Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 32057 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 32057 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME COGNOME, nato in Bulgaria il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 19/03/2024 del Tribunale del riesame di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udite le conclusioni del difensore, avvocato AVV_NOTAIO, che si è riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, con ordinanza del 19/02/2024, ha applicato a NOME la misura cautelare della custodia in carcere in relazione:
al delitto di cui all’art. 416-bis, commi 1, 2, 3, 4, 5, cod. pen., sussistend gravi indizi dell’appartenenza all’associazione denominata RAGIONE_SOCIALE, operante nei comuni di Vallefiorita, Amaroni e Squillace, con il ruolo di partecipe e
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collaboratore di NOME COGNOME, al vertice del sodalizio in seguito all’arresto dello zio NOME COGNOME, e a questi subordinato, evidenziando piena, stabile e costante disponibilità a operare sotto le direttive del vertice, condividendone il programma criminoso, eseguendone le disposizioni nell’organizzazione e gestione della RAGIONE_SOCIALE, con particolare riferimento al reperimento, occultamento e spostamento di armi, pianificando con il COGNOME l’importazione dalla Bulgaria di armi e droga, risultando anche attivo nell’attività di spaccio unitamente ad altri membri del sodalizio (capo 16);
a una serie di reati fine contestati ai capi 19), 22), 23), 24), 25), 27), 33) 35), 36), 40), 46).
Con ordinanza in data 19/03/2024 il Tribunale del riesame di Catanzaro ha annullato l’ordinanza genetica della misura, limitatamente ai capi n. 22) e 27), confermandola nel resto.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, l’imputato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in relazione agli artt. 192 cod. proc. pen. e 416 cod. pen.
Rileva il ricorrente che l’ordinanza impugnata non spiega in che modo la vicinanza al COGNOME, presunto soggetto mafioso di spessore, si sia tradotta in un contributo causalmente rilevante alla esistenza o al rafforzamento dell’associazione. Osserva che tutti gli episodi contestati vedono coinvolti solo il COGNOME e il COGNOME, mentre non figurano altri sodali e che il collaboratore di giustizia NOME COGNOME, che ha svolto un ruolo apicale nell’associazione fino al 2018, ha dichiarato di non conoscere il ricorrente, il quale viene intercettato in un ristretto lasso temporale: dal 16/02/2019 al 29/7/2019. Aggiunge che, nelle conversazioni in cui viene utilizzato il pronome “noi”, partecipano anche altri soggetti, che non risultano neppure indagati e che l’unico episodio in cui il ricorrente è stato visto insieme ad un altro presunto sodale, tale COGNOME NOME, al compleanno di COGNOME NOME, è irrilevante (sia perché dalla mera partecipazione al compleanno non è possibile desumere che il ricorrente conoscesse gli altri sodali sia perché l’ordinanza genetica è stata annullata nei confronti di NOME COGNOME).
Infine, rileva che la commissione di un unico reato in materia di armi (capo n. 26) non può, da sola e in assenza di ulteriori elementi, costituire un elemento sufficiente a far ritenere sussistente una effettiva partecipazione all’associazione.
2.2. Con il secondo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli artt. 56 e 192 cod. proc. pen. e all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
In riferimento al reato di tentata importazione di sostanza stupefacente dalla Bulgaria contestato al capo n. 19, non è raggiunta la soglia del tentativo punibile. Infatti, anche a voler supporre che lo stupefacente rinvenuto nella disponibilità del NOME (2 gr. di marijuana) fosse un campione destinato all’assaggio, tale attività preliminare si porrebbe logicamente in una fase anteriore alla conclusione dell’accordo per l’importazione di stupefacente.
Quanto al capo n. 46, la genericità della conversazione posta a base della contestazione non consente di individuare temporalmente la condotta.
2.3. Con il terzo motivo si rileva che la motivazione della sentenza impugnata è carente e, comunque, generica in merito alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis 1, contestata in riferimento alle condotte residue di detenzione illegale di armi e munizioni.
Disposta la trattazione orale del procedimento, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e il difensore hanno concluso come in epigrafe indicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Va premesso che il ricorso per cassazione, con cui si deducano vizi della motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, consente a questa Corte, in relazione alla peculiare natura del giudizio e ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti all’adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (si veda, ex multis, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976 – 01).
Ne consegue che «l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato». In altri termini, il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa
l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. F, n. 3 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698).
Alla luce di tali principi deve affermarsi che la motivazione dell’ordinanza impugnata sfugge a ogni censura rilevabile in questa sede.
Il ricorrente non contesta la sussistenza dell’associazione di ‘ndrangheta, che, a seguito dell’omicidio di NOME COGNOME, viene diretta da NOME COGNOME, anche dopo il suo arresto avvenuto nel 2017, tramite NOME COGNOME. La sua tesi, in estrema sintesi, è che la sua vicinanza a un presunto soggetto mafioso di spessore, ossia COGNOME, non è indice di partecipazione all’associazione, in quanto i due hanno un rapporto esclusivo, di natura essenzialmente fiduciaria, per cui la sua condotta non costituisce in alcun modo un contributo all’associazione.
In proposito, va premesso come già in passato la Corte abbia chiarito che, in tema di associazione di tipo mafioso, la mera “contiguità compiacente”, così come la “vicinanza” o “disponibilità” nei riguardi di singoli esponenti, anche di spicco, del sodalizio, non costituiscono comportamenti sufficienti ad integrare la condotta di partecipazione all’organizzazione, ove non sia dimostrato che l’asserita vicinanza a soggetti mafiosi si sia tradotta in un vero e proprio contributo, avente effettiva rilevanza causale, ai fini della conservazione o del rafforzamento della consorteria (Sez. 6, n. 40746 del 24/6/2016, COGNOME, Rv. 268325; Sez. 1, n. 25799 del 8/1/2015, COGNOME, Rv. 263935).
