Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 29120 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 29120 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME, nato a Mazara del Vallo il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/05/2023 COGNOMEa Corte d’appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le conclusioni COGNOME‘AVV_NOTAIO, difensore COGNOMEa parte civile Comune di Castelvetrano, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato e che l’imputato venga condannato alla rifusione COGNOMEe spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla suddetta parte civile, come da nota che allega;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udito l’AVV_NOTAIO, in sostituzione COGNOME‘AVV_NOTAIO, difensore del Comune di Campobello di Mazara, e COGNOME‘AVV_NOTAIO NOME COGNOME, difensore del Comune di Castelvetrano, la quale ha depositato conclusioni scritte e nota spese, COGNOMEe quali ha chiesto la liquidazione;
udito l’AVV_NOTAIO, in difesa di NOME, il quale, dopo la discussione, si è riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento;
udito l’AVV_NOTAIO, sempre in difesa di NOME, il quale, dopo la discussione, si è riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 22/05/2023, la Corte d’appello di Palermo confermava la sentenza del 15/12/2021 del Tribunale di Marsala con la quale NOME era stato condannato alla pena di 18 anni di reclusione per i reati, unificati dal vincolo COGNOMEa continuazione, di: 1) partecipazione all’RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso “RAGIONE_SOCIALE“, aggravata dall’essere l’RAGIONE_SOCIALE armata e dall’avere finanziato le attività economiche di cui gli associati intendevano assumere o mantenere il controllo con il prodotto o il profitto di delitti, di cui al ca COGNOME‘imputazione (nel quale era stato in particolare contestato al NOME di «avere diretto e controllato il settore economico COGNOME‘esercizio di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE affidando alcune COGNOMEe relative agenzie ad altri associati mafiosi; per avere destinato parte dei proventi economici COGNOMEe proprie attività RAGIONE_SOCIALEnditoriali al sostentamento COGNOMEe famiglie mafiose di Castelvetrano, di Campobello di Mazara e di Mazara del Vallo; per aver garantito il costante collegamento fra queste ultime famiglie; per aver assicurato il sostentamento di singoli associati mafiosi detenuti e, in particolare, di NOME COGNOME e di sua moglie NOME»); 2) tentata estorsione continuata e pluriaggravata (dai cosiddetti metodo mafioso e agevolazione RAGIONE_SOCIALE e dall’essere stata la violenza o minaccia posta in essere da persona che fa parte COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE di cui all’art. 416-bis cod. pen.) in concorso (con NOME COGNOME e con NOME COGNOME) a danni di NOME COGNOME, di cui al capo 2) COGNOME‘imputazione; 3) trasferimento fraudolento di valori aggravato (dalla cosiddetta agevolazione RAGIONE_SOCIALE) per avere fittiziamente attribuito a NOME COGNOME e a NOME COGNOME la titolarità COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, di cui al capo 6) COGNOME‘imputazione; 4) trasferimento fraudolento di valori per avere fittiziamente attribuito a NOME COGNOME la titolarità di una quota sociale di “RAGIONE_SOCIALE di cui al capo 7) COGNOME‘imputazione; 5) trasferimento fraudolento di valori per avere fittiziamente attribuito a NOME COGNOME la titolarità COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE individua “COGNOME NOME” avente a oggetto l’esercizio del “RAGIONE_SOCIALE” di cui al capo 8) COGNOME‘imputazione; 6) trasferimento fraudolento di valori per avere fittiziamente attribuito ad NOME COGNOME la titolarità COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE individual “RAGIONE_SOCIALE NOME” avente a oggetto l’attività di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE, di cui al capo 10) COGNOME‘imputazione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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Avverso tale sentenza del 22/05/2023 COGNOMEa Corte d’appello di Palermo, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, NOME COGNOME, affidato a dieci motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione di legge e il difetto COGNOMEa motivazione con riguardo all’attribuzione di responsabilità per il reato di partecipazione a un’RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso di cui al capo 1) COGNOME‘imputazione.
Il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Palermo avrebbe incentrato la propria motivazione sulla mafiosità COGNOMEe persone con le quali egli intratteneva rapporti e sulla pretesa mancanza di pressioni ambientali ai suoi danni, oltre che sulla suggestività di alcune condotte COGNOMEo stesso imputato (bonifica dei propri locali da microspie, utilizzo di strumenti di comunicazione difficilmente intercettabili, «atteggiamento spavaldo» nel dialogare) e sulla sua fortuna RAGIONE_SOCIALEnditoriale, finendo col trascurare la (asseritamente) dimostrata assenza di rapporti sinallagmatici di natura RAGIONE_SOCIALE che potessero avere giustificato tale fortuna RAGIONE_SOCIALEnditoriale, l’esistenza dei quali sarebbe «probatoriamente nient’affatto nitida».
Il ricorrente afferma che la Corte d’appello di Palermo avrebbe ritenuto che l’asserita mancanza di prova del dedotto «contesto di condizionamenti relazionali dei quali l’imputato fu evidentemente vittima» costituirebbe un argomento a sostegno COGNOME‘intraneità COGNOME‘imputato. Tale ragionamento sconterebbe, però, due difetti di prospettiva. Il primo sarebbe che, a parte il caso COGNOMEe dazioni di denar a NOME COGNOME e a sua moglie NOME COGNOME, quanto alle – peraltro scarse dazioni di denaro ad altri associati, l’assenza di alcuna effettiva controprestazione finirebbe col qualificarle come frutto di imposizione e non come supporto alla RAGIONE_SOCIALE. Il secondo difetto di prospettiva sarebbe che il contributo alla vita associativa, necessario per la sussistenza del reato, non potrebbe essere surrogato dall’assenza di costrizione alla dazione COGNOMEe somme, almeno fin tanto che non si dimostri, ciò che nella specie non sarebbe possibile fare, che per quantità e utilizzo le somme corrisposte siano state funzionali alla vita associativa e che di tanto chi le aveva erogate era consapevole. Insomma, il fatto COGNOMEa dazione di somme ai consociati sarebbe «neutro in assenza di dimostrazione certa COGNOMEa sua causa».
Quanto, in particolare, alle dazioni di denaro in favore di NOME COGNOME e di sua moglie NOME COGNOME, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Palermo avrebbe obliterato il dato, che era stato segnalato nel proprio atto di appello anche mediante il richiamo alle relative risultanze istruttorie, che il rapporto che lo legav alle suddette due persone era un rapporto di conoscenza risalente, dovuto anche al fatto che il proprio padre aveva tenuto a battesimo NOME COGNOME. A fronte di ciò, il curriculum criminale d NOME nulla direbbe in ordine all’animus che
era alla base COGNOMEe dazioni di denaro in suo favore. Il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Palermo avrebbe anche trascurato la censura con la quale era stato evidenziato il contenuto del proprio intercettato dialogo del 02/04/2018 con NOME COGNOME, nel corso del quale egli aveva affermato di avere erogato somme, peraltro tutt’altro che ingenti, per sola generosità.
Sempre a proposto COGNOMEe dazioni di denaro a NOME COGNOME e a sua moglie NOME COGNOME, il ricorrente contesta che la causale RAGIONE_SOCIALE COGNOMEa suddette dazioni di denaro, in luogo COGNOME‘asseritamente dimostrata spontaneità di esse per il rapporto di pregressa conoscenza, potesse essere confermata dai fatti che: a) egli NOME vantato le stesse dazioni con NOME COGNOME, atteso anche che, con tale vanteria, egli intendeva semmai contenere eventuali pretese economiche del COGNOME; b) egli effettuasse dazioni di denaro anche a NOME COGNOME; c) la dazione di denaro ai carcerati costituisse ordinariamente appannaggio dei sodali.
Nel rappresentare che, se la propria partecipazione alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avveniva tramite esborsi ai sodali di denaro proveniente dalla propria attività RAGIONE_SOCIALEnditoriale e se la contropartita di tali dazioni era costituita «dalla espansione protetta COGNOMEa sua intrapresa economica», diventerebbe cruciale la questione COGNOMEa qualità COGNOMEa sua RAGIONE_SOCIALE, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Palermo, pur avendo affermato che tale RAGIONE_SOCIALE non era RAGIONE_SOCIALE, anziché prenderne atto, abbia asserito il «disinvolto modo del NOME di fare RAGIONE_SOCIALE avendo a mente sempre e costantemente gli interessi dei vertici del sodalizio (e non RAGIONE_SOCIALE), ottenendo una certa protezione e ricambiando l’assetto favorevole dei suoi interessi con lauti e costanti apporti». A tale proposito, il ricorrente contesta ch «avere bene in mente gli interessi dei vertici del sodalizio non equivale né ad avere in mente gli interessi del sodalizio in sé né operare per realizzarli». Inoltre, no sarebbe possibile «assegnare a sintagmi sfuocati», quale «ottenendo una certa protezione», e ad affermazioni errate in fatto, quale «lauti e costanti apporti», i compito di dimostrare quanto è necessario per pervenire a una pronuncia di condanna.
Il tema in questione, che il ricorrente ritiene cruciale, non sarebbe adeguatamente trattato dalla Corte d’appello di Palermo, tenuto conto anche del fatto che la propria difesa aveva sostenuto che, a parte le dazioni di denaro a NOME COGNOME e a NOME COGNOME, quelle in favore di NOME COGNOME, come pure le altre, erano frutto di coazione ambientale alla quale egli aveva ceduto per timore di ritorsioni.
Il NOME lamenta poi che, a fronte COGNOMEa contestazione, contenuta nel capo d’imputazione, di «aver diretto e controllato il settore economico COGNOME‘esercizio dei RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE affidando alcune COGNOMEe relative agenzie ad altri associati mafiosi», la Corte d’appello avrebbe accertato che «la genesi COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE del
NOME e le risorse fruite per la sua gestione non hanno a che spartire col malaffare, ad esso non dovendo alcun riconoscimento e avendolo semmai alimentato» (così il ricorso), sicché egli «da sodale incaricato di gestire il setto economico COGNOMEe RAGIONE_SOCIALE riferibile direttamente alla RAGIONE_SOCIALE secondo l’imputazione, diventa RAGIONE_SOCIALEnditore RAGIONE_SOCIALEnomo che mette a servizio dei sodali il frutto del suo onesto lavoro», con il conseguente dubbio in ordine alla correlazione tra imputazione contestata e sentenza, ai sensi COGNOME‘art. 521 cod. proc. pen.
Con riguardo al suo ritenuto ruolo di finanziatore di sodali, il ricorrent rappresenta che esso non si spiegherebbe alla luce del fatto che degli esborsi da lui effettuati si desse notizia tra gli stessi sodali come un fatto non ordinario. NOME asserisce che, secondo la Corte d’appello di Palermo, egli non sarebbe un finanziatore ma «un soggetto che ha acquisito spazio di manovra, foraggiando alcuni sodali con essi evidentemente con loro sceso a patti».
Ciò sarebbe però smentito, anzitutto, dalla vicenda relativa all’RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, rispetto alla quale la Corte d’appello di Palermo avrebbe affermato che, attraverso l’imputato, NOME COGNOME partecipava agli utili COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE, alla quale lo stesso imputato prendeva occultamente parte. La stessa Corte d’appello, tuttavia, avrebbe obliterato il dato che la suddetta RAGIONE_SOCIALE non RAGIONE_SOCIALE non aveva prodotto utili ma era stata sempre in perdita sino al suo sequestro, con la conseguenza che diverrebbe evidente che la somma che era sborsata mensilmente dal NOME NOME‘NOME (€ 500,00 per tre mesi) costituiva non una partecipazione agli utili COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE ma il frutto di un’imposizione, per effett COGNOME‘intimidazione, ancorché non espressa, subita dal NOME.
Allo stesso modo, l’apertura, pure in perdita, di una sala RAGIONE_SOCIALE per il protetto di NOME COGNOME,NOME COGNOME, rafforzerebbe la tesi che il NOME «subisce piuttosto che partecipare». A tale proposito, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Palermo, dopo avere affermato una relazione mutualistica tra sé e l’COGNOME, la quale lo avrebbe indotto ad aprire la sala RAGIONE_SOCIALE al COGNOME, «manca poi di declinare in concreto quale sarebbe l’utilità finale che l’RAGIONE_SOCIALEnditore riceva da questo rapporto, che rimane agganciata a opache diciture evocative del malaffare (espansione territoriale, protezione e via dicendo) mai corredate di dati concreti a supporto». Il ricorrente deduce che, in realtà: a) da un lato, con riguardo all’aiuto in favore del COGNOME, «nemmeno si allega quale sarebbe stata l’efficacia mutualistico-associativa del gesto, che sembra dunque restare confinato nell’interesse personale di COGNOME»; b) dall’altro lato, il richiamo rivolto dal COGNOME ad NOME COGNOME, cognato COGNOME, che questi si attivasse affinché il COGNOME pagasse il dovuto, escluderebbe la condotta associativa, atteso che «cade per questa via l’idea di qualsiasi contropartita consortile» e che, d’altro canto, non si comprenderebbe come sia possibile che il COGNOME, raccomandato
dall’COGNOME, non sapesse già «di dovere rispettare il sodale NOME, onorando il suo debito senza necessità di interventi di sorta».
Inoltre, il fatto che il NOME si lamenti COGNOMEa frequenza e COGNOME‘entità de pretese di NOME COGNOME con altri interlocutori ma mai direttamente con lo stesso COGNOME: da un lato, dimostrerebbe che il NOME, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello di Palermo, non RAGIONE_SOCIALE non aveva un rapporto paritario con l’COGNOME ma, piuttosto, lo temeva; dall’altro lato, escluderebbe qualsiasi «schema mutualistico, né tanto meno volontario», in presenza del quale i termini COGNOME‘apporto dovuto sarebbero chiari, né vi sarebbe ragione per un sodale di lamentarsi COGNOMEe pretese COGNOME‘altro.
Il ricorrente lamenta infine che la Corte d’appello di Palermo avrebbe pretermesso due aspetti, che erano stati segnalati nel proprio atto di appello, che emergevano dall’intercettata conversazione che egli intrattenne con l’COGNOME e che è riportata alle pagg. 36-42 COGNOMEa sentenza impugnata. Il primo è che la ragione per la quale l’COGNOME interloquì con il NOME era costituita dall necessità del primo di chiedere al secondo un prestito di C 150,00 per pagare una visita medica. Il secondo è che COGNOME non era un sodale ma, in base a pronunce non definitive, un concorrente esterno.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e illogicità COGNOMEa motivazione, anche rispetto ai criteri dettati dall’art. 192, commi 2 e 3, cod. proc pen., con riguardo alla prova COGNOMEa condotta di partecipazione all’RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso “RAGIONE_SOCIALE” «attraverso l’instaurazione di legami economici ed RAGIONE_SOCIALEnditoriali con COGNOME NOME, in relazione al mandamento di Mazara del Vallo», con travisamento COGNOMEa prova «per soppressione» e violazione del principio COGNOME‘«al di là di ogni ragionevole dubbio» di cui all’art. 533 cod. proc. pen., nonché del contenuto COGNOME‘art. 546, comma 1, lett. e), COGNOMEo stesso codice. Principio e contenuto che sarebbero stati violati per avere la Corte d’appello di Palermo omesso di rispondere a decisive deduzioni difensive, in quanto incidenti sulla tenuta COGNOMEa prova costituita dal contenuto COGNOMEe intercettazioni, nonché di esaminare i documenti «e i progressivi» che erano stati offerti dalla stessa difesa nell’atto di appello.
Il ricorrente lamenta anzitutto che la Corte d’appello di Palermo, alla pag. 43 COGNOMEa sentenza impugnata, avrebbe fatto assurgere a fondamento COGNOMEa caratura criminale di NOME COGNOME, COGNOMEa quale il NOME sarebbe stato consapevole, la deposizione del testimone COGNOMEa polizia giudiziaria COGNOME e le considerazioni di questi relative al materiale probatorio di un altro procedimento penale ancora sub iudice (quello scaturito dall’operazione cosiddetta “Annozero”).
Il ricorrente passa quindi in rassegna il contenuto COGNOMEe intercettazioni che è stato valorizzato dalla Corte d’appello di Palermo al fine di confermare l’ipotesi accusatoria COGNOMEa sua partecipazione al mandamento di Mazara del Vallo.
Quanto al contenuto COGNOMEa conversazione tra il NOME, sua moglie NOME COGNOME e NOME COGNOME, captato il 19/04/2018 all’interno COGNOME‘RAGIONE_SOCIALEvettura del NOME (pagg. 43-46 COGNOMEa sentenza impugnata), dal quale la Corte d’appello ha tratto che l’imputato non RAGIONE_SOCIALE conosceva NOME COGNOME ma ne conosceva anche «la caratura criminale» (pag. 44 COGNOMEa sentenza impugnata), il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Palermo non si sarebbe confrontata con l’argomento difensivo che il COGNOME aveva comunicato al NOME la propria preoccupazione di essere arrestato in relazione alle accuse di omicidio di NOME COGNOME, sicché costituirebbe un salto logico dedurre da tale comunicazione che il NOME «conoscesse soprattutto la caratura criminale» del COGNOME e le dinamiche associative. La Corte d’appello di Palermo avrebbe poi trascurato di confrontarsi con la risposta negativa «nzù», espressione siciliana che indica un no secco, che l’imputato aveva dato alla domanda, che gli era stata rivolta dal COGNOME, se conoscesse NOME COGNOME e NOME COGNOME, che l’articolo di giornale definiva come i più stretti collaboratori del COGNOME e che sarebbero invece stati anch’essi indebitamente associati al NOME.
Sempre a proposito del contenuto COGNOMEa suindicata conversazione del 19/04/2018, con riguardo alla valenza attribuita dalla Corte d’appello di Palermo al riferimento operato dal NOME a NOME COGNOME, per cui lo stesso NOME avrebbe confermato che il COGNOME aveva ricevuto l’investitura dal COGNOME (pag. 44 COGNOMEa sentenza impugnata), trovando così conferma la sua conoscenza COGNOMEe dinamiche COGNOMEa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il ricorrente deduce che, nel proprio atto di appello, aveva segnalato sia che il riferimento al COGNOME fu fatto dal NOME dopo che il COGNOME aveva letto il nominativo del COGNOME sul giornale sia che, subito dopo, nella stessa conversazione, il NOME aveva manifestato la sua convinzione circa l’estraneità del COGNOME da qualsivoglia dinamica criminale riconducibile al noto capoRAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME.
Il ricorrente contesta poi le affermazioni fatte dalla Corte d’appello di Palermo nel primo e nel quarto capoverso COGNOMEa pag. 46 COGNOMEa sentenza impugnata. Il ricorrente lamenta che la stessa Corte d’appello: a) nel fare riferimento a «dazioni di danaro nei confronti del COGNOME, affatto modeste», avrebbe omesso di riferire quali e quante sarebbero state tali dazioni e quale ne sarebbero stati gli importi; b) non avrebbe spiegato da quali elementi avrebbe tratto la prova che l’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE non operava lecitamente ma sotto l’egida RAGIONE_SOCIALE del mandamento di Castelvetrano – avendo, per di più, la stessa Corte d’appello, dato atto di come l’RAGIONE_SOCIALE del NOME non NOME «una genesi RAGIONE_SOCIALE» (pag. 24 COGNOMEa sentenza
impugnata) – né perché fosse da escludere un’espansione lecita degli affari del NOME «senza il placet del responsabile» del mandamento di Mazara del Vallo.
