Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33522 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33522 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME
NOME FILOCAMO
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Siderno il 03/10/1956 COGNOME NOME nato a Siderno il 15/07/1963 Figliomeni NOME nato a Siderno il 30/09/1962 Figliomeni NOME nato a Siderno il 06/02/1965 COGNOME NOME nato a Locri il 21/12/1980
inoltre:
Regione Calabria
Provincia Di Reggio Calabria
Comune Di Siderno
Comune Di Marina Di Gioiosa Jonica
Comune Di Grotteria avverso la sentenza del 30/03/2023 della Corte d’appello di Reggio Calabria Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME letta la memoria e udite le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per il rigetto dei ricorsi;
sentiti gli avvocati NOME COGNOME sostituto processuale dell’avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME che, in difesa delle parti civili, chiedono il rigetto dei ricorsi e si riportano alle conclusioni scritte, che depositano unitamente alle note spese;
letti i motivi nuovi e uditi gli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME anche in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME che, in difesa dei ricorrenti, illustrano i motivi rispettivamente proposti e chiedono l’accoglimento dei rispettivi ricorsi e l’annullamento con o senza rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza del 30 marzo 2023, depositata il 13 novembre 2024, quale giudice di rinvio a seguito dell’annullamento disposto dalla Corte di cassazione, sezione Quinta Penale, con la sentenza del 23 settembre 2021, depositata il 24 gennaio 2022, in parziale riforma della sentenza pronunciata il 7 luglio 2017
dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria:
-ha rideterminato la pena in anni dieci di reclusione e confermato nel resto la condanna nei confronti di NOME COGNOME, cl. 56, in relazione al reato di cui all’art. 416bis cod. pen. (capo 30);
-ha rideterminato la pena in anni otto di reclusione e confermato nel resto la condanna nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 416bis cod. pen (capo 30);
-ha escluso la circostanza aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen. in relazione al reato di ricettazione e, rideterminata la pena in anno otto e mesi sei di reclusione, ha confermato nel resto la condanna nei confronti di COGNOME NOME in relazione ai reati di cui agli artt. 416bis cod. pen. e 648 cod. pen. (capi 30 e 31);
-ha escluso la circostanza aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen. in relazione al reato di ricettazione e, rideterminata la pena in anno otto e mesi sei di reclusione, ha confermato nel resto la condanna nei confronti di COGNOME NOME in relazione ai reati di cui agli artt. 416bis cod. pen. e 648 cod. pen. (capi 30 e 31);
-ha rideterminato la pena in anni dieci, mesi dieci e giorni venti di reclusione e confermato nel resto la condanna nei confronti di NOME COGNOME in relazione ai reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. 309 del 1990 aggravati ex art. 416bis .1 cod. pen. (capi 1 e 14) e 416bis cod. pen. (capo 30).
I fatti oggetto degli attuali ricorsi si inseriscono nell’ambito di un procedimento che si Ł sviluppato dalle indagini effettuate per la cattura di alcuni latitanti della famiglia COGNOME di Marina di Gioiosa ionica.
Nell’ambito di tali attività sono emerse le figure dei fratelli NOME, NOME e NOME COGNOME, legati da rapporti di parentela con gli Aquino, e l’attività investigativa Ł stata quindi suddivisa in due filoni, il primo dei quali riguarda il narcotraffico interno ed internazionale, gestito dall’organizzazione capeggiata dai NOME COGNOME, in contatto con trafficanti stranieri operanti tra l’Europa ed altri continenti, oggetto del capo 1), e il secondo il delitto di associazione mafiosa di cui al capo 30), oltre ai rispettivi delitti scopo.
Le attività investigative sono consistite per lo piø in intercettazioni telefoniche e tra presenti e tra queste, per quanto interessa ai fini dell’attuale procedimento, rivestono particolare interesse le seconde, acquisite mediante rogatoria internazionale, eseguite nei locali della ditta RAGIONE_SOCIALE, in Olanda, concernenti le attività delle famiglie COGNOME e COGNOME.
All’esito delle indagini, cui si sono conformate le sentenze di merito anche rinviando alle risultanze delle sentenze irrevocabili pronunciate nei processi “Nostromo” e “Crimine”, Ł emersa l’esistenza e l’operatività di tre cosche locali (il “locale” di Siderno, facente capo ai COGNOME, collegato all’articolazione mafiosa insediatasi a Toronto, in Canada; il “locale” di Grotteria, facente capo a NOME COGNOME; il “locale” di Marina di Gioiosa ionica, facente capo agli Aquino-Coluccio), tutte poste all’interno della struttura unitaria della ‘ndrangheta, accertata nell’ambito del processo Crimine.
Il processo di primo grado, celebrato con le forme del rito abbreviato nei confronti degli attuali ricorrenti e di numerosi altri imputati per i reati associativi di cui all’art. 416bis cod. pen. (capo 30) e di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90 (capo 1), nonchØ per una serie di reatifine di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90 in materia di narcotraffico, e per una serie di reati-fine del sodalizio mafioso (porto e detenzione di armi, ricettazione, intestazione fittizia di beni), loro rispettivamente ascritti, si Ł concluso con la sentenza di condanna pronunciata dal Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria il 07 luglio 2017.
Avverso tale sentenza hanno proposto appello, tra gli altri e per quanto interesse il
presente procedimento, gi attuali imputati censurando la conclusione cui era pervenuto il giudice di primo grado sotto vari profili: la ritenuta utilizzabilità di atti e intercettazioni; l’identificazione dei soggetti citati nelle conversazioni negli attuali imputati; la consistenza delle prove in ordine al contributo rispettivamente fornito e dal quale si desumerebbe la partecipazione all’associazione mafiosa; la sussistenza di prove circa la commissione di alcuni reati fine; la ritenuta sussistenza delle aggravanti contestate ovvero il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, nonchØ la determinazione del trattamento sanzionatorio, ciò anche, considerato che la condotta di cui all’art. 416bis cod. pen. Ł contestata come commessa sino al settembre 2015, in ordine alla individuazione dal limite edittale cui fare riferimento.
La Corte di appello di Reggio Calabria, con la sentenza emessa l’8 giugno 2020, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado per alcuni imputati e ha confermato il giudizio di responsabilità per gli attuali ricorrenti in ordine ai reati ora oggetto di ricorso.
Avverso tale sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati che, in quella fase, per quanto di interesse, hanno dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine all’attribuibilità dei fatti agli imputati e circa la sussistenza e consistenza di elementi idonei a provare la condotta a ognuno contestata, oltre alle censure in merito al giudizio circa la sussistenza o meno delle circostanze e alla determinazione della pena.
La Corte di cassazione, sezione Quinta Penale, con sentenza del 23 settembre 2021, respinte tutte le censure afferenti alle questioni di carattere processuale, ha annullato con rinvio la pronuncia impugnata in ordine alla posizione di numerosi imputati, tra cui quelli oggi ricorrenti.
La sentenza rescindente, premessa l’enunciazione dei principi generali da applicarsi al fine di ritenere la sussistenza del reato di partecipazione all’associazione cui all’art. 416bis cod. pen. e di come di questa debba essere distinta dalla mera ‘contiguità compiacente’ (pagine da 71 a 76), con specifico riferimento alle singole posizioni si Ł espressa come segue.
7.1. ‘ Il ricorso di COGNOME NOME – condannato a 10 anni di reclusione per il reato associativo di cui al capo 30 -, Ł fondato nei limiti di cui alla motivazione.
….
Prescindendo dalla generica e laconica doglianza concernente la struttura dell’associazione mafiosa, che non appare peraltro seriamente suscettibile di messa in discussione, va rilevato che la sentenza impugnata presenta profili di carenza motivazionale che fondano un annullamento con rinvio.
NOME COGNOME (c. 56) Ł, infatti, ritenuto partecipe, con funzioni apicali, della cosca COGNOME di Siderno, ed in particolare dell’articolazione insediata a Toronto, in Canada; tuttavia, tale partecipazione qualificata Ł basata sulla mera ricostruzione delle ascendenze familiari dell’imputato – figlio e nipote di due capi della cosca risultata vincitrice della faida con i COGNOME -, e sui contenuti delle conversazioni intercettate tra COGNOME NOME e COGNOME NOME, con i reiterati riferimento a “u RAGIONE_SOCIALE“, e agli interventi di costui nelle controversie canadesi seguite alla vicenda COGNOME.
Va tuttavia rilevato che la sentenza appare del tutto priva di motivazione (limitandosi ad un ellittico, quanto generico, riferimento a precedenti sentenze irrevocabili) in ordine al profilo – devoluto con i motivi di appello, ed evidentemente decisivo ai fini dell’affermazione di responsabilità – della individuazione dell’odierno ricorrente come “u Sceltu”; ma la sentenza appare altresì carente nella individuazione del contributo causale alla vita del
sodalizio mafioso, limitandosi a richiamare, peraltro in maniera eccessivamente laconica, estratti delle conversazioni tra COGNOME e COGNOME, dalle quali, oltre ad un ‘ruolo’ statico di referente per le dinamiche del gruppo canadese, non emerge quel contributo effettivo e causale che necessariamente deve connotare, a livello di piattaforma probatoria, la partecipazione ad una associazione mafiosa, a maggior ragione con funzioni apicali.
In altri termini, l’affermazione di responsabilità risulta fondata sulle ascendenze familiari e su una conversazione tra terzi, il cui contenuto non appare dotato – almeno nei richiami operati dalla sentenza impugnata – di univocità e idoneità dimostrativa di una condotta partecipativa effettiva e causale.
Al riguardo, va rammentato quanto recentemente affermato dalle Sezioni Unite ‘RAGIONE_SOCIALE‘, secondo cui “l’opera di concretizzazione giurisprudenziale del significato della locuzione normativa “fa parte” di cui all’art. 416-bis, primo comma, cod. pen. non può pertanto lasciare spazio ad ipotesi di identificazione della condotta punibile che risultino del tutto svincolate dalla verifica di un contributo, anche in forme atipiche, ma effettivo, concreto e visibile reso dal partecipe alla vita dell’organizzazione criminosa” (§ 11.2).
Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME (cl. 56), con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria per nuovo esame ‘ (pag. 85 e 86 della sentenza).
7.2. ‘ La sentenza impugnata va annullata con rinvio nei confronti di COGNOME NOME in relazione al reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso di cui al capo 30.
La Corte territoriale ha infatti affermato la responsabilità penale di COGNOME NOME valorizzando la circostanza che l’imputato fosse l’interlocutore dei lunghi colloqui captati con COGNOME NOME, cognato e socio in affari: i due interlocutori parlano delle vicende riguardanti il gruppo calabrese insediato in Canada, esprimono timori sulle rivalità interne al gruppo ‘canadese’, si riferiscono a personaggi di rilievo della ‘ndrangheta ionica, come COGNOME NOME, il COGNOME, – cognato di COGNOME NOME, per avere il fratello NOME sposato la sorella del COGNOME -, criticato per avere ordinato di non salutare piø i Crupi in seguito alla separazione, e discutono delle dinamiche interne al gruppo ‘canadese’ anche in relazione alla vicenda dell’omicidio COGNOME consumato in Canada; dalle intercettazioni emerge anche l’incontro sul lungomare di Siderno con COGNOME NOME, al quale confida che, terminata la sottoposizione agli obblighi, sarebbe ‘scappato’.
Anche in tal caso, tuttavia, gli unici elementi indiziari, desunti da conversazioni intercettate, sottolineano la diretta conoscenza di fatti e persone legate alla consorteria, soprattutto nella sua articolazione canadese, e l’interesse per la ricostruzione degli stessi, senza che, dalla motivazione della Corte territoriale, risulti alcuna condotta partecipativa, alcun contributo alla conservazione o al rafforzamento della consorteria ‘ndranghetista.
A fondamento dell’affermazione di responsabilità, in altri termini, vengono richiamati esclusivamente dialoghi dell’imputato nel corso dei quali si discute di vicende legate (anche) al gruppo mafioso, ma senza che se ne possa desumere una inequivocabile condotta partecipativa che esuli dalla mera adesione morale, o il riferimento ad attività associative illecite. Neppure risulta una dichiarata adesione al sodalizio, con la c.d. «messa a disposizione», che pure sarebbe idonea a rafforzare il proposito criminoso degli altri associati e ad accrescere le potenzialità operative e la capacità di intimidazione e di infiltrazione del sodalizio nel tessuto sociale.
Inoltre, la Corte territoriale, pur richiamando analiticamente i motivi di appello, non ha motivato in ordine al contenuto delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Costa e Oppedisano, in relazione al profilo, devoluto con l’impugnazione, che entrambi i dichiaranti
non avrebbero affermato l’appartenenza di COGNOME NOME alla ‘ndrangheta e che COGNOME avrebbe riferito dell’esistenza di un ramo familiare omonimo insediato in Canada, al quale apparterrebbe il ricorrente, del tutto estraneo alle logiche mafiose.
Anche in tal caso emerge, dunque, una mera “contiguità compiacente”, una “vicinanza” o “disponibilità” nei riguardi di singoli esponenti, anche di spicco, del sodalizio, che non costituiscono comportamenti sufficienti ad integrare la condotta di partecipazione all’organizzazione, ove non sia dimostrato che l’asserita vicinanza a soggetti mafiosi si sia tradotta in un vero e proprio contributo, avente effettiva rilevanza causale, ai fini della conservazione o del rafforzamento della consorteria.
Gli altri motivi proposti da COGNOME NOME devono ritenersi assorbiti’ (pag. 78 e seg sentenza)
7.3. ‘ Il ricorso di COGNOME NOME e COGNOME NOME – condannati a 10 anni e 6 mesi di reclusione per il reato associativo di cui al capo 30 e per il reato di ricettazione di cui al capo 31 -, Ł fondato nei limiti di cui alla motivazione.
…..
¨ invece fondato il quarto motivo.
La Corte territoriale ha affermato la responsabilità dei fratelli COGNOME quali membri di vertice del gruppo ‘canadese’ insediato a Toronto sulla base delle conversazioni intercettate tra COGNOME NOME e COGNOME NOME nei locali olandesi della Fresh, e dei continui riferimenti ad “NOME” e “NOME“, o ai “Briganti”.
La sentenza impugnata risulta tuttavia carente sotto un duplice profilo, oggetto di specifica devoluzione con i motivi di appello, concernente, da un lato, la identificazione di “NOME” e “NOME” negli odierni ricorrenti, e, dall’altro, l’individuazione del contributo causale, effettivo e concreto, fornito al sodalizio mafioso.
