Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18627 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18627 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GENTILE NOME, nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/10/2023 del TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del AVV_NOTAIO che chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso con le statuizioni consequenziali.
udito il difensore, avvocato COGNOME AVV_NOTAIO, che insiste per l’accoglimento del ricorso,
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 19/10/2023 il Tribunale del riesame di Catanzaro rigettava la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME relativamente al provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso nei suoi confronti dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro il 14/09/2013, in quanto ritenuto gravemente indiziato del delitto di cui all’articolo 416 bis, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 8 cod. p (capo 1 dell’originaria contestazione), in particolare, per aver ricoperto il ruolo d partecipe all’articolazione del sodalizio denominato ‘RAGIONE_SOCIALE all’interno del cosiddetto “RAGIONE_SOCIALE” strettamente legato alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME, tramite il proprio difensore, propone ricorso per cassazione articolando un unico motivo ai sensi dell’articolo 606, lett. B) ed E) cod. proc. pen.. Si eccepisce in particolare la violazione degli articoli 273 e 309 cod. proc. pen. per mancanza della gravità indiziaria e, in ogni caso, per illogicità della motivazione in ordine alla valutazione degli elementi indiziari legittimanti l’emissione del provvedimento cautelare custodiale, nonché vizio motivazionale in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza specifici nei riguardi di COGNOME nella qualità di partecipante all’associazione mafiosa del cosiddetto “RAGIONE_SOCIALE“. Lamenta, altresì, l’omessa risposta alle deduzioni difensive contenute nella memoria difensiva depositata in udienza.
2.1 Ad avviso del ricorrente il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata si rileverebbe nel fatto che il Tribunale del riesame si sarebbe limitato a riportare i passi dell’ordinanza applicativa della misura custodiale, con apparenti minime variazioni lessicali, ma nulla aggiungendo alle argomentazioni del G.I.P.; un vero “copia ed incolla” che svelerebbe come il giudice del Riesame non abbia compiuto alcuna valutazione critica dell’ordinanza del G.I.P., né si sia confrontato realmente con le doglianze esposte dalla difesa nel suo ricorso e nella memoria difensiva depositata in udienza.
Quanto all’incolpazione provvisoria relativa alla partecipazione del COGNOME ad un sodalizio criminoso, viene obiettato che, alla data della misura c:autelare, nessuno dei protagonisti indicati nell’ordinanza come possibili sodali del ricorrente avrebbe mai patito condanne per reato associativo mafioso, sebbene gli elementi posti a base dell’ordinanza siano stati già oggetto di precedenti verifiche giudiziarie. Emergerebbe, perciò, un vuoto probatorio nella ricostruzione degli elementi costitutivi della RAGIONE_SOCIALE denominata “RAGIONE_SOCIALE“, di cui si ignorano quali sarebbero i reati fine, nonché quale sarebbe nello specifico il ruolo e le funzioni svolte dal ricorrente all’interno del sodalizio criminoso. Anche l’attività di raccolt fondi per sostenere economicamente la famiglia di NOME COGNOME, detenuto per reati di mafia, in realtà, troverebbe una duplice spiegazione in motivi personali, estranei alla logica “ndranghetistica” di fornire assistenza al compartecipe ristretto in carcere. Non sarebbero, infatti, state tenute in debita considerazione nelle motivazioni dei giudici della cautela due circostanze peculiari emergenti dalle investigazioni: il COGNOME era il padrino della figlia dei coniugi NOME COGNOME NOME COGNOME, ed inoltre, aveva una relazione sentimentale proprio con NOME COGNOME. Per queste due ragioni, osserva la difesa, egli si diede da fare per raccogliere fondi per ragioni per così dire individualistiche, ossia aiutare
NOME COGNOME e sua figlia, di cui egli era pur sempre il padrino. L’illogicità dell’ordinanza impugnata risulterebbe anche dal fatto che la fonte principale degli inquirenti circa l’esistenza del RAGIONE_SOCIALE criminale dei “RAGIONE_SOCIALE“, l’intraneo NOME COGNOME, in realtà nelle sue dichiarazioni agli investigatori non fece mai cenno alla figura dell’odierno ricorrente, ritenendo, perciò, che non può essere considerato idoneo elemento indiziario per attribuire a NOME COGNOME la qualità di partecipe all’associazione la mera frequentazione da parte sua di soggetti affiliati al sodalizio criminoso.