Il ricorrente contesta poi: a) l’affermazione fatta dalla Corte d’appello d Palermo nel primo capoverso COGNOMEa pag. 47 COGNOMEa sentenza impugnata, rappresentando che la Corte d’appello muove sempre dalla RAGIONE_SOCIALE presunta riferibilità di “RAGIONE_SOCIALE al NOME; b) quanto al conten COGNOME‘intercettata conversazione del 20/09/2017 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME (pag. 47 COGNOMEa sentenza impugnata), che la Corte d’appello di Palermo non indica alcun elemento probatorio dal quale si possa ricavare che il NOME fosse anche RAGIONE_SOCIALE edotto COGNOME‘oggetto COGNOMEa conversazione tra i due interlocutori e che il termine siciliano “picciotti” identifica anche, più comunemente, i lavoratori; c) i passaggi COGNOMEa sentenza impugnata (alle pagg. 47-48) nei quali si afferma che i comprovati incontri tra NOME COGNOME e NOME COGNOME (zio del NOME e dipendente di “RAGIONE_SOCIALE) avevano a oggetto la consegna di denaro da parte del COGNOME al COGNOME e che le consegne di denaro da parte del COGNOME al COGNOME erano avvenute dopo gli incontri tra lo stesso COGNOME e il COGNOME non recano alcun riferimento a un coinvolgimento del NOME e a una riferibilità allo stesso sia COGNOME‘oggetto degli incontri tra il COGNOME e il COGNOME sia allo scambio di denaro tra il COGNOME e il Buff d) con riguardo alle altre conversazioni intercettate dalle quali, secondo la Corte d’appello di Palermo, si trarrebbe che fosse il COGNOME a erogare le menzionate somme di denaro (pag. 48 COGNOMEa sentenza impugnata), che: d.1) quanto alla conversazione del 16/10/2017 tra il COGNOME e il COGNOME, che nessun riferimento al NOME era dato cogliere nel relativo passaggio COGNOMEa motivazione e che l’affermazione fatta dalla stessa Corte d’appello di Palermo nel quarto capoverso COGNOMEa pag. 48 COGNOMEa sentenza impugnata,ometterebbe di indicare da quali elementi probatori la stessa Corte d’appello abbia tratto la convinzione che il COGNOME NOME erogato qualcosa al COGNOME e, soprattutto, che lo NOME fatto perché gli era stato comandato dal NOME o lo aveva con lui concordato; d.2) quanto alla conversazione del 23/10/2017 sempre tra il COGNOME e il COGNOME, dalla quale la Corte d’appello di Palermo ha tratto conferma che l’erogatore COGNOMEe somme fosse il NOME, che la stessa Corte d’appello non avrebbe fornito alcun fondamento probatorio a sostegno del proprio assunto che il “ragioniere”, cioè il COGNOME, fosse «un mero esecutore COGNOMEa volontà di qualcun altro, il NOME evidentemente» (pag. 49 COGNOMEa sentenza impugnata); d.3) quanto alla conversazione del 08/11/2017 sempre tra il COGNOME e il COGNOME, che la Corte d’appello di Palermo utilizza il riferimento al nome “NOMENOME NOME fini COGNOME‘identificazione COGNOMEo stesso co l’imputato, senza confrontarsi con quanto era stato dedotto nell’atto di appello nel quale era stato evidenziato come, dalla visura societaria di “RAGIONE_SOCIALE” RAGIONE_SOCIALE, risultasse che, nel 2013, affittuario del ramo di azienda era tale NOME COGNOME Corte di Cassazione – copia non ufficiale
e che in precedenza era stato amministratore COGNOMEa suddetta società tale NOME COGNOME, entrambi, perciò, a stretto contatto con il “ragioniere” NOME. Costituirebbe, pertanto, una mera «suggestione» quanto affermato dalla Corte d’appello di Palermo secondo cui «NOME rappresentava la longa manus di NOME nella propria attività prestata per conto di “RAGIONE_SOCIALE“, RAGIONE_SOCIALE formalment intestata a COGNOME ma di fatto gestita secondo le esclusive indicazioni di NOME» (pag. 49 COGNOMEa sentenza impugnata).
Con riguardo, poi, alla presentazione fatta dal COGNOME all’amico NOME che risultava dall’intercettata conversazione tra i due (pag. 49-50 COGNOMEa sentenza impugnata), il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Palermo avrebbe omesso di chiarire il collegamento tra l’essere un «uomo generoso» ed essere partecipe COGNOMEa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, mentre le affermazioni COGNOMEa stessa Corte d’appello secondo cui la frase del COGNOME «nel senso, dice: qualche cosa storta» costituirebbe riprova COGNOME‘assunzione di responsabilità da parte del COGNOME per il mantenimento del COGNOME nel caso in cui questi fosse stato arrestato nonché COGNOMEa consapevolezza, da parte COGNOMEo stesso COGNOME, COGNOMEa caratura criminale del COGNOME e del fatto che questi avrebbe potuto essere ristretto in carcere costituirebbero COGNOMEe «petizioni di principio, sganciate da qualsivoglia elemento certo o dall’analisi del contesto COGNOME‘intercettazione», nella quale, inoltre, la fra del COGNOME «e non ha il dovere di farlo» escluderebbe categoricamente qualsiasi partecipazione del NOME alle dinamiche COGNOMEa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Quanto all’ulteriore valorizzazione COGNOMEa stessa conversazione tra il COGNOME e il COGNOME operata dalla Corte d’appello di Palermo, nella parte in cui il COGNOME diceva al COGNOME, che voleva aprire un centro RAGIONE_SOCIALE, «te lo faccio aprire io» (terzo capoverso COGNOMEa pag. 51 COGNOMEa sentenza impugnata), il ricorrente lamenta che non si comprenderebbe perché la menzionata utilizzazione del plurale non si dovesse piuttosto intendere come un plurale che identifica unicamente i due interlocutori.
Quanto, ancora, all’aiuto che il COGNOME avrebbe assicurato al NOME rispetto al concorrente di questi “NOME” (pag. 52-53 e pag. 93 COGNOMEa sentenza impugnata), il ricorrente deduce che la relativa intercettazione del 17/11/2017 sarebbe del tutto priva di valenza indiziante con riguardo sia al soggetto che sarebbe stato danneggiato, sia alle modalità con le quali il COGNOME avrebbe agito in danno COGNOMEo stesso, sia all’attribuibilità COGNOME‘iniziativa all’imputato.
Il NOME contesta poi i passaggi di cui al primo, secondo e terzo capoverso COGNOMEa pag. 52 COGNOMEa sentenza impugnata. Il ricorrente lamenta che non si comprenderebbe da quale elemento sia stata tratta la prova di «un aiuto degno di nota per l’asta», atteso che il COGNOME aveva parlato esclusivamente di «un regalo a tuo padre, senza fornire alcun’altra indicazione da cui poter ricavare l’ipotizzata
cospicuità COGNOMEa dazione». La ricostruzione dei fatti offerta dalla propria difesa sarebbe suffragata anche dal contenuto COGNOME‘intercettata conversazione del 16/09/2017 tra i fratelli NOME COGNOME e NOME COGNOME, avente a oggetto anche l’argomento COGNOMEa vendita all’asta COGNOMEa casa paterna, in particolare là dove NOME COGNOME riferisce al fratello NOME: «io gli ho detto [al NOME] spero di non venirti a disturbare gli ho detto, però molto… sicuramente ce li dobbiamo fare prestare, ha detto… da chiunque».
Da altri passaggi COGNOMEa conversazione tra i due fratelli COGNOME si ricaverebbe anche che le dazioni di denaro da parte del NOME a NOME COGNOME erano dei prestiti il più COGNOMEe volte garantiti da assegni e che il COGNOME aveva l’intenzione da lui manifestata al fratello NOME, di restituire. Anche in un passaggio COGNOMEa conversazione del 19/04/2018, in particolare, in una riportata frase del NOME, si trarrebbe la pratica del cambio di assegni tra lo stesso NOME e NOME COGNOME e che le erogazioni di danaro dal primo al secondo costituivano dei prestiti.
Il ricorrente conclude asserendo l’assenza COGNOMEa motivazione in ordine alle doglianze COGNOMEa propria difesa circa: a) la mancanza di collegamento tra le eventuali dazioni di denaro da parte di NOME COGNOME in favore di NOME COGNOME e l’ipotesi che lo stesso COGNOME operasse su disposizioni o di concerto con il NOME; b) l’esiguità COGNOMEe dazioni di denaro da parte del COGNOME in favore di NOME COGNOME e la liceità di tali dazioni; c) l’insussistenza di qualsiasi collegamento tra sporadiche dazioni di denaro in favore di NOME COGNOME e il fatto che questi se ne avvantaggiasse poi per la presunta famiglia RAGIONE_SOCIALE di cui sarebbe stato il capo; d) la mancanza di prova circa la consapevolezza, in capo al NOME, COGNOMEe condotte poste in essere da NOME COGNOME dopo che il NOME gli aveva consegnato il denaro; e) l’insussistenza COGNOME‘asserito impiego COGNOMEa forza intimidatrice COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per condurre i propri affari nel marsalese, territorio nel quale, anzi, i concorrenti nel proprio settore erano aumentati e i propri introit erano diminuiti.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e illogicità COGNOMEa motivazione, anche rispetto ai criteri dettati dall’art. 192, commi 2 e 3, cod. proc. pen., con riguardo alla ritenuta esistenza di una contropartita economica data da “RAGIONE_SOCIALE» all’imputato «attraverso l’intervento di COGNOME NOME nella “RAGIONE_SOCIALE” presso il RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE», con travisamento COGNOMEa prova «per soppressione» e violazione del principio COGNOME‘«al di là di ogni ragionevole dubbio» di cui all’art. 533 cod. proc. pen., nonché del contenuto COGNOME‘art. 546, comma 1, lett. e), COGNOMEo stesso codice. Principio e contenuto che sarebbero stati violati per avere la Corte d’appello di Palermo omesso di rispondere a decisive deduzioni difensive, «incidendo in maniera evidente sulla tenuta rappresentativa
COGNOMEa prova intercettiva, costituita dall’esame dei documenti e dei progressivi offerti dalla difesa nell’atto di appello».
Il ricorrente espone che, secondo la Corte d’appello di Palermo, egli avrebbe controllato “RAGIONE_SOCIALE, la quale sarebbe stata RAGIONE_SOCIALE formalmente intestata a NOME COGNOME (pag. 53 COGNOMEa sentenza impugnata) e avrebbe ricevuto «protezione e supporto in relazione a vicende che hanno interessato alcuni locali/bar all’interno dei quali erano collocate slot machines di proprietà COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE», con particolare riferimento agli episodi relativi al “RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE” al bar “RAGIONE_SOCIALE House” e al bar “RAGIONE_SOCIALE” (pag. 59 COGNOMEa sentenza impugnata), ciò che avrebbe permesso di «cogliere la reciprocità del rapporto tra lo stesso [NOME e NOME» NOME.
Ciò esposto, il ricorrente sostiene che la Corte d’appello di Palermo, al fine di sostenere la sua cointeressenza in “RAGIONE_SOCIALE e attribuirgli poi una corresponsabilità nelle condotte poste in essere da NOME COGNOME su interessamento di NOME COGNOME (che lavorava per la stessa “RAGIONE_SOCIALE), avrebbe operato un’indebita selezione COGNOMEe intercettazioni e avrebbe fornito un’interpretazione COGNOMEe intercettazioni selezionate «parcellizzata e avulsa dal contesto in cui quelle conversazioni avvengono».
In particolare, quanto alla captata conversazione tra presenti del 02/07/2017, valorizzata dalla Corte d’appello di Palermo alle pagg. 53-54 COGNOMEa sentenza impugnata, il ricorrente lamenta che la stessa Corte d’appello avrebbe omesso di confrontarsi con le deduzioni che erano contenute al riguardo nel proprio atto di appello con le quali era stato evidenziato che, dalla stessa conversazione, sarebbe emersa la prova che il Luppíno: a) aveva in passato aiutato il COGNOME con la sua azienda senza alcuna contropartita economica, lamentandosi con i presenti nella propria RAGIONE_SOCIALEmobile RAGIONE_SOCIALE COGNOME‘ingratitudine che aveva mostrato il COGNOME; b) risentito per il comportamento del COGNOME e intenzionato a fargli concorrenza, voleva parlare con tale NOME, non per chiedergli chissà quale “intervento RAGIONE_SOCIALErevole” per chissà quale fine illecito ma per avere un’interlocuzione diretta con il proprietario di un bar di Marsala; c) non aveva mai condiviso la proprietà, né formale né di fatto, di “RAGIONE_SOCIALE, tanto che riferiva ai suoi interlocu che, per fare concorrenza al COGNOME, si sarebbe recato a Catania per stipulare dei contratti di RAGIONE_SOCIALE e collocare le proprie macchine nel locali più redditizi; d) al data COGNOMEa conversazione intercettata (02/07/2017) aveva definitivamente interrotto i rapporti con il COGNOME, sicché non poteva avere alcun interesse nelle vicende dei sopra menzionati bar, tutte accadute tra il settembre 2017 e il gennaio 2018.
Quanto alla captata conversazione tra presenti del 05/01/2018 tra il NOME e NOME COGNOME (pagg. 54-55 COGNOMEa sentenza impugnata), il quale, come
documentato, era il noleggiatore COGNOMEe slot machines che erano installate presso la sala RAGIONE_SOCIALE COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE sita in INDIRIZZO MazaraINDIRIZZO, il ricorrente deduce che se il NOME dichiara al suo interlocutore «di non voler avviare personalmente l’attività finché non NOME individuato un numero di locali che gli garantisse un introito adeguato a sostenere gli stipendi di COGNOME NOME e COGNOME NOME» (pag. 54 COGNOMEa sentenza impugnata), ciò significa che lo stesso NOME non aveva ancora «personalmente» iniziato a operare con le slot machines e che NOME e NOME COGNOME, dipendenti di “RAGIONE_SOCIALE, non erano alle dipendenze del NOME nemmeno indirettamente, come sarebbe confermato anche dalla successiva affermazione del NOME «ma se io non ho le macchine, non vado a fare nessun tipo di operazione per mettere nei guai poi a NOME e a NOME. Per adesso quelli si guadagnano lo stipendio», atteso che, se NOME e NOME fossero già stati indirettamente alle dipendenze del NOME tramite “RAGIONE_SOCIALE, il NOME non avrebbe avuto motivo di prenderli con sé nella sua nuova attività di noleggiatore di slot machines né di temere di mettere nei guai i due facendoli dimettere da “RAGIONE_SOCIALE per venire a lavorare alle sue dipendenze. L’estraneità del NOME rispetto sia a “RAGIONE_SOCIALE sia alle slot machines sarebbe comprovata dal prosieguo COGNOMEa conversazione, in particolare, sia là dove il NOME afferma «quando dico ritiriamo, non è che ritiro io, ritira NOME per conto di COGNOME, le macchine in riduzione», sia là dove il COGNOME asserisce «ad uno ad uno forse è meglio. Fargli… farglieli saltare ad uno ad uno è meglio di andarle a mischiare», affermazione, quest’ultima, che comproverebbe come il NOME fosse pronto ad avviare la propria attività come concorrente («fargli saltare» i locali dove erano allocate le slot machines di “RAGIONE_SOCIALE) del COGNOME e COGNOMEa sua “RAGIONE_SOCIALE; inoltre, se il NOME NOME partecipato ai profitti di “RAGIONE_SOCIALE, non vi sarebbe stato motivo che egli temesse che le slot machines che si apprestava a collocare nei vari locali potessero “coesistere” («è meglio di andarle a mischiare») con quelle COGNOMEa stessa “RAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sarebbe poi contraddittorio il passaggio COGNOMEa motivazione nel quale la Corte d’appello di Palermo asserisce che il COGNOME riferiva al COGNOME «di avere già individuato i locali migliori, tra i quali, per l’appunto, rientrano il bar RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE» (pag. 55 COGNOMEa sentenza impugnata), atteso che tale circostanza non si concilierebbe con l’altra, affermata dalla stessa Corte d’appello, che il titolar del bar “RAGIONE_SOCIALE” aveva «provato a cambiare noleggiatore per le slot machines […] non riuscendo nel suo intento per il pronto intervento dei “protettori” del NOME».
Il NOME lamenta poi che la Corte d’appello di Palermo avrebbe omesso di confrontarsi con il fatto, che era stato riferito dal testimone COGNOMEa polizia giudizia COGNOME e che era stato rappresentato nel proprio atto di appello, che i RAGIONE_SOCIALE
del Nucleo operativo di Mazara del Vallo, in occasione del controllo che avevano effettuato il 09/03/2018 presso il bar “RAGIONE_SOCIALE“, avevano sì accertato la presenza di slot machines di “RAGIONE_SOCIALE, ma anche di apparecchiature con concessione telematica che consentivano l’accesso a piattaforme di gioco (cosiddetti videoterminali) connesse alla piattaforma RAGIONE_SOCIALEEMAIL per conto COGNOMEa quale il NOME svolgeva attività di brokeraggio, il che avrebbe consentito di appurare come il NOME, con riguardo al bar “RAGIONE_SOCIALE“, fosse noleggiatore RAGIONE_SOCIALE dei suddetti videoterminali connessi alla piattaforma RAGIONE_SOCIALE.com , i quali nulla avevano a che vedere con le slot machines di “RAGIONE_SOCIALE” RAGIONE_SOCIALE, rispetto alle quali egli voleva porsi come concorrente, intendendo collocare successivamente le proprie slot machines nel suddetto bar “RAGIONE_SOCIALE” nel quale aveva operato RAGIONE_SOCIALE con dì, la sua attività di brokeraggio per EMAIL .
Sempre a proposito COGNOMEa menzionata conversazione con NOME COGNOME e, in particolare, al fatto che quest’ultimo aveva chiesto al NOME «un aumento COGNOMEa percentuale trattenibile sugli incassi» (pag. 55 COGNOMEa sentenza impugnata), il ricorrente deduce che la Corte d’appello di Palermo avrebbe travisato il significato COGNOMEa parola «macchine», atteso che, con essa, il NOME stava facendo riferimento non alle slot machines ma ai menzionati videoterminali, già allocati nel bar “INDIRIZZO.
Quanto al «campobellese» al quale si fa riferimento, sempre nella conversazione tra il NOME e il COGNOME, a proposito di slot machines e COGNOMEa protezione assicurata da NOME COGNOME (detto “NOME COGNOME“) e NOME COGNOME (detto “NOME COGNOME“), esso non sarebbe il NOME ma, verosimilmente, NOME COGNOME, come risulterebbe anche dal passaggio COGNOMEa stessa conversazione, non considerato dalla Corte d’appello di Palermo, nel quale il NOME dice «e se c’è qualcuno che fa danno là dentro per guadagnarsi questi 50 euro, senza che nemmeno so niente io, mi difendono le macchine».
A proposito di quanto è affermato dalla Corte d’appello di Palermo alla pag. 56 COGNOMEa sentenza impugnata, il ricorrente lamenta che la stessa Corte d’appello avrebbe omesso di confrontarsi con la doglianza, che era contenuta nel proprio atto di appello, secondo cui tutte le intercettazioni richiamate avevano come esclusivi interlocutori NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME «in una ripetuta ma esclusiva triangolazione che mai vede coinvolgere il NOME».
Con riguardo all’intercettata conversazione tra NOME COGNOME e il fratello NOME COGNOME (pag. 58 COGNOMEa sentenza impugnata), il ricorrente argomenta che, quanto al «NOME» che viene in essa menzionato a proposito COGNOMEe slot machines di “RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello di Palermo avrebbe omesso di confrontarsi con la doglianza difensiva, contenuta nel proprio atto di appello, con la quale era stato evidenziato che, come risultava dalla visura relativa alla suddetta
“RAGIONE_SOCIALE” RAGIONE_SOCIALE, sin dal 2013 risultava affittuario del ramo d’azienda ta NOME COGNOME e in precedenza era stato amministratore COGNOMEa società tale NOME COGNOME.