Quanto al profilo della individuazione degli odierni ricorrenti quali partecipi del sodalizio mafioso, oltre che autori della ricettazione di cui al capo 31, la sentenza impugnata identifica i germani COGNOME con l’NOME ed il NOME menzionati nelle conversazioni intrattenute tra il COGNOME ed il COGNOME in Olanda quali (tra l’altro) partecipi del gruppo ‘canadese’ e destinatari di una parte del quantitativo di cioccolata rubato sulla base di una serie di indici esterni, nonchØ del fatto che nel corso delle suddette conversazioni, oltre che ricorrendo ai loro nomi di battesimo, gli stessi verrebbero evocati mediante l’appellativo con il quale sarebbero comunemente noti (i “Briganti”).
Al riguardo, giova rilevare che questa Corte, decidendo il ricorso proposto dai fratelli COGNOME in sede cautelare (Sez. 5, n. 570 del 08/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268599), ha annullato con rinvio, rilevando, con considerazioni che questo Collegio condivide, e che appaiono replicabili nella presente sede, quanto segue: “Quanto ai suddetti indici esterni, il Tribunale si limita però alla loro enunciazione, senza spiegare le ragioni della loro funzionalità rispetto all’obiettivo probatorio perseguito. Ed infatti che gli indagati siano intestatari od utilizzatori delle due utenze telefoniche canadesi menzionate nella motivazione dell’ordinanza Ł circostanza di cui non Ł possibile valutare la rilevanza posto che alcuna intercettazione effettuata sulle medesime ed eventualmente pertinente alla presente vicenda viene riportata o menzionata dai giudici del riesame. Parimenti, gli ulteriori elementi descritti (la partecipazione ai funerali del “boss” NOME COGNOME assassinato in territorio canadese e i precedenti giudiziari e di polizia dei Figliomeni) possono al piø costituire indizi dell’appartenenza degli indagati all’ambiente ndranghetista, ma ancora non consentono di collegarli al contenuto delle ambientali menzionate.
Il provvedimento impugnato sembrerebbe poi aver attribuito valore indiziario alle
evocate circostanze nella misura in cui le stesse convergerebbero con gli altri due elementi di cui si Ł detto a restringere il “campo” dei soggetti cui si riferivano il COGNOME ed il Macrì nel corso delle loro conversazioni (il condizionale Ł d’obbligo, giacchØ tale sviluppo argomentativo non viene esplicitato dai giudici del riesame, che si limita ad esporre i fatti menzionati). Ora non Ł dubbio che l’evocazione di “NOME” e “NOME” nelle suddette conversazioni costituisca un dato indiziante (posto che questi sono effettivamente i nomi di battesimo degli indagati), non però sufficiente a connotare della necessaria gravità il compendio probatorio sul punto, posto che i suddetti nomi vengono evocati in maniera autonoma ed in momenti diversi delle conversazioni e che effettivamente nelle stesse (come osservato a p. 20 del ricorso) si fa riferimento al tentativo del Crupi di incontrare il Cosimo il giorno precedente, circostanza apparentemente incompatibile con il fatto che il primo si trovasse in Olanda ed il secondo probabilmente in Canada. Centrale allora, nell’economia della motivazione dell’ordinanza, appare il fatto che i conversanti ripetutamente associno “NOME” e “NOME” all’appellativo “Briganti”. Che però tale appellativo effettivamente li identifichi Ł circostanza solo affermata dal Tribunale, ma non anche dimostrata in maniera inequivoca. Infatti, a p. 13 dell’ordinanza viene ricordato come nel 2014 una sentenza di Tribunale di Locri abbia accertato l’appartenenza dei fratelli COGNOME al c.d. “RAGIONE_SOCIALE” e nell’occasione viene menzionato il fatto che gli stessi sarebbero noti, per l’appunto, come “RAGIONE_SOCIALE“, ma non Ł precisato se tale ultimo dato sia stato ricavato dalla suddetta pronunzia e comunque quale sarebbe la sua fonte probatoria. Ciò rivela una esiziale lacuna dell’apparato giustificativo del provvedimento impugnato che ne mina la tenuta, posto che se non si può ritenere certo il significato indiziante del dato identificativo viene meno il primo presupposto della gravità degli indizi di colpevolezza e cioŁ l’identità tra gli autori del reato contestato e i soggetti destinatari dell’intervento cautelare”.
Il profilo della identificazione degli odierni ricorrenti non appare risolto dal richiamo., operato dalla sentenza impugnata, all’accertamento (contenuto nella sentenza c.d. “RAGIONE_SOCIALE“) che COGNOME NOME era legato, quale affiliato, alla cosca mafiosa dei COGNOME, che aveva stabilito una ‘filiale’ a Toronto in Canada, ovvero alla partecipazione di COGNOME NOME ad un pranzo per il sostegno elettorale della cosca ad un candidato, tenutosi a Siderno il 18/05/2010; nØ appare assorbente la improbabilità statistica di un riferimento reiterato ad entrambi i nomi nello stesso contesto di tempo e di luogo, soprattutto quando il riferimento alla scarsa riservatezza dei germani nelle carceri risulta contraddetto dal rilievo che NOME Ł incensurato e NOME ha cessato lo stato di detenzione nel 1992.
Quanto alla individuazione del contributo partecipativo, la sentenza risulta ancor piø carente, in quanto si limita a richiamare estratti, peraltro non particolarmente significativi, delle conversazioni tra COGNOME NOME e COGNOME Vincenzo in cui, discutendo delle vicende del ‘gruppo canadese’ e dei contrasti ivi insorti, vengono evocati “NOME” e “COGNOME“, o i “Briganti”, senza che, tuttavia, venga delineato il contributo effettivo e causale alla vita e/o al rafforzamento del sodalizio mafioso.
9.4. Sono altresì fondati i motivi concernenti il reato di ricettazione di cui al capo 31 in relazione alla sussistenza del dolo. Al riguardo, oltre al profilo (già evidenziato supra § 9.3.) della individuazione, va rilevato che la sentenza impugnata ha omesso di motivare in merito alla consapevolezza, da parte dei fratelli COGNOME – qualora fossero loro i ‘ricettatori’ di una parte della cioccolata -, della provenienza furtiva della merce.
In assenza di intercettazioni dirette, infatti, anche in relazione a tale capo di imputazione l’affermazione di responsabilità Ł fondata esclusivamente sulle conversazioni intercettate tra COGNOME NOME e COGNOME NOME; tuttavia, poichØ, secondo la ricostruzione
dei fatti accertata, COGNOME NOME aveva originariamente ricevuto la cioccolata rubata, per poi cederne una parte ai figli NOME e NOME in Canada, i quali, a loro volta, l’avrebbero ceduta, in parte, ai fratelli COGNOME, la Corte territoriale non ha motivato in merito al dolo della ricettazione, sotto il profilo della consapevolezza, da parte dei ‘ricettatori di 3° grado’, della provenienza furtiva della merce.
9.5. Assorbiti gli ulteriori motivi, la sentenza impugnata va annullata nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria per nuovo esame ‘ (pag. da 87 a 90 della sentenza).
7.4. ‘ Il ricorso di COGNOME NOME – condannato a 10 anni, 10 mesi e 20 giorni di reclusione per i reati di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico (capo 1), due reati-fine di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90 (capi 12 e 14), e di partecipazione all’associazione mafiosa capeggiata dai COGNOME (capo 30) – , Ł fondato nei limiti di cui alla motivazione.
….
¨, invece, fondato il motivo concernente le aggravanti dell’associazione finalizzata al narcotraffico.
L’aggravante della disponibilità di armi, di cui al comma 4 dell’art. 74 dPR 309/90, Ł stata infatti riconosciuta sulla base della mera appartenenza dell’imputato all’associazione di tipo mafioso di cui al capo 30, che, come si dirà, Ł stata oggetto di annullamento; analoga motivazione Ł stata posta a fondamento dell’aggravante dell’agevolazione di cui all’art. 7 I. 203/91 (ora art. 416 bis.1 cod. pen.), sul rilievo che perciò il traffico di droga ed i relativi proventi fossero finalizzati ad agevolare le cosche della zona ionica del reggino.
Essendo venuto meno il presupposto della partecipazione all’associazione di tipo mafioso, ed essendo la motivazione calibrata su un ragionamento congetturale, la sentenza impugnata va dunque annullata, nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente alle aggravanti di cui all’art. 74, comma 4, d.P.R. 309/1990 e all’art. 416 bis.1 cod. pen. contestate in riferimento al reato di cui al capo 1.
10.3. ¨, analogamente, fondato il motivo concernente il reato di associazione di tipo mafioso di cui al capo 30.
Al riguardo, infatti, la partecipazione del COGNOME NOME Ł stata affermata sulla base del suo coinvolgimento nelle attività del sodalizio dedito al narcotraffico, in considerazione della parziale corrispondenza e coincidenza del vertice (COGNOME).
Tuttavia, se i reati di associazione per delinquere, generica o di stampo mafioso, concorrono con il delitto di associazione per delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti, anche quando la medesima associazione sia finalizzata alla commissione di reati concernenti il traffico degli stupefacenti e di reati diversi (Sez. U, n. 1149 del 25/09/2008, dep. 2009, Magistris, Rv. 241883), va tuttavia precisato che l’elemento che caratterizza l’associazione di tipo mafioso rispetto all’associazione dedita al narcotraffico Ł costituito dal profilo programmatico dell’utilizzo del metodo, che, nell’associazione di cui all’art. 416-bis cod. pen., si estrinseca nell’imposizione di una sfera di dominio sul territorio, con un’operatività non limitata al traffico di sostanze stupefacenti, ma estesa a svariati settori, in cui si inseriscono l’acquisizione della gestione o del controllo di attività economiche, concessioni, appalti e servizi pubblici, l’impedimento al libero esercizio del voto, il procacciamento di voti in occasione delle consultazioni elettorali (Sez. 6, n. 31908 del 14/05/2019, COGNOME, Rv. 276469, che, in motivazione, ha precisato che Ł configurabile il concorso tra i due delitti quando il sodalizio mafioso strutturi al proprio interno un riconoscibile assetto organizzativo specificamente funzionale al narcotraffico).
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha affermato il concorso tra i due reati
associativi alla stregua di un non consentito automatismo, senza valutare la sussistenza dei presupposti per l’affermazione della partecipazione anche al sodalizio di tipo mafioso; non Ł stato affermato, infatti, che il narcotraffico gestito dal sodalizio di cui al capo 1 costituisse un asset, un oggetto sociale precipuo, del sodalizio mafioso, ma soprattutto non sono emersi elementi tali da enucleare una condotta partecipativa del COGNOME NOME all’associazione ‘ndranghetistica di cui al capo 30; in tal senso non rilevando, quale prova di un contributo effettivo e causale, le pressioni per la partecipazione ai funerali di NOME COGNOME, o la spedizione punitiva alla quale avrebbe partecipato anche “NOME“, senza che sia certa l’individuazione di costui e la finalità della ‘spedizione’, considerando altresì le dichiarazioni del collaboratore COGNOME che non ha saputo riferire in merito all’appartenenza dell’imputato anche alla ‘ndrangheta.
La sentenza impugnata va dunque annullata, nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME limitatamente al reato di cui al capo 30, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria per nuovo esame.
….
10.5. ¨, invece, fondato il motivo concernente il reato di traffico di sostanze stupefacenti di cui al capo 14, concernente l’importazione di 800 kg. di hashish dal nord Africa. La sentenza impugnata, infatti, pur richiamando le conversazioni captate nell’aprile del 2014, che danno conto “di un’operazione di importazione dal nord-Africa non condotta a termine, per esserne falliti due tentativi”, nondimeno afferma la responsabilità penale di COGNOME Nicola sulla base di un ragionamento del tutto congetturale, sostenendo che “il contrasto non esiste perchØ Ł ben possibile, anzi piø che plausibile, stante il tenore dell’ultimo dialogo captato in proposito tra il COGNOME e il COGNOME (dove costui ha indicato la via piø efficace da seguire per potere ottenere l’appoggio effettivo dei “siciliani” e attuare la programmata importazione), che, dopo i due fallimenti, l’operazione sia stata finalmente portata a compimento” (p. 568).
Al riguardo, va rammentato che, in tema di prova, gli “indizi”, suscettibili di valutazione ai sensi dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., sono elementi di fatto noti dai quali desumere, in via inferenziale, il fatto ignoto da provare sulla base di regole scientifiche ovvero di massime di esperienza, mentre il “sospetto” si identifica con la congettura, un fenomeno soggettivo di ipotesi con prove da ricercare, ovvero con l’indizio debole o equivoco, tale da assecondare distinte, alternative – ed anche contrapposte – ipotesi nella spiegazione dei fatti oggetto di prova (Sez. 5, n. 5209 del 11/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280408 – 02; Sez. 5, n. 17231 del 17/01/2020, Mazza, Rv. 279168) ‘ (pag. da 92 a 93 e pag. 94 della sentenza).
8. La Corte di appello di Reggio Calabria, all’esito del giudizio di rinvio, rideterminate le pene come indicato sub 1, riformata la sentenza in ordine a numerosi imputati, assolti dalle originarie contestazioni, ha confermato il giudizio di responsabilità in ordine a tutti i reati contestati agli attuali ricorrenti.
In sintesi.
8.1. Con riferimento a NOME COGNOME cl. 56, sempre rinviando al contenuto delle conversazioni intercettate, ha ritenuto che questo fosse identificabile nello ‘ u COGNOME ‘ facendo riferimento agli elementi probatori ricavabili ex art. 238bis cod. proc. pen. dalla sentenza c.d. Crimine emessa dalla Corte di appello di Reggio Calabria il 27 febbraio 2014 (cfr. pagine 76 e seguenti della sentenza impugnata) e dalla sentenza del Tribunale di Locri del 19 luglio 2013, nel quale Ł citato che il figlio di NOME, detto ‘ il topo ‘, era fidanzato con la figlia dello Scelto … (pag. 80).
Per una sintesi quanto all’identificazione cfr. pag. 102 della sentenza impugnata: 1) accertamenti in ordine al citato fidanzamento; soprannome riconosciuto nell’ordinanza custodiale dell’11 dicembre 2012 nel procedimento c.d. ‘La falsa politica’.