2.2. Infine, il ricorrente deduce altresì la violazione di legge e il vizio di motivazion del provvedimento impugnato in riferimento agli articoli 273 e 192, comma 2, cod. proc. pen., conseguenti al fatto che le intercettazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari e valorizzate nell’ordinanza impugnata sarebbero connotate da ambiguità probatoria e non consentirebbero di affermare l’esistenza di un collegamento consortile tra NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” alla quale avrebbe partecipato, e che da tali colloqui di certo non sarebbe possibile evincere la natura dell’apporto causale fornito dall’indagato alla presunta RAGIONE_SOCIALE COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi manifestamente infondati.
In primo luogo, secondo un ordine logico tra le diverse censure, va dichiarata inammissibile l’eccezione di violazione di legge dell’ordinanza del Tribunale per la carenza di un’autonoma valutazione, perché manifestamente infondata. A tale proposito, infatti, deve essere ricordato che «L’ordinanza cautelare adottata dal tribunale del riesame non richiede, a pena di nullità, l’autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze caute/ari, in quanto tale requisito è previsto dall’art. 292, comma 2, cod. proc. pen. con riguardo alla sola decisione adottata dal giudice che emette la misura inaudita altera parte, essendo funzionale a garantire l’equidistanza tra l’organo requirente che ha formulato la richiesta e l’organo giudicante. (In motivazione, la Corte ha precisato che, con riferimento ai provvedimenti caute/ari diversi dall’ordinanza genetica ex art. 292, cod. proc. pen., possono farsi valere unicamente i vizi della motivazione o la motivazione assente o apparente)», (Così la sentenza Sez. 2, n.12239 del 23.02.2024, dep.25.03.2024, COGNOME; Sez. 1, n. 8518 del 10/09/2020 Cc., dep. il 2021, COGNOME, Rv. 280603-01; Sez. 6, n. 1016 del 22/10/2019 Cc., dep. il 2020, COGNOME, Rv. 278122 – 01).
2.1 Anche le censure riguardanti la valutazione dei gravi indizi per un verso riguardo alla sussistenza di un sodalizio criminoso denominato il “RAGIONE_SOCIALE“, per l’altro relativamente alla partecipazione del COGNOME a tale organizzazione, sono manifestamente infondate.
In primo luogo, va ribadito il consolidato principio di diritto in ordine all’eccezion del vizio della motivazione della misura cautelare personale, secondo cui: “In tema di misure caute/ari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito.” (così Sez.2, n.27866 del 17.06.2019, Mazzelli, Rv.276976-01; conf. Sez. un., n.110 del 22.03.2000, Audino, Rv.215828-01). Nel caso di specie, il Tribunale del Riesame, con argomentazioni puntuali e prive di vizi di illogicità manifesta e/o contraddittorietà, indica le primarie fonti di prova cir l’esistenza della RAGIONE_SOCIALE. In particolare, si afferma che “costituiscono fonti primarie del procedimento in epigrafe le intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, nonché i precedenti provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato, nonché le fonti di prova acquisite in alt procedimenti penali, che hanno disvelato l’esistenza, la perduranza e l’attuale operatività della RAGIONE_SOCIALE“, precisando, nei successivi passaggi, che alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE risulta strettamente legato il cd.”RAGIONE_SOCIALE“, che ne costituisce una sorta di articolazione territoriale operante a RAGIONE_SOCIALEi e di cui si ritien ne faccia parte il ricorrente. Nel provvedimento viene data anche una spiegazione congrua del perché nei confronti di alcuni dei sodali non vi sono pronunce di condanna per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., affermando sul punto che dalle complesse e articolate investigazioni era emerso che vi era stato “il rinnovato assetto della locale di ‘RAGIONE_SOCIALE“, con l’affiliazione di nuovi partecipi al sodalizio. In ogni, si afferma che innumerevoli precedenti giudiziari comprovano l’esistenza, anche attuale, della RAGIONE_SOCIALE operante nei territori di RAGIONE_SOCIALE, di RAGIONE_SOCIALE e dei territori limitrofi, richiamando le puntuali indicazioni presenti nella richiesta di misura cautelare e nell’ordinanza del G.I.P., nonché le convergenti dichiarazioni di tutti i collaboratori tra cui NOME COGNOME. A fronte di queste argomentazioni, che sono Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
integrate dal contenuto degli atti richiamati, le censure difensive sono del tutto generiche e comunque inidonee a mettere in dubbio i molteplici elementi probatori raccolti dalle copiose indagini.