Il ricorrente lamenta poi che la Corte d’appello di Palermo, nel richiamare le circa 100 pagine che erano state spese dal Tribunale di Marsala per spiegare «il collegamento tra NOME, NOME e NOME» (pag. 59 COGNOMEa sentenza impugnata), avrebbe trascurato diverse specifiche censure che erano state sollevate nel proprio atto di appello, segnatamente, che: a) la propria estraneità rispetto alle sorti d “RAGIONE_SOCIALE e l’effettiva proprietà di tale società in capo a NOME COGNOME era stata puntualmente affermata dal COGNOME nel corso del suo esame e l’imputato aveva anche spiegato la ragione logico-economica per la quale si doveva escludere che egli collaborasse con i suddetti COGNOME e “RAGIONE_SOCIALE, cioè che, se l slot machines di “RAGIONE_SOCIALE fossero state sue, egli avrebbe collocato nella propria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE on-line di Campobello di Mazara COGNOMEe slot machines di detta società e non, come invece era, COGNOMEe slot machines di proprietà di altri noleggiatori, con i quali doveva dividere i profitti; b) la propria estraneità rispet agli interessi economici di “RAGIONE_SOCIALE inerenti alle sorti COGNOMEe slot machin che erano collocate presso il bar “RAGIONE_SOCIALE“, il bar “RAGIONE_SOCIALE” e il bar “RAGIONE_SOCIALE” risultava dal contenuto COGNOMEa propria intercettata conversazione del 09/09/2017 con NOME COGNOME, non menzionata dalla Corte d’appello di Palermo («le slot sono di NOME“; «io faccio tutto il resto… racing… totem… eh… tranne le slot l’indirizzo e-mail EMAIL era di esclusiva titolarità del NOME e non identificava “RAGIONE_SOCIALE” RAGIONE_SOCIALE, come era comprovato dal fatto che né NOME COGNOME né NOME COGNOME utilizzavano il suddetto indirizzo; d) l’imputato, nel corso del proprio esame, aveva chiarito che le due e-mail che il COGNOME aveva indirizzato a NOME COGNOME mettendo in copia l’indirizzo EMAIL contenevano in allegato due cedolini di avvenuto versamento in contanti effettuato il 12/04/2017 sul conto corrente di “RAGIONE_SOCIALE che, come era stato esaustivamente spiegato dal NOME, erano inerenti al pagamento di alcune macchine, cosiddette “Racing dog”, che il COGNOME aveva venduto tempo addietro al NOME e che questi doveva ancora pagare, come era comprovato dalla “C” che compare in alto in ciascun foglio, la quale indicava, appunto, che si trattava non di incassi di “RAGIONE_SOCIALE ma di sold di NOME che egli doveva al COGNOME; e) nel lungo arco di tempo in cui l’indirizzo e-mail EMAIL era stato sottoposto a intercettazione, nessun’altra e-mail inerente ad “RAGIONE_SOCIALE era stata mandata allo stesso indirizzo, neppure per conoscenza; f) la difesa aveva prodotto una e-mail, proveniente dall’indirizzo EMAIL , con la quale veniva fatta richiesta a “Italysportgame” di «5 computer racing senza monitor touch», ciò che Corte di Cassazione – copia non ufficiale
confermava quanto era stato dichiarato dall’imputato in ordine al fatto che le macchine “Racing dog”, che era un gioco virtuale, non avevano nulla a che vedere con le slot machines; g) che l’imputato si occupasse RAGIONE_SOCIALE di apparecchiature elettroniche quali “Totem” e “Racing dog” era stato comprovato dagli esiti del controllo che era stato effettuato il 09/03/2018 dai RAGIONE_SOCIALE del Nucleo operativo e radiomobile di Mazara del Vallo presso il bar “RAGIONE_SOCIALE” di tale città, in occasione del quale veniva sì accertata la presenza di slot machines di proprietà di “RAGIONE_SOCIALE ma, altresì, di cosiddetti “videoterminali” connessi al piattaforma RAGIONE_SOCIALE.com per conto COGNOMEa quale l’imputato svolgeva attività di brokeraggio; h) l’estraneità del NOME rispetto ad “RAGIONE_SOCIALE era comprovata anche dal contenuto COGNOME‘intercettata conversazione del 12/06/2016, intervenuta tra il NOME, NOME COGNOME (detto NOME) e NOME COGNOME all’interno COGNOME‘RAGIONE_SOCIALEmobile del NOME, alla luce COGNOMEa quale, se il NOME NOME effettivamente partecipato, insieme al COGNOME, ai profitti ricavati dalle sl machines di “RAGIONE_SOCIALE, non sarebbe dato comprendere «per quale motivo il COGNOME avrebbe consigliato al NOME di provare ad aprire una sala a Mazara se in tale zona già condivideva le slot machines preso il “Bar RAGIONE_SOCIALE“».
2.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606 comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e illogicità COGNOMEa motivazione, anche rispetto ai criteri dettati dall’art. 192, commi 2 e 3, cod. proc. pen., con riguardo alla ritenuta partecipazione COGNOME‘imputato all’RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso “RAGIONE_SOCIALE” «attraverso i rapporti intrattenuti con NOME NOME (detto NOME), in relazione al mandamento di Castelvetrano); con travisamento COGNOMEa prova in relazione alle dichiarazioni di NOME COGNOME e all’erronea individuazione COGNOME‘imputato nel “NOME di NOME“», e con mancanza di motivazione con riguardo alle doglianze COGNOMEa propria difesa con le quali era stata rappresentata l’assenza di riscontri alle suddette dichiarazioni «ed altri elementi di segno contrario obliterati dalla Corte d’appello». Con, altresì, ulteriore travisamento COGNOMEa prova «per soppressione» e violazione del principio COGNOME‘«al di là di ogni ragionevole dubbio» di cui all’art. 533 cod. proc. pen., nonché del contenuto COGNOME‘art. 546, comma 1, lett. e), COGNOMEo stesso codice. Principio e contenuto che sarebbero stati violati per avere la Corte d’appello di Palermo omesso di rispondere a decisive deduzioni difensive, «incidendo in maniera evidente sulla tenuta rappresentativa COGNOMEa prova intercettiva, ed omettendo di esaminare i documenti ed i progressivi offerti dalla difesa nell’atto di appello».
GLYPH p . Il ricorrente affronta 191 à1 il tema dei rapporti con la famiglia RAGIONE_SOCIALE di Castelvetrano e, in particolare, con NOME COGNOME (detto NOME), cognato di NOME COGNOME e coinvolto nella già menzionata operazione “Annozero”.
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Il NOME afferma anzitutto che la circostanza che l’COGNOME gli avrebbe permesso di aprire agenzie di RAGIONE_SOCIALE nel territorio di Castelvetrano, così creando un attrito addirittura con NOME COGNOME, che gestiva le RAGIONE_SOCIALE in tale territorio, per la risoluzione del quale era dovuto intervenire personalmente NOME COGNOME, diversamente da quanto asserito dalla Corte d’appello di Palermo, non era stata «riscontrata» dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME (cugino di NOME COGNOME COGNOME),ma era stata riferita per la prima volta dallo stesso COGNOME nel suo interrogatorio del 16/12/2013.
Il ricorrente contesta anzitutto che ritenere che le dichiarazioni del COGNOME si possano considerare riscontrate, quanto all’individuazione COGNOME‘imputato come il soggetto appellato dal COGNOME «NOME di NOME», dall’«accertato stretto legame tra COGNOME NOME e l’odierno imputato» (pag. 61 COGNOMEa sentenza impugnata), costituirebbe un’operazione «avventata in quanto non ancorata ad alcun altro elemento individualizzante».
Comunque, dalle dichiarazioni del COGNOME, la figura del «NOME di NOME» apparirebbe come estranea al sodalizio mafioso, atteso anche che il fatto che l’espansione RAGIONE_SOCIALEnditoriale del suddetto soggetto nel territorio di Castelvetrano NOME determinato contrasti, non potrebbe essere «posta in collegamento necessario con una qualche condizione di intraneità COGNOME‘RAGIONE_SOCIALEnditore».
Sarebbe, poi, inconferente, il contenuto COGNOME‘intercettata conversazione tra NOME COGNOME e NOME COGNOME menzionata alla pag. 61 COGNOMEa sentenza impugnata. Posto che, in tale dialogo, il COGNOME faceva riferimento a NOME COGNOME come a un soggetto «operante nel settore COGNOMEe sommesse con NOME», ciò non potrebbe riscontrare le dichiarazioni del COGNOME, atteso che questi aveva parlato di un soggetto che operava nel settore COGNOMEe «macchinette da gioco» e non nel settore «COGNOMEe RAGIONE_SOCIALE».
La stessa Corte d’appello di Palermo avrebbe del resto utilizzato l’argomento COGNOMEa «frequentazione tra NOME e NOME» RAGIONE_SOCIALE per affermare il «ruolo di intermediario svolto proprio da NOME» (pag. 62 COGNOMEa sentenza impugnata).
Sempre con riguardo alle dichiarazioni del COGNOME, secondo cui «praticamente è NOME, a come ho capito, di NOME, però è afferrato a NOME COGNOME. Quando praticamente dovevano aprire le macchinette a Castelvetrano», il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Palermo non avrebbe indicato riscontro alcuno, in particolare, quale sarebbe stata l’RAGIONE_SOCIALE di Castelvetrano riferibile al NOME dove sarebbero state collocate le “macchinette”, considerato anche il fatto che il NOME operava nel settore COGNOMEe RAGIONE_SOCIALE sportive e non in quello COGNOMEe “macchinette”/slot machines.
Il ricorrente ribadisce il travisamento, da parte COGNOMEa Corte d’appello di Palermo, COGNOMEe dichiarazioni del COGNOME per avere questi fatto sempre riferimento
T
al settore COGNOMEe “macchinette” da gioco, il quale individua le slot machines, laddove il NOME operava nel settore COGNOMEe RAGIONE_SOCIALE sportive.
Un altro travisamento COGNOMEe dichiarazioni del COGNOME sarebbe costituito dal fatto che tale collaboratore di giustizia aveva parlato di un «NOME di NOME», il quale non poteva essere l’imputato, il quale non era NOME né di un tale “NOME” né di “NOME“.
Ancora, poiché il COGNOME era stato arrestato, nell’ambito COGNOMEa cosiddetta “RAGIONE_SOCIALE“, insieme a NOME COGNOME, «egli non poteva certamente fare confusione con un nominativo assieme al quale era stato tratto in arresto».
Conclusivamente, perciò, sul punto, «l’intera vicenda evocata dal collaborante lascia inalterato il profilo COGNOMEa dedotta appartenenza del NOME al sodalizio». Il ricorrente passa poi ad analizzare l’altro elemento, sempre relativo ai suoi ritenuti rapporti con la famiglia RAGIONE_SOCIALE di Castelvetrano, costituito dal contenuto COGNOMEa conversazione del 08/10/2016 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME. A tale proposito, il ricorrente lamenta la Corte d’appello di Palermo non si sarebbe confrontata con quanto era stato dedotto dalla propria difesa nell’atto di appello, secondo cui dalla suddetta conversazione sarebbe emerso «un asimmetrico rapporto estorsivo e non certo quello tipico COGNOMEa partecipazione ad un medesimo sodalizio». In particolare, l’elemento, che emergeva dalla conversazione, del «danaro che il NOME deve ad NOME ed al soggetto indicato in “Pinu u mazzarisi”» (pag. 62 COGNOMEa sentenza impugnata), correttamente letto, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello di Palermo, escluderebbe la sussistenza di un rapporto sinallagmatico di compartecipazione che è alla base del ruolo di partecipe. Ciò che sarebbe confermato anche da quanto detto dal COGNOME, esecutore materiale COGNOME‘esazione, all’COGNOME che «se non NOMEro sollecitato il NOME adeguatamente, non avrebbero ottenuto l’auspicata corresponsione del denaro dallo stesso» (pag. 63 COGNOMEa sentenza impugnata). Il ricorréle lamenta ancora che la Corte d’appello di Palermo non avrebbe dato risposta alla doglianza COGNOMEa propria difesa per cui, anche qualora fosse effettivamente emersa la «condivisione tra i sodali COGNOMEe informazioni relative all’erogazione da parte di NOME di somme ai vari NOME COGNOMEa RAGIONE_SOCIALE» (pag. 63 COGNOMEa sentenza impugnata), emergerebbe comunque la natura non volontaria di tali dazioni di denaro, essendo, piuttosto, l’RAGIONE_SOCIALEnditore NOME costretto a effettuare le stesse in conseguenza di una “coazione ambientale”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sarebbe approssimativa anche la valutazione del contenuto COGNOME‘intercettata conversazione del 16/11/2017 tra il NOME e l’NOME, dal quale risulterebbe soltanto «una logica non estranea a composizioni strategiche COGNOME‘RAGIONE_SOCIALEnditoria lecita» e che sarebbe stata interpretata dalla Corte d’appello di Palermo «secondo una chiave ermeneutica unilaterale confluente con l’ipotesi accusatoria non
avallata da alcun dato esperienziale o regola di esperienza che sia capace di adattarsi alla peculiare situazione RAGIONE_SOCIALEnditoriale e relazionale del NOME».
Anche l’intromissione COGNOME‘NOME negli affari del NOME potrebbe ben lasciare spazio alla lettura alternativa di un rapporto di soggezione al quale l’RAGIONE_SOCIALEnditore NOME non è in grado di resistere.
Sarebbe, poi, «paradossale» l’asserto COGNOMEa Corte d’appello di Palermo secondo cui, dalle interlocuzioni COGNOME‘imputato con l’COGNOME, emergerebbe «inequivoco l’inserimento del NOME nelle dinamiche associative, tanto da essere lui stesso a redarguire il COGNOME dinanzi allo sconfinamento compiuto da quest’ultimo» (pag. 66 COGNOMEa sentenza impugnata), atteso che sia l’COGNOME sia il COGNOME «non potevano non essere a conoscenza COGNOMEe regole da seguire se si fosse trattato COGNOMEe regole illecite del sodalizio di appartenenza e non di meccanismi regolatori interni al mondo COGNOMEe RAGIONE_SOCIALE e come tali fatte oggetto di “istruzione” da parte del NOME».
Con riguardo alla richiesta di denaro da parte COGNOME‘NOME al NOME, il ricorrente contesta che essa possa costituire riprova COGNOMEa tesi del contributo mutualistico da lui versato all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel ruolo di “finanziatore” di essa, atteso che la Corte d’appello di Palermo avrebbe omesso di tenere conto di un passaggio COGNOMEa conversazione tra i due uomini nel quale l’NOME, oltre a mostrare titubanza, prospettava proprie difficoltà economiche. Da ciò la «frattura logica COGNOMEa ricostruzione offerta in sentenza», comprovata dal già ricordato fatto, che era emerso dalla conversazione tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, COGNOMEa necessità di “pressioni” da esercitare nei confronti del NOME.
Ancora, nella motivazione non vi sarebbe alcun cenno alle motivazioni e alle modalità con le quali l’COGNOME aveva indotto il NOME alla consegna di due assegni del valore complessivo di C 2.500,00, «né si traggono elementi di dubbio dalla stessa modalità tracciabile del finanziamento stesso e dalla obiettiva sproporzione fra il presunto vantaggio tratto dall’RAGIONE_SOCIALE commerciale e l’occasionale elargizione operata dal NOME», fermo restando il dubbio che la dazione ridondasse a favore del sodalizio rappresentato dall’NOME e non fosse invece destinata «al vantaggio economico patrimoniale di quest’ultimo».
Quanto al fatto, valorizzato dalla Corte d’appello di Palermo, che il NOME fosse messo a parte dall’COGNOME di delicate questioni relative alle vicende di “RAGIONE_SOCIALE” e di alcuni sodali (pagg. 64, 65, 67 COGNOMEa sentenza impugnata), il ricorrente rappresenta che, da tale condotta COGNOME‘COGNOME, «non v’è chi non veda come sia quest’ultimo a tessere quella tela necessaria a corroborare l’idea nel NOME di stare dialogando con la persona giusta, al fine di convincere l’interlocutore a fornire l’elargizione richiesta», atteso che gli stessi giudici di appello avevano rammentato come, nella sentenza del 23/03/2020 del Tribunale di Marsala, divenuta
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irrevocabile, di condanna COGNOME‘COGNOME per RAGIONE_SOCIALE per delinquere, con ruolo direttivo, finalizzata alla realizzazione di attività estorsive, l’COGNOME era st descritto come colui al quale «è riservato l’incarico di avvicinare le vittime, da lui sempre ben conosciute, strumentalizzando il notorio rapporto di parentela che lo lega alla famiglia RAGIONE_SOCIALE locale» (pag. 19 COGNOMEa sentenza impugnata).
Ciò rafforzerebbe i dubbi circa la posizione del NOME, anche in ragione COGNOMEa già ricordata frase COGNOME‘COGNOME che il NOME «a “Pinu u mazzarisi” glieli ha già dati perché lo teme» (pag. 62 COGNOMEa sentenza impugnata).
2.5. Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’erronea interpretazione e applicazione degli artt. 110 e 416-bis cod. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e illogicità COGNOMEa motivazione, nella parte in cui, in essa, nell’affermare l partecipazione COGNOME‘imputato all’RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso, viene escluso il concorso esterno nella stessa RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorrente deduce che, anche a seguire la ricostruzione COGNOMEa Corte d’appello di Palermo secondo cui egli avrebbe agito al fine di ottenere la «espansione garantita e protetta COGNOMEe sue attività sul territorio» (così il ricorso), «altro perseguimento di un proprio tornaconto RAGIONE_SOCIALEnditoriale, altro l’affectio societabs». La Corte d’appello di Palermo non avrebbe sciolto il dubbio «se l’azione di NOME sia da inquadrarsi nell’ottica COGNOME‘ottenimento di una contropartita per i vantaggi ricevuti – il che lo avvicinerebbe alla posizione del concorrente esterno – o piuttosto in quella […] COGNOME‘affiliato che opera disinteressatamente per rafforzamento COGNOMEa RAGIONE_SOCIALE».
Con riguardo agli indici COGNOME‘intraneità COGNOME‘imputato utilizzati dalla Cort d’appello di Palermo, il NOME lamenta che la stessa Corte d’appello avrebbe omesso di raccordare gli stessi con quanto nel corso del processo era stato effettivamente accertato. In particolare: a) non si comprenderebbe da dove la Corte d’appello di Palermo abbia tratto l’idea che il NOME fosse riconosciuto dai sodali come “uomo d’onore”, atteso che «la sua figura è assimilata più a un bancomat dal quale operare prelievi, piuttosto che a un compagno di militanza»; b) sarebbe «vacua» l’idea che il NOME fosse destinatario di notizie riservate, essendo le stesse ascrivibili all’area del «”notorio giudiziario”» o comunque funzionali, come nel caso dei colloqui con l’COGNOME, «al perseguimento di scopi ulteriori e personali dei conversanti»; c) quanto ai reati fine, le concrete modalità COGNOMEa tentata estorsione ai danni di NOME COGNOME testimonierebbero che «se il NOME fosse chi si sostiene che sia, questi non avrebbe alcuna necessità di operare per il tramite di soggetti terzi»; d) quanto alla raccolta di fondi per l famiglie dei detenuti, oltre al fatto che l’aiuto era stato dato in favore del so NOME COGNOME, il quale era legato all’imputato da risalenti ragioni familiari,
sarebbe decisivo il fatto che l’imputato «non raccoglie affatto fondi, ma destina a tale scopo esclusivamente le sue proprie personali risorse».
Più specificamente, il ricorrente: a) contesta l’affermazione COGNOMEa Corte d’appello di Palermo secondo cui egli «ha assunto un ruolo materiale all’interno COGNOMEa struttura criminosa, manifestato da un impegno reciproco e costante» (pag. 80 COGNOMEa sentenza impugnata), atteso che tale impegno «si configura piuttosto come la manifestazione di estemporanee e contingenti esigenze particolari COGNOME‘una e COGNOME‘altra parte al di fuori di qualsivoglia vincolo associativo»; b) contest l’affermazione COGNOMEa Corte d’appello di Palermo secondo cui egli «fungeva da erogatore di danaro e da assuntore di manodopera» (pag. 80 COGNOMEa sentenza impugnata), atteso che tale circostanza sarebbe «manifestamente controversa», essendosi asseritamente dimostrato come le richieste di denaro da parte dei singoli associati non fossero avanzate in ragione COGNOME‘intraneità del NOME ma fossero «di volta in volta giustificate in base a singole ed eterogenee motivazioni di natura occasionale».
