivo.
La sentenza di annullamento con rinvio (p. 40/41) aveva ad oggetto anche il trattamento sanzionatorio complessivo e il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra le due fattispecie associative contestate, ferma restando la recidiva applicata al reato di cui al capo 11).
La sentenza impugnata ha omesso del tutto di valutare la richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione tra le due contestazioni associative (capo 1 e capo 11), essendosi limitata a determinare la condanna in anni 9 di reclusione per la fattispecie di cui all’art.416 bis cod. pen. di cui al capo 1).
Siffatta omessa valutazione risultante dal dispositivo è stata peraltro espressamente ammessa dalla Corte territoriale nella parte motiva (p.8) con l’invito la difesa di valutare la impugnazione sullo specifico punto.
6.2.1. La sentenza impugnata deve essere dunque annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Messina, per nuovo esame in relazione alla posizione di COGNOME limitatamente alla verifica del riconoscimento del vincolo della continuazione tra i due capi oggetto di contestazione, come già richiesto con la precedente sentenza di annullamento della Prima sezione di questa Corte.
7. Al rigetto dei ricorsi di Monforte Antonio, COGNOME, COGNOME
NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alla continuazione, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte
di appello di Messina.
Rigetta nel resto il ricorso di COGNOME NOME.
Rigetta, altresì, i ricorsi di Monforte Antonio, COGNOME, NOME Vincenzo
NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 5 febbraio 2025
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