Quanto alla consistenza della condotta e della configurabilità di questa nei termini della partecipazione all’associazione, la Corte attribuisce rilievo al tenore delle conversazioni intercettate tra COGNOME e COGNOME dalle quali risulterebbe l’inserimento dello Scelto nella RAGIONE_SOCIALE operante in Canada con ruolo anche direttivo, considerato il costante riferimento che a questo viene fatto per la gestione di ogni attività (cfr. pagine 88 e seguenti).
Per una sintesi quanto alla consistenza della condotta poi, si rinvia a. pag. 103 della sentenza impugnata: esercita comando come intoccabile; Ł individuato dai sodali come destinatario delle informazioni e come soggetto che autorizza attività; esprime giudizi di valore su comportamenti; Ł costantemente impegnato in riunioni; stringe alleanze all’interno della RAGIONE_SOCIALE
8.2. Con riferimento a NOME COGNOME, riportate nella quasi integralità le intercettazioni ambientali delle cinque conversazioni effettuate all’interno della Fresh BV nelle date 24 febbraio e 9 marzo 2015, la Corte territoriale ha valorizzato la circostanza che lo stesso aveva piena conoscenza delle dinamiche associative, che era stato incaricato da NOME COGNOME di portare una ‘imbasciata’ al cognato NOME COGNOME e che poi aveva anche avuto dei contatti in Canada con alcuni esponenti della famiglia (oltre a tutte le indicazioni contenute nel riportare le conversazioni cfr. pagine 100 e seguenti della sentenza impugnata).
8.3. Con riferimento ad NOME e NOME COGNOME la Corte, ancora attribuendo principalmente rilievo alle intercettazioni, ha concluso per l’identificazione degli stessi con ‘ NOME ‘, ‘ COGNOME ‘, ‘ NOME ‘, ‘ NOME ‘ e ‘ i Briganti ‘, sulla base della stessa sentenza RAGIONE_SOCIALE (cfr. da pag. 80 della sentenza impugnata), nonchØ, come specificato nella parte riassuntiva a da pag. 103, perchØ: non ci sono spiegazioni alternative; hanno ereditato lo pseudonimo dal padre come risulta dall’informativa della p.g. del 22 settembre 2012; sono nominati costantemente nelle conversazioni intercettate; NOME COGNOME era presente al funerale di Verduci; il riferimento all’episodio dell’incontro con COGNOME mentre uno era in Olanda e l’altro in Canada -ritenuto impossibile dalla sentenza rescindente- non Ł decisivo in quanto sarebbero trascorse ventiquattro ore e pertanto il tempo per lo spostamento era compatibile con quanto indicato.
Quanto alla condotta posta in essere dagli stessi, poi, questa sarebbe configurabile come partecipazione in virtø delle attività in concreto da questi svolte e, tra le altre, dall’avere stretto un’alleanza con lo Scelto per gestire il RAGIONE_SOCIALE in Canada (cfr. pagine 104 e seguenti nella sintesi finale, che fa riferimento alle conversazioni intercorse tra COGNOME e COGNOME intercettate).
Quanto al capo 31, la ricettazione della cioccolata Lindt, la sentenza impugnata, da pag. 161 a 170, rileva che la responsabilità dei fratelli COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 648 cod. pen. deve ritenersi provata sulla scorta del tenore delle conversazioni intercorse tra COGNOME e COGNOME. Una volta chiarito che le persone cui si riferisce COGNOME sono i COGNOME, infatti, la circostanza per cui il prezzo della cioccolata da questi corrisposto per l’acquisto era inferiore a quello di mercato sarebbe significativa della consapevolezza della provenienza illecita della merce, ciò peraltro considerato quanto evidenziato nelle Sezioni Unite Nocera in tema di elemento psicologico nella ricettazione.
8.4. Con riferimento a NOME COGNOME la Corte territoriale, nelle pagine da 108 e seguenti, fa riferimento alle dichiarazioni rese da NOME COGNOME collaboratore di giustizia
che colloca il ricorrente tra le persone legate ai COGNOME e che ha dichiarato di avere raccolto le confidenze dell’imputato quanto al fatto che NOME COGNOME gestiva un locale di ‘ndrangheta in Canada. Nello specifico, poi, lo stesso COGNOME aveva indicato quanto appreso in merito all’attività di narcotraffico, che era la principale attività del collaboratore, e che ha raccontato di essere convinto che COGNOME faceva parte anche della ‘ndrangheta.
Sotto tale profilo la Corte, evidenziato che le dichiarazioni di COGNOME sono credibili, ha indicato quali elementi di riscontro in ordine alla partecipazione all’associazione di tipo mafioso la partecipazione/presenza di COGNOME al pestaggio di NOME COGNOME che aveva mancato di rispetto a NOME COGNOME il fatto che lo stesso era radicato nell’entourage di COGNOME, l’avere reclutato i partecipanti al funerale di Oppedisano e l’essersi prodigato per il sostentamento della famiglia di COGNOME NOME, condannato per 416bis cod. pen.
La Corte ha anche respinto le censure in ordine alla sussistenza delle aggravanti relative alla disponibilità di armi, sia riguardo il reato di cui all’art. 416bis cod. pen. che quanto a quello ex art. 74 d.P.R. 309 del 1990, la cui condanna Ł divenuta irrevocabile, per il quale la stessa Corte, con le considerazioni esposte a pag. 132, ha anche respinto il l’appello nella parte in cui censurava la ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod. pen.
Quanto al capo 14), l’importazione di 800 kg di hashish, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che il reato di importazione deve ritenersi consumato con il conseguimento della disponibilità della sostanza, anche all’estero e a prescindere dal successivo ingresso nel territorio nazionale, e che i fatti risultino adeguatamente provati sulla base delle dichiarazioni di COGNOME e, soprattutto, sulla scorta del tenore delle conversazioni intercettate, che conterrebbero dichiarazioni auto ed etero accusatorie (cfr. pag. da 136 a 160).
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati che, a mezzo dei rispettivi difensori, hanno dedotto i seguenti motivi.
9.1. Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME.
9.1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione nei termini che si vanno a specificare. Nel primo articolato motivo, in particolare, la difesa rileva che la Corte territoriale non si sarebbe attenuta al dictum contenuto nella sentenza rescindente e, facendo riferimento ad elementi già utilizzati e ritenuti insufficienti a rispondere alle censure articolate nell’atto di appello, avrebbe reso una motivazione inadeguata in ordine all’identificazione del ricorrente nello ‘u Sceltu’ e quanto alla consistenza e sufficienza del ruolo da questo svolto ai fini della configurabilità del reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso. Nello specifico, quanto all’identificazione, la difesa evidenzia che il ricorrente non era imputato nel processo c.d. Crimine e, pertanto, non avrebbe potuto contraddire in merito al contenuto della conversazione del 31 luglio 2009 nella quale si fa riferimento a quello che ‘era’ il fidanzato della figlia dello ‘Scelto’; ciò anche considerato che l’argomento utilizzato Ł privo di effettivo rilievo in quanto l’uso del verbo al passato significa che quando la conversazione si Ł tenuta la figlia dello ‘Scelto’ non era piø la fidanzata del ragazzo indicato. D’altro canto, inoltre, da nessuna altra parte risulta ‘pacifico’, come indicato nella sentenza impugnata, che il ricorrente fosse soprannominato lo Scelto. Sotto altro profilo, poi, la sentenza fa riferimento agli stessi elementi già considerati dalla Corte di cassazione come insufficienti a fondare un giudizio di colpevolezza. Il giudice di rinvio, infatti, non avrebbe fatto altro che ripercorrere le medesime conversazioni già valutate senza aggiungere nulla di nuovo o anche solo caratterizzare in termini piø specifici quale sarebbe stato il contributo, fattivo e concreto, che il ricorrente aveva fornito all’associazione. A ben vedere, peraltro, gli stessi punti
schematicamente indicati a pagina 103 della sentenza impugnata sarebbero delle mere asserzioni, rimaste prive di qualsivoglia contenuto (cfr. pag. 13 e seguenti del ricorso). A ben vedere, ancora, la Corte avrebbe del tutto omesso di uniformarsi ai principi indicati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di sussistenza degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 416bis cod. pen. e ciò anche considerato che alcune prove, come il contenuto della conversazione intercorsa tra Crupi e Macrì il 9 marzo 2015, sarebbe stata travisato perchØ da questa non risulterebbe affatto che COGNOME e lo Scelto si sono incontrati. La Corte, inoltre, non avrebbe valutato il fatto che lo ‘Scelto’ non era presente ai funerali di Verduci e, comunque, piø in generale, non vi sarebbe stata alcuna effettiva e concreta considerazione in ordine al fatto che le prove poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità sono tutte costituite de poche conversazioni, intercorse in meno di un mese e tra terze persone, laddove, proprio in considerazione di tali circostanze, la verifica di attendibilità e consistenza degli elementi indiziari a carico dello Scelto, cioŁ impropriamente del ricorrente, avrebbero dovuto essere oggetto di ben piø specifica, attenta e approfondita considerazione.
9.1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 2 e 416bis , comma quarto, cod. pen. e 133 cod. pen. Nel secondo motivo, poi ulteriormente approfondito e illustrato nei motivi nuovi pervenuti in data 17 giugno 2025, la difesa rileva che la Corte territoriale avrebbe erroneamente determinato il trattamento sanzionatorio, ciò soprattutto con riferimento alla individuazione della pena base, rectius della norma alla quale fare riferimento, in quanto l’art. 416bis , comma quarto, cod. pen. Ł stato modificato con la l. 69 del 2015 ed Ł in vigore dal 14 giugno 2015, data prossima all’ultima conversazione intercettata, avvenuta il 9 marzo 2015, che Ł il momento dal quale non sono stati piø acquisiti ulteriori e diversi elementi a carico degli imputati per i quali, tra l’altro, la data di consumazione del reato Ł indicata nello stesso capo di imputazione nel mese di settembre 2015.
9.2. Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per NOME COGNOME.
9.2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. quanto alla sussunzione dei fatti accertati nella fattispecie astratta di cui all’art. 416bis cod. pen. Nel primo motivo la difesa, evidenziati i parametri di riferimento quanto alla portata dell’annullamento di rinvio pronunciato con la sentenza rescindente, rileva la violazione cui Ł incorsa la sentenza impugnata la cui motivazione si sostanzia in una ripetizione, solo quantitativamente piø estesa, dei medesimi argomenti già utilizzati nella pronuncia annullata. La sentenza Ł così incorsa nel medesimo vizio che era stato rilevato con l’annullamento.
9.2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, 546, comma 1, lett. e), 603 e 627, comma 3, cod. proc. pen. Nel secondo motivo la difesa evidenzia che la Corte territoriale non si sarebbe conformata a quanto richiesto nella sentenza rescindente e ciò, nello specifico, omettendo di considerare e valutare le dichiarazioni rese dai collaboratori Costa e Oppedisano le cui propalazioni sarebbero decisive.
9.2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’affermazione di responsabilità del ricorrente quanto al reato di cui al capo 30) di imputazione. Nel terzo e articolato motivo la difesa, riprendendo quanto esposto anche nei motivi precedenti in ordine alla violazione del dictum della sentenza rescindente, evidenzia che la Corte territoriale avrebbe omesso di verificare l’effettiva consistenza degli elementi emersi a carico di NOME COGNOME in ordine alla partecipazione dello stesso al sodalizio mafioso, ciò considerato che gli elementi attualmente indicati sono in tutto coincidenti con quelli già ritenuti insufficienti dalla Corte di cassazione e questo con specifico riferimento al ruolo
svolto e al significato da attribuire alla c.d. ‘imbasciata’. Sotto tale profilo, d’altro canto, a fronte della pronuncia di annullamento, l’affermazione di responsabilità non poteva evidentemente fondarsi sui medesimi elementi ma avrebbe dovuto fare riferimento a diverse e ulteriori prove, dalle quali poter inferire un quid pluris rispetto a quello che era già stato riconosciuto inidoneo a fondare il giudizio di colpevolezza. Questo, appunto, considerato che nella sentenza impugnata la Corte si Ł limitata ad accrescere quantitativamente il riferimento al contenuto delle conversazioni intercettate senza aggiungere nulla, qualitativamente e nella sostanza, in termini di consistenza degli elementi significativi del ruolo svolto dal ricorrente e del ragionamento giustificativo della conclusione in ordine alla ritenuta partecipazione dello stesso al sodalizio. Del tutto carente, d’altro canto, sarebbe la motivazione in merito ai due flussi di comunicazioni, uno costituito da un solo dialogo, quello avvenuto sul lungo mare di Siderno con NOME COGNOME e l’altro rappresentato dal giro di consultazioni che ci sarebbe stato in Canada:entrambi privi di una effettiva efficacia rappresentativa in ordine a un ruolo, effettivo e concreto, dal quale poter desumere che NOME COGNOME abbia mai partecipato all’associazione (cfr. specifici argomenti da pag. 25 del ricorso).
9.2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in merito alla mancata valutazione di prove decisive, peraltro debitamente indicate dalla difesa. Nel quarto motivo il ricorrente evidenzia che la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare e valutare tutti gli elementi emersi (la ‘storia del caso’ deve sorreggere la ‘teoria del caso’) e, nello specifico, quelli espressamente indicati dalla difesa per il loro carattere decisivo e di segno opposto rispetto alla contestazione per cui la motivazione Ł contraddittoria in quanto non tiene conto di tutte le informazioni esistenti negli atti processuali ed Ł manifestamente illogica perchØ non c’Ł una reale correlazione tra le premesse e le conclusioni. Ad esempio, sarebbero state trascurate: la circostanza che l’incontro con COGNOME era stato occasionale; il fatto che tutte le conversazioni intercorse tra COGNOME e il ricorrente citate sono avvenute in soli 3 giorni su 160 di attività investigativa; il complessivo atteggiamento di ritrosia tenuto da COGNOME rispetto alle questioni di ‘malaffare’.
9.2.5. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli artt. 62bis , 133 e 416bis , cod. pen. Nel quinto motivo, poi ulteriormente approfondito con i motivi nuovi pervenuti in cancelleria il 13 giugno 2025, la difesa rileva l’errore in cui sarebbero incorsi i giudici di merito nella determinazione della pena, nello specifico applicando i limiti edittali previsti dalla l. 69 del 2015 piuttosto che quelli in vigore sino al giugno 2015. Ciò anche considerato che avrebbe dovuto essere onere dell’accusa dimostrare che, in concreto, la condotta associativa si era protratta oltre tale data. Sotto altro profilo, poi, la motivazione in merito al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche sarebbe carente.