Il NOME sostiene poi la contraddittorietà COGNOMEa motivazione là dove la Corte d’appello di Palermo valorizza «l’apertura [da parte del NOME] di agenzie di RAGIONE_SOCIALE che venivano concesse ai vari affiliati, spesso determinando una perdita per l’odierno imputato» (pag. 82 COGNOMEa sentenza impugnata), potendosi ritenere che una tale condotta non fosse libera ma frutto di un’azione costrittiva.
Secondo il ricorrente, la Corte d’appello di Palermo avrebbe altresì fatto coincidere, con ciò incorrendo nell’erronea interpretazione e applicazione COGNOMEe norme invocate, il suo «contributo certamente apprezzabile e concreto al rafforzamento COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE» con la prova COGNOMEa sussistenza COGNOME‘a ffectio societatis (pag. 80 COGNOMEa sentenza impugnata).
Nel tornare ai valorizzati indici sintomatici COGNOMEa propria partecipazione all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, riassunti alla pag. 80 COGNOMEa sentenza impugnata, il ricorrente lamenta la «mancata correlazione fra gli indici enunciati e la relativa base probatoria», anche alla luce COGNOMEe critiche che erano state avanzate nel proprio atto di appello, atteso che la Corte d’appello di Palermo avrebbe trascurato di fare precedere l’affermazione COGNOMEa sussistenza degli stessi indici sintomatici di appartenenza all’RAGIONE_SOCIALE «da una analitica e puntuale ricognizione circa la esistenza dei relativi elementi di fatto».
Dopo avere rappresentato l’insufficienza dei menzionati indici sintomatici nella decifrazione di situazioni peculiari quale quella COGNOME‘«RAGIONE_SOCIALEnditore inserito all’interno di un contesto severamente condizionante e di relazioni personali imposte dal medesimo ambiente» e come sia riconducibile alla fattispecie del concorso esterno la condotta di colui che «si limita a fornire singoli, sia pure ripetuti, contributi rafforzativi, senza tuttavia mai prendere parte al sodalizio»,
ricorrente rappresenta: a) quanto alla conoscenza di informazioni riservate all’RAGIONE_SOCIALE, come esse non fossero affatto riservate, «in considerazione del modesto e ristretto contesto ambientale e territoriale e dei fitti rapport interpersonali che lo caratterizzano»; b) quanto al fatto di accompagnarsi stabilmente con soggetti di sicuro NOME all’interno del sodalizio, come si dovesse «tenere conto del medesimo contesto ambientale e COGNOMEe risalenti relazioni amicali che giustificavano la frequentazione»; c) quanto all’organizzazione di incontri in favore COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE, come tale circostanza sarebbe di «dubbia consistenza»; d) quanto alla raccolta di fondi per le famiglie dei detenuti, come fosse stata data la prova «di un ben diverso contesto relazionale che aveva giustificato l’interessamento in favore di un singolo nucleo familiare»; e) quanto al riconoscimento da parte degli affiliati quale membro del sodalizio, come le attribuite erogazioni di denaro e assunzioni di manodopera venissero richieste e poste in essere dall’imputato non sulla base COGNOMEa sua appartenenza al sodalizio ma «in base a specifiche richieste motivate di volta in volta da specifiche e occasionali esigenze personali alle quali il NOME stesso riteneva di dover dare seguito, o perché vittima di intimidazione, o per quieto vivere».
Secondo il ricorrente, da quest’ultima notazione discenderebbe come l’RAGIONE_SOCIALE non potesse affatto “contare sulla sua disponibilità”, essendo piuttosto necessario «di volta in volta sollecitare, pretendere o giungere a condotte minatorie al fine di poter ottenere i comportamenti ritenuti di volta in volta necessari, così venendo meno [il] requisito COGNOME‘essere a disposizione”».
Sarebbe, infine, contrario all’orientamento COGNOMEa giurisprudenza COGNOMEa Corte di cassazione ritenere elemento dimostrativo COGNOME‘appartenenza all’RAGIONE_SOCIALE il fatto che il NOME avrebbe «aiuta[to] le consorterie locali […] ricevendone a sua volta aiuto nell’espansione COGNOMEe proprie attività RAGIONE_SOCIALEnditoriali» (pag. 84 COGNOMEa sentenza impugnata), atteso che, secondo il suddetto orientamento, una tale condotta integrerebbe il reato di concorso esterno nell’RAGIONE_SOCIALE.
2.6. Con il sesto motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. d) ed e), cod. proc. pen., la mancanza COGNOMEa motivazione relativamente al motivo n. 12 del proprio atto di appello, relativo alla mancata acquisizione documentale di cui ai punti 7 e 8 COGNOMEa nota con allegati che era stata depositata dalla propria difesa all’udienza del 10/11/2021 davanti al Tribunale di Marsala e alla mancata audizione, ai sensi COGNOME‘art. 507 cod. proc. pen., del Carabiniere NOME COGNOME. Con impugnazione COGNOME‘ordinanza del 20/12/2022 con la quale la Corte d’appello di Palermo aveva «apoditticamente ritenuto inconferenti le suddette richieste di prova formulate anche ex art. 603 c.p.p., in violazione altresì COGNOME‘art. 606 lett. d) c.p.p., trattandosi di prova decisiva al fine del decidere».
Il ricorrente espone in fatto che: a) il 30/09/2019, giorno successivo all’arresto del NOME, sua moglie NOME COGNOME trovò sul parabrezza COGNOMEa propria RAGIONE_SOCIALEmobile un biglietto nel quale si rappresentava che, per pagare un pregresso debito del marito, sarebbe stato necessario recapitargli in carcere gli orologi preziosi e i lingotti d’oro che non erano stati appresi a seguito COGNOMEe perquisizion che seguirono il suddetto arresto; b) la sig.ra COGNOME denunciò il fatto ai RAGIONE_SOCIALE; c) nel corso COGNOME‘udienza del 21/04/2021, il colonnello COGNOME aveva riferito che, grazie alle riprese di alcune videocamere di sorveglianza, il responsabile del posizionamento del biglietto era stato individuato nell’appuntato scelto NOME COGNOME; d) questi era stato indagato per il reato di truffa aggravata e il relativo procedimento era stato archiviato; e) la propria difesa aveva ottenuto copia del verbale COGNOME‘interrogatorio COGNOME‘indagato NOME COGNOME, COGNOMEa richiesta di archiviazione e del decreto di archiviazione; f) il COGNOME aveva affermato di avere posizionato il biglietto al fine di stimolare la sig.ra COGNOME ad attivare canali mafiosi, ciò che avrebbe consentito degli sviluppi investigativi, ancorché gli fosse stato contestato, nel corso del suo interrogatorio, di non avere avvertito di tale iniziativa nessuno dei propri superiori; g) nel proprio atto appello, si sosteneva che il COGNOME NOME mentito, intendendo, piuttosto, dissimulare un’operazione truffaldina; h) il pubblico ministero aveva motivato la propria richiesta di archiviazione sostenendo che «[n]on si intende affermare […] che il COGNOME abbia agito, come ha fatto, a fini investigativi non per truffare l COGNOME e farsi consegnare i preziosi; ma si ritiene che un dubbio, seppur minimo, residui in merito alle sue intenzioni, così mettendo in crisi l’univocità degli a compiuti».
Ciò premesso in fatto, il ricorrente precisa che l’oggetto COGNOMEa richiesta istruttoria in questione era costituito dal verbale COGNOME‘interrogatorio COGNOME‘indaga NOME COGNOME, dalla richiesta di archiviazione del procedimento a suo carico e dal decreto di archiviazione, oltre che dall’esame COGNOMEo stesso NOME COGNOME, e rappresenta che la ragione COGNOMEa stessa rigettata richiesta consisteva nel fatto che i fatti sopra esposti avrebbero gettato luce su due circostanze di rilievo ai fin del giudizio e cioè che: a) la reazione COGNOMEa sig.ra COGNOME «smentisce vistosamente l’idea che la famiglia COGNOME fosse intranea e avvezza a dinamiche consortili, laddove, ricevuta una richiesta delittuosa, la COGNOME si rivolse ai RAGIONE_SOCIALE e non ai pretesi sodali»; b) un Carabiniere (cioè NOME COGNOME) che, avendo partecipato alle indagini che avevano condotto all’arresto del NOME, ne conosceva bene la figura, «si sarebbe ben guardato dall’operare una truffa a danno di un affiliato di potenti famiglie di RAGIONE_SOCIALE; talché l’averlo fatto, contribu innegabilmente a sciogliere in favore COGNOMEa difesa la domanda centrale di questo
processo», in quanto «racconta quanto un carabiniere pienamente addentro alle indagini credesse alla mafiosità del NOME».
Ciò dimostrerebbe la pertinenza e la rilevanza COGNOMEe prove che la Corte d’appello di Palermo ha «escluso nella sua ordinanza».
2.7. Con il settimo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione di legge e il difetto di motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza COGNOMEe circostanze aggravanti previste dai commi quarto e sesto COGNOME‘art. 416-bis cod. pen.
2.7.1. Quanto alla circostanza aggravante COGNOME‘essere l’RAGIONE_SOCIALE armata, il ricorrente rappresenta che il riferimento, operato dalla Corte d’appello di Palermo, ai precedenti giurisprudenziali da questa citati nulla direbbe COGNOMEa consapevolezza, da parte del NOME, COGNOMEa natura armata COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE COGNOMEa quale era stato ritenuto fare parte, e che, se fosse sufficiente, ai fini COGNOME‘attribuzi COGNOME‘aggravante, il riferimento alla RAGIONE_SOCIALE, piuttosto che alla sua singola articolazione, si finirebbe con l’applicare la stessa aggravante «a prescindere dalla conoscenza o incolpevole ignoranza che l’agente ne abbia avuto».
Muovendo dal fatto che, nel processo, «di armi nemmeno l’ombra», il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Palermo avrebbe «sovrappo[sto] indebitamente la notorietà di un fatto con l’esistenza di accertamenti giudiziali al suo riguardo». Più specificamente, non sarebbe «difficile concedere che il fatto che vi siano sentenze che hanno definitivamente comminato la sanzione per il IV comma COGNOME‘art. 416-bis cod. pen. per alcuni soggetti con cui il ricorrente ha avuto contatti costituisca fatto notorio, attenendo la notorietà di quelle decisioni semmai alla loro affiliazione, non anche al dato circostanziale».
2.7.2. Quanto alla circostanza aggravante COGNOME‘avere finanziato le attività economiche di cui gli associati intendevano assumere o mantenere il controllo con il prodotto o il profitto di delitti, il ricorrente, dopo avere richiamato quanto argomentato con riguardo al fatto che “RAGIONE_SOCIALE non sarebbe a sé riferibile, contesta anzitutto la valorizzazione, operata dalla Corte d’appello d Palermo, del contenuto COGNOME‘intercettata conversazione del 10/11/2017 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME. Secondo il NOME, non si vedrebbe come la rassicurazione data dal COGNOME al NOME che lo stesso COGNOME potrà fargli aprire un centro RAGIONE_SOCIALE possa «ridondare in danno di NOME». Comunque, anche ad ammettere che il NOME sia connesso con tale conversazione, l’aggravante de quo risulterebbe «agganciat[a] ad una circostanza potenziale», atteso che non risulta che il COGNOME abbia poi effettivamente mai aperto un centro RAGIONE_SOCIALE.
Quanto all’affermazione fatta dalla Corte d’appello dì Palermo nel secondo capoverso COGNOMEa pag. 93 COGNOMEa sentenza impugnata, essa sarebbe il frutto di una mera congettura, atteso che dei menzionati casi di apertura di agenzie di RAGIONE_SOCIALE ne era stato in realtà comprovato uno RAGIONE_SOCIALE, cioè quello di NOME COGNOME.
Il ricorrente ribadisce che, anche a detta COGNOMEa Corte d’appello di Palermo, l’RAGIONE_SOCIALE del NOME non era né geneticamente né susseguentemente RAGIONE_SOCIALE, mentre essa costituiva, anche a dare credito alla tesi accusatoria, il serbatoio al quale la RAGIONE_SOCIALE attingeva, «non certo il deposito nel quale riversa sostanze per il successivo reimpiego».
Il NOME reitera infine l’eccezione di nullità, che aveva sollevato nel proprio atto di appello e che è stata del tutto trascurata dalla Corte d’appello di Palermo, sull’assunto che la sussistenza COGNOME‘aggravante de quo sarebbe stata ritenuta in violazione del principio di correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza. Il ricorrente rappresenta in proposito che tale circostanza aggravante sarebbe stata «evocata RAGIONE_SOCIALE sotto il profilo formale ma in alcun modo enunciata nelle sue concrete cadenze fattuali», atteso che nel capo d’imputazione si contestava all’imputato di avere «diretto e controllato il settore economico COGNOME‘esercizio d RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE affidando alcune COGNOMEe relative agenzie ad altri associati mafiosi», il che sarebbe «cosa del tutto differente dall’ipotizzato finanziamento COGNOMEe RAGIONE_SOCIALEse con proventi tratti dall’attività illecita».
Né la direzione e controllo del settore COGNOME‘esercizio di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE presuppongono che le RAGIONE_SOCIALEse dirette o controllate dall’associato RAGIONE_SOCIALE siano inevitabilmente «finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto o il profi di delitti».
2.8. Con l’ottavo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 393 e 629 cod. pen., nonché COGNOME‘art. 416-bis.1 COGNOMEo stesso codice, e il difetto COGNOMEa motivazione con riguardo alla prova sia degli elementi oggettivo e soggettivo del delitto di tentata estorsione di cui al capo 2) COGNOME‘imputazione sia COGNOME‘«aggravante RAGIONE_SOCIALE». Nonché violazione di legge per avere la Corte d’appello di Palermo, con una motivazione contraddittoria e illogica, negato la qualificazione del fatto contestato nel suddetto capo 2) COGNOME‘imputazione come esercizio arbitrario COGNOMEe proprie ragioni con violenza alle persone.
2.8.1. Il ricorrente premette che la vicenda di cui al capo 2) COGNOME‘imputazione riguardava il tentativo di recupero di un credito di € 140.000,00 che era vantato dalla società RAGIONE_SOCIALE, che faceva capo a NOME COGNOME, nei confronti di NOME COGNOME, recupero che l’imputato avrebbe affidato a NOME COGNOME e a NOME COGNOME, soggetti appartenenti a “RAGIONE_SOCIALE“.
Ciò premesso, il NOME rappresenta che il suddetto credito era relativo a somme che erano effettivamente dovute dal COGNOME ed aveva un’origine perfettamente lecita. Pertanto, difettava l’elemento costitutivo COGNOME‘estorsione costituito dall’ingiustizia del profitto e dal corrispondente danno.
Né il profitto, contrariamente a quanto mostrerebbe di ritenere la Corte d’appello di Palermo, potrebbe essere reputato ingiusto per il fatto che, dei 140.000,00 euro, C 40.000,00 sarebbero stati appannaggio dei soggetti che erano stati incaricati del recupero del credito, atteso che, essendo tale “commissione” di C 40.000,00 “interna” alla somma di C 140.000,00 dovuta dal debitore, la stessa “commissione” non potrebbe in alcun modo determinare l’ingiustizia del profitto.
A nulla rileverebbe, pertanto, l’elemento, peraltro opinabile, che il NOME potesse avere prospettato all’COGNOME un guadagno «sproporzionato» (pag. 73 COGNOMEa sentenza impugnata) rispetto all’attività che lo stesso COGNOME avrebbe posto in essere per il recupero del credito.
Né rileverebbero l’illiceità COGNOMEe modalità utilizzate per riscuoterlo, il metod mafioso asseritamente posto in essere e il contesto criminale nel quale la vicenda ebbe a svolgersi.
Il ricorrente lamenta poi che la Corte d’appello di Palermo avrebbe cercato di trasformare in ingiusto il profitto ricorrendo alla sussistenza «COGNOME‘aggravante RAGIONE_SOCIALE». Dopo avere esposto che tale aggravante non è incompatibile con il reato di cui all’art. 393 cod. pen., il ricorrente passa a esaminare la sussistenza di tale circostanza aggravante e a verificare se, riscontrata la stessa, esista un principio che consenta, in virtù di ciò, «di trasformare un profitto lecito in illecito crean artificiosamente l’esistenza di un danno». Verifiche che, viene anticipato, darebbero entrambe un esito negativo.
2.8.2. Anzitutto, il ricorrente deduce che le fonti probatorie non avrebbero affatto comprovato il ricorso al cosiddetto metodo mafioso in occasione COGNOMEa richiesta che era stata avanzata a NOME COGNOME per oltre un anno e deduce, in proposito yche proprio tale arco temporale confliggerebbe con l’effetto che è proprio COGNOME‘utilizzo del metodo mafioso. Di un tale effetto non vi sarebbe traccia nella motivazione, mentre la Corte d’appello di Palermo lo avrebbe erroneamente tratto «dalla connotazione dei protagonisti COGNOME‘azione».
In secondo luogo, il ricorrente richiama alcuni principi, affermati dalla Corte di cassazione, sull’aggravante COGNOMEa cosiddetta agevolazione RAGIONE_SOCIALE, sottolineando come da essi si trarrebbe che, ai fini COGNOMEa sussistenza di tale circostanza aggravante, occorrerebbe che ricorra il dolo specifico di far sì che l’RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso tragga nel suo insieme beneficio dall’attività svolta, non essendo sufficiente che serva gli interessi di singoli associati, sicché non
rileverebbe «affatto né il semplice scopo di favorire un esponente COGNOMEa cosca né che il risultato realizzi anche il fine COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE».
Ciò posto, il ricorrente lamenta che la motivazione sarebbe meramente apparente atteso che la Corte d’appello di Palermo si sarebbe limitata ad affermare ciò che avrebbe dovuto, invece, essere dimostrato, non avendo la stessa Corte d’appello in alcun modo spiegato perché l’obiettivo perseguito dal NOME si dovesse ritenere essere quello di favorire la cosca e l’interesse collettivo degli associati e non, invece, quello di soddisfare gli interessi di singoli suo appartenenti.
Nel richiamare la sentenza Filardo COGNOMEe Sezioni unite COGNOMEa Corte di cassazione (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027-02 e Rv. 280027-03), il ricorrente deduce che l’interesse proprio del terzo che vale a determinare la qualificazione del fatto come estorsione anziché come esercizio arbitrario COGNOMEe proprie ragioni con violenza alle persone «”deve essere individuato in un ingiusto profitto con danno altrui”, perché diversamente opinando l’interesse “proprio” del terzo non potrebbe avere giuridica rilevanza».
Sarebbe, poi, infondata, anche la tesi secondo cui la sussistenza COGNOME‘aggravante COGNOME‘agevolazione RAGIONE_SOCIALE determinerebbe, per ciò RAGIONE_SOCIALE, «quell’ulteriore e illecito fine del terzo», atteso che non si comprenderebbe «come nel caso specifico l’agevolazione COGNOMEa cosca creerebbe un danno patrimoniale alla vittima dal momento che non RAGIONE_SOCIALE era esistente il credito, ma gli era stata richiesta la restituzione RAGIONE_SOCIALE di una parte».
Il ricorrente deduce, infine, di dubitare che sia percorribile un’esegesi che qualifichi il delitto a partire dai suoi elementi circostanziali.