Tale affermazione è in linea con le indicazioni delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, Mannino, Rv. 231670) che hanno declinato la dimensione della condotta partecipativa mafiosa in chiave dinamico-funzionale e non come statica forma di appartenenza, di talché la rilevanza penale di una determinata condotta si evidenzia solo quando l’autore “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi.
Rimangono fuori, quindi, i rapporti intrattenuti con uno o più esponenti mafiosi che non si risolvano in una vera e propria estrinsecazione della messa a disposizione per il sodalizio.
Il Tribunale di Catanzaro ha fatto corretta applicazione di tali principi nel caso di specie, in quanto secondo l’ordinanza impugnata:
COGNOME le conversazioni intercettate dimostrano come il COGNOME sia perfettamente a conoscenza di tutta la storia dell’associazione, della sua struttura attuale e della necessità di perseguirne le azioni al fianco del nuovo reggente, ossia NOME COGNOME (pag. 8);
-l’indagato è anche a conoscenza della nuova strategia che il COGNOME intende imprimere al sodalizio (conversazione intercettata riportata a pag. 9);
-egli collabora con la strategia del gruppo condividendo il proposito di aumentare le somme richieste a titolo estorsivo che, per politica di RAGIONE_SOCIALE, vengono fatte pagare solo a imprese che svolgono lavori e appalti pubblici particolarmente redditizi;
-è consapevole dell’esistenza di un bunker dove il COGNOME detiene le armi (cfr. conversazioni intercettate riportate a pag. 11) e, insieme a quest’ultimo, trasporta un fucile, prima nascosto in un casolare in Vallefiorita, fino ad un appezzamento di terreno di proprietà di una persona deceduta, dove viene occultato (pag. 12);
-commette una serie di reati in tema di detenzione e trasporto di armi contestati ai capi 23, 24, 26 e 27;
COGNOME collabora nella importazione di sostanza stupefacente (capo 19) per conto dell’associazione, e non del suo reggente NOME, dato che questi deve avere il consenso dello zio per dar corso all’operazione e investire il denaro necessario all’acquisto.
Del resto, la circostanza che il collaboratore di giustizia NOME non conosca il ricorrente è irrilevante, perché la fine della sua collaborazione risale al 2018, mentre l’ingresso nell’associazione del NOME è del 2019.
3. Il secondo motivo di impugnazione è infondato.
In relazione al capo 19, sulla base degli elementi di prova acquisiti, il Tribunale del riesame ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di tentata importazione di sostanze stupefacenti, mentre il ricorrente deduce che non è raggiunta la soglia del tentativo punibile.
Secondo la giurisprudenza di legittimità ai fini della consumazione del delitto di importazione di sostanze stupefacenti, che consiste nell’attività di immissione nel territorio nazionale di sostanze provenienti da altri Stati, non è sufficiente la mera conclusione dell’accordo tra acquirente e venditore finalizzato all’importazione dello stupefacente, sussistendo la quale si configurerebbe la condotta di detenzione, ma è necessaria l’assunzione da parte dell’importatore della gestione dell’attività volta all’effettivo trasferimento dello stupefacente nel territo nazionale (Sez. 6, n. 40044 del 29/09/2022, COGNOME, Rv. 283942 – 01; conforme Sez. 6, n. 9854 del 14/02/2024, COGNOME, Rv. 286165 – 01).
Pertanto, le condotte che si collocano in una fase antecedente il conseguimento, anche all’estero, della disponibilità della sostanza possono configurare un tentativo punibile di importazione solo nel caso in cui siano connotate da serietà e affidabilità
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e risultino univoche e idonee a determinare l’introduzione dello stupefacente nel territorio nazionale.
Il Tribunale ha applicato questi principi ritenendo che, nel caso di specie, fosse raggiunta la soglia del tentativo punibile alla luce della serietà e concretezza delle trattative poste in essere per importare stupefacente dalla Bulgaria, sfruttando le conoscenze del COGNOME, che ha plurimi contatti con soggetti ivi operanti in questo campo. L’ordinanza impugnata riporta le discussioni sulle modalità di trasporto e sul prezzo preteso dai bulgari ed evidenzia la necessità per il COGNOME di avere l’approvazione dallo zio, ossia il capo clan, prima di procedere con l’operazione. Valorizza, poi, la volontà di NOME di provare la droga prima di investire il denaro per acquistarla tanto che il ricorrente, proprio per ricevere un campione, si reca in Bulgaria e, al ritorno, viene fermato e trovato in possesso di 2 gr. di marijuana.
Non supera il vaglio di ammissibilità la censura del capo n. 46, che è del tutto generica, riferendosi unicamente alla circostanza che la contestazione provvisoria si basa su una conversazione di cui non è specificata la data, senza null’altro aggiungere.
5. Il terzo motivo di ricorso è infondato.
La circostanza aggravante dell’agevolazione dell’attività di un’associazione di tipo mafioso, di cui all’art. 7 del d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203, ora prevista dall’art. 416-bis.1 cod. pen., ha natura soggettiva ed è pertanto applicabile al concorrente nel reato a condizione che questi abbia conosciuto e fatta propria la finalità di agevolare l’associazione (Sez. 2, n. 53142 del 18/10/2018, Ardente Rv. 274685-01).
Sul punto la motivazione dell’ordinanza impugnata in ordine alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis 1 cod pen. è logica e immune da censure, in quanto evidenzia il dolo specifico del ricorrente di perseguire un interesse collettivo per l’intero gruppo criminale attraverso la commissione dei delitti in materia di armi (pag. 13).
Il rigetto del ricorso comporta la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 26/06/2024