9.3. Avvocato NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
9.3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 416bis , commi primo, secondo e quarto, cod. pen. e 192, commi 2 e 3, 546, comma 1, lett. e), 238, comma 2bis , 238bis , 627, comma 3, 530 e 533, comma 1, cod. proc. pen. Nel primo esteso motivo la difesa rileva che la Corte territoriale, facendo riferimento alle trascrizioni delle conversazioni intercettate e alle annotazioni della polizia giudiziaria e ai commenti in questi inseriti, avrebbe di fatto omesso di adempiere alla sentenza rescindente per cui sarebbe addivenuta alla identificazione dei due ricorrenti con le persone indicate nelle conversazioni come NOME, COGNOME, NOME, NOME e i Briganti, senza in effetti dare conto degli
elementi e delle ragioni sulle quali si fonda la conclusione. Sotto tale profilo, d’altro canto, il riferimento a quanto asseritamente accertato in altri processi, nei quali i due ricorrenti non erano imputati, sarebbe improprio e inconferente. Anche volendo prescindere dal fatto, comunque dirimente, che nella sentenza indicata dalla Corte territoriale non vi Ł alcun riferimento al fatto che i due fratelli COGNOME avrebbero ‘ereditato’ il soprannome dal padre, infatti, si deve considerare che l’art. 238bis cod. proc. pen. non consente di utilizzare gli elementi eventualmente acquisiti in altri processi in assenza di contraddittorio dei soggetti nei cui confronti si vorrebbero utilizzare tali prove. Ciò inoltre considerato che i Figliomeni citati nelle sentenze RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE erano altri e non gli attuali ricorrenti. Sotto altro profilo, poi, gli elementi indicati nella sentenza impugnata sono costituiti da frammenti di conversazioni che poco o nulla consentono di inferire quanto all’identificazione dei due ricorrenti nelle persone citate da terzi. A ben vedere, quindi, la sentenza impugnata ha del tutto omesso di uniformarsi a quanto indicato nella sentenza rescindente ed Ł incorsa in un errore metodologico perchØ nessuna delle captazioni evidenziate (solo cinque) e delle pronunce a cui si fa riferimento Ł idonea a confortare la conclusione cui si sarebbe dovuto pervenire che, invece, Ł data per pacifica senza che sia mai stata in realtà dimostrata. Nello specifico. 1) Il riferimento alla partecipazione ai funerali di COGNOME Ł inconferente: il defunto non Ł mai stato neanche indagato per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen.; NOME COGNOME cl. 48 Ł stato definitivamente assolto dalla contestazione di far parte con ruolo apicale della cosca COGNOME; il ricorrente Ł incensurato e non Ł mai stato imputato in alcuno dei processi alla cosca COGNOME, ad iniziare da Siderno Group; NOME COGNOME Ł stato anche lui definitivamente assolto dall’accusa di far parte del sodalizio di cui si discute e non era pertanto un ‘intoccabile’; la conclusione pertanto si fonda sui soli pensieri e locuzioni inseriti dalla polizia giudiziaria tra parentesi nelle trascrizioni del ‘dato captativo’. 2) Non ci sono pregiudizi e controlli di polizia a carico dei ricorrenti nØ risulta che conoscessero NOME COGNOME e NOME COGNOME. 3) Non esiste nessuna fonte probatoria dalla quale risulti che il soprannome COGNOME sia mai stato attribuito ai due ricorrenti: il contenuto delle sentenze acquisite ex art. 238bis cod. proc. pen. non può essere utilizzato nei confronti dei due fratelli COGNOME che non sono stati mai stati imputati in questi processi (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME solo nel processo RAGIONE_SOCIALE); il riferimento alla sentenza emessa dal Tribunale di Locri il 6 aprile 1996 Ł inconferente in quanto in tale pronuncia non si rinviene alcuna indicazione relativa a tale soprannome; le acquisizioni probatorie dell’operazione c.d. RAGIONE_SOCIALE, espressamente indicate nei motivi di appello, sono di segno contrario quanto alla riferibilità del soprannome e la Corte territoriale non ne tiene alcun conto. 4) All’identificazione non si può arrivare attraverso il contenuto della captazioni inter alios : il riferimento alla detenzione dei due fratelli e al fatto che in carcere erano scarsamente riservati non riguardare i due ricorrenti (NOME Ł incensurato e NOME ha cessato la detenzione nell’anno 1992); i riferimenti ulteriori sono privi di conducenza quanto alla possibilità di addivenire a una identificazione dei ‘Briganti’ o Brigantoni di cui si parla con gli attuali ricorrenti; il presunto incontro tra NOME COGNOME e NOME COGNOME come evidenziato dalla sentenza rescindente, non può essere avvenuto in quanto uno si trovava in Olanda e l’altro in Canada e la spiegazione per cui ciò non era impossibile Ł congetturale; la questione circa la improbabilità statistica Ł stata superata dalla Corte di cassazione e non Ł decisiva; non risulta neanche che i ricorrenti conoscessero NOME COGNOME Come analiticamente evidenziato da pag. 39 a pag. 53 del ricorso, poi, dalle captazioni non emergerebbe alcun elemento qualificabile nei termini di una idonea e fattiva partecipazione all’associazione
mafiosa per cui la motivazione sul punto contrasterebbe con i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità in materia e sarebbe comunque carente e manifestamente illogica.
9.3.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, 546, e 192 cod. proc. pen. con riferimento agli artt. 110 e 648 cod. pen. oggetto del reato di cui al capo 31). Nel secondo motivo la difesa rileva che, pure volendo dare per dimostrato che COGNOME e COGNOME si riferissero ai due ricorrenti, la Corte avrebbe erroneamente ritenuto la sussistenza dell’elemento psicologico in capo ai due imputati in quanto questi, per lo stesso tenore delle conversazioni captate, non avevano, nØ potevano avere, alcuna consapevolezza circa la provenienza illecita dalla cioccolata.
9.3.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e quanto alla determinazione della pena.
9.4. Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per NOME COGNOME
9.4.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 627, comma 3, e 192, comma 2, cod. proc. pen. con riferimento al reato ex art. 416bis cod. pen. di cui al capo 30). Nel primo motivo di ricorso la difesa rileva che la conclusione cui Ł pervenuta la Corte territoriale con riferimento al reato associativo non tiene conto del dictum contenuto nella sentenza rescindente in quanto il giudice di rinvio, reiterandone nella sostanza gli stessi errori, non avrebbe superato la rilevata inconsistenza della motivazione della sentenza annullata sul punto. Quanto evidenziato in ordine alla partecipazione all’associazione dedita al narcotraffico, d’altro canto, non sarebbe sufficiente e idoneo a inferire che lo stesso ricorrente facesse anche parte dell’associazione mafiosa, in ciò non potendo soccorrere gli elementi indicati nella sentenza ora impugnata: le pressioni per partecipare al funerale di Oppedisano; la partecipazione alla spedizione punitiva; le dichiarazioni del collaboratore COGNOME Tali elementi, oltre a essere già stati ritenuti insufficienti dalla sentenza rescindente, infatti, non sono stati coerentemente e correttamente valutati: COGNOME che pure ha parlato dei reati in materia di stupefacenti per cui il ricorrente Ł stato irrevocabilmente condannato, ha espressamente dichiarato di non saper dire se COGNOME faceva parte o meno della cosca di COGNOME; l’identificazione del NOME che avrebbe partecipato al ‘pestaggio’ con il ricorrente Ł incerta e, soprattutto, l’essere stato presente a tale fatto non sarebbe comunque significativo in quanto l’incontro sarebbe stato occasionale e la presenza del ricorrente del tutto svincolata da ‘ottiche’ mafiose; l’attivismo nell’avere reclutato partecipanti al funerale di Oppedisano, come gli altri elementi, Ł già stato ritenuto privo di effettiva consistenza; il sostegno economico fornito ad NOME COGNOME durante la detenzione Ł di carattere neutro in quanto questo era inserito anche nel contesto associativo relativo al narcotraffico per il quale il ricorrente Ł stato condannato. Sotto tale profilo, pertanto, in assenza di effettivi e concreti elementi dai quali poter desumere che il ricorrente abbia fatto parte del sodalizio mafioso e che a questo abbia fornito un contributo fattivo e concreto distinto dalla partecipazione all’attività di narcotraffico, la motivazione della sentenza ripropone le medesime violazioni e gli stessi vizi già riscontrati dalla Corte di cassazione con la sentenza rescindente.
9.4.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 416bis , comma quarto, cod. pen. Nel secondo motivo la difesa rileva che la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente motivato in ordine alla consapevolezza del ricorrente circa la detenzione di armi da parte del sodalizio.
9.4.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 627, comma 3, cod. proc. pen. con riferimento all’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 416bis .1 cod.
pen. al reato ex art. 74 d.P.R. 309 del 1990. Nel terzo motivo la difesa evidenzia che la Corte territoriale ha omesso di conformarsi alla sentenza rescindente che aveva rilevato che non risultava dimostrato che ‘ il narcotraffico gestito dal sodalizio di cui al capo 1 costituisce un asset, un oggetto sociale precipuo, del sodalizio mafioso ‘. Sotto tale profilo, d’altro canto, quanto indicato nelle pagine 158 e 159 della sentenza impugnata circa la messa a disposizione dei pescherecci da parte della famiglia COGNOME sarebbe inconferente in quanto si riferirebbe a fatti raccontati nel collaborare nel 1994 che non possono riguardate l’attuale associazione, costituita nel 2004. A ben vedere, poi, l’eventuale accoglimento del primo motivo dell’attuale ricorso escluderebbe di per sØ la sussistenza dell’aggravante. Con i motivi nuovi pervenuti in cancelleria, inoltre, la difesa rileva la contraddittorietà tra la pronuncia impugnata e la diversa conclusione cui la stessa Corte territoriale Ł pervenuta all’esito del processo celebrato con il rito ordinario, dove la ricorrenza della medesima aggravante Ł stata esclusa.
9.4.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante speciale di cui all’art. 74, comma 4, d.P.R. 309 del 1990 in quanto la motivazione sul punto sarebbe inesistente e l’applicazione della circostanza deriverebbe da una sorta di automatismo.
9.4.5. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al capo 14) per violazione degli artt. 192, comma 2, cod. proc. pen. e 73 d.P.R. 309 del 1990. Nel quinto e ultimo motivo di ricorso la difesa evidenzia la manifesta illogicità della motivazione laddove, omettendo di conformarsi al principio posto nella sentenza rescindente, ha concluso circa la prova della sussistenza del reato come consumato laddove, in assenza di prove specifiche quanto alla conclusione dell’accordo e alla effettiva spedizione della sostanza stupefacente, si Ł ritenuto che il reato fosse consumato quando, invece, la condotta si sarebbe arrestata al compimento di meri atti preparatori. Nello stesso motivo, poi, come pure ribadito nei motivi nuovi depositati il 17 giugno 2025, il ricorrente rileva la carenza totale di motivazione in ordine agli argomenti evidenziati dalla difesa anche depositando la sentenza pronunciata il 17 luglio 2018 dal Tribunale di Locri nei confronti del coimputato del medesimo delitto, assolto con la formula ‘ perchØ il fatto non sussiste ‘.
Nelle date 13 e 17 giugno 2025, come già indicato nella enunciazione dei rispettivi motivi di ricorso, sono pervenuti i motivi nuovi proposti nell’interesse di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
In data 16 giugno 2025 Ł pervenuta in cancelleria un’articolata memoria nella quale il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME chiede il rigetto di tutti i ricorsi.
In data 26 giugno Ł pervenuta memoria di replica alle conclusioni del Procuratore generale redatta dagli avvocati COGNOME e COGNOME negli interessi di NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondanti nei termini che seguono e rispettivamente indicati.
Al fine di evitare inutili ripetizioni appare opportuno prendere le mosse da alcuni aspetti di carattere generale che risulta necessario affrontare in sintesi prima di procedere all’analisi dei singoli motivi di ricorso.
La prima e piø rilevante questione di carattere generale che si pone Ł quella relativa ai rapporti tra la sentenza di annullamento e il giudizio di rinvio, cioŁ tra il contenuto della decisione rescindente e gli effetti che questa ha sui poteri di cui Ł investito il giudice nella fase rescissoria e, quindi, quanto e come questo possa rivalutare o reinterpretare gli
elementi e le prove in relazione alle quali si Ł espressa la Corte di cassazione.
Nelle impugnazioni, infatti, le difese rilevano che la Corte territoriale avrebbe contravvenuto al dictum della Corte basando la decisione oggetto degli attuali ricorsi sui medesimi elementi già in precedenza valutati e ritenuti insufficienti a fondare l’affermazione di responsabilità.
3.1. L’art. 627 cod. proc. pen. stabilisce i limiti cognitivi attribuiti al giudice di rinvio e così delinea i rapporti tra la sentenza di annullamento e il giudizio che segue a tale decisione che, quale atto genetico dello stesso, contiene elementi che condizionano necessariamente l’ambito cognitivo e decisorio del giudice.
In termini generali il comma 2 prevede che il giudice di rinvio, salve le limitazioni stabilite dalla legge, cioŁ quelle poste dalla natura e dalla struttura del giudizio quale fase eventuale del processo, ha gli stessi poteri che aveva il giudice la cui sentenza Ł stata annullata.
Il comma 3, per quanto interessa ai fini dell’attuale decisione, prevede che il giudice Ł tenuto a uniformarsi alla sentenza della Corte di cassazione per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa.
Dalla lettura in combinato disposto di queste due disposizioni deriva la soluzione interpretativa cui sono pervenute sia la dottrina che la giurisprudenza secondo le quali intercorre una distinzione tra l’annullamento pronunciato dalla cassazione per una violazione o falsa applicazione di legge, recte per un vizio nell’interpretazione o nell’applicazione del diritto, e quello disposto per un vizio di motivazione.
3.2. Nel primo caso, quando Ł stato rilevato un vizio correlato all’erronea applicazione di legge sostanziale, la sentenza di annullamento contiene l’enunciazione del principio di diritto (cfr. art. 173, comma 2, disp. att. cod. proc. pen.) che il giudice di rinvio Ł tenuto ad applicare, uniformandovisi anche se questo risulti contrario a un principio successivamente affermato dalle Sezioni unite (Sez. 6, n. 14433 del 14/01/2020, COGNOME, Rv. 278848 – 01).