2.9. Con il nono motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà e illogicità COGNOMEa motivazione riferimento a due sentenze passate in giudicato con le quali NOME COGNOME e NOME COGNOME sono stati assolti, perché il fatto non sussiste, dai reati di cui «n. 7) e 8)» (recte: n. 8 e 10) dei quali rispondevano in concorso con il NOME. Nonché la mancanza, contraddittorietà e illogicità COGNOMEa motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza dei reati di trasferimento fraudolento di valori di cui a capi 6), 7), 8) e 10) COGNOME‘imputazione, aggravato, quello di cui al capo 6) COGNOME‘imputazione, ai sensi COGNOME‘art. 416-bis.1 cod. pen., in considerazione COGNOMEa mancanza COGNOMEa prova, ex art. 533 cod. proc. pen., in assenza di indizi valutabili ex art. 192, commi 2 e 3, COGNOMEo stesso codice, in particolare, COGNOMEa ritenuta consapevolezza COGNOME‘imputato COGNOMEa sua sottoponibilità a misure di prevenzione patrimoniali, avendo, altresì, la sentenza impugnata, omesso di confrontarsi con gli specifici motivi di appello che erano stati prospettati in ordine ai suddetti ca d’imputazione.
Il ricorrente lamenta anzitutto che la Corte d’appello di Palermo avrebbe trascurato qualsiasi accertamento, che sarebbe stato invece necessario, in ordine all’idoneità COGNOMEe condotte poste in essere a conseguire effetti di sottrazione.
Il NOME contesta poi la valorizzazione, da parte COGNOMEa Corte d’appello di Palermo: a) del fatto che egli sarebbe stato «perfettamente consapevole COGNOME‘elevato livello criminale di alcuni dei suoi principali interlocutori» (pag. 96 de sentenza impugnata), atteso che,da tale argomento lnon sarebbe possibile dedurre la «certezza in ordine alla sua effettiva prospettazione di esposizione a una misura di prevenzione»; b) del fatto che egli «decideva di fare ricorso a opere di bonifica per escludere che nella sede principale dei propri affari potessero trovarsi dispositivi di occulta captazione» (sempre pag. 96 COGNOMEa sentenza impugnata), atteso che detta bonifica, in quanto volta a preservarsi da coinvolgimenti in indagini riguardanti altri, non potrebbe essere ricollegata alla prospettiva di potere essere destinatario di misure di prevenzione patrimoniali.
Né sarebbe effettivamente significativo, sempre con riguardo al dolo specifico dei reati, il contenuto COGNOMEa propria intercettata conversazione del 16/11/2017 con NOME COGNOME, nel quale egli aveva fatto riferimento a una condizione di difficoltà economica, alla necessità di vendere gli immobili di sua proprietà e a una precedente visita da parte COGNOMEa Guardia di finanza, atteso che, come risulterebbe dal colloquio, tale visita era diretta all’accertamento COGNOMEa regolarità COGNOME‘eserciz COGNOMEe RAGIONE_SOCIALE e del pagamento COGNOMEe relative tasse e che l’unico oggetto COGNOMEe riflessioni del NOME era quello COGNOMEa correttezza del suo comportamento sul piano tributario.
2.9.1. Quanto all’affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 6) COGNOME‘imputazione, il ricorrente rappresenta che, come da lui stesso riferito nel corso del proprio esame, l’RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” era stato l’oggetto di un investimento di più soggetti (egli stesso, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) e il fine di tale investimento esso era quello di consentire ai propri parenti NOME COGNOME (zio) e NOME COGNOME (cugina) di trovare un lavoro.
Tale condotta, secondo il ricorrente, sarebbe estranea alla tipicità del reato di cui all’art. 512-bis cod. pen., in particolare con riguardo al dolo specifico di ta reato.
Inoltre, la Corte d’appello di Palermo non avrebbe indicato da quali elementi probatori abbia tratto che, con il suddetto investimento, il NOME «ha inteso ottenere dei profitti in ordine ai quali risponde all’RAGIONE_SOCIALE» (pag. 99 COGNOMEa sentenza impugnata), atteso che,dall’istruttoria dibattimentale, sarebbe emerso che “NOME” attendeva ancora i pagamenti dalla Prefettura e, alla data di esecuzione COGNOME‘ordinanza di custodia cautelare, non aveva ancora prodotto utili.
La Corte d’appello di Palermo avrebbe poi travisato la prova là dove attribuisce al NOME un investimento di C 150.000,00, atteso che l’imputato, di tale somma, ne aveva in realtà investito C 40.000,00.
Il ricorrente contesta anche l’attribuzione COGNOMEa circostanza aggravante COGNOME‘agevolazione RAGIONE_SOCIALE. Il NOME deduce che l’aggravante COGNOME‘agevolazione RAGIONE_SOCIALE dovrebbe essere esclusa quando il vantaggio sia assicurato al singolo associato, ancorché in posizione apicale, e non al sodalizio mafioso in quanto tale. Come era stato riferito dal NOME nel corso del proprio esame, la piccola somma mensile che veniva consegnata all’COGNOME gli veniva corrisposta come beneficio personale, con motivazioni particolari che prescindevano del tutto dal necessario dolo specifico di avvantaggiare l’organizzazione di appartenenza.
Anche il contenuto COGNOMEa conversazione del 18/10/2017 tra il NOME e l’NOME non consentirebbe di ipotizzare che i pagamenti da effettuare una volta avuta la necessaria liquidità non fossero destinati agli impiegati COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE.
2.9.2. Quanto all’affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 8) COGNOME‘imputazione (che il ricorrente indica erroneamente come capo 7), il NOME denuncia l’illogicità COGNOMEa motivazione là dove la Corte d’appello di Palermo pretenderebbe di trarre dal contenuto COGNOME‘intercettata conversazione del 12/06/2017 tra lo stesso NOME e NOME COGNOME, nella quale il NOME affermava di possedere un negozio di caffè (pagg. 104-105 COGNOMEa sentenza impugnata), un collegamento tra il bar “RAGIONE_SOCIALE” e il NOME. Inoltre, la Corte d’appello di Palermo non spiegherebbe quale sarebbe la connessione probatoria tra l’effettiva proprietà del bar “RAGIONE_SOCIALE” e la palestra “RAGIONE_SOCIALE” con sede all’interno di un immobile di proprietà COGNOME‘imputato.
Con riguardo al contenuto COGNOME‘intercettata conversazione del 17/11/2017 tra il NOME e NOME COGNOME (pag. 105 COGNOMEa sentenza impugnata), il ricorrente lamenta di avere inutilmente prodotto sia l’ordinanza del Tribunale del riesame sia le motivazioni rese sul punto nella sentenza n. 565/2020, confermata dalla sentenza di appello n. 387/2022, divenuta irrevocabile il 08/09/2022, atti dai quali sarebbe risultato come la suddetta conversazione non dimostrasse l’esercizio, da parte del NOME, di un concreto potere gestorio sul bar “RAGIONE_SOCIALE” o, comunque, di una signoria sulla relativa RAGIONE_SOCIALE. Né la Corte d’appello di Palermo si sarebbe confrontata con l’assenza di prova che il NOME abbia fatto propri gli utili COGNOMEa stessa RAGIONE_SOCIALE. Il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Palermo, anche violando l’art. 238-bis cod. proc. pen., attesa la valutazione che del contenuto COGNOMEa suddetta conversazione era stata già fatta, con una pronuncia ormai definitiva, da due giudici di merito, avrebbe travisato lo stesso contenuto, dal quale sarebbe emersa l’esclusione che il NOME: a) NOME esercitato alcuna ingerenza sulla gestione COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE, avendo affidato il bar in gestione al COGNOME
(«questo bar me lo gestiscono alcuni amici»); b) NOME partecipato agli utili COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE.
Con riguardo alle intercettate affermazioni del NOME, riportate alla pag. 106 COGNOMEa sentenza impugnata, con le quali l’imputato si era lamentato COGNOME‘ingratitudine dei fratelli COGNOME, i quali avevano usufruito del bar per 4 ann facendo poi intendere, nell’ipotizzare di chiedere loro C 500,00 al mese, che i due fratelli non gli avevano mai corrisposto somme di denaro, il ricorrente afferma che «tali dati confliggono insuperabilmente con la ipotizzata creazione di una situazione di apparenza giuridica e formale nella titolarità o disponibilità COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE, difforme dalla realtà; l’RAGIONE_SOCIALE, invero, risulta essere stata gestit dai COGNOME che hanno fatto propri anche gli utili COGNOME‘attività, sfruttando, al pi beni strumentali che NOME NOME affermato essere di sua proprietà. In ogni caso, difetta in radice la dimostrazione, anche RAGIONE_SOCIALE indiziaria, del dolo specifico del delitto».
Il NOME, nel sottolineare come la Corte d’appello di Palermo non si confronti con il dato esposto dal Tribunale di Marsala secondo cui la prova del dolo specifico si trarrebbe dal fatto che egli dal 2017 (esattamente, dal 16/11/2017) aveva avuto conoscenza COGNOME‘esistenza di indagini a proprio carico, sicché da quella data aveva trasferito a terzi la titolarità di quote societarie e aveva intestato a terzi le impr e le società di nuova costituzione, rappresenta che, nel caso di specie, egli è titolare di RAGIONE_SOCIALEse, società e quote di società, ciò che militerebbe in senso contrario rispetto al suo asserito timore di essere colpito da misure di prevenzione patrimoniali e al suo fine di eluderne l’applicazione, tanto più con riguardo all’RAGIONE_SOCIALE in questione che era stata costituita prima COGNOME‘avvio COGNOMEe indagini a suo carico.
2.9.3. Quanto all’affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 10) COGNOME‘imputazione (che il ricorrente indica erroneamente come capo 8), il NOME ribadisce l’assenza, anche in questo caso, del dolo specifico del delitto, e lamenta di avere inutilmente prodotto, anche con riguardo ai fatti di cui al capo d’imputazione in considerazione, sia l’ordinanza del Tribunale del riesame sia le motivazioni rese sul punto nella sentenza n. 565/2020, confermata dalla sentenza di appello n. 387/2022, divenuta irrevocabile il 08/09/2022, e ribadisce che dalle intercettate conversazioni che vengono citate dalla Corte d’appello di Palermo non risulterebbe affatto che egli esercitasse un concreto potere gestorio sull’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” o che ne percepisse gli utili.
Anzitutto, la conversazione del 08/02/2018, nella quale il NOME aveva affermato che «ho pure una società di trasporti» (pag. 109 COGNOMEa sentenza impugnata), sarebbe del tutto generica e non potrebbe, perciò, essere ricondotta all’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE. Anche il riferimento a «una società», piuttosto che a
un’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, indurrebbe a escludere che il riferimento fosse all’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorrente rappresenta poi che alcune COGNOMEe conversazioni tra il NOME e il NOME , valorizzate dalla Corte d’appello di Palermo, erano antecedenti la costituzione COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” (avvenuta il 19/07/2017), sicché dalle stesse non si potrebbe desumere la titolarità, in capo al NOME, di un’RAGIONE_SOCIALE non ancora costituita.
Ancora, le intercettate conversazioni valorizzate dalla Corte d’appello di Palermo attesterebbero al più un interessamento del NOME nell’acquisto di alcuni RAGIONE_SOCIALEmezzi ma non l’esercizio di un potere gestorio o di una signoria sull’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“. In particolare: a) la conversazione del 02/01/2017 avrebbe una valenza neutra, atteso che gli interlocutori facevano riferimento a una non meglio specificata questione attinente a Salaparuta; b) la conversazione del 26/06/2017 attesterebbe un interesse del NOME a fornire a sue spese al Comune di Campobello di Mazara un servizio navetta che garantisse i collegamenti tra una comunità di accoglienza che egli intendeva aprire e il centro del suddetto Comune; c) dalla conversazione del 27/02/2018, come sottolineato nel proprio atto di appello, risultava che il mezzo acquistato dal COGNOME per conto e nell’interesse del NOME doveva essere intestato alla RAGIONE_SOCIALE, di cui il RAGIONE_SOCIALE era socio unico e palese, il che escluderebbe ogni finalità elusiva COGNOME‘operazione e spiegherebbe perché il pagamento del mezzo fosse stato effettuato dal NOME, con ciò trovando dimostrazione anche l’illogicità COGNOMEa motivazione e la sua carenza rispetto a uno specifico motivo di doglianza COGNOME‘atto di appello, là dove la Corte d’appello di Palermo afferma che «[s]e effettivamente, come ha sostenuto la difesa, NOME fosse stato titolare dì un’altra “società” di trasporti, ben avrebbe potuto indicarla» (pagg. 110-11 COGNOMEa sentenza impugnata); d) la conversazione del 20/10/2017, nella quale il COGNOME si sfogava con il NOME lamentandosi, parlando al plurale, di avere pagato il pulmino più del suo valore, non sarebbe, neppure essa, significativa. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Insomma, le conversazioni menzionate attesterebbero l’interessamento, il coinvolgimento o, al più, il cointeresse del NOME nell’acquisto di RAGIONE_SOCIALEmezzi effettuato RAGIONE_SOCIALEnomamente dal COGNOME, senza che, però, la Corte d’appello di Palermo abbia evidenziato prove COGNOMEa riconducibilità COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE di questi al NOME, o che l’imputato gestisse la stessa RAGIONE_SOCIALE o ne percepisse gli utili.
In ogni caso, mancherebbe la prova, anche RAGIONE_SOCIALE indiziaria, del dolo specifico del delitto, a proposito COGNOMEa quale il ricorrente ribadisce quanto si è riassunt nell’ultimo capoverso del punto 2.9.2.
2.9.4. Quanto all’affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 7) COGNOME‘imputazione (che il ricorrente indica erroneamente come capo 10), il NOME
deduce che gli elementi valorizzati dalla Corte d’appello di Palermo non raggiungerebbero lo standard probatorio di cui all’art. 533 cod. proc. pen. in quanto non sarebbero idonei a smentire l’assunto difensivo secondo cui la cessione COGNOMEa quota del 10% di “RAGIONE_SOCIALE a NOME COGNOME era avvenuta «al RAGIONE_SOCIALE fine di risparmiare ed il bene al momento del suo trasferimento era del tutto privo di attività e di qualsivoglia consistenza che rendesse la condotta rilevante sotto il profilo COGNOMEa offensività e del pericolo, dovendosi dunque interpretare l’intervento COGNOME‘imputato al momento COGNOME‘accertamento da parte COGNOMEa PG, come una semplice consulenza amichevole, inidonea a dimostrare una interferenza gestionale».
Mancherebbe, comunque, la prova del dolo specifico del reato non essendovi prova del fondato timore di potere essere sottoposto a una misura di prevenzione patrimoniale e COGNOMEa volontà di eludere tale misura mediante l’intestazione fiduciaria di “RAGIONE_SOCIALE
2.10. Con il decimo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., la violazione di legge e la mancanza COGNOMEa motivazione, con riferimento agli artt. 125 e 546 cod. proc. pen. e agli artt. 62-bis, 81, 133 e 416-bis, quarto comma, cod. pen., relativamente al trattamento sanzionatorio.
Il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Palermo avrebbe del tutto omesso di motivare in ordine alle proprie doglianze, avanzate nell’atto di appello, relative al trattamento sanzionatorio, con particolare riguardo alla pena base irrogata, alla mancata concessione COGNOMEe circostanze attenuanti generiche e agli aumenti di pena per la continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente, è necessario rammentare alcuni principi che sono stati affermati dalla Corte di cassazione in tema di cosiddetta “doppia conforme”, di limiti al sindacato COGNOMEa stessa Corte di cassazione sulla motivazione e sull’interpretazione e la valutazione del contenuto di conversazioni intercettate, e, infine, di partecipazione a un’RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso.
Anzitutto, costituisce un orientamento consolidato COGNOMEa Corte di cassazione quello secondo cui, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, rico la cosiddetta “doppia conforme” quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione COGNOMEe prov con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (tra le tante: Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218-01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME,
Rv. 257595-01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, NOME, Rv. 25261501).
È parimenti consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, il principio secondo cui, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, il vizio di travisamento COGNOMEa prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento COGNOMEe risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro COGNOMEa non corrispondenza COGNOMEe motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio COGNOMEe parti (Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, COGNOME, Rv. 280155-01; Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018-01; Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, COGNOME, Rv. 256837-01).
Costituisce, ancora, un principio pacificamente accolto dalla Corte di cassazione – e anch’esso, come i precedenti, condiviso dal Collegio – quello secondo cui, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi COGNOMEa motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali a imporre una diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti COGNOME‘attendibilità, COGNOMEa credibilità, COGNOMEo spessore COGNOMEa valenza probatori del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 28074701; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965-01).
3. La Corte di cassazione ha altresì chiarito che, in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto COGNOMEe conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti COGNOMEa manifesta illogicità e irragionevolezza COGNOME motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337-01; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389-01; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784-01).
4. Il primo comma COGNOME‘art. 416-bis cod. pen. prevede la punibilità per il semplice «fa[r] parte di un’RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso». A livello di struttura, i delitto si deve classificare come un reato a forma libera e di pura condotta, in
quanto si perfeziona con il compimento di una determinata azione, ossia, con l’entrare a far parte di un’RAGIONE_SOCIALE del tipo indicato.
La Corte di cassazione (Sez. U, n. 33745 del 12/072005, COGNOME, Rv. 231670-01. Successivamente, tra le tante: Sez. 2, n. 56088 del 12/10/2017, COGNOME, Rv. 271698-01) ha chiarito che le forme COGNOMEa partecipazione possono essere le più diverse, possono essere non appariscenti e possono assumere connotati che coincidono, all’apparenza, con le normali esplicazioni COGNOMEa vita quotidiana e lavorativa (come avviene, per esempio, per l’RAGIONE_SOCIALEnditore colluso) e che ciò che rileva è la messa a disposizione – in via tendenzialmente durevole e continua – COGNOMEe proprie energie per il conseguimento dei fini criminosi comuni, nella consapevolezza del contributo fornito dagli altri associati e COGNOMEa metodologia sopraffattoria propria del sodalizio. “Messa a disposizione” che deriva dall’essere stato ammesso nell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE da parte di un singolo, il quale, mettendosi a disposizione per il perseguimento dei comuni fini criminosi, accresce, per ciò RAGIONE_SOCIALE, la potenziale capacità operativa e la temibilità COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE. Si richiede, comunque, la prova COGNOME‘inserimento nell’RAGIONE_SOCIALE e cioè la dimostrazione che il singolo aderente sia stato “assunto” nel gruppo criminale e venga considerato membro o dalla totalità dei componenti o comunque da alcuno degli NOME di vertice. La prova principale COGNOMEa partecipazione è quindi legata all’acquisizione COGNOMEa formalità di componente del gruppo indipendentemente dal compimento di atti illeciti o di altri atti idonei a rafforzarne la struttura operat ove, però, tale prova manchi e cioè non sia stata acquisita la dimostrazione COGNOME‘inserimento formale, effettivo, del singolo nella cosca RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE o di ‘RAGIONE_SOCIALE, per ciò RAGIONE_SOCIALE non può essere esclusa la prova COGNOMEa partecipazione potendosi la stessa aliunde ricavare proprio dal compimento di una o più attività significative nell’interesse COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso. Posto, infatti, che membro sia chi sia stato inserito nel gruppo criminale e aderendovi abbia così rafforzato la struttura criminale operativa del gruppo, sia chi abbia volontariamente e consapevolmente contribuito alla realizzazione degli scopi illeciti COGNOME‘ente criminale volendone far parte, non si può escludere che, mancando la dimostrazione COGNOME‘inserimento formale, sia possibile acquisire la prova del coinvolgimento attraverso la dimostrata partecipazione a delitti-fine ovvero ad altre attività COGNOMEa cosca che assumano una significatività tale da dimostrare proprio lo stabile inserimento nel contesto criminale di quel determinato gruppo mafioso/camorristicofndranghetistico. In assenza, invece, di dimostrazione COGNOME‘inserimento stabile o comunque formale ovvero COGNOMEa partecipazione a uno o più delitti-fine o, comunque, ad attività inequivocabilmente significative per la vita associativa criminale, la prova COGNOMEa partecipazione non si potrà dire raggiunta. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Le Sezioni unite COGNOMEa Corte di cassazione hanno più di recente ribadito che la condotta di partecipazione ad RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento COGNOME‘agente nella struttura organizzativa COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua “messa a disposizione” in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889-01).