2.2. Al pari manifestamente infondate sono le dloglianze in ordine alla valutazione della gravità indiziaria nei confronti del ricorrente. Il provvedimento impugnato indica, con dovizia di particolari i molteplici e gravi indizi a carico del COGNOMECOGNOME particolare emergenti dalle risultanze delle intercettazioni. Si afferma sul punto, che “le captazioni poste a fondamento della intraneità del COGNOME sono molteplici e diverse, la cui lettura unitaria assume una eloquente valenza dimostrativa, e che travalica il senso attribuito ad esse mediante la loro sintetica elencazione nel corpo della memoria difensiva”. Da esse risulta con evidenza che: ” la conoscenza diretta da parte del COGNOME delle dinamiche criminali interne alla consorteria, nonché dall’essere questi deputato al recupero di denaro per far fronte alle spese legali del sodale detenuto, COGNOME NOME, prodigandosi con ruolo attivo al fine di raccogliere il denaro da destinare al predetto e alla sua compagna in libertà, COGNOME NOME, e che, nel caso di specie, si spiega proprio nella logica ‘ndranghetistica solidaristica….. Appare evidente l’irrilevanza di quanto riferito dalla difesa, che h inteso giustificare l’interessamento del COGNOME in quanto padrino della figlia del COGNOME. Tale assunto non coglie nel segno posto che la condotta attiva del COGNOME tesa a far pervenire il denaro (evidentemente provento dell’attività criminale organizzata) alla famiglia del sodale detenuto in carcere e ai COGNOME stesso, si innesta sinergicamente sulle condotte degli altri partecipi ne! comune intento perseguito”. Si tratta, in tutta evidenza, di circonstanziati elementi indiziari tipic delle organizzazioni mafiose (nello specifico si vedano le indicazioni a pagg.7-8 dell’ordinanza impugnata). Sul punto si ribadisce quanto sostenuto dalle Sezioni Unite in termini generali: “In tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organic compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi” (Sez. u., n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231670-01). Nello specifico, quanto all’individuazione degli elementi tipizzanti della partecipazione mafiosa, la giurisprudenza della Corte afferma che: “In materia di associazione di tipo mafioso, rappresenta comportamento concludente, idoneo a costituire indizio di intraneità al sodalizio criminale, l’essere posto a conoscenza dell’organigramma e della struttura Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
organizzativa delle cosche della zona, dell’identità de/loro capi e gregari, dei luoghi di riunione, degli argomenti trattati, nonché l’essere stato ammesso a partecipare ad incontri deputati all’inserimento di nuovi sodali” (cfr. tra le altre Sez.5, n.25838 del 23.07.2020, Prestia, Rv. 279597-02). Anche la messa a disposizione per la raccolta di somme di denaro per sostenere la famiglia del detenuto NOME COGNOME, è elemento del tutto sintomatico della partecipazione del ricorrente alla RAGIONE_SOCIALE ed alle logiche solidaristiche della ‘RAGIONE_SOCIALE (cfr. tra le altre Sez.2, n.53477 del 15.06.2017, Rv.271930-01). A fronte di molteplici elementi indiziari connotati da evidente gravità, anche perché si tratta di condotte tipiche dei sodalizi mafiosi, il ricorso si limita a contestare la piena valenza indiziaria dei contenuti delle intercettazioni, che, a suo avviso, sarebbero connotate da “ambiguità probatoria”. Si tratta di censure aspecifiche, volte a riproporre una diversa lettura delle risultanze in atti, senza, peraltro, confrontarsi con le puntuali motivazioni espresse dal Tribunale del riesame.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si si ritiene equa di euro tremila a favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 23 febbraio 2024
Il Consigliere estensore