In tale situazione i margini di autonomia del giudice di rinvio sono limitati dalla soluzione giuridica adottata dalla Corte ma questa, di norma, che ha come presupposto il giudizio di fatto contenuto nella sentenza annullata, non vincola l’autonomia e il potere del giudice di merito quanto alla ricostruzione dei fatti e alla valutazione delle prove, nØ lo stesso Ł tenuto a condividere le affermazioni esplicative o i passaggi argomentativi esposti nella sentenza di rescindente.
In concreto, d’altro canto, proprio in virtø del nesso di necessaria implicazione logica che esiste tra la questione di fatto e quella di diritto, si deve comunque considerare che il sopravvenire di nuovi elementi, come ad esempio l’acquisizione di una nuova prova così come la diversa considerazione e valorizzazione di prove già acquisite, può condurre a una diversa ricostruzione del fatto per cui la soluzione giuridica indicata dalla sentenza di annullamento può anche risultare non piø coerente a quanto accertato all’esito del giudizio (Sez. 2, n. 33560 del 09/06/2023, COGNOME Rv. 285142 – 01).
Ciò peraltro dovendosi ritenere che non si ha la formazione di alcun giudicato progressivo sui passaggi argomentativi cui si riferisce la pronuncia relativi a punti in connessione essenziale con la parte oggetto della sentenza di annullamento (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268966 – 01;Sez. U, n. 10251 del 17/10/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 235699 – 01; Sez. U, n. 1 del 19/01/2000, COGNOME, Rv. 216239 – 01; Sez. 2, n. 33560 del 09/06/2023, COGNOME, Rv. 285142 – 01 cfr. specifica sul punto Sez. 3, n. 23140 del 26/03/2019, Pg, Rv. 276755 – 04).
Nessuno specifico problema, invece, si pone nell’ipotesi in cui l’annullamento, con o senza rinvio, in questo ultimo caso disposto con la trasmissione degli atti per l’ulteriore corso, sia dipeso dalla violazione di una norma processuale che si riferisce alla costituzione o allo svolgimento del rapporto processuale.
In tale ipotesi, infatti, il giudice di rinvio Ł chiamato a pronunciarsi ex novo come se l’intera fase annullata non si fosse mai tenuta.
3.3. Quando la sentenza Ł pronunciata a seguito di un vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità dell’imputato, l’annullamento con rinvio per vizio di motivazione determina una piena riespansione dei poteri accertativi del giudice del rinvio, sicchØ questi non Ł obbligato a esaminare solo i punti specificati nella sentenza rescindente, isolandoli dal residuo materiale probatorio, ma mantiene, nell’ambito del capo colpito dall’annullamento, piena autonomia di giudizio nella ricostruzione del fatto e nella valutazione dei dati, nonchØ il potere di desumere, anche sulla base di elementi prima trascurati, il proprio libero convincimento, colmando in tal modo i vuoti motivazionali e le incongruenze rilevate, con l’unico limite di non ripetere i vizi già censurati in sede di giudizio rescindente e di conformarsi all’interpretazione ivi data alle questioni di diritto (Sez. 5, n. 38139 del 13/09/2024, C., Rv. 288174 – 03; Sez. 3, n. 34794 del 19/05/2017, P.g., p.c. in proc. f e altri, Rv. 271345 – 01; Sez. 5, n. 42814 del 19/06/2014, Pg in proc. COGNOME, Rv. 261760 – 01; Sez. 6, n. 42028 del 04/11/2010, Regine, Rv. 248738 – 01; RV 271345).
Ciò in quanto il giudice di rinvio, come piø volte evidenziato da questa Corte, in caso di annullamento per vizio di motivazione, Ł investito di pieni poteri di cognizione e, salvi i limiti di derivanti da un’eventuale giudicato interno, può rivisitare il fatto con pieno apprezzamento e autonomia di giudizio, sicchØ non Ł vincolato all’esame dei soli punti indicati nella sentenza di annullamento, ma può accedere alla piena rivalutazione del compendio probatorio ed Ł quindi Ł legittimato ad addivenire alla medesima soluzione ovvero a soluzioni diverse da quelle cui era pervenuto il precedente giudice di merito (Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285801 – 02; Sez. 2, n. 1726 del 05/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271696 – 01: «non viola l’obbligo di uniformarsi al principio di diritto il giudice di rinvio che, dopo l’annullamento per vizio di motivazione, pervenga nuovamente all’affermazione di responsabilità sulla scorta di un percorso argomentativo in parte diverso ed in parte arricchito rispetto a quello già censurato in sede di legittimità. (La Corte ha precisato che dalla sentenza di annullamento deriva solo un vincolo di contenuto negativo, ovvero un divieto di adottare la stessa motivazione che la Suprema Corte ha ritenuto viziata»).
In questa prospettiva, va sottolineato che l’annullamento con rinvio per vizio di motivazione non richiede affatto necessariamente un ampliamento della base probatoria, dal momento che Ł ben possibile che la sentenza rescindente censuri l’ iter argomentativo della decisione impugnata, con riferimento alle censure sviluppate nell’atto di appello, senza che ciò implichi una valutazione di insufficienza in sØ della piattaforma probatoria, alla quale la Corte di cassazione ha accesso non direttamente ma nei limiti delle valutazioni operate dal giudice di merito.
D’altro canto, siccome la Corte di cassazione risolve una questione di diritto anche quando giudica sull’inadempimento dell’obbligo della motivazione, il giudice di rinvio, pur conservando la libertà di determinare il proprio convincimento di merito mediante un’autonoma valutazione della situazione di fatto concernente il punto annullato e con gli stessi poteri dei quali era titolare il giudice il cui provvedimento Ł stato cassato, Ł tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente
enunciato nella sentenza di annullamento, restando in tal modo vincolato a una determinata valutazione delle risultanze processuali ovvero al compimento di una determinata indagine, in precedenza omessa, di determinante rilevanza ai fini della decisione, o ancora all’esame, non effettuato, di specifiche istanze difensive incidenti sul giudizio conclusivo, con l’unico limite di non ripetere i vizi della motivazione rilevati nella sentenza annullata (così Sez. 1, n. 7963 del 15/01/2007, P.g. in proc. COGNOME e altri, Rv. 236242 – 01 e la conforme giurisprudenza successiva Sez. 5, n. 38139 del 13/09/2024, C., Rv. 288174 – 03; Sez. 2, n. 45863 del 24/09/2019, COGNOME, Rv. 277999 – 01; Sez. 5, n. 7567 del 24/09/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254830 – 01).
Affermazione questa però da intendersi nel senso che il giudice non deve reiterare gli schemi valutativi delle risultanze processuali od omissioni processuali già stigmatizzati dalla decisione di annullamento e, quindi, non pone un limite al potere cognitivo e di valutazione del giudice del rinvio che, senza ripetere gli errori argomentativi segnalati dalla sentenza di annullamento, non Ł vincolato nØ condizionato da eventuali valutazioni in fatto formulate dalla Corte di cassazione con la sentenza rescindente, spettando solo al giudice di merito il compito di ricostruire i dati concreti risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova (Sez. 2, n. 8733 del 22/11/2019, dep. 2020, Le, Rv. 278629 – 02;Sez. 5, n. 33847 del 19/04/2018, COGNOME, Rv. 273628 – 01; Sez. 3, n. 34794 del 19/05/2017, P.g., p.c. in proc. f e altri, Rv. 271345 – 01; Sez. 5, n. 36080 del 27/03/2015, COGNOME, Rv. 264861 – 01).
In tale prospettiva, pertanto, in conclusione si deve ribadire che «il giudice di rinvio Ł investito di pieni poteri di cognizione e può -salvi i limiti nascenti da eventuale giudicato interno- rivisitare il fatto con pieno apprezzamento ed autonomia di giudizio e, in esito una compiuta visiva rivisitazione di esso, addivenire a soluzioni diverse da quelle del precedente giudice di merito o condividerne le conclusioni purchØ motivi il proprio convincimento sulla base di argomentazioni diverse da quelle ritenute illogiche o carenti in sedi di legittimità. Ne deriva che eventuali elementi di fatto e valutazioni contenute nella pronuncia di annullamento non sono vincolanti per il giudice del rinvio, ma rilevano esclusivamente come punti di riferimento al fine dell’individuazione del vizio o dei vizi segnalati e non, quindi come dati che si impongono per la decisione demandata» (Sez. 5, n. 38139 del 13/09/2024, C., Rv. 288174 – 03; Sez. 5, n. 34016 del 22/06/2010, COGNOME, Rv. 248413 – 01).
4. La seconda questione di carattere generale contenuta nei ricorsi si riferisce alla configurabilità del delitto partecipazione ad associazione a delinquere di tipo mafioso in quanto le difese rilevano che la Corte territoriale sarebbe incorsa in una erronea interpretazione della legge e, nello specifico, si sarebbe così discostata dal principio di diritto posto nella sentenza di annullamento.
Il reato di cui all’art. 416bis , comma primo cod. pen. Ł caratterizzato da quella che Ł stata definita da piø parti come tipicità incompiuta.
La norma, infatti, per individuare la condotta punibile a titolo di partecipazione utilizza l’espressione ‘far parte’ che ha una intrinseca valenza polisemantica e che pertanto, diversamente dalle attività di direzione, promozione e organizzazione, incriminate al secondo comma 416bis cod. pen., risulta avere una ridotta capacità di connotare la condotta punibile sul piano descrittivo (cfr. da ultimo Sez. 5, n. 18020 del 10/02/2022, COGNOME, Rv. 283371 02).
L’oggettiva difficoltà di tale disposizione normativa ha posto nel tempo dei notevoli problemi interpretativi e ha evidenziato la necessità di enucleare dei criteri ermeneutici coerenti ai principi di materialità e offensività della condotta.
L’esigenza di addivenire a una soluzione aderente al dettato costituzionale ha imposto di superare le piø risalenti impostazioni soggettivistiche del reato e di giungere a una piø moderna impostazione oggettivistica (per una analitica ricostruzione della fattispecie in analisi cfr. da ultimo Sez. U, n. 36958 del 27/5/2021, Modaffari, Rv. 281889-01 e, anche rispetto al fenomeno delle “nuove mafie”, cfr. Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Bolla, Rv. 279555).
La prima e piø importante pronuncia in tal senso Ł rappresentata dalla sentenza COGNOME del 2005 nella quale si Ł valorizzata la proiezione fattuale dell’inserimento organico nel sodalizio, mediante comportamenti espressivi del ruolo svolto dal soggetto evidenziando che questo deve manifestarsi in una “partecipazione fattiva”, che si realizza mediante il compimento di “atti di militanza associativa” (cfr. Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, COGNOME, Rv. 231670 – 01).
Sotto tale profilo, pertanto, non Ł piø sufficiente un mero ingresso formale nell’associazione, uno “status” di mera appartenenza, ma Ł necessario un rapporto dinamico e funzionale del partecipe così che l’agente “prende parte” all’associazione, piø che “farne parte”.
I principi enucleati in tale pronuncia sono stati da ultimo confermati dalla recente sentenza delle Sezioni Unite Modaffari che hanno ribadito che la partecipazione non si esaurisce nØ in una mera manifestazione di volontà unilaterale nØ in una affermazione di status ma che questa, al contrario, implica un’attivazione fattiva a favore della consorteria che attribuisca dinamicità, concretezza e riconoscibilità alla condotta che si sostanzia nel “prendere parte”.
La pronuncia COGNOME, infatti, all’esito di un’ampia ricostruzione della fattispecie prevista dall’art. 416bis cod. pen., nella scia della sentenza COGNOME, ha espresso il principio di diritto secondo cui la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa dell’associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua ‘messa a disposizione’ in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi.
Il contributo del partecipe alla vita dell’organizzazione criminosa, in tale ottica, che pure può assumere forme “atipiche”, deve essere sempre effettivo, concreto e visibile così che ‘tale contributo, che può assumere carattere sia materiale che morale, ben potrà essere ricostruito anche in via indiziaria e ben potrà concretizzarsi solo in un momento successivo (allorquando l’affiliato darà concreto corso alla messa a disposizione) rispetto al formale ingresso nell’associazione. Assume, quindi, assoluta decisività ai fini della valutazione di “appartenenza” …, la possibilità di attribuire al soggetto la realizzazione di un qualsivoglia “apporto concreto”, sia pur minimo, ma in ogni caso riconoscibile, alla vita dell’associazione, tale da far ritenere avvenuto il dato dell’inserimento attivo con carattere di stabilità e consapevolezza oggettiva’.
Nella prospettiva indicata dalle Sezioni Unite, quindi, risulta evidente che la verifica centrale per la configurabilità di una condotta di partecipazione mafiosa si muove sul piano probatorio ed Ł solo sulla scorta delle evidenze disponibili che sarà possibile valutare se, per le caratteristiche assunte dal caso concreto, la compenetrazione nel tessuto criminale abbia generato o meno un’effettiva “messa a disposizione”.
Per questo, anche l’affiliazione rituale può costituire grave indizio della condotta partecipativa a condizione che la stessa risulti, sulla base di consolidate e comprovate massime d’esperienza e degli elementi di contesto che ne evidenzino serietà ed effettività,
espressione di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un’offerta di contribuzione permanente tra affiliato ed associazione (cfr. Sez. U Modaffari, Rv. 281989-02).
Piø in generale, pertanto, dopo l’ultimo arresto delle Sezioni Unite, gli indicatori elencati dalla sentenza COGNOME come elementi dai quali desumere la partecipazione mafiosa tornano alla loro dimensione probatoria naturale e vengono “depurati” dal ruolo di elementi di fattispecie loro attribuito da alcune pronunce di legittimità.
Tra detti indicatori, a esempio, la commissione di delitti-scopo Ł uno dei sintomi, normalmente quello piø evidente, ma non l’unico, dell’inserimento nel sodalizio.
Oltre a questo -definito come “autoevidente” secondo la sentenza COGNOME in quanto si distingue rispetto alla maggior problematicità della “spia” di intraneità costituita dall’affiliazione rituale- devono comunque essere considerate anche le ulteriori e diverse condotte che risultano essere il compimento di attività causalmente orientate a favore dell’associazione dalle quali, sulla base degli elementi probatori acquisiti, emerga l’organicità del singolo che, reiterando condotte di semplice tenore esecutivo ovvero rafforzando e agevolando l’attività dell’associazione, ponga in essere comportamenti teleologicamente rivolti al perseguimento degli obiettivi dell’associazione stessa.