Quanto alla distinzione tra la condotta di partecipazione ad RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e il concorso esterno, è stato precisato che essa non ha natura meramente quantitativa, ma è collegata all’organicità del rapporto tra il singolo e l RAGIONE_SOCIALE, per cui deve essere qualificato come contributo di partecipazione quello del soggetto cui sia stato attribuito un ruolo nel sodalizio, anche se lo stesso non abbia mai avuto occasione di attivarsi, mentre, al contrario, va qualificato come contributo concorsuale “esterno” quello COGNOME‘extraneus, sulla cui disponibilità il sodalizio non può contare, che sia stato più volte contattato per tenere determinate condotte agevolative, concordate sulla base di RAGIONE_SOCIALEnome determinazioni (Sez. 2, n. 35185 del 21/09/2020, Cangiano, Rv. 280458-02, relativa a una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la condanna per partecipazione ad RAGIONE_SOCIALE di stampo mafioso COGNOME‘imputato che, divenuto direttore del reparto di ingegneria di una struttura ospedaliera grazie al diretto interessamento COGNOMEa cosca, aveva garantito in maniera sistematica l’affidamento e l’aggiudicazione di appalti a NOME del mondo RAGIONE_SOCIALEnditoriale vicini al clan).
Sul piano probatorio, la partecipazione a un’RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso può essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole d esperienza attinenti propriamente al fenomeno COGNOMEa criminalità di stampo mafioso, si possa logicamente inferire l’appartenenza del soggetto al sodalizio, purché si tratti di indizi gravi e precisi, come, per esempio, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di “osservazione” e “prova”, l’affiliazione rituale, l’investitur COGNOMEa qualifica di “uomo d’onore”, la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici e significativi facta concludentia, idonei senza alcun RAGIONE_SOCIALEmatismo probatorio a dare la sicura dimostrazione COGNOMEa costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, cit; Sez. 1, n. 1470 del 11/12/2007, dep. 2008, Addante, Rv. 238839-01).
Richiamati tali principi, affermati dalla Corte di cassazione, il primo, i secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo – i quali, per la loro eviden connessione, possono essere scrutinati congiuntamente – non sono consentiti.
La Corte d’appello di Palermo ha confermato l’affermazione di responsabilità del NOME NOME il reato di partecipazione all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” sotto l’egida, in particolare, COGNOMEa famiglia di Campobello di Mazara, facente parte
del mandamento di Castelvetrano, ma con rapporti anche con il mandamento di Mazara del Vallo – sulla base di plurimi indicatori fattuali, i quali erano emersi, principalmente (anche se non esclusivamente), dal contenuto di conversazioni intercettate.
In primo luogo, l’indicatore costituito dal fatto che, dal compendio probatorio, era risultato come il NOME – RAGIONE_SOCIALEnditore che operava nel settore dei RAGIONE_SOCIALE e COGNOMEe RAGIONE_SOCIALE e che frequentava abitualmente diversi soggetti anche di NOME di “RAGIONE_SOCIALE” (come NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME) – assicurasse ai membri di tale sodalizio criminoso sostegno economico in denaro o ai fini COGNOME‘apertura di agenzie di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE o, comunque, del reperimento di un’attività lavorativa, in particolare: a) sostegno economico in denaro a NOME COGNOME, appartenente alla famiglia di RAGIONE_SOCIALE di Campobello di Mazara, e a sua moglie NOME COGNOME durante la detenzione COGNOMEo stesso NOME COGNOME (pagg. 26-28 COGNOMEa sentenza impugnata); b) dazioni di denaro (C 500,00 al mese) a NOME COGNOME, anch’egli membro COGNOMEa famiglia RAGIONE_SOCIALE di Campobello di Mazara, somma che doveva essere erogata a valere sui proventi dall’occulta partecipazione all’RAGIONE_SOCIALE “NOME COGNOME” (pagg. 28-30 COGNOMEa sentenza impugnata); c) aiuto a NOME COGNOME, anch’egli membro COGNOMEa famiglia RAGIONE_SOCIALE di Campobello di Mazara, ai fini COGNOME‘apertura di un’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (pagg. 30-32 COGNOMEa sentenza impugnata); d) dazioni di denaro e sostegno nel reperimento di un posto di lavoro in favore di NOME COGNOME, già condannato per concorso esterno in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (pagg. 32-42 COGNOMEa sentenza impugnata); e) dazioni di denaro «affatto modeste» a NOME COGNOME, reggente dal mandamento mafioso di Mazara del Vallo (pag. 46 COGNOMEa sentenza impugnata).
In secondo luogo, l’indicatore costituito dal fatto che, dallo stesso compendio probatorio, era risultato come l’indicato sostegno che il NOME forniva, sotto forma di elargizioni in denaro e di procacciamento di occasioni di lavoro, ai menzionati membri del sodalizio criminoso, lungi dall’essere il frutto di una (peraltro mai specificata) coartazione ai danni COGNOMEo stesso NOME o, comunque, di una pressione ambientale, si doveva ritenere connotato piuttosto nei termini di un libero accordo basato sulla reciprocità, con riguardo al sostegno che il NOME riceveva da “RAGIONE_SOCIALE” nell’esercizio COGNOMEa propria attività RAGIONE_SOCIALEnditoriale nel settore dei RAGIONE_SOCIALE e COGNOMEe RAGIONE_SOCIALE, come emergeva, tra l’altro: a) dall’apertura COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE del COGNOMERAGIONE_SOCIALE, nonostante il NOME lo ritenesse un cattivo affare, RAGIONE_SOCIALE nella prospettiva del sostegno reciproco tra sodali e per rispettare gli accordi con NOME COGNOME (pag. 31 COGNOMEa sentenza impugnata); b) dalla comune intromissione, del NOME e COGNOMEa famiglia RAGIONE_SOCIALE, nella vita politica del Comune di Campobello di Mazara, funzionale a potere poi assicurare dei posti di lavoro ai
sodali (pagg. 36-43 COGNOMEa sentenza impugnata); c) dall’aiuto fornito al NOME da NOME COGNOME rispetto al concorrente COGNOMEo stesso NOME “NOME” (pagg. 52-53 COGNOMEa sentenza impugnata); d) dalla “protezione” ricevuta dal NOME con riguardo a vicende che avevano interessato alcuni locali (i bar “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“) nei quali erano state collocate lo slot machines di “RAGIONE_SOCIALE (pag. 59 COGNOMEa sentenza impugnata) ; e) dall’estensione degli affari del NOME, il quale operava principalmente a Campobello di Mazara (facente parte del mandamento di Castelvetrano), nella zona del marsalese, che faceva parte del mandamento di Mazara del Vallo, con l’aiuto e la protezione del sodalizio (pagg. 55, 57-58, 60, 62, 65).
La Corte d’appello di Palermo ha ,altresì,diffusamente argomentato in ordine alle ragioni per le quali RAGIONE_SOCIALE (nella quale lavorava lo zio del NOME NOME), ancorché fosse intestata a NOME COGNOME, si dovesse in realtà ritenere essere sotto il diretto controllo COGNOMEo stesso NOME (pagine 53 e seguenti COGNOMEa sentenza impugnata).
In terzo luogo, gli indicatori costituiti dal fatto che, dalle conversazi intercettate, era emerso che il NOME: a) si rapportava con i partecipi di “RAGIONE_SOCIALE” su un piano assolutamente paritario (pagg. 28 e 68-69, nelle quali ultime si evidenzia come il NOME si potesse anche permettere di riprendere con forza NOME COGNOME, capo COGNOMEa famiglia RAGIONE_SOCIALE di Campobello di Mazara, per non essersi adeguatamente attivato per il recupero del credito vantato da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME); b) fosse posto al corrente di vicende riservatissime di “RAGIONE_SOCIALE“, le quali, come tali, si dovevano ritenere certamente non comunicabili a un extraneus (pagg. 66, 69); c) conoscesse e rispettasse le regole di “RAGIONE_SOCIALE“, con riguardo sia alla “competenza” territoriale dei vari mandamenti sia alle gerarchie all’interno degli stessi (pagg 69-70 COGNOMEa sentenza impugnata).
In quarto luogo, l’indicatore costituito dal fatto che il NOME, dinnan all’esigenza di recuperare il menzionato credito del COGNOME nei confronti del COGNOME si fosse senz’altro rivolto a un membro COGNOMEa famiglia RAGIONE_SOCIALE di Campobello di Mazara, di più, al capo di tale famiglia NOME COGNOME (rivolgendosi a lui con RAGIONE_SOCIALErità tanto da permettersi anche, come si è detto, di rimproverarlo per la sua inerzia).
La deduzione, da tali indicatori fattuali, da parte COGNOMEa Corte d’appello d Palermo, COGNOME‘esistenza di un rapporto organico del NOME con “RAGIONE_SOCIALE“, per essere stati gli stessi indicatori ritenuti significativi di uno stabile inserim nell’RAGIONE_SOCIALE criminosa da parte COGNOME‘imputato – sulla disponibilità del quale la stessa RAGIONE_SOCIALE poteva contare ai fini del sostentamento, sia economico sia lavorativo, dei suoi membri, ricevendone, in cambio, il NOME, aiuto e protezione per le proprie RAGIONE_SOCIALEse – appare, oltre che rispettosa COGNOME‘art. 416-bis cod. pen. e
in linea con i principi che sono stati affermati dalla Corte di cassazione a proposito del reato di partecipazione a un’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, priva di contraddizioni e di illogicità manifeste, sicché essa si sottrae a censure in questa sede di legittimità.
In particolare, alle censure del ricorrente, le quali, ad avviso del Collegio, lung dall’evidenziare degli effettivi travisamenti COGNOMEe risultanze probatorie, tali da f emergere, in termini inequivocabili, la non corrispondenza COGNOMEe motivazioni COGNOMEe conformi sentenze dei giudici di merito all’acquisito compendio probatorio, appaiono tradursi, nella sostanza, in una contestazione COGNOMEa mera persuasività COGNOMEa motivazione o nella sollecitazione di una differente valutazione del significato probatorio da attribuire alle diverse prove o nell’evidenziazione di ragioni in fatt per giungere a conclusioni differenti in ordine alla valenza probatoria dei vari elementi di prova, il che, come si è detto, non è possibile fare in sede di legittimità
La logicità COGNOMEa motivazione COGNOMEa partecipazione del NOME a “RAGIONE_SOCIALE“, in quanto soggetto “a disposizione” di tale RAGIONE_SOCIALE, il quale garantiva, in modo sistematico, ai membri di essa, il sostegno di cui si è detto, esclude poi logicamente che lo stesso NOME si potesse ritenere un mero concorrente esterno.
6. Il sesto motivo è manifestamente infondato.
Nel giudizio d’appello, la rinnovazione COGNOME‘istruttoria dibattimentale, previst dall’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., è subordinata alla verifica COGNOME‘incompletezza COGNOME‘indagine dibattimentale svolta in primo grado e alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria. Tale accertamento è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità s correttamente motivata (Sez. 6, n. 8936 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 262620-01; Sez. 4, n. 18660 del 19/02/2004, COGNOME, Rv. 228353-01; Sez. 4, n. 4981 del 05/12/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv. 229666-01).
L’impossibilità di decidere allo stato degli atti sussiste unicamente quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonché quando l’incombente richiesto sia decisivo, nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero sia di per sé oggettivamente idoneo a inficiare ogni altra risultanza (Sez. 6, n. 20095 del 26/02/2013, COGNOME, Rv. 256228-01; Sez. 3, n. 35372 del 23/05/2007, COGNOME, Rv. 237410-01).
Nel caso di specie, la Corte d’appello di Palermo, con l’impugnata ordinanza del 20/12/2022, ha dato conto COGNOMEe ragioni per le quali ha ritenuto insussistente il presupposto di legge COGNOMEa necessità COGNOMEa sollecitata rinnovazione COGNOME‘istruttori dibattimentale, affermando come la richiesta rinnovazione istruttoria, relativa alla vicenda che aveva visto coinvolto il Carabiniere NOME COGNOME, fosse inconferente ai fini COGNOMEa decisione.
Tale motivazione appare sufficiente e logicamente corretta, atteso anche che l’asserita decisività del verbale di interrogatorio del suddetto NOME COGNOME, COGNOMEa richiesta di archiviazione del procedimento a suo carico e del decreto di archiviazione, oltre che COGNOME‘esame COGNOMEo stesso NOME COGNOME, appare palesemente smentita dal fatto che, diversamente da quanto mostra di ritenere il ricorrente, nessun rilievo decisivo, al fine di stabilire se il COGNOME fosse o no partecipe in “RAGIONE_SOCIALE“, avrebbe potuto essere attribuito né al fatto che la moglie COGNOMEo stesso ricorrente sig.ra COGNOME NOME deciso di denunciare ai RAGIONE_SOCIALE, anziché a “RAGIONE_SOCIALE“, l’episodio del biglietto che aveva trovato sul parabrezza COGNOMEa propria RAGIONE_SOCIALEmobile, né all’opinione che l’asserito truffatore (qualità ritenuta peraltro dubbia dal pubblico ministero, che aveva perciò chiesto l’archiviazione) potesse avere avuto riguardo alla stessa partecipazione, atteso che questa doveva essere accertata, come era stato fatto, sulla base di precisi elementi probatori e non di soggettive reazioni (quella COGNOMEa sig.ra COGNOME di denunciare il fatto ai RAGIONE_SOCIALE) o opinioni (quelle che avrebbe asseritamente avuto il Carabiniere COGNOME).
Il settimo motivo è: 1) manifestamente infondato con riguardo alla conferma COGNOMEa sussistenza COGNOMEa circostanza aggravante COGNOME‘essere l’RAGIONE_SOCIALE armata di cui al quarto comma COGNOME‘art. 416-bis cod. pen.; 2) fondato con riguardo alla conferma COGNOMEa sussistenza COGNOMEa circostanza aggravante COGNOME‘avere finanziato le attività economiche di cui gli associati intendevano assumere o mantenere il controllo con il prodotto o il profitto di delitti di cui al sesto comma COGNOME‘art. bis cod. pen.
7.1. Quanto alla conferma COGNOMEa sussistenza COGNOMEa circostanza aggravante COGNOME‘essere l’RAGIONE_SOCIALE armata di cui al quarto comma COGNOME‘art. 416-bis cod. pen., si deve rammentare che giurisprudenza COGNOMEa Corte di cassazione è costante nel senso che tale circostanza aggravante: a) ha natura oggettiva; b) va riferita all’intera RAGIONE_SOCIALE di cui si fa parte (pertanto, nella specie, a “RAGIONE_SOCIALE” e non alla famiglia di Campobello di Mazara); c) è addebitabile al singolo associato che sia consapevole COGNOMEa disponibilità di armi da parte COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE o ignori per colpa tale disponibilità.
Con specifico riguardo a “RAGIONE_SOCIALE“, è stato in particolare affermato che: a) in tema di partecipazione ad RAGIONE_SOCIALE di stampo mafioso, l’aggravante prevista dall’art. 416-bis, quarto comma, cod. pen., è configurabile a carico di ogni partecipe che sia consapevole del possesso di armi da parte degli associati o lo ignori per colpa. Con riferimento alla stabile dotazione di armi COGNOME‘organizzazione RAGIONE_SOCIALE denominata “RAGIONE_SOCIALE” si può ritenere che la circostanza costituisca fatto notorio non ignorabile (Sez. 1, n. 5466 del 18/04/1995, Farinella, Rv. 201650-01); b) in senso analogo, in tema di partecipazione ad RAGIONE_SOCIALE di
stampo mafioso, la circostanza aggravante prevista dall’art. 416-bis, q comma, cod. pen., è configurabile a carico di ogni partecipe che sia consape del possesso di armi da parte degli associati o lo ignori per colpa (Sez. 1, n del 28/09/1998, NOME, Rv. 211901-01, relativa a una fattispecie concernen l’RAGIONE_SOCIALE per delinquere di stampo mafioso denominata “RAGIONE_SOCIALE“, i riferimento alla quale la Corte ha affermato che, data la sua stabile dotazi armi, questa costituisca fatto notorio non ignorabile); c) in tema di associ per delinquere di stampo mafioso, non si espone a censura la sentenza del giud di merito che ritiene sussistente l’aggravante COGNOMEa disponibilità COGNOMEe arm all’art. 416-bis, quarto comma, cod. pen., quando il delitto associativo è con agli appartenenti di una famiglia RAGIONE_SOCIALE aderente all’organizzazione denomin “RAGIONE_SOCIALE“, anche nel caso in cui la disponibilità COGNOMEe armi è provata a di un RAGIONE_SOCIALE appartenente (Sez. 5, n. 18837 del 05/11/2013, dep. 2014, Corso, 260919-01); d) in tema di associazioni di tipo mafioso storiche (nella specie, RAGIONE_SOCIALE“), per la configurabilità COGNOME‘aggravante COGNOMEa disponibilità di armi richiesta l’esatta individuazione COGNOMEe stesse, ma è sufficiente l’accertam fatto, COGNOMEa disponibilità di un armamento, desumibile anche dalle risul emerse nella pluriennale esperienza storica e giudiziaria, essendo questi ele da considerare come utili strumenti di interpretazione dei risultati probator 2, n. 22899 del 14/12/2022, dep. 2023, Seminara, Rv. 284761-01).
Nel caso in esame, la Corte d’appello di Palermo ha appurato che non so “RAGIONE_SOCIALE“, di cui la famiglia di Campobello di Mazara costitu un’articolazione, disponeva di armi, ma anche che: a) anche tale famiglia maf (così come quella di Ccastelvetrano) disponeva di armi, come risultava da plur acquisite sentenze passate in giudicato; b) anche diversi dei soggetti con i NOME si era ripetutamente relazionato (come NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) erano stati condannati per il reato di cui all’art. 416pen. aggravato dall’essere l’RAGIONE_SOCIALE armata.
A fronte dei ricordati principi di diritto affermati dalla Corte di cassazi tali accertamenti in fatto, si deve ritenere che del tutto correttamente d’appello di Palermo abbia ritenuto sia la disponibilità di armi i all’RAGIONE_SOCIALE e, in particolare, alla famiglia RAGIONE_SOCIALE di Campobello di Ma sia la conoscenza o, comunque, l’ignoranza colpevole, da parte del NOME, di disponibilità, avendo, altresì, sempre correttamente escluso che potes assumere rilievo, in senso contrario, i fatti che, nel procedimento, non f state rinvenute armi né fosse stato accertato l’uso COGNOMEe stesse d COGNOME‘imputato.
7.2. Quanto alla conferma COGNOMEa sussistenza COGNOMEa circostanza aggrava COGNOME‘essere le attività economiche di cui gli associati intendono assu
mantenere il controllo finanziate con il prezzo, il prodotto e il profitto di più recente giurisprudenza COGNOMEa Corte di cassazione è orientata nel senso che circostanza aggravante: a) ha natura oggettiva e deve essere riferita all’ COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE e non necessariamente alla condotta del singolo partecipe richiede un apporto di capitale nelle attività economiche che corrispon reinvestimento COGNOMEe utilità che sono state procurate dalle azioni criminose RAGIONE_SOCIALE; c) richiede altresì che tale reinvestimento si concreti nell’in in strutture produttive destinate a prevalere, nel territorio di insediamen altre che offrono beni o servizi analoghi.
