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Partecipazione associazione mafiosa: la Cassazione

Un soggetto, indagato per partecipazione associazione mafiosa e sottoposto a custodia cautelare in carcere, ha presentato ricorso in Cassazione. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. La Suprema Corte ha confermato che attività come la raccolta fondi per sostenere la famiglia di un sodale detenuto costituiscono un grave indizio di appartenenza. Inoltre, ha chiarito che il Tribunale del Riesame non è tenuto a una motivazione completamente autonoma rispetto a quella del GIP, ma deve effettuare una verifica logica e coerente degli elementi, cosa che nel caso di specie è avvenuta.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Partecipazione Associazione Mafiosa: La Cassazione sui Gravi Indizi e il Ruolo del Riesame

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18627 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: la partecipazione associazione mafiosa. La decisione offre importanti chiarimenti sulla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e sui poteri del Tribunale del Riesame, delineando i confini tra condotte penalmente rilevanti e giustificazioni di natura personale. Questo caso analizza come le logiche solidaristiche tipiche delle organizzazioni criminali possano integrare un serio quadro indiziario a carico di un soggetto.

I Fatti del Caso: Dalla Custodia Cautelare al Ricorso

Il caso nasce da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Catanzaro nei confronti di un individuo, ritenuto gravemente indiziato del delitto di cui all’art. 416 bis c.p. L’accusa era quella di essere partecipe di un’articolazione della ‘ndrangheta, un gruppo criminale strettamente legato a una cosca locale.

Il Tribunale del Riesame confermava il provvedimento, rigettando la richiesta di annullamento. Contro tale decisione, la difesa dell’indagato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi. In particolare, si contestava la mancanza di gravità indiziaria e l’illogicità della motivazione. La difesa sosteneva che il Tribunale si fosse limitato a un mero “copia e incolla” dell’ordinanza del GIP, senza compiere un’autonoma valutazione critica. Inoltre, si cercava di fornire una spiegazione alternativa alle condotte dell’indagato, come la raccolta di fondi per la famiglia di un sodale detenuto, riconducendole a motivi personali (un legame di parentela spirituale e una relazione sentimentale con la moglie del detenuto) e non a una logica mafiosa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici di legittimità hanno respinto tutte le censure difensive, confermando la solidità del quadro indiziario e la correttezza dell’operato del Tribunale del Riesame. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Analisi della Partecipazione Associazione Mafiosa

La sentenza offre spunti di riflessione su due aspetti fondamentali: i limiti del sindacato del Tribunale del Riesame e i criteri per valutare gli indizi di partecipazione a un’associazione criminale.

L’eccezione del “Copia-Incolla” e l’Autonoma Valutazione

Uno dei motivi di ricorso riguardava la presunta mancanza di un’autonoma valutazione da parte del Tribunale del Riesame. La Cassazione chiarisce un punto procedurale fondamentale: l’obbligo di un'”autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza”, previsto dall’art. 292 c.p.p., riguarda esclusivamente il giudice che emette per la prima volta la misura cautelare (il GIP), non il Tribunale del Riesame. Quest’ultimo, infatti, svolge una funzione di controllo su un provvedimento già esistente. Il suo operato può essere censurato in Cassazione solo per vizi di motivazione (assente, apparente o manifestamente illogica), non per il semplice fatto di aver condiviso e richiamato le argomentazioni del primo giudice.

I Gravi Indizi per la Partecipazione Associazione Mafiosa

La Corte ha ritenuto le argomentazioni del Tribunale del Riesame puntuali e logiche. L’esistenza del sodalizio criminale era provata da una pluralità di fonti: intercettazioni, precedenti sentenze passate in giudicato e dichiarazioni di collaboratori di giustizia.

Per quanto riguarda la posizione specifica del ricorrente, la sua condotta attiva nel raccogliere denaro per la famiglia del sodale detenuto è stata interpretata non come un gesto personale, ma come un’azione inserita pienamente nella logica ‘ndranghetistica e solidaristica. Tale attività, secondo la Corte, dimostra un’organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio. Citando la celebre sentenza “Mannino” delle Sezioni Unite, i giudici ribadiscono che la partecipazione mafiosa implica un ruolo dinamico e funzionale, in cui l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, mettendosi a disposizione per il perseguimento dei fini comuni.

Le giustificazioni personali addotte dalla difesa sono state considerate irrilevanti, poiché non in grado di scalfire il significato della condotta nel contesto mafioso. L’essere a conoscenza delle dinamiche interne del clan e l’attivarsi per il sostentamento dei sodali detenuti sono elementi sintomatici dell’appartenenza.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La pronuncia della Cassazione ribadisce principi consolidati in materia di misure cautelari e reati associativi. In primo luogo, consolida l’interpretazione sui diversi ruoli del GIP e del Tribunale del Riesame in merito all’onere motivazionale. In secondo luogo, sottolinea come la valutazione degli indizi debba essere contestualizzata: azioni apparentemente neutre o giustificabili a livello personale, se inserite in un contesto di criminalità organizzata, possono assumere una valenza indiziaria grave, precisa e concordante. La sentenza conferma che la logica solidaristica verso i detenuti è un elemento tipico e rivelatore della partecipazione associazione mafiosa, difficile da derubricare a mero gesto di amicizia o affetto personale.

Il Tribunale del Riesame è obbligato a redigere una motivazione completamente nuova rispetto a quella del GIP?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il requisito dell’autonoma valutazione è previsto dall’art. 292 c.p.p. per il solo giudice che emette la misura (GIP). Il Tribunale del Riesame, in sede di controllo, non deve riscrivere la motivazione da capo, ma verificarne la logicità e coerenza, potendo anche richiamare le argomentazioni del primo provvedimento.

Raccogliere fondi per la famiglia di un detenuto può essere considerato un grave indizio di partecipazione associazione mafiosa?
Sì. Secondo la sentenza, se tale condotta si inserisce nella logica solidaristica tipica delle organizzazioni mafiose, costituisce un elemento indiziario grave. L’attivarsi per sostenere economicamente i sodali detenuti è considerato un comportamento sintomatico dell’appartenenza e dell’adesione ai fini del clan, a prescindere da eventuali giustificazioni di natura personale.

Quali elementi sono necessari per dimostrare la partecipazione associazione mafiosa?
La sentenza, richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite, afferma che la partecipazione si concretizza in un rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio. Non basta uno status formale, ma è necessario un ruolo dinamico e funzionale, attraverso il quale l’interessato si mette a disposizione dell’ente per il perseguimento dei fini criminosi comuni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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