Considerato il tenore delle censure sollevate con i motivi contenuti negli atti di ricorso, infine, appare opportuno ribadire quali sono i limiti del sindacato di legittimità in merito al vizio di motivazione.
In tema di sindacato del vizio della motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., infatti, si deve rammentare che, nell’apprezzamento delle fonti di prova, il compito del giudice di legittimità non Ł di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma solo di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (così Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, Clarke, Rv 203428; Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 04, nonchØ Sez. un., n. 930 del 13/12/1995, Rv 203428 e per una compiuta e completa enucleazione della deducibilità del vizio di motivazione recentemente Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, NOME COGNOME Rv. 284556 – 01; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601 – 01; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062 – 01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La COGNOME, Rv 269217 – 01).
Dall’affermazione di questo principio, ormai costante nel panorama giurisprudenziale, discende che esula dai poteri della Cassazione, nell’ambito del controllo della motivazione del provvedimento impugnato, la formulazione di una nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, giacchØ tale attività Ł riservata esclusivamente al giudice di merito, potendo riguardare il giudizio di legittimità solo la verifica dell'”iter” argomentativo di tale giudice, accertando se quest’ultimo abbia o meno dato conto adeguatamente delle ragioni che lo hanno condotto ad emettere la decisione (cfr. Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, cit.).
Passando al piø specificotema del ‘vizio di manifesta illogicità’ della motivazione, d’altro canto, va osservato che il relativo controllo viene esercitato esclusivamente sul fronte della coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza la possibilità, per il giudice di legittimità,di verificare se i risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo; sicchØ nella
verifica della fondatezza, o meno, del motivo di ricorso ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., il compito della Corte di Cassazione non consiste nell’accertare la plausibilità e l’intrinseca adeguatezza dei risultati dell’interpretazione delle prove, coessenziale al giudizio di merito, ma quello, ben diverso, di stabilire se i giudici di merito: a) abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione; b) abbiano dato esauriente risposta alle deduzioni delle parti; c) nell’interpretazione delle prove abbiano esattamente applicato le regole della logica, le massime di comune esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.
Ne consegue che, ai fini della denuncia del vizio in esame, Ł indispensabile dimostrare che il testo del provvedimento sia manifestamente carente di motivazione e/o di logica, per cui non può essere ritenuto legittimo l’opporre alla valutazione dei fatti contenuta nel provvedimento impugnato una diversa ricostruzione degli stessi, magari altrettanto logica, dato che in quest’ultima ipotesi verrebbe inevitabilmente invasa l’area degli apprezzamenti riservati al giudice di merito.
Ciò in quanto il controllo di legittimità operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, nØ deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (Sez. 4, n. 4842 del 2/12/2003, Elia, Rv 229368 – 01).
Va da ultimo ancora osservato che la denunzia di minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione (ma che non siano inequivocabilmente muniti di un chiaro carattere di decisività), non possono dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto e, al contrario, Ł solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi, oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto argomentativo della motivazione (cfr. Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593 – 01; Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, COGNOME, Rv. 277518 – 01; Sez. 1, n. 46566 del 21/2/2017, M., Rv 271227 – 01; Sez. 2, 9242 del 8/2/2013, Reggio, Rv 254988 01).
In tale corretta prospettiva, infine, deve ribadirsi che Ł inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (cfr. Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 01).
Con specifico riferimento al tema del travisamento va osservato che, a seguito delle modifiche dell’art. 606, comma primo, lett. e) ad opera dell’art. 8 della l. n. 46 del 2006, mentre non Ł consentito dedurre il “travisamento del fatto” (cfr., Sez. 6, n. 25255 del 14/2/2012, COGNOME, Rv 253099), stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, Ł invece, consentita la deduzione del vizio di “travisamento della prova”, che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento
su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano (cfr. Sez. 3, n. 39729 del 18/6/2009, COGNOME, Rv. 244623; Sez. 2, n. 23419 del 23/5/2007, COGNOME, Rv. 236893).
Sul tema va ancora precisato che la norma, nel riconoscere la possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il riferimento ad ‘atti processuali’ (che devono essere specificamente indicati nei motivi di impugnazione, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso medesimo), non ha comunquemutato la natura del giudizio di Cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimità, sicchØ gli atti eventualmente indicati devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa ed obiettivamente incontrovertibili, che possano essere considerati decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento impugnato e nell’ambito di una valutazione unitaria, e devono essere tali da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso (cfr. Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758 – 01; Sez. Sez. 6, 5146 del 16/1/2014, COGNOME, Rv 258774; Sez. 2, n. 47035 del 3/10/2013, Giugliano, Rv 257499).
Nel ricorso per cassazione nel quale viene dedotto il vizio di motivazione per travisamento della prova il ricorrente, infatti, in sintesi, non può limitarsi, pena l’inammissibilità, ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente o adeguatamente interpretati dal giudicante, ma deve evidenziare il carattere di decisività del travisamento ed Ł tenuto a: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonchØ della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (cfr. Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, F., Rv. 281085 – 01; Sez. 6, n. 36512 del 16/10/2020, COGNOME, Rv. 280117 – 01).
In consonanza con quanto fin qui richiamato, va ancora osservato che qualora la prova che si assume essere stata travisata provenga da una fonte dichiarativa (per es., deposizione testimoniale, dichiarazione di un collaboratore di giustizia, così come il contenuto di una intercettazione), l’oggetto della stessa deve essere del tutto definito o attenere alla proposizione di un dato storico semplice e non opinabile (in tal senso Sez. 4, n. 15556 del 12/2/2008, COGNOME, Rv. 239533 ove in motivazione si Ł affermato cheal di fuori degli evidenziati limiti, dovendosi considerare la deposizione sempre il frutto della percezione soggettiva del testimone, la sua valutazione ha inevitabilmente chiamato il giudice di merito a «depurare» il dichiarato dalle cause di interferenza provenienti dal dichiarante, operazione che per essere apprezzata dal giudice di legittimità presuppone la contezza non del singolo atto processuale, bensì dell’intero compendio probatorio, nonchØ una analisi comparativa che rimane preclusa a suddetto giudice).
In tema di ricorso per cassazione, quindi, ai fini della configurabilità del vizio di travisamento della prova dichiarativa, Ł necessario che si evidenzi la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della dichiarazione e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (cfr. Sez. 5, n. 8188 del
04/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272406).
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME Ł fondato nei termini che seguono.
6.1. Nel primo articolato motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione, evidenziando che la Corte territoriale non si sarebbe attenuta al dictum contenuto nella sentenza rescindente e, facendo riferimento ad elementi già utilizzati e ritenuti insufficienti a rispondere alle censure articolate nell’atto di appello, avrebbe reso una motivazione inadeguata in ordine all’identificazione del ricorrente nello ‘ u Sceltu ‘ e quanto alla consistenza e sufficienza del ruolo da questo svolto ai fini della configurabilità del reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso.
Le doglianze sono infondate.
6.1.1. La Corte territoriale, con gli specifici riferimenti contenuti nella sentenza impugnata, ha fornito adeguata e coerente risposta alle critiche formulate nell’atto di appello in merito all’identificazione del ricorrente nello ‘ Scelto ‘ e, esponendo un diverso e piø articolato ragionamento giustificativo, ha dato atto di avere adempiuto a quanto richiesto dalla sentenza di annullamento.
Il giudice di rinvio che, come in precedenza evidenziato sub 3 per il caso di annullamento disposto per vizio di motivazione (ma anche per violazione di legge quando questa ha quale presupposto l’accertamento del fatto), ha una cognizione piena in ordine alla ricostruzione del fatto e alla valutazione delle prove ben potendo addivenire alle stesse conclusioni cui era in precedenza pervenuto il provvedimento annullato, infatti, ha reso una piø attenta motivazione nella quale ha evidenziato gli elementi acquisiti sui quali ha fondato la propria conclusione e ha così superato le criticità che la Corte di cassazione aveva stigmatizzato nella pronuncia rescindente.
Nel caso di specie, invero, il riferimento alla conversazione riportata nella sentenza Crimine e gli ulteriori elementi indicati -il contenuto dell’ordinanza custodiale, le conversazioni intercorse tra COGNOME e Macrì, così come le considerazioni espresse sul puntoŁ idoneo a dare conto della coerenza e logicità della conclusione nei termini della identificazione di NOME COGNOME cl. ’56, nello ‘ Scelto ‘ e della correttezza del percorso seguito, applicando i criteri di cui all’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.
La lettura della conversazione intercettata Ł effettuata dando conto di tutto il ragionamento seguito -cioŁ che ‘ COGNOME ‘ (NOME COGNOME) era fidanzato con la figlia dello ‘ COGNOME ‘, che la ragazza (NOME COGNOME) era la figlia di NOME COGNOME cl. ’56, e che questo era cugino di uno dei soggetti intercettati il ‘ COGNOME ‘ (NOME COGNOME‘ che dice espressamente ‘…il ‘COGNOME‘, era fidanzato con la figlia dello COGNOME, questo ragazzo, di mio cugino … il COGNOME ‘- e questo apprezzamento, non risultando manifestamente illogico ed irragionevole, non può essere sindacato in sede di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01 e, da ultimo, Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01 per cui «in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite»).
NØ, inoltre, può ritenersi, come pure sostenuto dalla difesa, che il medesimo elemento fosse già stato valutato nella sentenza oggetto di annullamento in quanto, diversamente da quanto effettuato ora con valutazione attenta, il riferimento contenuto a pagina 845 della sentenza era generico e, allora, privo di qualsivoglia consistenza.
Escluso che la sentenza acquisita ai sensi dell’art. 238bis cod. proc. pen. abbia efficacia di giudicato ovvero che quanto in questa accertato o contenuto possa essere vincolante per il giudice di merito, si deve comunque ribadire che quest’ultimo conserva, a fini decisori in ordine ai fatti e ai relativi giudizi contenuti nei passaggi argomentativi della motivazione della suddetta sentenza, l’autonomia e la libertà delle operazioni logiche di accertamento e formulazione di giudizio a lui istituzionalmente riservate (così Sez. 4, n. 10103 del 01/02/2023, De, Rv. 284130 – 01 e Sez. 4, n. 12175 del 03/11/2016, dep. 2017, P.c. in proc. COGNOME e altri, Rv. 270384 – 01 alle considerazioni della quale si rinvia).
Senza, d’altro canto, che possa avere rilievo il fatto che l’attuale ricorrente non abbia partecipato al processo all’esito del quale Ł stata pronunciata la sentenza, in quanto non viene qui in questione un carattere vincolante dell’accertamento operato inter alios, ma una valutazione critica, nel contraddittorio delle parti, di dati probatori. D’altra parte, la previsione di cui all’art. 238, comma 2bis , cod. proc. pen. opera nel solo caso in cui la prova cui si fa riferimento Ł costituita dalle dichiarazioni di un soggetto (Sez. 6, n. 41766 del 13/06/2017, COGNOME, Rv. 271096 – 01; Sez. 4, n. 12175 del 03/11/2016, dep. 2017, P.c. in proc. COGNOME e altri, Rv. 270384 – 01; Sez. 5, n. 36080 del 27/03/2015 – dep. 07/09/2015, COGNOME e altri, Rv. 264862 – 01; Sez. 1, n. 11488 del 16/03/2010, COGNOME, Rv. 246778 – 01; Sez. 6, n. 1269 del 04/12/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv. 229996 – 01).
Anche il riferimento all’ordinanza custodiale emessa nel procedimento c.d. La Falsa politica, inoltre, risulta pertinente in quanto questa, quale documento, Ł stata legittimamente acquisita al fascicolo nel contraddittorio delle parti e, potendo essere utilizzata come prova seppure limitatamente alla esistenza della decisione e delle vicende processuali in essa rappresentate (Sez. 4, n. 29279 del 12/06/2019, COGNOME, Rv. 276342 – 01), Ł stata correttamente utilizzata dalla Corte territoriale nel ragionamento indiziario sviluppato in ordine alla identificazione del ricorrente.
Così come, infine, risultano coerenti e logiche le ulteriori considerazioni sviluppate a supporto della conclusione sul punto.
6.1.2. Ad analoghe conclusioni si deve pervenire quanto all’individuazione della condotta del ricorrente di partecipazione all’associazione di tipo mafioso.
Anche in ordine a tale aspetto il giudice di rinvio, conformandosi ai principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità in precedenza indicati sub 4, ha adempiuto a quanto richiesto nella sentenza rescindente e ha fornito un’adeguata motivazione in merito alla ritenuta sussistenza del reato contestato.
Nelle pagine da 88 a 92 della sentenza impugnata, infatti, la Corte territoriale, facendo puntuale riferimento alle conversazioni intercettate e al significato inequivoco circa il ruolo ricoperto dallo ‘ Scelto ‘, già coerentemente identificato nel ricorrente, ha dato conto dell’appartenenza dello stesso all’associazione e della condotta da questo posta in essere, caratterizzata da una costante partecipazione alle dinamiche del gruppo, agli incontri e alle riunioni (anche quando si parlava di armi), alle quali era presente sempre in una posizione di supremazia e direzione, tanto che gli altri sodali lo trattavano con deferenza, come confermato costantemente dallo stesso NOME COGNOME che lo indicava come persona alla quale ci si doveva rivolgere anche solo quando si arrivava in Canada.
L’approfondita analisi così resa sulla base di una articolata lettura delle intercettazioni, che non essendo manifestamente illogica non Ł sindacabile in questa sede, evidenzia in termini dinamici il contributo fornito dal ricorrente all’associazione ed Ł idonea a dare una risposta adeguata alle criticità rilevate nella sentenza rescindente, al cui mandato il giudice di rinvio ha adempiuto.
Ciò senza che la diversa interpretazione del contenuto delle conversazioni proposta dalla difesa possa rilevare, come delineato dalla giurisprudenza di legittimità, nei termini del travisamento della prova e questo pure considerato che a fronte degli elementi indicati ogni diverso e ulteriore argomento esposto nel ricorso, come ad esempio il significato da attribuire all’assenza del ricorrente ai funerali di Verduci, risulta teso a sollecitare una lettura alternativa delle prove che non Ł consentita in questa fase a non ha,comunque, alcuna valenza disarticolante rispetto al coerente percorso giustificativo esposto nella motivazione del provvedimento impugnato.