La Corte di cassazione ha in particolare affermato che: a) ai fini configurabilità COGNOME‘aggravante di cui all’art. 416-bis, sesto comma, cod. pen ricorre quando gli associati intendono assumere il controllo di attività econom finanziando l’iniziativa, in tutto o in parte, con il prezzo, il prodotto o il delitti – occorre, in primo luogo, una particolare dimensione COGNOME‘a economica, nel senso che essa va identificata non in singole operazi commerciali o nello svolgimento di attività di gestione di singoli eserci nell’intervento in strutture produttive dirette a prevalere, nel ter insediamento, sulle altre strutture che offrano gli stessi beni o servizi. necessario che l’apporto di capitale corrisponda a un reinvestimento COGNOMEe u procurate dalle azioni criminose, essendo proprio questa spirale sinergica di delittuose e di intenti antisociali a richiedere un più efficace intervento re La suddetta aggravante deve, inoltre, essere riferita all’attività COGNOME‘assoc non alla condotta del singolo partecipe e ha, pertanto, natura oggettiva (S n. 12251 del 25/01/2012, Monti, Rv. 252172-01, con la quale la Corte, applicazione di tale principio, ha censurato la decisione con cui il giudice di aveva ritenuto la sussistenza COGNOME‘aggravante di cui all’art. 416-bis, sesto cod. pen., ritenendo anapoditticamente certo che i proventi COGNOMEe estorsioni sodalizio era dedito fossero reinvestiti nelle attività economiche gestite degli interessati alla vicenda, in assenza, tra l’altro, di verifiche in titolarità, alle dimensioni e tipologia COGNOME‘attività nonché alla data di co COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE e alle forme di finanziamento di essa); b) la circostanza aggrava cui all’art. 416-bis, sesto comma, cod. pen., ricorre quando l’attività eco finanziata con il provento dei delitti esecutivi del programma del sodalizio n limitata a singole operazioni commerciali o alla gestione di singoli esercizi concreti nell’intervento in strutture produttive dirette a prevalere, nel territorio di insediamento, sulle altre che offrano beni o servizi analoghi (Sez. 5, n. 493 05/11/2019, Cordone, Rv. 277653-01, con la quale la Corte, in applicazione tale principio, ha annullato la sentenza di merito che aveva riconos l’aggravante nei confronti di un soggetto, depositario dei proventi del traf Corte di Cassazione – copia non ufficiale
stupefacenti gestito dal sodalizio, senza tuttavia investirli in attività economiche) c) ai fini COGNOMEa configurabilità COGNOME‘aggravante di cui all’art. 416-bis, sesto comm cod. pen. – che ricorre quando gli associati intendano assumere il controllo di attività economiche, finanziando l’iniziativa, in tutto o in parte, con il prezz prodotto o il profitto di delitti e che ha natura oggettiva dovendo essere riferit all’attività COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE e non alla condotta del singolo partecipe – occorre si un intervento in strutture produttive dirette a prevalere, nel territorio insediamento, sulle altre strutture che offrono gli stessi beni o servizi, sia c l’apporto di capitale corrisponda a un reinvestimento COGNOMEe utilità procurate dalle azioni criminose, essendo proprio il collegamento tra azioni delittuose e intenti antisociali a richiedere un più efficace intervento repressivo (Sez. 5, n. 9108 del 21/10/2019, dep. 2020, Stucci, Rv. 278796-01, con la quale la Corte, in applicazione di tale principio, ha censurato la decisione del giudice di merito che aveva configurato l’aggravante in presenza di investimenti in alcune attività commerciali, senza valutare le dimensioni COGNOMEe attività economiche acquisite e la loro eventuale prevalenza rispetto alle altre strutture produttive operanti nel territorio di insediamento); d) la circostanza aggravante di cui al sesto comma COGNOME‘art. 416-bis cod. pen. – che si configura ove le attività economiche di cui gl associati intendano assumere o mantenere il controllo siano finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti – ha natura oggettiva riferita all’attività COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE e non necessariamente alla condotta del singolo partecipe, il quale, nel caso di associazioni cosiddette storiche come RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, ne risponde per il RAGIONE_SOCIALE fatto COGNOMEa partecipazione, dato che – appartenendo da anni al patrimonio conoscitivo comune che dette associazioni operano nel campo economico utilizzando e investendo i profitti di delitti che tipicamente pongono in essere in esecuzione del loro programma criminoso un’ignoranza al riguardo in capo a un soggetto che sia ad alcuna di tali associazioni affiliato è inconcepibile (Sez. 2, n. 23890 del 01/04/2021, Aieta, Rv. 281463-02). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
È necessario segnalare anche quell’orientamento COGNOMEa Corte di cassazione secondo cui, in tema di RAGIONE_SOCIALE a delinquere di stampo mafioso, aggravata ai sensi COGNOME‘art. 416-bis, sesto comma, cod. pen., si ha reinvestimento COGNOMEe utilità procurate dalle azioni delittuose anche quando al soggetto passivo viene imposto, con violenza o minaccia, di far assegnare lavori in appalto a RAGIONE_SOCIALEse colluse o di cedere attività commerciali in favore di prestanome mafiosi, atteso che, in tali ipotesi, il profitto ingiusto del delitto estorsivo è costituito dalla remunerazione lavori e dei servizi svolti dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che si giova COGNOME‘imposizione criminale, ovvero dai proventi derivanti dall’acquisizione COGNOME‘attività commerciale altrui, e il reimpiego si attua attraverso l’investimento di tale profitto nelle at
COGNOMEa medesima RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (Sez. 2, n. 21460 del 19/03/2019, COGNOME, Rv. 275586-02).
Nel caso in esame, la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sussistenza COGNOMEa circostanza aggravante in questione sulla base, essenzialmente, dei seguenti elementi: a) «l’esame COGNOMEa posizione di NOME con riferimento agli interessi COGNOMEa “RAGIONE_SOCIALE” presso i bar RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE»; b) il contenuto COGNOME‘intercettata conversazione del 10/11/2017 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME (progr. 620); c) «[l]a circostanza che soggetti mafiosi o strettamente legati ad ambienti mafiosi grazie all’aiuto del NOME e sotto l’egida COGNOMEo stesso abbiano avviato agenzie di RAGIONE_SOCIALE, con i connessi cospicui impegni economici, costituisce la rappresentazione più immediata COGNOME‘investimento in attività lecite svolto da RAGIONE_SOCIALE nel variegato contesto territoriale nel quale il NOME era attivamente operativo. Così è avvenuto ad esempio per COGNOME ma anche e come si è visto per il legame intercorrente tra NOME e NOME, che altro non era che la longa manus COGNOMEo stesso NOME nella attività prestata per conto COGNOMEa “RAGIONE_SOCIALE“».
Tale motivazione, anche alla luce dei ricordati principi di diritto che sono stat affermati dalla più recente giurisprudenza COGNOMEa Corte di cassazione, appare, tuttavia, manifestamente inadeguata.
A proposito di essa, si deve infatti rilevare che: a) quanto all’«esame COGNOMEa posizione di NOME NOME riferimento agli interessi COGNOMEa “RAGIONE_SOCIALE” presso i bar RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE», la Corte d’appello di Palermo ha del tutto ha omesso di precisare quale fosse la rilevanza di tali «interessi» ai fini COGNOMEa ritenu sussistenza COGNOMEa circostanza aggravante in considerazione; b) quanto al contenuto COGNOME‘intercettata conversazione del 10/11/2017 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, dallo stesso risultava la sollecitazione, da parte del COGNOME al NOME, ad aprire un centro RAGIONE_SOCIALE, senza che, tuttavia, fosse risultato che, a tale sollecitazione, NOME fatto poi seguito l’effettiva apertura, da parte d COGNOME, di un centro RAGIONE_SOCIALE (finanziato con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti); c) sempre a proposito di RAGIONE_SOCIALE – logicamente ritenuta f capo al COGNOME -, la Corte d’appello di Palermo ha omesso di indicare se reputasse che tale società fosse stata finanziata, in tutto o in parte, con il prezzo, il prodo o il profitto di delitti e, in caso affermativo, sulla base di quali elementi di p fosse pervenuta a reputare ciò; d) quanto all’apertura COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, considerato che si tratterebbe COGNOME‘unico effettivamente accertato caso di apertura, da parte di altri associati, di consimil agenzie, la Corte d’appello di Palermo avrebbe dovuto valutare anche la dimensione COGNOME‘attività economica che sarebbe stata finanziata da “RAGIONE_SOCIALE” con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti, al fine di verifi
reinvestimento COGNOMEe utilità procurate dalle azioni criminose del sodalizio fosse stato limitato al suddetto singolo esercizio del COGNOME‘COGNOME o si dovesse ritenere essersi concretato in un intervento nel settore dei RAGIONE_SOCIALE e COGNOMEe RAGIONE_SOCIALE diretto a prevalere, nel territorio di insediamento, sulle altre strutture che offrivano stesso servizio.
Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con riguardo alla circostanza aggravante di cui al sesto comma COGNOME‘art. 416-bis cod. pen., con rinvio a un’altra sezione COGNOMEa Corte d’appello di Palermo per un nuovo giudizio sul punto COGNOMEa stessa circostanza aggravante, il quale dovrà essere compiuto alla stregua dei ricordati principi di diritto enunciati dalla Corte di cassazione e, quin verificando se gli elementi probatori consentano (o no) di affermare che l’RAGIONE_SOCIALE alla quale il NOME è stato accertato appartenere aveva effettivamente finanziato, con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti, l’ economica dei RAGIONE_SOCIALE e COGNOMEe RAGIONE_SOCIALE e che il reinvestimento di tali prezzo, prodotto o profitto di delitti si era concretato in un intervento diretto a preval rispetto alle altre strutture del settore che operavano nel territorio insediamento.
L’ottavo motivo è manifestamente infondato.
La Corte d’appello di Palermo ha dato ampiamente e adeguatamente conto di come, dal contenuto COGNOMEe intercettate conversazioni tra il NOME e NOME COGNOME e tra il NOME e NOME COGNOME (nella quale ultima interveniva anche NOME COGNOME), risultasse pacificamente come: a) il NOME si fosse rivolto a NOME COGNOME (come si è detto, capo COGNOMEa famiglia RAGIONE_SOCIALE di Campobello di Mazara) perché si attivasse per recuperare il credito di € 140.000,00 che l’amico COGNOMEo stesso NOME NOME COGNOME vantava nei confronti COGNOME‘RAGIONE_SOCIALEnditore palermitano NOME COGNOME: b) l’COGNOME NOME aderito a tale richiesta del NOME; c) l’azione per il recupero del credito fosse stata effettivamente materialmente attuata da NOME COGNOME.
Ciò posto, con il motivo di ricorso si contesta tra l’altro che, come è stato ritenuto dalla Corte d’appello di Palermo, tale azione di recupero del credito si possa reputare essere stata compiuta con metodo mafioso e al fine di agevolare l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“.
8.1. Con riguardo al primo aspetto, si deve rammentare che, secondo la giurisprudenza COGNOMEa Corte di cassazione, la circostanza aggravante COGNOME‘utilizzo del cosiddetto metodo mafioso, attualmente prevista dall’art. 416.bis.1, comma 1, cod. pen., ha la funzione di reprimere il “metodo delinquenziale mafioso” ed è connessa non alla struttura e alla natura del delitto rispetto al quale la circostanz è contestata, quanto, piuttosto, alle modalità COGNOMEa condotta che evochino la forza
intimidatrice tipica COGNOME‘agire mafioso (Sez. 5, n. 22554 del 09/03/2018, COGNOME, Rv. 273190-01).
Pertanto, ai fini COGNOMEa configurabilità COGNOMEa circostanza aggravante, è necessario l’effettivo ricorso, nell’occasione delittuosa contestata, al “metodo mafioso”, i quale deve essersi concretizzato in un comportamento oggettivamente idoneo a esercitare sulle vittime del reato la particolare coartazione psicologica evocata dalla norma menzionata (e non può essere desunto dalla mera reazione COGNOMEe stesse vittime alla condotta tenuta dall’agente) (Sez. 2, n. 45321 del 14/10/2015, COGNOME, Rv. 264900-01; Sez. 6, n. 28017 del 26/05/2011, COGNOME, Rv. 250541-01; Sez. 6, n. 21342 del 02/04/2007, COGNOME, Rv. 236628-01). Cioè quella coartazione ben più penetrante energica ed efficace che deriva dalla prospettazione COGNOMEa sua provenienza da un tipo di sodalizio criminoso dedito a molteplici ed efferati delitti (Sez. 2, n. 2204 del 31/03/1998, COGNOME, Rv. 21117801).
Peraltro, l’aggravante è ritenuta configurabile anche in presenza COGNOME‘utilizzo di un messaggio intimidatorio “silente”, cioè privo di un’esplicita richiesta, qualora l’RAGIONE_SOCIALE abbia raggiunto una forza intimidatrice tale da rendere superfluo l’avvertimento mafioso, sia pure implicito, ovvero il ricorso a specific comportamenti di violenza o minaccia (Sez. 3, n. 44298 del 18/06/2019, COGNOME, Rv. 277182-01; Sez. 2, n. 26002 del 24/05/2018, COGNOME, Rv. 272884-01; Sez. 2, n. 20187 del 03/02/2015, Gallo, Rv. 263570-01; Sez. 5, n. 38964 del 21/06/2013, Nobis, Rv. 257760-01).
L’aggravante de quo è configurabile nel caso di condotte che presentano un nesso eziologico immediato rispetto all’azione criminosa, in quanto logicamente funzionali alla più pronta e agevole perpetrazione del crimine (non essendo pertanto integrata dalla sola connotazione RAGIONE_SOCIALE COGNOME‘azione o dalla mera ostentazione, evidente e provocatoria, dei comportamenti di tale organizzazione) (Sez. 1, n. 26399 del 28/02/2018, Barbra, Rv. 273365-01).
La giurisprudenza di legittimità ha altresì statuito che la circostanza aggravante del cosiddetto “metodo mafioso”: è configurabile anche a carico di un soggetto che non faccia parte di un’RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso, ma ponga in essere, nella commissione del fatto a lui addebitato, un comportamento minaccioso tale da richiamare alla mente e alla sensibilità del soggetto passivo quello comunemente ritenuto proprio di chi appartenga a un sodalizio del genere anzidetto (Sez. 2, n. 38094 del 05/06/2013, De NOME, Rv. 257065-01; Sez. 1, n. 4898 del 26/11/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 243346-01); non necessita che sia stata dimostrata o contestata l’esistenza di un’RAGIONE_SOCIALE per delinquere, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia richiamino alla mente e alla sensibilità del soggetto passivo la forza intimidatrice tipicamente RAGIONE_SOCIALE del
vincolo associativo (Sez. 2, n. 27548 del 17/05/2019, COGNOME, Rv. 276109 Sez. 2, n. 16053 del 25/03/2015, COGNOME, Rv. 263525-01).
Richiamati tali principi, affermati dalla Corte di cassazione, si deve r che la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sussistenza, nella spe COGNOME‘aggravante del metodo mafioso sulla considerazione che le richieste al COGNOME pagare il suo debito erano state rivolte alla persona offesa da un soggetto ma (il COGNOME), che, in quel contesto mafioso, la persona offesa «NOME» e che il COGNOME si era rapportato al COGNOME «con il sangue agli occh 76 COGNOMEa sentenza impugnata).
Tale motivazione del fatto che la minaccia era stata realizzata in modo tal richiamare alla mente del COGNOME la forza intimidatrice RAGIONE_SOCIALE di “RAGIONE_SOCIALE appare, oltre che rispettosa dei principi affermati dalla Corte di cassazione sono sopra ricordati, coerente e priva di illogicità, sicché essa si sottrae in questa sede di legittimità.
8.2. Con riguardo al secondo aspetto, si deve rammentare che, secondo giurisprudenza COGNOMEa Corte di cassazione, la circostanza aggravante cosidd COGNOME‘agevolazione RAGIONE_SOCIALE ha natura soggettiva e richiede la sussistenza del specifico di agevolare l’organizzazione criminale di riferimento, finalità c presuppone necessariamente l’intento del consolidamento o rafforzamento de sodalizio criminoso, essendo sufficiente l’agevolazione di qualsiasi attività e COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE, anche se non coinvolgente la conservazione e il perseguime COGNOMEe finalità ultime tipizzate dall’art. 416-bis cod. pen. (Sez. 6, n. 17/10/2018, COGNOME, Rv. 274615-01; Sez. 6, n. 28212 del 12/10/2017, dep 2018, COGNOME, Rv. 273538-01).
Richiamato tale principio, affermato dalla Corte di cassazione, si deve ril che la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sussistenza, nella spe COGNOME‘aggravante COGNOME‘agevolazione RAGIONE_SOCIALE sulle considerazioni che dagli processuali era emerso: a) da un lato, che una parte (C 40.000,00) COGNOMEa so corrispondente al debito del COGNOME sarebbe stata trattenuta dal sodalizio («Di centuquaranta quaranta ve li pigghiati viaultri»; pag. 69 COGNOMEa sen impugnata); b) dall’altro lato, che l’intervento di recupero del credito del stato finalizzato anche a mantenere saldo il controllo del gruppo malavitoso territorio, garantendo ai soggetti protetti dallo stesso gruppo una soddisfazione COGNOMEe proprie pretese economiche (in particolare, facendo “b figura» con il COGNOME e anche lasciando “odore”, cioè traccia, pres interlocutori palermitani, COGNOMEa propria capacità di trattare e di fare co condizioni vantaggiose a tutti i soggetti coinvolti; pag. 79 COGNOMEa se impugnata).
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Tale motivazione del fatto che il recupero del credito del COGNOME era stato effettuato, oltre che con metodo mafioso, anche al fine di agevolare l’attività di “RAGIONE_SOCIALE“, appare, oltre che rispettosa del principio affermato dalla Corte di cassazione che si è sopra ricordato, coerente e priva di illogicità, sicché essa si sottrae a censure in questa sede di legittimità.
8.3. Ciò posto, si deve rammentare che, come è stato definitivamente chiarito dalla già citata sentenza Filardo COGNOMEe Sezioni unite COGNOMEa Corte di cassazione, il discrimine tra le fattispecie di cui agli artt. 393 e 629 cod. pen. è costitu dall’elemento psicologico in quanto, nel primo reato, l’agente ha lo scopo di conseguire un profitto nella convinzione non meramente astratta e arbitraria, ma ragionevole, anche se in concreto infondata, di esercitare un suo diritto, ovvero di soddisfare personalmente una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria, mentre, nel secondo, l’agente è consapevole che il profitto perseguito è, anche RAGIONE_SOCIALE in parte, ingiusto (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027-02).
Al fine di individuare la qualificazione giuridica da attribuire ai fatti, perta è indispensabile accertare l’elemento psicologico COGNOME‘RAGIONE_SOCIALEre COGNOMEa condotta.
Nel caso di concorso di persone nel reato, l’accertamento circa il fine perseguito deve essere esteso a tutti i concorrenti.
Nell’ipotesi in cui la condotta tipica sia posta in essere da un terzo a tutela d un diritto altrui, infatti, per configurare il reato di esercizio arbitrario COGNOMEe ragioni in luogo di quello di estorsione occorre che il terzo abbia commesso il fatto al RAGIONE_SOCIALE ed esclusivo fine di esercitare il preteso diritto per conto del suo effett titolare, dal quale abbia ricevuto incarico di attivarsi, e non perché spinto anche da un fine di profitto proprio, ravvisabile, ad esempio, nella promessa o nel conseguimento di un compenso per sé o di qualunque altra utilità, anche di natura non patrimoniale.
Così, per accertare quale dei due reati sia configurabile, risulta determinante verificare se i terzi eventualmente concorrenti del preteso creditore abbiano, o no, perseguito (anche o soltanto) un interesse proprio, atteso che, qualora ciò sia accaduto, i terzi (e il creditore) risponderanno di concorso in estorsione, laddove, invece, se tutti i concorrenti nel reato abbiano perseguito proprio e soltanto l’interesse del creditore, nei limiti in cui esso sarebbe stato in astra giudizialmente tutelabile, tutti risponderanno di concorso in esercizio arbitrario COGNOMEe proprie ragioni (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027-03).
Nelle specifiche situazioni nelle quali la condotta sia compiuta in un contesto caratterizzato dall’inserimento in ambito mafioso e ricorrano le circostanze aggravanti di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., inoltre, si deve fare riferimento quale COGNOMEe due ipotesi previste da tale norma sia in concreto contestata.
Il cosiddetto metodo mafioso, infatti, riferendosi alle modalità COGNOME‘azione, non è in astratto incompatibile con il reato di cui all’art. 393 cod. peri., comportando il raggiungimento di una finalità ulteriore rispetto alla riscossione del credito, pur se è possibile valorizzare tale aggravante, in uno ad altri elementi, quale dato sintomatico del dolo di estorsione (Sez. 2, n. 2331 del 17/11/2023, dep. 2024, Bianco, Rv. 285717-01).
La cosiddetta agevolazione RAGIONE_SOCIALE, nella quale la condotta è finalizzata alla soddisfazione di un interesse ulteriore (anche se di per sé eventualmente di natura non patrimoniale) rispetto a quello di ottenere la mera soddisfazione del diritto arbitrariamente azionato, comporta invece la sussumibilità COGNOMEa fattispecie sempre e comunque nella sfera di tipicità COGNOME‘art. 629 cod. pen., con il concorso COGNOMEo stesso creditore, per avere agevolato il perseguimento (anche o soltanto) di una finalità (anche soltanto lato sensu) di profitto di terzi (Sez. 2, n. 9526 del 17/12/2021, dep. 2022, COGNOME, non massimata; Sez. 2, n. 5622 del 12/11/2021, dep. 2022, Carbone, Rv. 282594-01).
Ritenendo che i fatti di cui al capo 2) COGNOME‘imputazione integrassero il delitto di tentata estorsione, la Corte d’appello di Palermo ha fatto corretta applicazione di tali principi, affermati dalla Corte di cassazione, avendo esattamente reputato che l’accertata ulteriore finalità di agevolare l’RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, interessata sia a ottenere parte COGNOMEe somme di spettanza del creditore COGNOME sia a mantenere il controllo del territorio operando come affidabile intermediario nel recupero dei crediti, fosse significativa COGNOMEa sussistenza di un interesse diverso rispetto al semplice recupero del credito e COGNOME‘esistenza, perciò, degli estremi COGNOME‘estorsione, a nulla rilevando che il credito del COGNOME fosse effettivament esistente e che al debitore non fosse stata richiesta una somma superiore all’ammontare COGNOMEo stesso credito.
9. Il nono motivo non è consentito.
9.1. Si deve anzitutto chiarire che il delitto di trasferimento fraudolento di valori di cui all’art. 512-bis cod. pen. non ha natura di reato plurisoggettivo improprio, ma rappresenta una fattispecie a forma libera che si concretizza nell’attribuzione fittizia COGNOMEa titolarità o disponibilità di denaro o altro bene o ut sicché colui che si renda fittiziamente titolare di tali beni con lo scopo di aggira le norme in materia di prevenzione patrimoniale o di contrabbando, o di agevolare la commissione deì reati di ricettazione, riciclaggio o impiego di beni di provenienza illecita, risponde a titolo di concorso nella stessa figura criminosa posta in essere da chi ha operato la fittizia attribuzione, in quanto con la sua condotta cosciente e volontaria contribuisce alla lesione COGNOME‘interesse protetto dalla norma (Sez. 2, n. 35826 del 12/07/2019, COGNOME, Rv. 277075-01; Sez. 2, n, 2243 del 11/12/2013, dep. 2014, NOME, Rv. 259822-01),
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Da tanto discende, come è stato chiarito dalla Corte di cassazione, che l’accertamento di responsabilità COGNOME‘interposto risponde alle ordinarie regole probatorie in punto di condotta materiale e dì dolo e che un’eventuale pronunzia assolutoria non è destinata di necessità ad innescare ricadute sulla posizione COGNOME‘interponente (Sez. 2, n. 39774 del 07/05/2022, Aiello, Rv. 283989-03).
Pertanto, il fatto che i ritenuti interposti COGNOME e COGNOME possano essere stati assolti dai reati di cui, rispettivamente, al capo 8) e al capo 1 COGNOME‘imputazione, dei quali erano stati chiamati a rispondere, in concorso con il COGNOME, in separati giudizi, diversamente da quanto lo stesso COGNOME mostra dì ritenere, non produce necessariamente effetti sulla posizione di tale imputato del presente processo.
Si deve altresì affermare che l’interpretazione del contenuto di conversazioni intercettate che possa essere stata data in altri provvedimenti giurisdizionali non poteva evidentemente vincolare la Corte d’appello di Palermo nell’esercizio del proprio RAGIONE_SOCIALEnomo potere di interpretare lo stesso contenuto.
9.2. Si deve poi ribadire che delitto di cui all’art. 512-bis cod. pen. può essere commesso anche da chi non sia ancora sottoposto a misure di prevenzione patrimoniali e ancora prima che il relativo procedimento sia iniziato, occorrendo RAGIONE_SOCIALE, ai fini COGNOMEa configurabilità del dolo specifico di eludere le disposizioni di leg in materia di prevenzione patrimoniale, che l’interessato possa fondatamente presumere l’avvio di detto procedimento (Sez. 5, n. 1886 del 07/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282645-01).
Il delitto di trasferimento fraudolento di valori è un reato di pericolo astratt essendo sufficiente, per la sua integrazione, che l’agente, sottoposto o sottoponibile a una misura di prevenzione, compia un qualsiasi negozio giuridico al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, sicché la valutazione attinente al pericolo di elusione COGNOMEa misura deve essere compiuta ex ante, su base parziale, ovvero alla stregua COGNOMEe circostanze che, al momento COGNOMEa condotta, erano conosciute o conoscibili da un uomo medio in quella determinata situazione spazio-temporale (Sez. 2, n. 7317 del 18/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284386-01; Sez. 2, n. 12871 del 09/03/2016, COGNOME, Rv. 266661-01)
9.3. Passando a esaminare ciascuna COGNOMEe quattro fattispecie di reato, cominciando da quella di cui al capo 6) COGNOME‘imputazione, la Corte d’appello di Palermo ha argomentato (pagine da 99 a 104 COGNOMEa sentenza impugnata) che, dal contenuto COGNOMEe intercettate (e testualmente riportate) conversazioni del NOME sia con NOME COGNOME sia con NOME COGNOME (reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo), si doveva ritenere essere emersa sia la fittizia attribuzione (a NOME COGNOME e a NOME COGNOME NOME), da parte del NOME – il quale, in una fase
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COGNOMEa propria vita RAGIONE_SOCIALEnditoriale connotata da un crescente allarme per eventuali indagini anche di natura patrimoniale, vi aveva investito «circa quarantamila euro» (pag. 103 COGNOMEa sentenza impugnata) – COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE“, sia la destinazione al profitto di tale operazione, in contrasto con l’assetto associativo COGNOMEa stessa “RAGIONE_SOCIALE“, sia, infine, che parte degli “utili” (costitu essenzialmente, da erogazioni pubbliche) attesi dalla società di fatto che era stata costituita attorno all’attività di “NOME” avrebbero dovuto andare a benefico di NOME COGNOME (ancorché egli fosse del tutto estraneo al patto societario), cui i NOME, non essendo stati ottenuti gli stessi “utili”, aveva versato alcune “mensilità” da C 500,00.
Nel motivo di ricorso, il ricorrente non si confronta in realtà compiutamente con tali argomentazioni, le quali, in un modo che appare del tutto esente da contraddizioni e da illogicità manifeste, hanno dato conto COGNOME‘attribuzione fittizi COGNOMEe risorse che erano state investite dall’interponente NOME in “NOME“.
Le stesse argomentazioni risultano altresì idonee a confermare la sussistenza COGNOMEa circostanza aggravante COGNOME‘agevolazione RAGIONE_SOCIALE, avendo la Corte d’appello di Palermo con esse adeguatamente evidenziato come il reato di cui all’art. 512bis cod. pen. fosse stato commesso dal NOME anche al fine di agevolare l’attività di “RAGIONE_SOCIALE“, erogando parte degli “utili” COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” al capo COGNOMEa famiglia RAGIONE_SOCIALE di Campobello di Mazara (NOME COGNOME), con il già evidenziato intento di ottenere la “protezione” COGNOMEa stessa famiglia (nel senso COGNOMEa sussistenza COGNOME‘aggravante COGNOME‘agevolazione RAGIONE_SOCIALE quando l’erogazione continuativa di denaro a una RAGIONE_SOCIALE di tipo mafioso da parte di un RAGIONE_SOCIALEnditore sia finalizzata a ottenerne la “protezione”: Sez. 3, n. 23335 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 281589-02).
9.4. Quanto alla fattispecie di cui al capo 7) COGNOME‘imputazione, la Corte d’appello di Palermo ha argomentato (pagine da 111 a 116 COGNOMEa sentenza impugnata) che, alla luce sia del contenuto COGNOME‘intercettata (e testualmente riportata) conversazione del NOME con NOME COGNOME (dipendente COGNOME‘unità locale di Marsala di “RAGIONE_SOCIALE), da cui risultava come, nonostante la cessione COGNOMEa quota di “RAGIONE_SOCIALE da parte del NOME, l’COGNOME continuasse a chiedere direttive all’imputato e gli facesse una sorta di rapporto periodico COGNOME‘attività COGNOMEa società (oltre al carattere fittizio COGNOMEa carica di fo amministratrice COGNOMEa stessa società in capo a NOME COGNOME), sia dei dati che erano stati rinvenuti sulla casella di posta elettronica e sul telefono cellulare (sms) del NOME, da cui risultava come il principale interlocutore COGNOMEa consulente del lavoro NOME COGNOME con riguardo alle posizioni lavorative in “RAGIONE_SOCIALE fosse sempre lo stesso NOME, sia, infine, del contenuto COGNOME‘intercettat conversazione con NOME COGNOME, da cui risultava la richiesta di questi al
NOME di risolvere un problema lavorativo COGNOMEa moglie del COGNOME, dipendente di “RAGIONE_SOCIALE, si doveva ritenere essere emersa la fittizietà COGNOMEa cessione COGNOMEa quota di “RAGIONE_SOCIALE da parte del NOME, il quale, infatti, come risultava dagli indicati elementi di prova, aveva continuato, a distanza di anni da tale cessione, a essere l’effettivo dominus COGNOMEa società e a finanziare la stessa.
Tale argomentazione COGNOMEa fittizietà COGNOMEa cessione COGNOMEa quota di “RAGIONE_SOCIALE appare del tutto esente da contraddizioni e da illogicità manifeste e, a fronte di ciò, il ricorrente, con il motivo di ricorso, lungi dall’evidenziare dei COGNOMEa stessa argomentazione che si possano ritenere rilevanti ai sensi COGNOME‘art. 606 cod. proc. pen., si limita, sostanzialmente, a prospettare una diversa interpretazione del contenuto COGNOMEe menzionate intercettazioni e dei menzionati documenti, il che non è possibile fare in sede di legittimità.
9.5. Quanto alla fattispecie di cui al capo 8) COGNOME‘imputazione, la Corte d’appello di Palermo ha argomentato (pagine da 104 a 107 COGNOMEa sentenza impugnata) che, dal contenuto COGNOMEe intercettate (e testualmente riportate) conversazioni del NOME sia con NOME COGNOME (conversazione del 12/06/2017), da cui risultava come, proprio nel momento in cui passavano davanti al “RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE bar” (come risultava dal rilevatore GPS che era stato installato sull’RAGIONE_SOCIALEmobile in uso all’imputato), il NOME NOME detto allo COGNOME «questo bar mio è», sia con NOME COGNOME (conversazione del 17/11/2017), da cui risultava come, parlando del “RAGIONE_SOCIALE“, e riferendosi al COGNOME, il NOME NOME affermato «da quattro anni che lavori con il mio bar! Con il mio bar!», si doveva ritenere essere emerso che il NOME, circa 4 anni prima di quest’ultima conversazione e, quindi, prima COGNOME‘iscrizione COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE nel registro dele RAGIONE_SOCIALEse (che era del 15/09/2014), il NOME NOME finanziato con risorse proprie l’avvio COGNOME‘attività RAGIONE_SOCIALEnditoriale.
Tale argomentazione COGNOMEa fittizietà COGNOME‘attribuzione a NOME COGNOME COGNOMEa titolarità del “RAGIONE_SOCIALE” appare del tutto esente da contraddizioni e da illogicità manifeste e, a fronte di ciò, il ricorrente, con il motivo di ricorso, dall’evidenziare dei vizi COGNOMEa stessa argomentazione che si possano ritenere rilevanti ai sensi COGNOME‘art. 606 cod. proc. pen., si limita, sostanzialmente, prospettare una diversa interpretazione del contenuto COGNOMEe menzionate intercettazioni (la diversa interpretazione COGNOMEe quali da parte di altri giudici, com si è detto, non vincolava la Corte d’appello di Palermo) e una diversa valutazione COGNOMEa loro valenza probatoria, il che non è possibile fare in sede di legittimità.
Del tutto correttamente la Corte d’appello di Palermo ha negato che l’integrazione del reato di trasferimento fraudolento di valori potesse essere esclusa in ragione COGNOMEa mancanza di prova COGNOME‘ingerenza del NOME nella
gestione COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE (come pure, si deve dire, di prova COGNOMEa percezione, da COGNOME‘imputato, dei relativi utili), in considerazione COGNOMEa natura di reato i a effetti permanenti COGNOMEa fattispecie di cui all’art. 512-bis cod. pen. ( 25608 del 22/04/2022, Monfreda, Rv. 283629-01), la quale si consuma, perciò, con il trasferimento COGNOMEa titolarità COGNOMEe risorse destinate alla cos COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE.
9.6. Quanto alla fattispecie di cui al capo 10) COGNOME‘imputazione, la d’appello di Palermo ha argomentato (pagine da 107 a 111 COGNOMEa sentenz impugnata) che, dal contenuto COGNOMEe intercettate (e testualmente ripor conversazioni del NOME sia con NOME COGNOME (titolare COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE“), dalle quali e risultato come il NOME fosse l’effettivo dominus, dal punto di vista sia economico sia gestionale, COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sia con NOME COGNOME (collaboratore del NOME), da cui risultava come, transitando in per le vie di Mazara del Vallo, il NOME NOME detto al COGNOME di posse una società di trasporti («ho pure una società di trasporti»») sita nell Mazara del Vallo, cioè nella città dove aveva sede l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, si doveva ritenere essere emerso che il NOME NOME fittiziame attribuito al COGNOME la titolarità COGNOMEa suddetta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Tale argomentazione COGNOMEa fittizietà COGNOME‘attribuzione di tale RAGIONE_SOCIALE COGNOME appare del tutto esente da contraddizioni e da illogicità manifeste fronte di ciò, il ricorrente, con il motivo di ricorso, lungi dall’evidenziar COGNOMEa stessa argomentazione che si possano ritenere rilevanti ai sensi COGNOME‘a cod. proc. pen., si limita, sostanzialmente, a prospettare una di interpretazione del contenuto COGNOMEe menzionate intercettazioni e una div valutazione COGNOMEa loro valenza probatoria, il che non è possibile fare in s legittimità.
9.7. Posta la fittizia attribuzione – che, come si è detto, si deve ritener stata adeguatamente motivata dalla Corte d’appello di Palermo – da parte NOME, COGNOMEa titolarità COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, di “RAGIONE_SOCIALE” sRAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” e COGNOME‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” ai rispetti indicati soggetti interposti, la stessa Corte d’appello si deve ritene motivato in modo non contraddittorio né manifestamente illogico anche in ordin al fine COGNOMEo stesso NOME di eludere, non facendo apparire la propria tit COGNOMEe suddette RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALEse, le disposizioni di legge in materia di m di prevenzione patrimoniali.
La Corte d’appello di Palermo ha in proposito valorizzato il fatto che, base COGNOME‘esame del contenuto COGNOMEe conversazioni intercettate, si doveva rit che il NOME NOME NOME NOME NOME NOME di NOMERAGIONE_SOCIALE” (com
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) già dalla fase iniziale COGNOMEa propria attività RAGIONE_SOCIALEnditoriale (come era stato anche dichiarato dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME nel suo interrogatorio del 16/12/2013), essendo pienamente consapevole del livello criminale dei suddetti suoi interlocutori, e come tali “pericolose” frequentazioni NOMEro condotto l’imputato, il quale ben conosceva le vicende del territorio nel quale operava, a preoccuparsi per un suo possibile coinvolgimento in indagini che avrebbero potuto portare ad aggredire le sue disponibilità patrimoniali, tanto che il NOME aveva deciso di fare effettuare COGNOMEe opere di “bonifica” per evitare che, nella sede principale dei propri affari, s trovassero occultati dispositivi di captazione COGNOMEe conversazioni (come risultava dall’intercettata conversazione del 25/10/2017), e aveva manifestato a NOME COGNOME di stare vendendo i propri cespiti anche in quanto indagato (come risultava dall’intercettata conversazione COGNOMEa conversazione con l’COGNOME del 16/11/2017).
Tale motivazione appare, come si è anticipato, esente da contraddizioni e da illogicità manifeste, mentre le doglianze che sono state avanzate al riguardo dal ricorrente appaiono sostanzialmente prospettare, piuttosto che un vizio rilevante ai sensi COGNOME‘art. 606 cod. proc. pen., una diversa valutazione del significato probatorio COGNOMEe suddette menzionate prove e una diversa conclusione in ordine alla loro valenza probatoria, il che non è possibile fare in sede di legittimità.
Né il fatto che l’imputato fosse titolare di ulteriori RAGIONE_SOCIALEse, anche in forma societaria, si può ritenere di per sé comprovare, a fronte degli indicati elementi di prova, la mancanza COGNOME‘elemento soggettivo del reato con riguardo alla fittizia attribuzione COGNOMEa titolarità COGNOMEe utilità indicate nei capi 6), 7), 8) COGNOME‘imputazione.
10. Il decimo motivo è fondato.
Alle pagine da 86 a 93 del proprio atto di appello (settimo motivo di appello), il COGNOME aveva contestato, con COGNOMEe specifiche argomentazioni: a) sia la determinazione COGNOMEa misura COGNOMEa pena base per il più grave reato di partecipazione all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” di cui al capo 1) COGNOME‘imputazione; b) sia la determinazione COGNOMEa misura degli aumenti di pena per i meno gravi reati di tentata estorsione pluriaggravata di cui al capo 2) COGNOME‘imputazione e di trasferimento fraudolento di valori di cui ai capi 6), 7), 8) 10) COGNOME‘imputazione (quello di cui al capo “6” aggravato); c) sia, infine, la mancata concessione COGNOMEe circostanze attenuanti generiche (COGNOMEe quali era stato chiesto che fossero considerate prevalenti rispetto alle ritenute circostanze aggravanti).
Dalla lettura COGNOMEa sentenza impugnata risulta come la Corte d’appello di Palermo abbia del tutto omesso di motivare in ordine a tali doglianze, con le conseguenze che il motivo è fondato e che la stessa sentenza deve essere
annullata anche in relazione al trattamento sanzionatorio, con rinvio a un’altra sezione COGNOMEa Corte d’appello di Palermo per un nuovo giudizio anche su tale punto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata in relazione all’aggravante di cui all’art. 416- sesto comma, cod. pen. e al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo
bis, giudizio sul punto ad altra sezione COGNOMEa Corte d’appello di Palermo. Dichiara
inammissibile il ricorso nel resto. Spese COGNOMEe parti civili nel prosieguo.
Così deciso il 03/04/2024.