6.2. Nel secondo motivo, ulteriormente illustrato nei motivi nuovi, la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 2 e 416bis , comma quarto, cod. pen. e 133 cod. pen. rilevando che la Corte territoriale avrebbe erroneamente determinato il trattamento sanzionatorio, ciò soprattutto con riferimento alla individuazione della pena base, rectius della norma alla quale fare riferimento, in quanto l’art. 416bis , comma quarto, cod. pen. Ł stato modificato con la l. 69 del 2015 ed Ł in vigore dal 14 giugno 2015, data prossima all’ultima conversazione intercettata, avvenuta il 9 marzo 2015.
La doglianza Ł fondata.
La censura in ordine alla individuazione della data di consumazione del reato era stata espressamente posta nei motivi di appello.
La difesa, nello specifico, a fronte della sopravvenuta modifica normativa in peius aveva richiesto di accertare la data di cessazione della permanenza, evidenziando che benchØ la contestazione fosse c.d. chiusa al settembre 2015, tale data era prossima all’entrata in vigore della l. 69 del 2015 e non erano emersi elementi a carico degli imputati nel periodo successivo al marzo 2015.
In ordine a tale punto, espressamente dedotto, la motivazione del provvedimento impugnato Ł del tutto inesistente e questo, considerato che l’individuazione della data di cessazione della permanenza Ł determinante al fine di individuare il trattamento sanzionatorio da cui prendere le mosse, impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata affinchØ la Corte di appello di Reggio Calabria, libera nell’esito, proceda a un nuovo giudizio sul punto (Sez. 2, n. 34126 del 05/06/2024, Pg, Rv. 286921 – 01, non massimata sul punto; Sez. 2, n. 37104 del 13/06/2023, COGNOME, Rv. 285414 – 01; Sez. 2, n. 1688 del 26/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282516 – 03)
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME Ł fondato nei termini che seguono.
7.1. Nel primo motivo la difesa deduce la violazione di legge in relazione all’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. quanto alla sussunzione dei fatti accertati nella fattispecie astratta di cui all’art. 416bis cod. pen. evidenziando che il giudice di rinvio, limitandosi a ripetere solo in termini quantitativamente piø estesi i medesimi elementi già posti a fondamento della decisione annullata, non si sarebbe conformata a quanto richiesto dalla sentenza rescindente, che sarebbe stata pronunciata per violazione di legge.
Nel secondo, terzo e quarto motivo, conseguenziali al primo, la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, 546, comma 1, lett. e), 603 e 627, comma 3, cod. proc. pen. evidenziando che la Corte territoriale, considerando i medesimi elementi già ritenuti insufficienti nella sentenza di annullamento, non si sarebbe conformata a quanto richiesto nella decisione rescindente e ciò omettendo: a) di considerare e valutare le dichiarazioni rese dai collaboratori Costa e Oppedisano le cui propalazioni sarebbero decisive, b) di verificare la consistenza degli elementi emersi a carico del ricorrente quanto alla partecipazione del ricorrente al sodalizio mafioso, c) di valutare le
prove decisive di significato contrario prodotte dalla difesa.
Le doglianze sono infondate.
7.1.1. Il presupposto dal quale prende le mosse la difesa, che l’annullamento sia stato disposto dalla Corte di cassazione per violazione di legge e che, pertanto, il giudice di rinvio era in qualche modo vincolato all’accertamento in fatto in precedenza effettuato, non Ł condivisibile.
Nelle pagine 78 e 79 che si riferiscono a NOME COGNOME infatti, la Corte di cassazione si limita a rilevare che dalla motivazione della sentenza allora impugnata non risultava ‘ alcun contributo alla conservazione o al rafforzamento della consorteria ‘ndranghetistica ‘ e a ribadire che la ‘ mera contiguità compiacente ‘ non Ł sufficiente a integrare la condotta di partecipazione all’associazione di tipo mafioso.
Con tali locuzioni, quindi, il giudice dell’annullamento ha evidentemente inteso stigmatizzare la carenza, qualitativa e quantitativa, della motivazione in ordine al contribuito partecipativo fornito dal ricorrente all’associazione senza che questo comportasse alcuna preclusione alla successiva e ulteriore valutazione demandata al giudice di rinvio che, pertanto, per le ragioni esposte in precedenza sub 3, era investito del pieno potere di cognizione e poteva conseguentemente rivalutare le prove, apprezzando il fatto in totale autonomia di giudizio e che poteva, all’esito di una compiuta rivisitazione di esso, anche addivenire alla medesima conclusione cui era pervenuto il precedente giudice di merito, salvo il limite di motivare il proprio convincimento sulla base di argomentazioni diverse da quelle ritenute illogiche o carenti in sedi di legittimità.
7.1.2. La Corte territoriale ha dimostrato di avere preso atto delle ragioni dell’annullamento e in relazione a NOME COGNOME ha reso una motivazione priva delle lacune in precedenza evidenziate.
Con gli specifici e puntuali riferimenti alle frasi e al contenuto delle intercettazioni, infatti, il giudice di rinvio ha ora dato sostanza e consistenza alla motivazione resa quanto alla condotta partecipativa, coerentemente indicata come attiva e dinamica, tenuta da ricorrente.
Ciò evidenziando che lo stesso, in un periodo e riguardo a una situazione di delicata fibrillazione dei rapporti tra gli associati ‘canadesi’ e quelli ‘calabresi’, ha svolto un delicatissimo ruolo di raccordo partecipando alla conoscenza di quanto accaduto e delle contestazioni che venivano sollevate a ‘NOME di Grazia’ (NOME COGNOME cl. 48), raccogliendo le giustificazioni dello stesso e, anche e direttamente, dando consigli e indicazioni circa i comportamenti da seguire (come ad esempio proporre di accompagnare lo ‘ Scelto ‘ da ‘ NOME ‘, cfr. pag. 44 della sentenza impugnata), tanto da essere pacificamente riconosciuto come latore di ambasciate e componente della famiglia dagli altri sodali (cfr. pag. 40 della sentenza impugnata nella quale NOME COGNOME cl. 48 si rivolge al ricorrente e, paventandogli il rischio che potesse scatenarsi un conflitto armato, utilizza parole razionalmente ritenute inequivoche dalla sentenza impugnata, quanto alla sua appartenenza associativa: ‘ Lì si spareranno Vì … li se non state attenti e vedete cosa dovete fare … ‘) e da affermarlo direttamente (cfr. pag. 45 della sentenza impugnata dove Ł riportata la frase nel quale lo stesso ricorrente afferma ‘ per me NOME Ł ‘FAMIGLIA ‘).
Sotto tale profilo, pertanto, la motivazione esposta dal giudice di rinvio rende conto dell’analitica valutazione delle prove effettuata a fronte del dictum della sentenza rescindente cui questa ha adempiuto in termini esaustivi evidenziando, anche da ultimo nella sintesi contenuta nelle pagine da 100 a 102, come la condotta del ricorrente sia caratterizzata da un contributo concreto e finalizzato alla conservazione a al rafforzamento della consorteria in un
delicato momento di fibrillazione, per cui la decisione Ł conforme ai principi indicati dalla giurisprudenza di legittimità ai fini dell’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen.
7.1.3. A fronte della motivazione ora puntualmente resa in ordine alle condotte sussumibili nella ipotesi di reato di reato contestata nel capo 30 di imputazione la mancanza di uno specifico riferimento alle dichiarazioni dei collaboratori Costa e Oppedisano Ł da ritenersi ininfluente.
Le generiche informazioni fornite dai due collaboratori -che non hanno riferito nulla di specifico quanto alla persona del ricorrente limitandosi a dare conto della presenza di una famiglia COGNOME in Canada che non aveva nulla a che spartire con la ‘ndrangheta – non assumono infatti alcuna valenza destrutturante della conclusione cui Ł pervenuto il giudice di rinvio che, come detto, risulta essere solidamente fondata su di una lettura logica e coerente del contenuto delle conversazioni che hanno consentito di delineare in termini specifici la condotta partecipativa di NOME COGNOME.
7.1.4. Ad analoghe conclusioni si deve pervenire quanto alla rilevata carenza della motivazione in merito alle prove decisive segnalate dalla difesa.
Gli elementi indicati nell’atto di ricorso -come ad esempio il fatto che l’incontro con NOME sarebbe stato occasionale, che le conversazioni utili sarebbero concentrate in soli tre giorni su centosessanta di attività di intercettazione e che il ricorrente aveva sempre avuto un atteggiamento di ritrosia rispetto al ‘malaffare’- non valorizzano aspetti decisivi idonei a superare e scalfire la logicità e la coerenza del percorso giustificativo seguito nella motivazione della sentenza impugnata.
Ciò anche considerato, d’altro canto, che il giudice d’appello non Ł tenuto a prendere in considerazione ogni argomentazione proposta dalle parti, essendo sufficiente che egli indichi, come puntualmente fatto nel caso di specie, le ragioni che sorreggono la decisione adottata, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nØ l’ipotizzabilità di una diversa valutazione delle medesime risultanze processuali costituisce vizio di motivazione, valutabile in sede di legittimità (così Sez. 5, n. 7588 del 06/05/1999, Duri, Rv. 213630 – 01 con principio sempre costantemente ribadito nella giurisprudenza di legittimità successiva).
7.2. Nel quinto motivo, ulteriormente approfondito con i motivi nuovi, la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento agli artt. 62bis , 133 e 416bis , cod. pen. rilevando che la Corte territoriale avrebbe erroneamente quantificato la pena facendo riferimento ai limiti edittali previsti dalla l. 69 del 2015 piuttosto che quelli in vigore sino al giugno 2015.
La doglianza Ł fondata per le medesime ragioni esposte sub 6.2 per cui, anche con riferimento a NOME COGNOME la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Reggio Calabria.
7.3. Il sesto motivo riguardando il mancato riconoscimento delle circostanze generiche, punto della decisione logicamente dipendente da quello oggetto di annullamento, Ł assorbito.
I ricorsi proposti negli interessi di NOME COGNOME e NOME COGNOME sono fondati.
8.1. Nel primo comune motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 416bis , commi primo, secondo e quarto, cod. pen. e 192, commi 2 e 3, 546, comma 1, lett. e), 238, comma 2-bis, 238bis , 627, comma 3, 530 e 533, comma 1, cod. proc. pen. rilevando che la Corte territoriale, facendo riferimento alle
trascrizioni delle conversazioni intercettate e alle annotazioni della polizia giudiziaria e ai commenti in questi inseriti, avrebbe di fatto omesso di adempiere alla sentenza rescindente in ordine alle criticità rilevate sia in ordine alla identificazione dei due ricorrenti che alla ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del reato.
La doglianza Ł fondata quanto alla carenza di motivazione in merito alla identificazione dei ricorrenti nelle persone citata come ‘ NOME ‘, ‘ NOME ‘ o i ‘ Briganti ‘ da NOME COGNOME e NOME COGNOME nelle conversazioni intercettate.
8.1.1. La sentenza rescindente, anche trascrivendo la precedente pronuncia emessa dalla Corte di cassazione in sede cautelare, nelle pagine da 87 a 89, ha evidenziato che la motivazione posta a sostegno della identificazione dei due ricorrenti -fondata sulla partecipazione degli stessi al funerale di Verduci, sulle affermazioni contenute nella sentenza emessa dal Tribunale di Locri del 2014 che avrebbe accertato l’appartenenza dei COGNOME, noti come ‘ i Briganti ‘, al c.d. ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, nonchØ sulla improbabilità statistica di un riferimento reiterato a entrambi i nomi nello stesso contesto di tempo e luogoera priva di effettiva consistenza e ciò anche considerato che: a) il riferimento al presunto incontro che sarebbe avvenuto tra NOME COGNOME e NOME COGNOME era incompatibile con il fatto che uno si trovata in Canada e l’altro in Olanda e, ancora, b) il riferimento alla scarsa riservatezza che i germani COGNOME avrebbero avuto in carcere era contraddetto dal fatto che NOME Ł incensurato e la detenzione di NOME Ł cessata nel 1992.
8.1.2. Il provvedimento impugnato sul punto:
-a pagina 76 e seguenti, nella parte 2.1.3.3. ‘ I precedenti giudiziari e dei ‘Briganti’ e di Francu ‘u COGNOME‘ , afferma che l’impegno circa l’identificazione può ritenersi agevolato dal fatto che la sentenza c.d. Crimine Ł divenuta irrevocabile e che questa, che pure aveva recepito il contenuto di altre sentenze passate in giudicato, assume rilievo ai sensi dell’art. 238bis cod. proc. pen. per cui sarebbe sufficiente fare riferimento a uno stralcio della stessa: ‘ Secondo quanto emerso in quelle indagini, a realizzare la strategia di rivalsa dei COGNOME era stato un agguerrito gruppo di fuoco capeggiato da NOME COGNOME (cl. ’25) e composto da NOME COGNOME (cl. ’68), alias NOME, dai fratelli NOME (cl. ’62) e NOME (cl. ’65) Figliomeni, detti i ‘briganti’, da NOME COGNOME (cl. ’70), da NOME COGNOME (cl. ’62), alias NOME, da NOME COGNOME (cl. ’62) e altri ‘ (così il punto relativo ai NOME a pag. 78);
-a pagina 92, nella parte 2.1.3.4.3.2. ‘ I fratelli COGNOME, detti i Briganti ‘, per l’identificazione rinvia al 2.2.3.3.;
-da pagina 102, nella parte 2.1.3.4.4. Le considerazioni finali e, nello specifico, da pag. 103, parte 2.1.3.4.4.2, evidenzia che l’identificazione Ł data per pacifica sulla base delle considerazioni già espresse a pag. 78 e poi perchØ secondo una informativa della Polizia di Stato i due imputati avevano ereditato lo pseudonimo dal padre, erano così indicati nella sentenza c.d. Crimine e, comunque, che, diversamente da quanto indicato dalla Corte di cassazione, la circostanza dell’incontro tra NOME COGNOME e NOME COGNOME poteva essere considerata in quanto tra la conversazione e l’ipotizzato incontro erano trascorse circa ventiquattro ore e questo tempo era compatibile per raggiungere il Canada dall’Olanda.
8.1.3. Tale motivazione non contiene una adeguata e coerente risposta alle ragioni esposte nella sentenza di annullamento.
In sintesi.
a) L’affermazione incidentale contenuta nella sentenza c.d. Crimine, in assenza di una specifica e attenta valutazione, quanto al percorso logico seguito dal giudice e di un’analisi degli elementi di prova posti a sostegno della stessa, non può da sola e di per sØ
essere ritenuta sufficiente a dare per dimostrato che i fratelli COGNOME erano soprannominati i ‘ Briganti ‘.
La sentenza acquista ai sensi dell’art. 238bis cod. proc. pen., infatti, non Ł vincolante in merito ai fatti e alle affermazioni in questa esposte per cui il giudice di merito conserva, in ordine ai fatti e ai relativi giudizi contenuti nei passaggi argomentativi della motivazione di tale sentenza, l’autonomia e la libertà delle operazioni logiche di accertamento e formulazione di giudizio a lui istituzionalmente riservate (così Sez. 4, n. 10103 del 01/02/2023, De, Rv. 284130 – 01 e Sez. 4, n. 12175 del 03/11/2016, dep. 2017, P.c. in proc. COGNOME e altri, Rv. 270384 – 01 alle considerazioni della quale si rinvia).
Ciò, peraltro, soprattutto, quando l’imputato non abbia partecipato al processo all’esito del quale Ł stata pronunciata la sentenza per cui -esclusa la previsione di cui all’art. 238, comma 2bis , cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 41766 del 13/06/2017, COGNOME, Rv. 271096 01; Sez. 4, n. 12175 del 03/11/2016, dep. 2017, P.c. in proc. COGNOME e altri, Rv. 270384 01; Sez. 5, n. 36080 del 27/03/2015 – dep. 07/09/2015, COGNOME e altri, Rv. 264862 – 01; Sez. 1, n. 11488 del 16/03/2010, COGNOME, Rv. 246778 – 01; Sez. 6, n. 1269 del 04/12/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv. 229996 – 01)- il giudice Ł tenuto esporre le ragioni per le quali ha condiviso la conclusione circa il fatto da accertare e, soprattutto, a dare conto di avere verificato le fonti probatorie e la tenuta dei singoli passaggi logici relativi alla valutazione delle prove che la sostengono.
Questa, d’altro canto, era la specifica richiesta della sentenza rescindente (‘ nell’occasione viene menzionato il fatto che gli stessi sarebbero noti, per l’appunto, come ‘i Briganti’, ma non Ł precisato se tale ultimo dato sia stato ricavato dalla suddetta pronunzia e comunque quale sarebbe la fonte probatoria ‘, pag. 89 della sentenza di annullamento) cui il giudice di rinvio ha omesso di adempiere.
La partecipazione ai funerali di Verduci Ł un dato che Ł stato già ritenuto neutro dalla Corte di cassazione in merito al quale il giudice di rinvio non ha aggiunto alcun elemento o considerazione.
L’argomento utilizzato per superare la censura per cui la circostanza del presunto incontro sarebbe incompatibile con la distanza che intercorre tra il Canada e l’Olanda Ł formulato in termini astratti e ipotetici e la conclusione sul punto Ł pertanto apodittica.
L’argomento della improbabilità statistica di un riferimento reiterato ai due germani, già ritenuto non assorbente nella sentenza di annullamento, non Ł stato verificato dalla Corte territoriale, che ciò era chiamata a fare tenendo conto delle contraddizioni evidenziate a pag. 89 in merito alla presunta scarsa riservatezza dei ricorrenti nei periodi di detenzione.
8.1.4. Le ragioni esposte impongono l’annullamento della sentenza con rinvio quanto alla dichiarazione di responsabilità dei ricorrenti per il reato di cui al capo di imputazione 30) affinchØ la Corte di appello di Reggio Calabria, attenendosi ai principi esposti e libera nell’esito, proceda a un nuovo giudizio sul punto
8.1.5. Le ulteriori censure contenute nel medesimo motivo di ricorso sono assorbite.
8.2. Alle medesime conclusioni si deve pervenire con riferimento alle censure esposte nel secondo comune motivo, nel quale la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, 546, e 192 cod. proc. pen. con riferimento agli artt. 110 e 648 cod. pen. oggetto del reato di cui al capo 31).
Anche in questo caso, infatti, il presupposto dell’affermazione di responsabilità Ł costituito dalla identificazione dei due ricorrenti nelle persone citate da NOME COGNOME nel corso delle conversazioni intercettate.
Ragione questa per la quale, ritenuto per le ragioni sopra esposte che la motivazione sul punto sia carente, si impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata anche in ordine al capo 31, la ricettazione della cioccolata Lindt, affinchØ la Corte di appello di Reggio Calabria, attenendosi ai principi indicati e libera nell’esito, proceda a un nuovo giudizio.
8.3. Il terzo motivo, nel quale si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e quanto alla determinazione della pena, riguardando il trattamento sanzionatorio, punto della decisione logicamente dipendente da quello oggetto di annullamento, Ł assorbito.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME Ł fondato nei termini che seguono.
9.1. Nel primo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 627, comma 3, e 192, comma 2, cod. proc. pen. con riferimento al reato ex art. 416bis cod. pen. di cui al capo 30 rilevando che la conclusione cui Ł pervenuta la Corte territoriale non avrebbe superato la rilevata inconsistenza della motivazione della sentenza annullata.
La doglianza Ł fondata.
9.1.1. La Corte di cassazione, respinto il ricorso proposto dal medesimo ricorrente quanto al capo 1, la partecipazione all’associazione dedita al narcotraffico, ha ribadito che tale reato può concorrere con quello di cui all’art. 416bis cod. pen.
A tal fine, però, ha evidenziato che l’affermazione di responsabilità deve essere motivata in riferimento alla condotta partecipativa a ognuno dei due reati senza che sia possibile ricorrere a semplificazioni ovvero a un ‘ non consentito automatismo dimostrativo ‘.
Nel caso di esame, quindi, ha espressamente rilevato che non erano emersi elementi tali da poter ritenere giustificata l’affermazione di responsabilità in merito alla sussistenza della condotta di partecipazione di NOME COGNOME al diverso e autonomo sodalizio mafioso di cui al capo 30 (cfr. pagine 92 e 93 della sentenza di annullamento).
Nello specifico la Corte ha evidenziato, con ciò richiedendo al giudice di rinvio un ulteriore approfondimento sul punto e di esporre un diverso percorso giustificativo, che non rilevano quale prova di un contributo efficace e causale:
-le pressioni per la partecipazione ai funerali di NOME COGNOME;
-la partecipazione alla spedizione punitiva alla quale avrebbe partecipato anche ‘ NOME ‘, senza che sia certa l’individuazione di tale soggetto nel ricorrente e le finalità della stessa ‘ spedizione ‘.
Ciò pure considerato che il collaboratore COGNOME non Ł stato in grado di riferire alcunchØ in merito all’appartenenza dell’imputato alla ‘ndrangheta .
9.1.2. La sentenza impugnata, ripercorrendo i medesimi elementi già ritenuti insufficienti nella sentenza rescindente, ha omesso di adempiere al dictum di questa Corte.
Nella motivazione resa con riferimento a NOME COGNOME infatti, il giudice di rinvio si limita a ripetere i medesimi argomenti che erano stati ritenuti privi di effettivo e decisivo rilievo rappresentativo.
Nello specifico:
Le dichiarazioni di COGNOME, sicuramente attendibili e riscontrate quanto alla partecipazione del ricorrente all’associazione di cui all’art. 74 d.PR. 309 del 1990, sono nella sostanza neutre in merito alla partecipazione dello stesso al diverso e autonomo sodalizio mafioso nØ tale carenza, espressamente stigmatizzata dalla Corte di cassazione, può essere superata ribadendo il giudizio di attendibilità intrinseca ed estrinseca di COGNOME con
riferimento al narcotraffico, che non era piø oggetto del processo essendo divenuta irrevocabile la statuizione sul punto (pagine da 109 a 112 della sentenza impugnata). Ciò anche evidenziando che la conoscenza e vicinanza di COGNOME NOME a NOME COGNOME, benchØ pacificamente assodata, non Ł da sola sufficiente a dare conto dell’appartenenza dell’imputato all’associazione.
L’argomento che indica quale elemento significativo la ritenuta partecipazione dell’imputato al pestaggio organizzato da NOME COGNOME -al di là della piø attenta descrizione delle modalità e delle cause che lo avrebbero determinato- Ł stato già indicato come irrilevante nella sentenza di annullamento e tale giudizio, in assenza di una effettiva identificazione del ‘ Nicola ‘ nel ricorrente e, soprattutto, senza che sia stato meglio specificato per quale motivo la mera e inattiva presenza al fatto sarebbe significativa ai fini della ritenuta appartenenza al sodalizio mafioso, non può che essere confermato.
Il riferimento alle pressioni per far partecipare persone ai funerali di Oppedisano, anche questo in assenza di ulteriori specificazioni e spiegazioni, si pone in contraddizione con il dictum contenuto nella sentenza di annullamento e non Ł pertanto idoneo a superare la lacuna motivazionale già riscontrata.
L’argomento ulteriore, apparentemente nuovo, il fatto, cioŁ, che il ricorrente si sarebbe adoperato per sostenere e finanziare la detenzione di NOME COGNOME, non Ł da solo significativo a fondare l’affermazione di responsabilità. Questa circostanza, infatti, pure dimostrata, Ł coerente con la comune partecipazione dei due soggetti all’associazione dedita al narcotraffico e, in assenza di specifici elementi in tal senso, non consente di inferire che tale condotta sia rappresentativa della partecipazione del ricorrente anchealla diversa associazione di tipo mafioso.
9.1.3. Le ragioni esposte impongono di annullare la sentenza impugnata con rinvio quanto alla dichiarazione di responsabilità del ricorrente per il reato di cui al capo di imputazione 30 affinchØ la Corte di appello di Reggio Calabria, attenendosi ai principi esposti e libera nell’esito, proceda a un nuovo giudizio sul punto
9.2. La doglianza oggetto del secondo motivo, nel quale la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 416bis , comma quarto, cod. pen., Ł assorbita nell’annullamento.
9.3. Le doglianze contenute nel terzo motivo e nel quarto motivo -nei quali la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle aggravanti di cui agli artt. 416bis .1 cod. pen. e 74, comma 4, d.P.R. 309 del 1990 con riferimento al reato ex art. 74 d.P.R. 309 del 1990 di cui al capo 1- devono ritenersi assorbite in conseguenza dell’annullamento disposto per il capo 30.
La contestazione e la ritenuta sussistenza di entrambe le circostanze aggravanti, come pure già evidenziato dalla Corte di cassazione nella sentenza di annullamento, infatti trovano fondamento e giustificazione nella partecipazione del ricorrente all’associazione di tipo mafioso.
9.5. Nel quinto e ultimo motivo, anche ribadito nei motivi nuovi depositati il 17 giugno 2025, la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento al capo 14 per violazione degli artt. 192, comma 2, cod. proc. pen. e 73 d.P.R. 309 del 1990 quanto alla ritenuta consumazione del reato contestato in assenza di prove specifiche in merito alla conclusione dell’accordo e alla effettiva spedizione della sostanza stupefacente
La doglianza Ł infondata.
La Corte territoriale, infatti, con la specifica e articolata motivazione resa da pag. 137 a pag. 158, ha in questo caso dato conto di tutti gli elementi posti a fondamento della
conclusione nei termini della conclusione dell’accordo per la importazione della sostanza stupefacente e, soprattutto, della acquisita disponibilità della stessa da parte del ricorrente per cui si deve ritenere che il giudice del rinvio ha adempiuto al mandato allo stesso conferito dalla sentenza rescindente.
In ciò, peraltro, conformandosi alla giurisprudenza di legittimità in materia per la quale «ai fini della consumazione del delitto di importazione di sostanze stupefacenti, non Ł sufficiente la mera conclusione dell’accordo fra acquirente e venditore finalizzato all’importazione, ma Ł necessario il conseguimento, da parte dell’importatore, della materiale disponibilità, anche all’estero, della sostanza e del controllo delle successive operazioni volte al trasporto e all’introduzione della stessa nel territorio nazionale (Sez. 6, n. 13083 del 21/01/2025, COGNOME, Rv. 287964 – 03; Sez. 6, n. 37350 del 10/07/2024, COGNOME, Rv. 287028 – 01; Sez. 6, n. 9854 del 14/02/2024, COGNOME, Rv. 286165 – 01; così anche Sez. 1, n. 6180 del 27/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278484 – 01 che ha ritenuto la sussistenza del tentativo solo in quanto la condotta si era arrestata a una fase antecedente all’acquisto della sostanza, cioŁ a una fase anteriore all’acquisizione della effettiva disponibilità e gestione, anche all’estero, della stessa).
NØ, infine, coglie nel segno la generica considerazione della difesa con riferimento all’assoluzione del coimputato con la formula ‘perchØ il fatto non sussiste’.
In merito a tale aspetto, infatti, si deve ribadire che nell’ipotesi di autonomi giudizi relativi ad un medesimo fatto storico, non trova applicazione il principio della pregiudizialità penale (Sez. 2, n. 38184 del 06/07/2022, Pg, Rv. 283904 – 05; Sez. 1, n. 18343 del 21/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270658 – 01), per cui anche «l’acquisizione della sentenza irrevocabile di assoluzione del coimputato del medesimo reato non vincola il giudice, che, fermo il principio del ” ne bis in idem “, può rivalutare anche il comportamento dell’assolto, al fine di accertare la sussistenza ed il grado di responsabilità dell’imputato da giudicare» (Sez. 5, n. 15 del 21/11/2019, dep. 2020, Commissione, Rv. 278389 – 01; Sez. 2, n. 9693 del 17/02/2016, De, Rv. 266656 – 01).
10. Il rigetto dei ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen. comporta la condanna degli stessi alla rifusione delle spese legali sostenute per il grado dalle parti civili costituite nei loro confronti, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria. Rigetta nel resto il ricorso del Commisso. Annulla la medesima sentenza nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria. Annulla la medesima sentenza nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente alla partecipazione al reato di cui all’art. 416bis cod. pen. e alla sussistenza delle circostanze aggravanti di cui all’art. 416bis .1 cod. pen. e all’art. 74, comma 4, D.p.r. 309 del 1990, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria. Rigetta nel resto il ricorso del medesimo COGNOME. Annulla la medesima sentenza nei confronti di COGNOME Vincenzo, in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria. Rigetta nel resto il ricorso del COGNOME. Condanna COGNOME NOME e COGNOME NOME alla rifusione delle spese sostenute nel giudizio di legittimità dalle parti civili, Città metropolitana di Reggio Calabria e Regione
Calabria, liquidate rispettivamente in euro 3.800,00 e euro 3.000,00, oltre accessori di legge. Così Ł deciso, 03/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME